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Estratto dal sito
www.ilfuturomigliore.org
ITALIA SCONOSCIUTA:
LA MIA ESPERIENZA A CONCA DELLA CAMPANIA
sergio benassai
1. Ovviamente le castagne
Per arrivare a Conca della Campania da Roccamonfina (dove abbiamo trascorso un po’ di vacanze
all’insegna di passeggiate e tranquillità) si deve scendere percorrendo la strada asfaltata SP14 per 7
km, sotto l’ombra dei castagni, dal momento che tutta la zona è praticamente un immenso
castagneto.
In un ristorante di Roccamonfina (dove abbiamo potuto gustare una pregevole zuppa di fagioli,
funghi e castagne) ho avuto una breve visione di un poster sul quale erano riportate le foto delle
innumerevoli tipologie di castagne. Ve ne erano indicate una decina, ma, consultando vari siti, si
può arrivare ad individuarne alcune centinaia (comunque l’apprezzamento delle diverse tipologie di
castagne è al di là delle mie capacità).
Per questo ho deciso di ipotizzare (ma, credo, con la quasi certezza di essere nel giusto) che i
castagni che ombreggiano la SP14 siano quelli che producono la castagna “tempestiva” (detta anche
“primitiva”), che, secondo una leggenda locale, sarebbe stata importata (da dove non si sa) da San
Bernardino da Siena nel 1400.
Questa denominazione è legata al fatto che matura precocemente rispetto alle altre tipologie, tanto
che la raccolta avviene già nel mese di settembre.
2. Prime informazioni
Ma prima di scendere da Roccamonfina a Conca della Campania (d’ora in poi semplicemente
Conca) ho preso qualche informazione.
La prima curiosità ovviamente era quella di sapere perché si chiama così.
Dunque, secondo l’enciclopedia Treccani, la parola conca deriva dal latino “concha” e dal greco
“κόγχη” e significa una conchiglia, un vaso con imboccatura più larga del fondo, una cavità.
Dal momento che non sono riuscito a chiarirmi bene la situazione orografica del comune di Conca
do per scontato che il suo territorio abbia la forma di una cavità.
La seconda curiosità era di sapere come si chiamano le/gli abitanti di Conca.
Secondo internet: concani o concanesi.
Ma devo confessare che poi non ho fatto alcuna verifica con le persone del luogo.
La terza curiosità era quella di sapere quante persone vivessero a Conca.
Da Wikipedia ho appreso che vi abitano circa 1250 persone.
Ma ho anche scoperto che il 1 novembre 1943 erano circa 3300.
E in quel giorno, e nei successivi tre, 39 di loro (bambini, donne, uomini) furono trucidati dalla
quindicesima Panzer-division Hermann Göring per rappresaglia contro l’uccisione di un soldato
tedesco.
E decine e decine di uomini erano stati deportati in Germania, come ricorda la motivazione per il
conferimento della medaglia di bronzo al merito civile al comune di Conca della Campania:
Piccolo centro, occupato dall'esercito tedesco impegnato a difesa della linea Gustav, fu
oggetto di violenti rastrellamenti e deportazioni che causarono la morte di numerosi ed eroici
cittadini. Nobile esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.
Ma è giusto sottolineare che il 1 novembre 2016 l’ambasciatrice tedesca Susanne Wasum-Rainer ha
reso omaggio, a Conca, ai martiri della strage.
Al di là di questa tragedia resta comunque il fatto che Conca ha subito un rilevante fenomeno di
emigrazione.
3. Premessa alla visita a Conca
Cosa fare, cosa vedere a Conca ?
Per decidere abbiamo consultato le varie guide ed opuscoli che ci sono stati forniti del tutto
gratuitamente dalla Comunità Montana S. Croce a Roccamonfina.
Veramente un bel po’ di materiale che però merita qualche considerazione.
La prima: come ci ha gentilmente informato la persona che ci ha fornito il materiale (avendo noi
richiesto in particolare informazioni su passeggiate e sentieri) le passeggiate ed i sentieri (ognuno
dei quali ha il suo bel numero distintivo) non sono ben segnalati. E purtroppo è vero (ma, per
quanto riguarda Conca, avendo deciso di andarci in auto il problema è irrilevante).
La seconda: l’investimento finanziario per tenere in piedi questa attività di informazione trova un
riscontro positivo nel turismo che si dovrebbe presupporre venga promosso e favorito (a parte la
nostra presenza) ? Ho qualche dubbio in proposito, ma non sono in grado di portare dati a supporto
di questo dubbio.
La terza: ma cosa fa in realtà una Comunità Montana ? Beh, a questo punto il problema assume una
rilevanza nazionale: ho alcune idee in proposito, ma … lasciamo perdere .. in fondo si tratta solo di
decidere cosa andare a fare a Conca !
4. Cosa vedere a Conca
Sulla base di quanto sopra decidiamo che a Conca dobbiamo vedere:
- il sentiero delle cascate
- il parco Galdieri Bartoli
- la chiesa di S. Pietro Apostolo
- il Castello
Il sentiero delle cascate appare invitante con le sue promesse di antichi mulini, verde vegetazione e
fresche acque.
Il parco Galdieri Bartoli promette tipologie di alberi rari.
La chiesa di S. Pietro Apostolo (la “Collegiata”) offre trittici ed affreschi.
Il Castello (se visibile) sembra poter permettere di ammirare luoghi, stanze e arredi di molte epoche.
E allora … procediamo
5. Il sentiero delle cascate
Una piacevole discesa (ripida).
Si inizia sotto la casa del mugnaio fino ad attraversare il fiume Rivo sul ponticello che si potrebbe
spacciare (ma non lo è) come un ponte romano.
Lungo la discesa si incontrano alcune cavità dove erano sistemati gli antichi mulini ad acqua.
In uno di questi c’è una scritta che equivale all’attuale “non si fa credito”.
Terminata la discesa ci saremmo dovuti trovare di fronte a qualcosa di questo tipo:
E invece (ma, data la siccità che imperversa da mesi, ci aspettavamo qualcosa dal genere) neanche
un filo d’acqua.
Comunque confermo che è una gradevole passeggiata.
6. Il parco Galdieri Bartoli
Questo parco (che a dir la verità abbiamo solo intravisto dall’alto) fu progettato e realizzato da un
famoso architetto dei giardini, Pietro Porcinai, nel 1930, utilizzando stili diversi (da quello rural-
naturale tipico della tradizione inglese a quello del classico giardino all’italiana) e prevedendo la
messa a dimora di molte specie botaniche provenienti da ogni parte del mondo.
Per quel poco che abbiamo potuto vedere l’impressione è che adesso sia piuttosto lontano dal suo
antico splendore.
E probabilmente la sua decadenza è anche una logica conseguenza della scomparsa del Palazzo
Galdieri Bartoli, del quale il parco doveva essere un ricco complemento.
Un palazzo che, secondo quanto riportano i siti di informazione, era stato progettato per somigliare
alla Reggia di Caserta e che conteneva 400 stanze.
Purtroppo il palazzo non esiste più (c’è solo questa foto).
Fu fatto saltare in aria dai tedeschi nell’ottobre del 1943 (e mi chiedo ancora perché).
Ma a chi mai era venuto in mente di costruire una simile “reggia” a Conca ?
Forse a Paolo Emilio Galdieri, nato a Conca il 2 aprile 1851 e deputato nella XXII Legislatura del
Regno d'Italia (1904 - 1909), per il quale l’archivio storico della Camera dei deputati segnala
quanto segue: “Eletto il 23 luglio 1905 in seguito all'annullamento dell'elezione di Giuseppe
Lonardo e dell'annullamento della successiva elezione (14 maggio 1905) dello stesso Paolo Emilio
Galdieri” ?
Sinceramente non lo so.
Quello che comunque è ben noto è che:
- agli inizi del secolo scorso Donna Virginia Galdieri sposa Guido Bartoli (ecco perché si parla di
Galdieri Bartoli)
- esiste tuttora una fiorente attività agricolo-vinicola con l’intestazione Galdieri Bartoli
Ma sui Galdieri dovremo ritornare.
7. La chiesa di S. Pietro Apostolo
E adesso tocca alla Collegiata, alla chiesa di S. Pietro Apostolo.
Naturalmente è chiusa.
C rivolgiamo a due ragazzi che chiacchierano su una panchina e chiediamo informazioni.
Ci dicono di rivolgersi al parroco, don Davide.
E dove troviamo don Davide ?
Lo troviamo all’ostello della gioventù (che ha preso il posto di un precedente asilo infantile) che ha
sede nell’area dove sorgeva il palazzo Galdieri-Bartoli e che è stata donata nel 1961 dalla Baronessa
Virginia Galdieri alla Parrocchia San Pietro Apostolo (adesso acquisita dalla Pro-loco).
Alt: un momento.
Ma Virginia Galdieri non era quella che aveva sposato un Bartoli all’inizio del ‘900 ?
E’ la stessa ? Una parente ?
Comunque è confermato che fra deputati e baronesse la famiglia Galdieri è una famiglia
“importante”.
A tale proposito vale forse la pena di anticipare che la famiglia Galdieri acquistò nel 1850 il
Castello (di cui parleremo in seguito).
Ma torniamo a don Davide che sta per salire sulla sua auto per andare ad adempiere ad un impegno.
Si rammarica di non poterci accompagnare a visitare la Collegiata, ma ci rassicura: il problema si
risolve telefonando ad un seminarista che alloggia proprio sopra alla Collegiata.
Possiamo quindi visitarla.
E possiamo così vedere, fra le altre cose, anche la famosa pala d’altare di Orazio Rossi da
Pietravairano.
Pala che fu dipinta nel 1519, su commissione del principe de Capua per la cappella del Castello e
che solo nel 1770 fu donata alla Collegiata dal principe di Conca, Carlo Invitti.
8. Il Castello
E arriviamo dunque al Castello.
Un Castello, noto anche come Castrum Conchae, le cui origini risalgono all’anno 1000 e che fu
costruito dai frati benedettini perché il castello precedente (il Castrum Pilanum) non era in grado di
garantire una sufficiente difesa, né contro i conti (poi principi) di Capua né contro i Saraceni.
Non è certo il caso, qui ed ora, di approfondire la storia del Castrum Pilanum (origine romana ?
possesso della famiglia di Erchemperto, il monaco storico longobardo, autore della Historia
Langobardorum Beneventanorum ? romitaggio e chiesa ?).
Va però notato che lo stemma del Comune di Conca
si caratterizza per due torri chiuse in campo azzurro e due torri aperte in campo rosso a
rappresentare rispettivamente il Castrum Conchae (non conquistato dai nemici) ed il Castrum
Pilanum (conquistato).
Ma anche per quanto riguarda lo stesso Castello sarebbe lungo e inutile ripercorrerne la storia, pur
ricordando che dal 1850 fino a poco tempo fa era di proprietà della più volte menzionata famiglia
Galtieri.
Forse però merita un cenno il fatto (o la leggenda) della presenza al Castello, nel 1592, di Torquato
Tasso
Certo è che l’origine millenaria del Castello risulta ben confermata dalla prima visione che se ne ha
arrivando sulla piazza.
Anche se ormai resta ben poco della struttura originaria.
E quel che più dispiace è che anche il frutto degli interventi successivi non è in buone condizioni.
Ma andiamo per ordine.
La prima cosa da fare è informarsi se è possibile una visita del Castello.
I soliti due ragazzi che chiacchierano su una panchina ci rimandano ad un bar il cui proprietario è
anche proprietario del castello.
Riusciamo ad entrare in contatto con il proprietario, il signor Vincenzo, che si mostra pienamente
disponibile a farci visitare il Castello.
Appena varcato l’antico portone ci troviamo nell’androne d’ingresso dove si dovrebbero trovare
affreschi del XVI secolo illustranti scene con l’Abate di Montecassino ed altri prelati.
Ed ecco cosa rimane:
Non c’è dubbio che il Castello ha comunque alcune notevoli caratteristiche.
Ad esempio la scala che dal cortile porta al piano nobile
Oppure la cappella privata con i suoi affreschi
Da notare che manca una madonna lignea che è attualmente conservata presso un convento di suore
e, naturalmente, la Pala donata alla Collegiata dal principe di Conca, di cui si è già parlato.
Notevole anche la cucina col vecchio forno a legna incassato
E, soprattutto, guardate qua
E’ il panorama che si gode dal giardino pensile del Palazzo situato in alto, vicino alla cucina. Un
giardino con pozzo, fontana, alberi da frutto, ecc.
Ma la cosa che lascia stupefatti è quello che c’è nelle stanze del Castello.
Come ci racconta il signor Vincenzo fino a pochi anni fa il Castello era ancora proprietà della
famiglia Galdieri.
Sembra che l’ultimo Galdieri proprietario avesse una certa urgenza di realizzare una somma
consistente, quasi che non pensasse ad altro.
Tant’è che, venduto il Castello, lo ha abbandonato da un giorno all’altro, lasciando dentro tutto
quello che c’era.
Un piccolo elenco di quello che ancora sta là dentro:
- collezioni di riviste del secolo scorso
- libri, libri, libri, di tutti i generi
- giocattoli, macchinine, biciclette per bambini
- mobili, alcuni intarsiati, altri scassati
- stoviglie, arnesi da cucina, vetrerie, lampade
- foto di famiglia, quaderni di appunti, registri
- due vecchie automobili Opel (nascoste in una grotta sotto la scala principale ostruita da una
cisterna per il gasolio)
Dunque: abbiamo un Castello, pieno di storia e di notevoli caratteristiche, pieno di vecchie cose
(alcune probabilmente anche di valore), ma in condizioni quantomeno discutibili.
Quale futuro per il Castello ?
Mi sono informato un po’ e ho scoperto che da anni si discute con fasi alterne nel Consiglio
Comunale di Conca sulla possibilità per il Comune di acquistarlo per restituirlo alla cittadinanza,
utilizzandolo per … ci sono varie ipotesi.
Il signor Vincenzo, l’attuale proprietario, vorrebbe farne un bed&breakfast.
La mia impressione è che, quale che sia la prospettiva, per rendere agibile il Castello ci vorrebbe
qualche milione di euro (ma naturalmente posso sempre sbagliarmi).
Comunque su un sito immobiliare il Castello è in vendita per 280.000 €.
9. E adesso ?
Per chi volesse approfondire la storia del Castello, di Conca e dintorni forse sarebbe utile consultare
l’opera di Adolfo Panarello intitolata “Terra Filiorum Pandulfi” (in particolare il IV volume).
E’ un suggerimento un po’ alla cieca (confesso che, al di là di qualche riga, non l’ho letta): ma da
quel poco che ho potuto capire si tratta di un’opera seria e documentata.
Perché questa opera si intitola “Terra Filiorum Pandulfi” ? Perché, come spiega l’autore, è
l’espressione usata dal cronista Riccardo di San Germano per descrivere il territorio appartenente ai
figli di Pandolfo IV, conte di Teano.
Ma forse non finisce qui.
Potrei anche inventarmi un analogo del mio “Finis Millennii”, questa volta ambientato a Conca.
O raccontare di una serata medievale a Conca tra i pellegrini che percorrono la Via Francigena,
ispirandomi ai “Racconti di Canterbury” di Chaucer.
O ambientare nel palazzo e nel parco Galtieri Bartoli un bel giallo che si svolge negli anni ’30 del
secolo scorso.
O lasciare che altre/i lo facciano al posto mio.
Non mi resta che finire con un augurio: che tutte/i possano attingere alla nostra storia per ricordare e
trarne insegnamenti, avendo ben presente che la storia non si fa solo nelle grandi città e che, in
particolare, la storia italiana ha avuto come protagoniste anche le comunità locali, specialmente
quando queste erano in grado, a partire dalla loro specificità, di unirsi, allearsi, solidarizzare.
Che si apprezzino i vecchi castelli di pietra, ma che si preferiscano le porte aperte.

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ITALIA SCONOSCIUTA: LA MIA ESPERIENZA A CONCA DELLA CAMPANIA

  • 1. Estratto dal sito www.ilfuturomigliore.org ITALIA SCONOSCIUTA: LA MIA ESPERIENZA A CONCA DELLA CAMPANIA sergio benassai 1. Ovviamente le castagne Per arrivare a Conca della Campania da Roccamonfina (dove abbiamo trascorso un po’ di vacanze all’insegna di passeggiate e tranquillità) si deve scendere percorrendo la strada asfaltata SP14 per 7 km, sotto l’ombra dei castagni, dal momento che tutta la zona è praticamente un immenso castagneto. In un ristorante di Roccamonfina (dove abbiamo potuto gustare una pregevole zuppa di fagioli, funghi e castagne) ho avuto una breve visione di un poster sul quale erano riportate le foto delle innumerevoli tipologie di castagne. Ve ne erano indicate una decina, ma, consultando vari siti, si può arrivare ad individuarne alcune centinaia (comunque l’apprezzamento delle diverse tipologie di castagne è al di là delle mie capacità). Per questo ho deciso di ipotizzare (ma, credo, con la quasi certezza di essere nel giusto) che i castagni che ombreggiano la SP14 siano quelli che producono la castagna “tempestiva” (detta anche “primitiva”), che, secondo una leggenda locale, sarebbe stata importata (da dove non si sa) da San Bernardino da Siena nel 1400.
  • 2. Questa denominazione è legata al fatto che matura precocemente rispetto alle altre tipologie, tanto che la raccolta avviene già nel mese di settembre. 2. Prime informazioni Ma prima di scendere da Roccamonfina a Conca della Campania (d’ora in poi semplicemente Conca) ho preso qualche informazione. La prima curiosità ovviamente era quella di sapere perché si chiama così. Dunque, secondo l’enciclopedia Treccani, la parola conca deriva dal latino “concha” e dal greco “κόγχη” e significa una conchiglia, un vaso con imboccatura più larga del fondo, una cavità. Dal momento che non sono riuscito a chiarirmi bene la situazione orografica del comune di Conca do per scontato che il suo territorio abbia la forma di una cavità. La seconda curiosità era di sapere come si chiamano le/gli abitanti di Conca. Secondo internet: concani o concanesi. Ma devo confessare che poi non ho fatto alcuna verifica con le persone del luogo. La terza curiosità era quella di sapere quante persone vivessero a Conca. Da Wikipedia ho appreso che vi abitano circa 1250 persone. Ma ho anche scoperto che il 1 novembre 1943 erano circa 3300. E in quel giorno, e nei successivi tre, 39 di loro (bambini, donne, uomini) furono trucidati dalla quindicesima Panzer-division Hermann Göring per rappresaglia contro l’uccisione di un soldato tedesco. E decine e decine di uomini erano stati deportati in Germania, come ricorda la motivazione per il conferimento della medaglia di bronzo al merito civile al comune di Conca della Campania: Piccolo centro, occupato dall'esercito tedesco impegnato a difesa della linea Gustav, fu oggetto di violenti rastrellamenti e deportazioni che causarono la morte di numerosi ed eroici cittadini. Nobile esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio. Ma è giusto sottolineare che il 1 novembre 2016 l’ambasciatrice tedesca Susanne Wasum-Rainer ha reso omaggio, a Conca, ai martiri della strage.
  • 3. Al di là di questa tragedia resta comunque il fatto che Conca ha subito un rilevante fenomeno di emigrazione. 3. Premessa alla visita a Conca Cosa fare, cosa vedere a Conca ? Per decidere abbiamo consultato le varie guide ed opuscoli che ci sono stati forniti del tutto gratuitamente dalla Comunità Montana S. Croce a Roccamonfina. Veramente un bel po’ di materiale che però merita qualche considerazione. La prima: come ci ha gentilmente informato la persona che ci ha fornito il materiale (avendo noi richiesto in particolare informazioni su passeggiate e sentieri) le passeggiate ed i sentieri (ognuno dei quali ha il suo bel numero distintivo) non sono ben segnalati. E purtroppo è vero (ma, per quanto riguarda Conca, avendo deciso di andarci in auto il problema è irrilevante). La seconda: l’investimento finanziario per tenere in piedi questa attività di informazione trova un riscontro positivo nel turismo che si dovrebbe presupporre venga promosso e favorito (a parte la nostra presenza) ? Ho qualche dubbio in proposito, ma non sono in grado di portare dati a supporto di questo dubbio.
  • 4. La terza: ma cosa fa in realtà una Comunità Montana ? Beh, a questo punto il problema assume una rilevanza nazionale: ho alcune idee in proposito, ma … lasciamo perdere .. in fondo si tratta solo di decidere cosa andare a fare a Conca ! 4. Cosa vedere a Conca Sulla base di quanto sopra decidiamo che a Conca dobbiamo vedere: - il sentiero delle cascate - il parco Galdieri Bartoli - la chiesa di S. Pietro Apostolo - il Castello Il sentiero delle cascate appare invitante con le sue promesse di antichi mulini, verde vegetazione e fresche acque. Il parco Galdieri Bartoli promette tipologie di alberi rari. La chiesa di S. Pietro Apostolo (la “Collegiata”) offre trittici ed affreschi. Il Castello (se visibile) sembra poter permettere di ammirare luoghi, stanze e arredi di molte epoche. E allora … procediamo 5. Il sentiero delle cascate Una piacevole discesa (ripida). Si inizia sotto la casa del mugnaio fino ad attraversare il fiume Rivo sul ponticello che si potrebbe spacciare (ma non lo è) come un ponte romano. Lungo la discesa si incontrano alcune cavità dove erano sistemati gli antichi mulini ad acqua. In uno di questi c’è una scritta che equivale all’attuale “non si fa credito”.
  • 5. Terminata la discesa ci saremmo dovuti trovare di fronte a qualcosa di questo tipo: E invece (ma, data la siccità che imperversa da mesi, ci aspettavamo qualcosa dal genere) neanche un filo d’acqua. Comunque confermo che è una gradevole passeggiata. 6. Il parco Galdieri Bartoli Questo parco (che a dir la verità abbiamo solo intravisto dall’alto) fu progettato e realizzato da un famoso architetto dei giardini, Pietro Porcinai, nel 1930, utilizzando stili diversi (da quello rural- naturale tipico della tradizione inglese a quello del classico giardino all’italiana) e prevedendo la messa a dimora di molte specie botaniche provenienti da ogni parte del mondo. Per quel poco che abbiamo potuto vedere l’impressione è che adesso sia piuttosto lontano dal suo antico splendore. E probabilmente la sua decadenza è anche una logica conseguenza della scomparsa del Palazzo Galdieri Bartoli, del quale il parco doveva essere un ricco complemento. Un palazzo che, secondo quanto riportano i siti di informazione, era stato progettato per somigliare alla Reggia di Caserta e che conteneva 400 stanze.
  • 6. Purtroppo il palazzo non esiste più (c’è solo questa foto). Fu fatto saltare in aria dai tedeschi nell’ottobre del 1943 (e mi chiedo ancora perché). Ma a chi mai era venuto in mente di costruire una simile “reggia” a Conca ? Forse a Paolo Emilio Galdieri, nato a Conca il 2 aprile 1851 e deputato nella XXII Legislatura del Regno d'Italia (1904 - 1909), per il quale l’archivio storico della Camera dei deputati segnala quanto segue: “Eletto il 23 luglio 1905 in seguito all'annullamento dell'elezione di Giuseppe Lonardo e dell'annullamento della successiva elezione (14 maggio 1905) dello stesso Paolo Emilio Galdieri” ? Sinceramente non lo so. Quello che comunque è ben noto è che: - agli inizi del secolo scorso Donna Virginia Galdieri sposa Guido Bartoli (ecco perché si parla di Galdieri Bartoli) - esiste tuttora una fiorente attività agricolo-vinicola con l’intestazione Galdieri Bartoli Ma sui Galdieri dovremo ritornare. 7. La chiesa di S. Pietro Apostolo E adesso tocca alla Collegiata, alla chiesa di S. Pietro Apostolo. Naturalmente è chiusa. C rivolgiamo a due ragazzi che chiacchierano su una panchina e chiediamo informazioni. Ci dicono di rivolgersi al parroco, don Davide. E dove troviamo don Davide ?
  • 7. Lo troviamo all’ostello della gioventù (che ha preso il posto di un precedente asilo infantile) che ha sede nell’area dove sorgeva il palazzo Galdieri-Bartoli e che è stata donata nel 1961 dalla Baronessa Virginia Galdieri alla Parrocchia San Pietro Apostolo (adesso acquisita dalla Pro-loco). Alt: un momento. Ma Virginia Galdieri non era quella che aveva sposato un Bartoli all’inizio del ‘900 ? E’ la stessa ? Una parente ? Comunque è confermato che fra deputati e baronesse la famiglia Galdieri è una famiglia “importante”. A tale proposito vale forse la pena di anticipare che la famiglia Galdieri acquistò nel 1850 il Castello (di cui parleremo in seguito). Ma torniamo a don Davide che sta per salire sulla sua auto per andare ad adempiere ad un impegno. Si rammarica di non poterci accompagnare a visitare la Collegiata, ma ci rassicura: il problema si risolve telefonando ad un seminarista che alloggia proprio sopra alla Collegiata. Possiamo quindi visitarla. E possiamo così vedere, fra le altre cose, anche la famosa pala d’altare di Orazio Rossi da Pietravairano. Pala che fu dipinta nel 1519, su commissione del principe de Capua per la cappella del Castello e che solo nel 1770 fu donata alla Collegiata dal principe di Conca, Carlo Invitti. 8. Il Castello E arriviamo dunque al Castello. Un Castello, noto anche come Castrum Conchae, le cui origini risalgono all’anno 1000 e che fu costruito dai frati benedettini perché il castello precedente (il Castrum Pilanum) non era in grado di garantire una sufficiente difesa, né contro i conti (poi principi) di Capua né contro i Saraceni. Non è certo il caso, qui ed ora, di approfondire la storia del Castrum Pilanum (origine romana ? possesso della famiglia di Erchemperto, il monaco storico longobardo, autore della Historia Langobardorum Beneventanorum ? romitaggio e chiesa ?). Va però notato che lo stemma del Comune di Conca
  • 8. si caratterizza per due torri chiuse in campo azzurro e due torri aperte in campo rosso a rappresentare rispettivamente il Castrum Conchae (non conquistato dai nemici) ed il Castrum Pilanum (conquistato). Ma anche per quanto riguarda lo stesso Castello sarebbe lungo e inutile ripercorrerne la storia, pur ricordando che dal 1850 fino a poco tempo fa era di proprietà della più volte menzionata famiglia Galtieri. Forse però merita un cenno il fatto (o la leggenda) della presenza al Castello, nel 1592, di Torquato Tasso Certo è che l’origine millenaria del Castello risulta ben confermata dalla prima visione che se ne ha arrivando sulla piazza. Anche se ormai resta ben poco della struttura originaria. E quel che più dispiace è che anche il frutto degli interventi successivi non è in buone condizioni. Ma andiamo per ordine. La prima cosa da fare è informarsi se è possibile una visita del Castello. I soliti due ragazzi che chiacchierano su una panchina ci rimandano ad un bar il cui proprietario è anche proprietario del castello. Riusciamo ad entrare in contatto con il proprietario, il signor Vincenzo, che si mostra pienamente disponibile a farci visitare il Castello. Appena varcato l’antico portone ci troviamo nell’androne d’ingresso dove si dovrebbero trovare affreschi del XVI secolo illustranti scene con l’Abate di Montecassino ed altri prelati. Ed ecco cosa rimane:
  • 9. Non c’è dubbio che il Castello ha comunque alcune notevoli caratteristiche. Ad esempio la scala che dal cortile porta al piano nobile Oppure la cappella privata con i suoi affreschi Da notare che manca una madonna lignea che è attualmente conservata presso un convento di suore e, naturalmente, la Pala donata alla Collegiata dal principe di Conca, di cui si è già parlato. Notevole anche la cucina col vecchio forno a legna incassato
  • 10. E, soprattutto, guardate qua E’ il panorama che si gode dal giardino pensile del Palazzo situato in alto, vicino alla cucina. Un giardino con pozzo, fontana, alberi da frutto, ecc. Ma la cosa che lascia stupefatti è quello che c’è nelle stanze del Castello. Come ci racconta il signor Vincenzo fino a pochi anni fa il Castello era ancora proprietà della famiglia Galdieri. Sembra che l’ultimo Galdieri proprietario avesse una certa urgenza di realizzare una somma consistente, quasi che non pensasse ad altro. Tant’è che, venduto il Castello, lo ha abbandonato da un giorno all’altro, lasciando dentro tutto quello che c’era. Un piccolo elenco di quello che ancora sta là dentro: - collezioni di riviste del secolo scorso - libri, libri, libri, di tutti i generi - giocattoli, macchinine, biciclette per bambini - mobili, alcuni intarsiati, altri scassati - stoviglie, arnesi da cucina, vetrerie, lampade - foto di famiglia, quaderni di appunti, registri - due vecchie automobili Opel (nascoste in una grotta sotto la scala principale ostruita da una cisterna per il gasolio) Dunque: abbiamo un Castello, pieno di storia e di notevoli caratteristiche, pieno di vecchie cose (alcune probabilmente anche di valore), ma in condizioni quantomeno discutibili. Quale futuro per il Castello ?
  • 11. Mi sono informato un po’ e ho scoperto che da anni si discute con fasi alterne nel Consiglio Comunale di Conca sulla possibilità per il Comune di acquistarlo per restituirlo alla cittadinanza, utilizzandolo per … ci sono varie ipotesi. Il signor Vincenzo, l’attuale proprietario, vorrebbe farne un bed&breakfast. La mia impressione è che, quale che sia la prospettiva, per rendere agibile il Castello ci vorrebbe qualche milione di euro (ma naturalmente posso sempre sbagliarmi). Comunque su un sito immobiliare il Castello è in vendita per 280.000 €. 9. E adesso ? Per chi volesse approfondire la storia del Castello, di Conca e dintorni forse sarebbe utile consultare l’opera di Adolfo Panarello intitolata “Terra Filiorum Pandulfi” (in particolare il IV volume). E’ un suggerimento un po’ alla cieca (confesso che, al di là di qualche riga, non l’ho letta): ma da quel poco che ho potuto capire si tratta di un’opera seria e documentata. Perché questa opera si intitola “Terra Filiorum Pandulfi” ? Perché, come spiega l’autore, è l’espressione usata dal cronista Riccardo di San Germano per descrivere il territorio appartenente ai figli di Pandolfo IV, conte di Teano. Ma forse non finisce qui. Potrei anche inventarmi un analogo del mio “Finis Millennii”, questa volta ambientato a Conca. O raccontare di una serata medievale a Conca tra i pellegrini che percorrono la Via Francigena, ispirandomi ai “Racconti di Canterbury” di Chaucer. O ambientare nel palazzo e nel parco Galtieri Bartoli un bel giallo che si svolge negli anni ’30 del secolo scorso. O lasciare che altre/i lo facciano al posto mio. Non mi resta che finire con un augurio: che tutte/i possano attingere alla nostra storia per ricordare e trarne insegnamenti, avendo ben presente che la storia non si fa solo nelle grandi città e che, in particolare, la storia italiana ha avuto come protagoniste anche le comunità locali, specialmente quando queste erano in grado, a partire dalla loro specificità, di unirsi, allearsi, solidarizzare. Che si apprezzino i vecchi castelli di pietra, ma che si preferiscano le porte aperte.