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Castione della Presolana, 26 agosto 2007
Raccomandata a.r.
Preg.mo Signor Presidente
della Provincia di Bergamo
Via Torquato Tasso, 8
24122 - BERGAMO
Preg.mo Signor Assessore
alla caccia della Provincia di Bergamo
Via S. Giorgio, 5/a
24122 - BERGAMO
e p.c.
Preg.mo Signor Presidente
del Comprensorio Alpino "Val Borlez7a"
Via Fiorirle, 56
24023 - CLUSONE (Bergamo)
Preg.mo Signor Presidente
della F.I.D.C.
Via Carlo Serassi, 13
24125 — BERGAMO
Preg.mo Signor Presidente
del Parco delle Orobie
Via Torquato Tasso, 109
24121 —BERGAMO
Preg.mo Signor Presidente
dell'Unione Comuni della Presolana.
Viale Papa Giovanni XXIII, 12
24020 — ROVETTA (Bergamo)
Preg.mo Signor Presidente
della Comunità Montana Valle Seriana superiore
Via Angelo Mal 6
24023 - CLUSONE (Bergamo)
comuwe etrAt
Proy, lOgntzto
o 5 so, D-337
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Castione della Presolana
Piazza Roma, 3
24020 CASTIONE DELLA PRESOLANA (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Cerete
Via Roma, 7
24020 CERETE (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Fino del Monte
Piazza Olmo, 25
24020 FINO DEL MONTE (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Onore
Via G.Marconi, 1
24020 ONORE (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Rovetta
Piazza Ferrari N.24
24020 ROVETTA (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Songavazzo
Via San Bartolomeo, 9
24020 SONGAVAZZO (BG)
Preg.mo Signor Sindaco
del Comune di Clusone
Piazza Sant'Andrea, 1
24023 - CLUSONE (Bergamo)
Oggetto: riperimetrazione del Comprensorio Alpino di Caccia "Valle Borlezza"
Preg.mo Signor Presidente e Signor Assessore,
da tempo le sottoscritte sezioni comunali della Federazione Italiana della Caccia ritengono
opportuna una riperimetrazione del Comprensorio Alpino denominato "Valle Borlezza".
Tale "ristrutturazione" del territorio dell'attuale Comprensorio è suggerita dalle ragioni che già
abbiamo avuto modo di esprimere nelle nostre lettere del 14.9.2004 e del 4.10.2004 (quest'ultima
lettera in risposta alla nota del Presidente del C.A.C. in data 21.9.04) e che tuttora permangono.
In estrema sintesi, il C.A.C. attuale è interessato negativamente dai seguenti problemi:
- forte disomogeneità territoriale
- eccessiva pressione venatoria sulla tipica fauna alpina.
Negli ultimi anni nulla è stato fatto di concreto per intervenire con qualche soluzione efficace su
tali problematiche; nel frattempo tutto procede come sempre, e la tipica fauna di monte appare
sempre più minacciata.
In relazione a quanto sopra abbiamo ritenuto opportuno commissionare, a tecnici del settore, un
elaborato contenente una concreta proposta di riassetto del territorio della "Val Borlezza" ai fini
venatori: l'incarico è stato affidato all'avv. Franco Bonsanto di Bologna e al dottore in scienze
naturali Davide Zanin.
Il lavoro si è tradotto in un progetto di riperimetrazione del territorio motivato sia sotto il profilo
normativo che sotto quello scientifico, con riferimento soprattutto alle specie della tipica avifauna
stanziale alpina.
A nostro avviso le strategie individuate nell'elaborato - che alleghiamo in modo che se ne possa
prendere piena conoscenza - consentiranno di raggiungere gli obiettivi prefissati, risolvendo le
problematiche sopra accennate.
Auspichiamo che la proposta venga presa nell'opportuna considerazione e che possa condurre ad
una modifica del piano faunistico-venatorio provinciale in modo tale da accogliere le nostre -
crediamo, più che legittime - richieste, che sono poi quelle di molti cacciatori da anni presenti
fattivamente sul territorio e che vigilano sullo stesso, partecipando alla gestione ed al controllo dello
stato dei selvatici per un periodo ben più ampio di quello che dedicano alla loro caccia, ridotto
ormai a poche giornate per stagione, quando i piani di abbattimento consentono il prelievo di
qualche capo.
Confidiamo pertanto nel recepimento della proposta e nella sua traduzione pratica all'interno del
piano faunistico-venatorio attraverso la creazione di un eventuale CAC, che ci piacerebbe venisse
denominato "PRESOLANA".
Certi dell'interesse che vorrete accordare a questa nostra e ringraziando fin da ora per quanto
riterrete di fare in relazione alla richiesta che vi viene formulata porgiamo con l'orensione, i n
più cordiali saluti.
Il Presidente della Sezione Comunale FIDC di Rovetta
Il Presidente della Sezione Comunale FIDC di Fino del Monte f
Il Presidente della Sezione comunale FIDC di Castione della Presolana
Franco Bonsanto - Davide Zanin
PROPOSTA DI RIPERIMETRAZIONE DEL COMPRENSORIO ALPINO
"VAL BORLEZZA" IN PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE
DELLA GESTIONE FAUNISTICO—VENATORIA DEL COMPARTO E
DELLA RIDUZIONE DELLA PRESSIONE VENATORIA AL FINE DI
SALVAGUARDARE LA TIPICA FAUNA SELVATICA DELLA ZONA ALPI
Indice
1. Assetto normativo e regolamentare vigente... ... ...... ...pag. I
2. Considerazioni preliminari ed obiettivi della proposta di
riperimetrazione... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .. . ... ... ... ..pag.10
3. Assetto territoriale attuale del Comprensorio Alpino "Valle Bor-
lezza" ed illustrazione di un progetto di riperimetrazione, con
particolare considerazione per l'istituzione e delimitazione del-
la zona "A" (maggior tutela). pag. 12
4. Considerazioni sulla gestione faunistico-venatoria e la salva-
guardia della tipica fauna alpina... ... ... ... ... ... .. . ... ... ... ... ... ......pag. 17
Osservazioni e proposte sulla pressione venatoria
ed il rapporto cacciatore/territorio... ... ... . .. ... . . . . .. .....pag. 20
Bologna-Bergamo, 30 luglio 2007
I
1. ASSETTO NORMATIVO EREGOLAMENTARE VIGENTE
Con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 26 assunta in data 28 marzo 2007,
la Provincia di Bergamo - in ossequio al disposto dell'art. 10, comma 7, della legge
statale 11 febbraio 1992, n. 157 e dell'art.14 della legge della regione Lombardia n. 26
del 16 agosto 1993 - ha approvato il piano faunistico-venatorio provinciale 2007.
Il provvedimento è giunto a modificare il piano precedente, approvato con la
deliberazione del C.P. n. 22 del 9 maggio 2006, ai fini dell'opportuno adeguamento alle
disposizioni di legge innovate di recente dalla 1.r. Lombardia 8 agosto 2006, n. 19.
Sulla base degli interventi riconducibili all'attività di pianificazione, che
costituisce tuttora il presupposto indispensabile per realizzare una gestione tecnica-
conservativa del patrimonio faunistico ed una programmazione dell'attività venatoria
fondata sui criteri dell'art. 14 della legge 157/92, il territorio provinciale risulta
attualmente ripartito in due Ambiti territoriali di caccia — A.T.C. "Pianura Bergamasca"
e A.T.C. "Prealpino" - (in prosieguo indicati come A.T.C.) - ed in quattro Comprensori
alpini - C.A.C. "Valle Brembana", C.A.C. "Valle Seriana", C.A.C. "Valle di Scalve",
C.A.C. "Valle Borlezza" - (in prosieguo denominati brevemente C.A.C.).
Tale duplice assetto risulta operato in conseguenza della configurazione
territoriale della provincia i cui territori occupano una parte planiziale, una zona prealpina
ed una zona alpina vera e propria.
2
Il settore di pianura risulta collocato nel distretto sud della provincia mentre nella
fascia a nord con direzione ovest-est si estende, con progressione altimetrica, il territorio
prealpino che salendo di quota assume le caratteristiche orografiche e floro-faunistiche
delle tipiche zone alpine.
Agli effetti della legislazione venatoria la zona faunistica delle Alpi è definita in
forza dei parametri di cui all'art. 11 della legge statale n.157/92, individuati nella
"consistente presenza della tipicaflora efauna alpina". La caratterizzazione è ripresa
nella 1.r. n. 26/93 della regione Lombardia, dove nell'art. 27 appare postulata nei termini
che seguono:
"l. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della
tipicaflora efauna alpina, è considerato zonafaunistica e a sèstante".
L'istituzione di una "zona Alpi" in ambito di legislazione faunistico-venatoria,
lungi dall'astrattismo di certe formule tecniche, è fmalizzata all'adozione di una
particolare disciplina di governo del territorio e delle sue risorse.
E, in effetti, nella zona faunistica delle Alpi vigono regole diverse da quelle del
restante territorio costituito in A.T.C., e ciò per espressa previsione dell'art. 11, secondo
comma, della legge statale, il quale manda alle regioni di emanare "(...) nel rispetto dei
principi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari
alfine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute
presenti le consuetudini e le tradizioni locali".
Le regole adottate in quelle regioni italiane che racchiudono al proprio interno
territori classificati come "zona Alpi" a ben guardare presentano un nucleo comune di
disposizioni che tendono in special modo a:
3
1) regimare severamente gli accessi ai C.A.C., nel rispetto degli indici di densità
venatoria stabiliti (invariabilmente assai più alti di quelli del territorio costituito in
A.T.C.), al fine di contenere la pressione venatoria;
2) assicurare la predisposizione di un calendario venatorio idoneo, nel disciplinare il
prelievo, a perseguire un soddisfacente livello di tutela delle delicate specie alpine che
tuttora occupano gli areali alle quote più elevate;
3) garantire la preparazione tecnica dei cacciatori e dei controllori ammessi a praticare
l'esercizio venatorio nella zona faunistica delle Alpi.
Tali obiettivi sono ricercati, nella gran parte dei casi, con il coinvolgimento delle
province interessate dalla presenza di territori montani soprattutto attraverso lo strumento
della pianificazione nonché con la predisposizione, per la parte di competenza, dei
calendari venatori.
In re2ione Lombardia la caccia nella zona faunistica delle Alpi è incisa dai
seguenti provvedimenti locali:
- legge regionale 26/93, nei numerosi articoli che si occupano del particolare contesto
alpino;
- regolamento regionale 16/03 (in riferimento all'attuazione di quanto previsto dall'art.
27, quarto comma);
- piano faunistico-venatorio regionale;
calendario venatorio.
In provincia di Bergamo gli accennati provvedimenti regionali sono integrati dai
seguenti provvedimenti:
piano faunistico-venatorio provinciale;
- integrazioni al calendario venatorio;
4
- eventuali provvedimenti assunti ad hoc per interventi sul regime di prelievo della
tipica fauna alpina.
Nel contesto della legge regionale la norma di maggior valenza in tema è l'art.27:
" - Zona Alpi e zona appenninica -
1. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipica
flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica e a sè stante.
2. La zona Alpi comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio,
Varese, Lecco ed i relativi confini sono determinati dalla giunta regionale, su proposta
delle province, sentite le comunità montane interessate e d'intesa con le altre regioni per
i territori confinanti.
2b1s. Le province possono istituire all'interno dei comprensori alpini di caccia, di
concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l'uno zona di maggior
tutela e l'altro zona di minor tutela, con l'esercizio della caccia differenziato in relazione
alla peculiarità degli ambienti e delle specie difauna selvatica ivi esistenti e meritevoli
particolare tutela.
3. Il territorio appenninico della Lombardia ricompreso nell'Oltrepò Pavese è
individuato come zonafaunistica a sè stante anche aifini della ricostituzione dellafauna
tipica e vocazionale ed è denominato zona appenninica; i confini della predetta zona
sono determinati dalla giunta regionale su proposta della provincia di Pavia, sentita la
comunità montana interessata.
4. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono
stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare
l'attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica, tenuto conto
delle consuetudini e delle tradizioni locali.
5
5. Le province, di concerto con i comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia,
emanano specifiche disposizioni limitative per l'esercizio venatorio nel comparto di
maggior tutela e, relativamente al comparto di minor tutela, possono emanare particolari
disposizioni limitative per la caccia alla selvaggina stanziale e per gli appostamenti
temporanei, fermo restando che, per la caccia alla selvaggina migratoria, vige il
calendario venatorio regionale, con il divieto della caccia vagante oltre il 31 dicembre,
fatta eccezione per la caccia al cinghiale.
6. Le province possono altresì emanare disposizioni limitative per l'esercizio della caccia
informa vagante alla selvaggina stanziale nei territori collinari e montani contigui alla
zona Alpi.
7. Le province, sentiti i comitati di gestione interessati, individuano per ogni
comprensorio l'altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con
mezzi motorizzati; di tale altitudine, che preferibilmente dovrà corrispondere a luoghi
facilmente identificabili, è data comunicazione nel calendario venatorio.
8. Le province, su conforme parere dell'Istituto nazionale della fauna selvatica, allo
scopo di rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro - forestali,
autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di
prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di
selezione agli ungulati ai sensi dell'art40, comma 11, secondo il regolamento
predisposto dalleprovince stesse edapprovato dalla giunta regionale.
9. Le province, per una corretta gestione della tipicafauna alpina, possono istituire zone
di divieto dell'attività venatoria ad eccezione della caccia informa selettiva ed esclusiva
agli ungulati.
10. Le autorizzazioni di cui al comma 9 per le aziende faunistico - venatorie
interprovinciali sono disposte dalla giunta regionale, sentite le province interessate.
6
11. I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante
nella zona Alpi e appenninica, o che vengono riammessi dopo aver subito un anno di
sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro -faunistiche
venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le province territorialmente
interessate avanti alla commissione di cui al successivo art.44.
12. Non sono tenuti al colloquio di cui al comma 11 coloro che hanno esercitato la
caccia in zona appenninica anteriormente alla delimitazione della stessa a norma del
comma 3.
13. Nei comparti di maggior tutela, ai sensi del comma 5, alfine di ripristinare l'integrità
della biocenosi animale, è consentita l'immissione di sole specie autoctone, previo parere
favorevole e vincolante dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'osservatorio
regionale".
Particolarmente significativi, in prospettiva gestionale, sono senza dubbio i
comma 2 bis, 5 e 9. Il primo consente, a mezzo di un approccio intelligentemente
tecnico, una regolamentazione differenziata secondo zone caratteristiche che, nel caso
della provincia di Bergamo e della Val Borlezza in particolare, di cui ci si occuperà in
maniera più dettagliata nelle successive parti del presente elaborato, si individuano sulla
base di un criterio essenzialmente "altitudinale", posto che nelle quote più elevate si
collocano le popolazioni della tipica avifauna alpina, particolarmente bisognosa, per le
ragioni che verranno diffusamente esposte in prosieguo, di cure ed attenzioni, a garanzia
di un futuro meno problematico.
Una strategia che appare necessaria nella prospettiva di recuperare alle specie
consistenza ed areali potenzialmente adatti all'espansione.
Il secondo (comma 5) presuppone l'adozione di uno strumento specifico per la
realizzazione degli obiettivi suddetti attraverso limitazioni al prelievo venatorio,
7
soprattutto nella fascia di maggior tutela, pur restando chiaro che questo non è il solo
sistema per garantire alle specie stanziali della tipica fauna alpina la crescita numerica e
l'espansione per la ric010ni77.a7ione dei siti alpini già occupati nel passato.
Il comma 9, infine, contiene la previsione dell'ulteriore strumento inibitorio a
garanzia della tutela di specie in contesti territoriali occasionalmente in grave difficoltà
laddove considerazioni di carattere faunistico-ambientale suggeriscano l'adozione di un
divieto di caccia tout court alla tipica fauna alpina.
Per quanto riguarda il regolamento regionale Lombardia 4 agosto 2003, n. 16 (in
B.U.R. 8 agosto 2003, n.32) "Regolamento di attuazione degli artt. 21 comma 9, 26
comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della Lr. 16 agosto 1993, n. 26
«Norme per la protezione dellafauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e
disciplina dell'attività venatoria»" vanno evidenziati gli artt. 14-21 facenti parte del capo
IV ("Esercizio venatorio in zona Alpi (Art. 27, comma 4") del provvedimento.
L'art. 14, primo comma, in particolare contiene l'espressione del principio della
differenziazione territoriale in zone "A" e "B", sulla base di un particolare livello di
protezione: "Art. 14. Comparti venatori. - Nell'ambito di ciascun comprensorio le
Province, di concerto con i Comitati di gestione, possono istituire due distinti comparti
venatori, denominati l'uno di maggior tutela (A) e l'altro di minor tutela (B), ed anche
individuare al loro interno entità territoriali omogenee, di limitata estensione,
finalizzate ad una idonea protezione e gestione venatoria di una o più specie stanziali e
disciplinati di concerto con il Comitato digestione interessato".
Attualmente nel C.A.C. "Valle Borlezza" risultano istituiti entrambi i comparti
venatori ipotizzati dall'art. 14 del regolamento 16/03. Infatti, come si legge nell'elaborato
di pianificazione: "Il PFV, tenuto conto delle peculiarità orografiche e floristiche della
Zona Faunistica delle Alpi, nonché della presenza e distribuzione della fauna tipica
8
alpina (tetraonidi, coturnice, camoscio, stambecco, marmotta ed ermellino), delimita i
due comparti all'interno dei singoli comprensori alpini di caccia così come da
cartografie allegate" (cfr. P.f.v. vigente).
La zona evidenziata in verde individua nella cartina allegata al progetto di
variante al P.f.v. di Bergamo (cfr. pag.171 del documento) la zona di maggior tutela. La
situazione attuale viene meglio esaminata nel capitolo sub 3), in funzione di una nuova
proposta di perimetrazione che reca al suo interno anche una diversa — e più ampia —
delimitazione della zona A, che si ritiene opportuno estendere nel settore nord orientale,
nei termini che infra si preciseranno.
Rilevante appare anche il ruolo dell'art. 19 ("Pianificazione faunistica,
censimenti, piani di prelievo') in ordine alle modalità del prelievo, da calibrare con
attenzione sulla scorta dei censimenti annuali: "1. La Provincia, d'intesa con i Comitati di
gestione, determina, per ogni specie vocazionale, la capacità faunistica in termini
quantitativi e le densità massime potenziali raggiungibili in rapporto alle caratteristiche
ambientali, nel rispetto dell'equilibrio delle biocenosi, secondo i modelli di valutazione
ambientale indicati nel Piano Faunistico Venatorio Regionale. 2. Le Province, previo
censimento dellafauna selvatica stanziale alpina realizzato di concerto con i Comitati di
gestione, stabiliscono, annualmente ed in ogni caso prima dell'apertura della stagione
venatoria, per ogni specie, il numero complessivo dei capi abbattibili e il numero
massimo dei capi prelevabili da ciascun cacciatore, infunzione del raggiungimento delle
densità massime potenziali di cui al comma 1".
Il secondo comma dell'art. 19 rappresenta il vero e proprio strumento gestionale
da utilizzare nella determinazione del "carico" annuale di prelievo venatorio sopportabile
dalla tipica fauna selvatica stanziale alpina. Ne riparleremo più sotto nei capitoli sub n. 4
e n. 5, con particolare riferimento alle specie "coturnice" e "gallo forcello", in relazione
9
alle quali sono note — in base ai dati della provincia di Bergamo - consistenza e prelievi
(quando autorizzati) nel C.A.C. "Valle Borlezza" nell'arco di quasi un decennio (periodo
1996-2006).
Il piano faunistico venatorio provinciale vigente suddivide il territorio della zona
faunistica delle Alpi in 4 C.A.C. - "Valle Brembana", "Valle Seriana", "Valle di Scalve",
"Valle Borlezza" — e nel territorio costituente il C.A.C. "Valle Borlezza" localizza due
comparti, individuanti la zona "A" (di maggior tutela) e la zona "B" (di minor tutela).
Il C.A.C. "Valle Borlezza" risulta così dall'aggregazione del territorio
circoscritto dai confini amministrativi di 13 comuni (Rovetta, Castione della Presolana,
Fino del Monte, Onore, Clusone, Songavazzo, Rogno, Cerete, Costa Volpino, Bossico,
Sovere, Lovere, Castro) per una superficie totale di 20.354,43 ettari, cui corrisponde una
superficie agro-silvo-pastorale pari ad ettari 17.939, costituente l'8% dell'intera t.a.s.p.
provinciale (fonte dei dati: piano faunistico-venatorio provinciale).
All'interno del CAC "Val Borlezza" sono all'attualità istituiti dal P.f.v. quattro
oasi di protezione ed una zona di ripopolamento e cattura, per un totale di 2.413,19 ettari
protetti (corrispondenti ad una t.a.s.p. di ettari 2.299,16).
* * * * *
lo
2. CONSIDERAZIONIPRELIMINARI ED OBIETTIVIDELLA PROPOSTA DI
RIPERIMETRAZIOIVE
Premesso quanto sopra, il presente elaborato viene redatto con finalità di progetto
di riperimetrazione del Comprensorio Alpino denominato "Valle Borlezza" in previsione
dell'approvazione di una variante al piano faunistico-venatorio vigente nella Provincia di
Bergamo. Le motivazioni di seguito illustrate convergeranno in direzione dei seguenti
obiettivi da conseguire (e, di fatto, conseguibili nel breve periodo):
a) individuazione di un territorio omogeneo di Zona Alpi;
b) creazione di un più penetrante legame cacciatore-territorio;
c) riduzione della pressione venatoria con il fine ultimo di salvaguardare la tipica fauna
alpina, soprattutto nella zona di maggiore tutela.
L'attuale ripartizione del territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia
programmata della Provincia di Bergamo in Ambiti Territoriali ed in Comprensori Alpini
— e di cui nella parte precedente si è riferito - appare infatti discordante con i principi di
omogeneità che avrebbero dovuto implementare la ripartizione medesima.
In particolare si rende necessaria l'individuazione del Comprensorio sulla scorta
di quel criterio legale di cui agli articoli 11, 1. 157/92 e 27, 1.r. Lombardia n. 26/93
costituito dalla "consistente presenza della tipica flora e fauna alpina", considerandolo
quindi come "zonafaunistica a sè stante" . Tale principio di omogeneità viene tra l'altro
ripetutamente richiamato nel Piano faunistico della Provincia di Bergamo approvato con
delibera G.P. n. 22 del 9 maggio 2006 laddove è attuata la ripartizione del territorio agro-
11
silvo-pastorale articolata "per comprensori territoriali omogenei con specifico
riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali (cfr. l'elaborato di
pianificazione).
La legge regionale citata, peraltro, nell'indicazione di parametri di delimitazione
fa anche riferimento ad elementi che svelano la natura "amministrativa" (strade, ferrovie,
altri manufatti etc.) e/o para-amministrativa degli elementi stessi.
Proprio in considerazione di ciò si ritiene che il comprensorio dovrebbe essere
oltre che omogeneo anche individuabile in base ai confini amministrativi dei comuni
ricompresi. In ossequio a tale criterio, che risponde ad evidenti esigenze di agevole
riconoscibilità (anche cartografica) del comprensorio da parte dell'utenza e degli stessi
organi di gestione, la presente proposta di riperimetrazione assume in via di principalità
le caratteristiche floro-faunistiche legate al territorio, ma in subordine ed in via
sussidiaria, non potendo operare in assoluto il solo precedente criterio — come peraltro
accade nell'attualità, dove nel piano vigente il C.A.C. "Valle Borlezza" coincide con
la superficie amministrativa dei comuni di Rovetta, Castione della Presolana, Fino
del Monte, Onore, Clusone, Soneavazzo, Roeno, Cerete, Costa Volpino, Bossico,
Sovere, Lovere, Castro - considera, nei limiti della necessità operativa, parametri
amministrativi soddisfacendo in questo modo alle due principali indicazioni fornite dalla
legislazione nazionale, dalla normativa regionale e dai provvedimenti provinciali.
Questo progetto determina in conseguenza i confini del comprensorio alpino della
Valle Borlezza in coincidenza con un'unità amministrativa già esistente ed individuabile
nell'Unione dei Comuni della Presolana la quale comprende il territorio dei comuni di
Castione della Presolana, Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo.
12
3. ASSETTO TERRITORIALEATTUALEDEL COMPRENSORIOALPINO
"VALLEBORLEZZA"ED ILLUSTRAZIONEDI UNPROGETTO DI
RIPERIMET1iAZIO1VE, CONPARTICOLARE CONSIDERAZIONEPER L'
ISTITUZIONE EDELIMITAZIONE DELLA ZONA "A" (MAGGIOR TUTELA)
Singolarmente, le discordanze in merito all'omogeneità dell'attuale
Comprensorio sono evidenziate proprio dal piano faunistico vigente che sottolinea
dapprima una dissonanza altimetrica - si va dai 400 metri s.l.m. del Comune di Lovere
sino ai 2521 mt. del Pizzo della Presolana - e successivamente una disomogeneità
vegetazionale la quale, per sue caratteristiche, trascende le differenze normalmente
presenti nella consueta suddivisione in orizzonti alpino, subalpino, montano, submontano.
Proprio quest'ultimo orizzonte, rappresentato dal trinomio roverella, carpino nero
e omiello, è particolarmente sviluppato "man mano che si scende dall'altopiano di
Clusone verso la zona insubrica de/lago d'Iseo" (si veda: elaborato del Piano faunistico
venatorio della Provincia di Bergamo) ovvero all'interno dei confini dei comuni di
Sovere, Bossico, Costa Volpino e Rogno.
Le specie vegetali incluse nel trinomio sopra descritto non sono di certo quelle
tipiche di una zona alpina, pur trattandosi di un orizzonte submontano. In particolare
l'orniello (Fraxinus ornus) detto anche frassino da manna, è una specie eurasiatica,
spesso coltivata per fini ornamentali o per la produzione di legno.
13
•
La roverella (Quercus pubescens), d'altra parte, è una pianta che occupa
• generalmente nell'Italia settentrionale la fascia più bassa delle colline fino a lambire la
pianura coltivata.
Alle essenze vegetazionali descritte dobbiamo aggiungerne altre di sostituzione
antropica come il castagno (Castanea sativa), originario dell'Asia Minore ed oggi
•
ampiamente diffuso soprattutto nelle zone collinari. Ed ancora, la presenza di specie
esotiche di recente introduzione - come la robinia (Robinia pseudoacacia) - di certo non
attestano a favore dell'inserimento di questi comuni dell'Alto Sebino all'interno di un
•
Comprensorio Alpino.
L'attuale Piano faunistico-venatorio provinciale evidenzia altresì che proprio il
tratto che procede dal fondovalle del Borlezza sino alla confluenza con il Lago d'Iseo è
41111
interessato "da vaste aree aperte coltivate a prati da sfalcio polifiti e coltivazioni di
mais". Ed è ben immaginabile che un'associazione vegetale costituita di castagno e
roverella con aree caratterizzate dalla coltivazione di mais crea un ambiente molto più
• vocato al cinghiale, già presente nell'ambito territoriale prealpino, piuttosto che alle
tipiche specie alpine.
Peraltro, la predazione sui nidi da parte del cinghiale è stata più volte ipotizzata
0 per spiegare la flessione della densità del gallo forcello in alcuni settori delle Alpi
Occidentali (I.N.F.S.; 1993). Pertanto l'eventuale presenza del suide - incoraggiata dalla
conduzione colturale e dall'assetto vegetale - risulterebbe in contrapposizione con una
strategia improntata alla salvaguardia della tipica fauna alpina essendo il cinghiale non
compatibile con le peculiarità proprie della zona Alpi..
Sono proprio le caratteristiche vegetazionali ed agricole dunque ad evidenziare la
netta differenziazione tra la zona comprendente l'Unione dei comuni della Presolana e i
14
•
restanti comuni dell'attuale comprensorio, strutturalmente molto più assimilabili
• all'adiacente ambito territoriale prealpino che ad un comprensorio alpino.
La stessa presenza di una zona di ripopolamento e cattura (denominata "Mano di
Sovere") - che insiste per tutta la sua estensione nella fascia altimetrica sub-montana -
dove appare evidentemente un'alta vocazionalità del fagiano, della lepre comune e di
e
ornitofauna minore legata alle praterie naturali o artificiali, è quantomeno indicativa di
aspetti faunistico-venatori rappresentati nel sottostante ambito territoriale prealpino.
Non appaiono sufficienti i pochi rilievi esistenti nei comuni dell'Alto Sebino (M.
•
Vahero, M. Alto e P.ta Covolo) per connotare come alpino nel senso indicato dalla
1.157/92 un territorio ancora troppo ricco di caratteristiche agro-ambientali tipicamente
collinari e prealpine. Inoltre, alcuni dei comuni appena sopra citati costituiscono oggi
•
centri industriali sviluppati e rappresentano realtà territoriali assolutamente inconciliabili
con progetti - anche minimi e localizzati - di conservazione delle specie faunistiche
tipicamente alpine.
• Costa Volpino ad esempio, è un centro industriale posto allo sbocco del fiume
Oglio nel lago d'Iseo su una fascia pedemontana alla destra del fiume, a 200 metri (!!!)
sul livello del mare.
•
* * * * *
e
III
In netta contrapposizione si colloca l'Unione dei comuni della Presolana, i cui
territori rappresentano al meglio la cosiddetta zona alpina. In termini orografici essi
racchiudono quote medie che vanno dai 900 ai 1800 metri sino ad arrivare alla massima
quota raggiunta dal Pizzo della Presolana con i suoi 2521 metri. Tra gli altri rilievi
spiccano il Monte Ferrante (2427 irrt.), il Monte Ferrantino (2325 int.), la Cima di Bares
15
(1974 mt.), il Monte Cornetto (1766 mt.), il Monte Scanapà (1659 mt.) ed il Monte
Lantana (1614 mt.). La flora e la fauna sono quelle tipiche delle zone alpine.
Procedendo per strati altimetrici si susseguono gli orizzonti dalla fascia sub-
montana (sotto i 1000 mt.) caratterizzata da boschi di latifoglie, in particolare di faggio e
carpino, formazioni di pino silvestre e prati; la fascia montana che indicativamente
individuiamo oltre i 1000 metri caratterizzata da peccete miste a larici e faggi; la fascia
subalpina (tra i 1500 ed i 1800 metri) con consistenti popolamenti di aghifoglie, lariceti e
peccete subalpine dalle quali si stagliano ricchi pascoli che arrivano sino al vero e proprio
piano alpino (tra i 1800 ed i 2000 metri), caratterizzato da insediamenti vaccinio-
rododendreti e da specie vegetali di notevole valore botanico.
Infine, la vegetazione erbaceo arbustiva rupestre tipica dell'ambiente nivale.
L'area comprende anche moltissime specie appartenenti alla flora protetta per le
quali è vietata la raccolta: dalle varietà di Genziana (Gentiana nivalis, Gentiana verna,
Gentiana clusii, ecc.) tipiche dei pascoli alpini alla Daphne alpina (Daphne alpina) e,
ancora, dalla Stella alpina (Leontopodium alpinum) alla Aquilegia alpina (Aquuilegia
alpina).
Tra i rododendri spiccano due specie: il Ferrugineo (Rododendron Ferrugineum)
caratteristico delle boscaglie, delle rupi e dei ghiaioni e l'Irsuto (Rododendron hirsutum)
detto anche rosa delle Alpi, particolarmente diffuso sulla Presolana.
E' facilmente intuibile come un territorio così ben rappresentato da essenze
vegetali arboree, arbustive ed erbacee tipicamente alpine riveli una evidente vocazionalità
per i galliformi (gallo forcello, coturnice, pernice bianca) e per la lepre variabile in
special modo nei settori più marcatamente alpini della Presolana ed in maniera particolare
nella zona di maggior tutela (zona "A").
16
La stessa zona oltre ad includere le specie di interesse venatorio appena
richiamate risulta particolarmente vocata - come efficacemente evidenzia lo stesso Piano
faunistico-venatorio della provincia di Bergamo nelle schede dell'attuale comprensorio
alpino della Valle Borlezza - anche per il gallo cedrone (Tetrao urogallus), l'aquila
reale (Aquila chrinaetos) ed il gipeto (Gypaetus barbatus), il cui valore naturalistico ne
fa indiscutibilmente assumere il ruolo di "specie obiettivo" alle quali assicurare già nella
prospettiva immediata la massima attenzione gestionale.
Peraltro l'estensione della zona indicata come "zona A" per le sue caratteristiche
orografiche e vegetazionali e per la sua ricettività faunistica per le specie della tipica
fauna stanziale alpina può utilmente proporsi in termini più ampi di quella attuale.
In particolare un suo ampliamento si renderebbe necessario facendo proseguire la
linea di conterminazione dalla Presolana verso il Monte Pora ed attraversando il Monte
Scanapà (1659 mt.) ed il Monte Lantana (1614 mt.), inglobando territori a partire da
circa 1.000/1.100 m.s.l. in avanti.
La vocazionalità alle specie di tipica fauna alpina oltre che alle altre specie
protette come il gallo cedrone risulterebbe evidente anche dalla continuità ambientale
riscontrata con la "zona A" del comprensorio alpino confinante a nord-est, situato però
nella Provincia di Brescia.
* * * * *
17
•
4. CONSIDERAZIONISULLA GESTIONE FAUNISTICO-VENATORIA E LA
• SALVAGUARDIA DELLA TIPICA FAUNA ALPINA
•
Generalmente con la denominazione "tipica fauna alpina" si ricomprendono sia i
galliformi alpini che la lepre variabile. Tra questi risultano solitamente prelevabili la
lepre variabile (Lepus timidus), i galliformi come il gallo forcello o fagiano di monte
(Tetra° tetrix), la pernice bianca (Lagopus mutus) e la coturnice (Alectoris greca). A
•
questi dobbiamo aggiungere obbligatoriamente altre specie, non prelevabili, come il gallo
cedrone (Tetrao urogallus) ed il Francolino di Monte (Bonasa bonasia) che comunque
divengono assimilabili per l'alto valore naturalistico rappresentato e per la condivisione
• dei medesimi habitat.
Lo status di conservazione delle popolazioni di galliformi alpini e di lepre
variabile è critico in tutta l'area di distribuzione alpina ed è condizionato da numerosi
• fattori limitanti, primo tra tutti la frammentazione e la contrazione dell'habitat anche in
coincidenza dell'abbandono delle tradizionali pratiche agro-silvo-pastorali di montagna e
dello sviluppo eccessivo del turismo invernale, particolarmente legato alla costruzione di
piste da sci. Il disturbo antropico, il bracconaggio, l'aumento di predatori e da ultimo, ma
non per importanza, il prelievo venatorio sono tra gli altri fattori che ne hanno
determinato un così rapido decremento.
Una serie di elementi negativi che accomuna l'intero arco alpino e che
• determinarono la Comunità Europea al momento dell'approvazione della ben nota
•
•
18
"Direttiva Uccelli" (79/409/CEE) ad inserire la coturnice e le quattro specie di tetraonidi
(gallo cedrone, gallo forcello, francolino di monte e pernice bianca) in allegato I ovvero
tra le specie vulnerabili e per le quali gli Stati membri dell'UE sono tenuti ad
intraprendere provvedimenti speciali per la conservazione dei loro habitat allo scopo di
garantirne la sopravvivenza.
Per quanto riguarda le specie ancora prelevabili in quanto iscritte in calendario
venatorio appare opportuno reinterpretare il prelievo, ora da caratterizzare in senso
maggiormente "conservativo" effettuando un'oculata pianificazione e regolamentazione
delle catture finalizzata a ridurre la pressione venatoria che, se concentrata in poche zone
altamente vocate, può avere conseguenze negative.
Il drastico calo delle popolazioni dei galliformi alpini non risparmia nessuno:
anche la Val Borlezza (e più in generale la Provincia di Bergamo) raggiunge sempre un
numero di animali censiti appena sufficiente per redigere un piano di prelievo.
Nel periodo 1996-2006 la consistenza della coturnice nel C.A.C. in questione è
passata da 103 capi censiti a 60, con un trend chiaramente negativo (e preoccupante)
attestato su un calo di circa il 45% dei selvatici conteggiati. Ciò ha comportato la
sospensione del prelievo venatorio su tale specie.
Tab.1 - Situazione COTURNICE (fonte: Provincia di Bergamo)
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Consi-
stenza
- 103 124 100 80 130 80 46 60
Prelievi
autoriz.
Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso
Prelievi
Effettuati
19
La consistenza del gallo forcello, nello stesso arco di tempo sopra considerato, è
passata dai 340 capi del 1999 ai 120 del 2006, anno in cui è stato sospeso ogni prelievo
della specie in questione, prima ammesso sia pure con notevole cautela (circa 20 capi
mediamente nel periodo 1999-2002; poi 17 nel 2003, 15 nel 2004, 14 nel 2005 (i dati
sono quelli in possesso della Provincia di Bergamo).
Tab.2 - Situazione GALLO FORCELLO (fonte: Provincia di Bergamo)
1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Consi-
stenza
- 340 365 300 305 310 226 122 120
Prelievi
autoriz.
15 20 20 22 22 22 20 10 sospeso
Prelievi
effettuali
15 20 20 22 22 17 15 14 _
I dati appena riferiti rispecchiano una situazione decisamente non soddisfacente.
Anche nel C.A.C. "Valle Brembana" secondo uno studio prodotto dallo stesso
nel periodo 1997-2006 i valori massimi di densità estiva per il gallo forcello si
osservarono nell'anno 2000, mentre nel 2006 si sono rilevati i valori minimi di tutto il
periodo collocandosi al di sotto delle medie.
Le altre specie non godono di miglior salute. Tant'è che nel calendario venatorio
2006/2007 proprio la Provincia di Bergamo ha vietato la caccia alla pernice bianca su
tutto il proprio territorio, confermando tale divieto anche per la stagione venatoria
2007/2008.
20
5. OSSERVAZIONI EPROPOSTESULLA PRESSIONE VENATORL4 ED IL
RAPPORTO CACCIATORE/TERRITORIO
Da accurati studi emerge come la maggiore pressione venatoria sia spesso
concentrata nelle prime 6/7 giornate, quando si riversano sul territorio i 2/3 del totale
delle presenze dei cacciatori. In un contesto come quello del C.A.C. "Valle Borlezza" un
consistente numero di cacciatori attualmente ammessi a praticarvi l'esercizio venatorio
non è necessariamente legato al territorio definibile "zona Alpi" nel senso che si è sopra
precisato (e individuabile, sostanzialmente, nei comuni dell'Unione) nel quale caccia, ma
proviene da comuni appartenenti ad un'altra realtà ambientale.
In questo senso per portare un apprezzabile contributo al miglioramento della
gestione faunistico-venatoria si ritiene essenziale transitare attraverso una strutturazione
del territorio maggiormente aderente alle finalità delle leggi statale e regionale,
garantendo inoltre l'accesso alle zone di maggior tutela per la caccia alla tipica fauna
alpina ai cacciatori già abilitati a praticare nella zona "A", residenti nei comuni inclusi nel
comprensorio in forza della riperimetrazione proposta nel presente elaborato.
In una prospettiva futura si potrà pervenire, in relazione alle nuove domande di
accesso al C.A.C. (ma la considerazione pare utile e valida per tutta la zona Alpi), a
limitare il numero dei cacciatori attraverso la specializzazione (autorizzazioni separate e
non cumulabili per ungulati, lagomorfi e galliformi).
21
Si osserva, poi, la mancanza di un regolamento — nel contesto più generale della
disciplina del prelievo della tipica fauna alpina nel C.A.C. "Valle Borlezza" - che sia in
grado di fornire ai cacciatori non solo delle linee-guida, ma anche degli obblighi veri e
propri di partecipazione alla gestione al fine di ottenere l'attribuzione dei capi da
abbattere. Nella prospettiva un regolamento di questo tipo permetterebbe di assegnare i
capi non solo in base ai censimenti primaverili e tardo-estivi, ma in ottemperanza ad un
punteggio acquisito e quindi considerando un accesso alla gestione di natura
meritocratica.
A titolo esemplificativo, si potrebbe attribuire un punteggio con la partecipazione
obbligatoria ad un numero minimo di uscite di censimento, aggiungendo punti ogni
qualvolta un iscritto partecipi a progetti di miglioramento ambientale (ad esempio:
ponendo a dimora essenze vegetali appetite dal forcello come il mirtillo nero), a progetti
di salvaguardia delle specie (ad esempio: monitorando la mortalità degli animali dovuta a
collisioni, rendendo maggiormente visibili i cavi più pericolosi), a progetti di riduzione
del disturbo antropico legato al turismo (segnalando i siti di riproduzione con cartelli di
invito al rispetto destinati agli escursionisti), ecc.
Con l'attuale assetto territoriale il comprensorio alpino "Valle Borlezza" ospita
un numero di cacciatori tale da esercitare sulla zona di maggior tutela una pressione
venatoria quanto mai elevata che pretende - e con urgenza - una significativa riduzione.
Tale obiettivo si può conseguire con la riperimetrazione proposta dal presente elaborato
intensificando quindi il legame cacciatore-territorio che la letteratura scientifica predica
da molto tempo. Attualmente infatti possono effettuare il prelievo della tipica fauna
alpina circa 140 cacciatori provenienti da tutti i comuni dell'attuale comprensorio (al
quale risultano iscritti all'attualità 701 cacciatori in totale) i quali dal 1° ottobre al 30
novembre esercitano tale forma di caccia sino al completamento dei piani di prelievo.
22
Una volta raggiunti i "tetti" dei piani (il che avviene in poche giornate a ridosso
dell'apertura della stagione) è comunque possibile praticare la caccia alla lepre ed oltre la
data del 30 novembre anche la caccia agli ungulati. In tali condizioni la pressione
venatoria ed il disturbo arrecato risultano comunque elevatissimi. Attraverso la
riperimetrazione del comprensorio si registrerebbe nell'area di maggior tutela una
riduzione di circa 90 cacciatori rispetto alle attuali 140 unità circa.
Lo stesso prolungamento della fascia di zona "A" dalla Presolana verso il Monte
Pora attraversando il Monte Scanapà ed il Monte Lantana produrrebbe l'effetto di una
ridistribuzione dei cacciatori su un territorio più vasto riducendo ulteriormente la
pressione venatoria odierna.
Successivamente, attraverso l'adozione di un regolamento ad hoc - assunto di
concerto con le associazioni venatorie locali - che preveda un accesso meritocratico sarà
possibile ridurre, proprio con l'aiuto dei cacciatori, anche gli altri fattori limitanti come il
disturbo antropico o la rarefazione delle specie.
L'individuazione dei nuovi confini in coincidenza con un'unità amministrativa
già esistente e particolarmente attenta alle esigenze dei turisti quale è 1"'Unione dei
Comuni della Presolana" produrrebbe anche una insolita ma quanto mai auspicabile
collaborazione tra il C.A.C. "Valle Borlezza" e l'Istituzione Comunale nella limitazione
dell'impatto del turismo, al quale la zona è particolarmente vocata, nei confronti dei
galliformi alpini e delle altre specie.
Lo statuto dell'Unione, infatti, nel suo quinto articolo elenca tra le funzioni
espletate anche servizi inerenti a "territorio e ambiente".
Tali funzioni possono essere sicuramente utili al fine di mitigare gli aspetti
negativi derivanti dal turismo e dalle varie attività ludiche nei confronti della tipica fauna
alpina.
23
Siffatta sinergia, unitamente alla riduzione della pressione venatoria, potrà
costituire, se adeguatamente gestita, un prezioso strumento attraverso il quale recuperare,
in una azione costante e prolungata per il periodo necessario, consistenze faunistiche
rassicuranti e - si auspica - non troppo lontane da quelle di un tempo nel "nuovo"
comprensorio alpino che potrebbe significativamente essere denominato "Presolana".
Elaborato a cura di:
Franco Bonsanto - avvocato
Davide Zanin - dottore in scienze naturali

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  • 1. 5 Castione della Presolana, 26 agosto 2007 Raccomandata a.r. Preg.mo Signor Presidente della Provincia di Bergamo Via Torquato Tasso, 8 24122 - BERGAMO Preg.mo Signor Assessore alla caccia della Provincia di Bergamo Via S. Giorgio, 5/a 24122 - BERGAMO e p.c. Preg.mo Signor Presidente del Comprensorio Alpino "Val Borlez7a" Via Fiorirle, 56 24023 - CLUSONE (Bergamo) Preg.mo Signor Presidente della F.I.D.C. Via Carlo Serassi, 13 24125 — BERGAMO Preg.mo Signor Presidente del Parco delle Orobie Via Torquato Tasso, 109 24121 —BERGAMO Preg.mo Signor Presidente dell'Unione Comuni della Presolana. Viale Papa Giovanni XXIII, 12 24020 — ROVETTA (Bergamo) Preg.mo Signor Presidente della Comunità Montana Valle Seriana superiore Via Angelo Mal 6 24023 - CLUSONE (Bergamo) comuwe etrAt Proy, lOgntzto o 5 so, D-337
  • 2. Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Castione della Presolana Piazza Roma, 3 24020 CASTIONE DELLA PRESOLANA (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Cerete Via Roma, 7 24020 CERETE (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Fino del Monte Piazza Olmo, 25 24020 FINO DEL MONTE (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Onore Via G.Marconi, 1 24020 ONORE (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Rovetta Piazza Ferrari N.24 24020 ROVETTA (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Songavazzo Via San Bartolomeo, 9 24020 SONGAVAZZO (BG) Preg.mo Signor Sindaco del Comune di Clusone Piazza Sant'Andrea, 1 24023 - CLUSONE (Bergamo) Oggetto: riperimetrazione del Comprensorio Alpino di Caccia "Valle Borlezza"
  • 3. Preg.mo Signor Presidente e Signor Assessore, da tempo le sottoscritte sezioni comunali della Federazione Italiana della Caccia ritengono opportuna una riperimetrazione del Comprensorio Alpino denominato "Valle Borlezza". Tale "ristrutturazione" del territorio dell'attuale Comprensorio è suggerita dalle ragioni che già abbiamo avuto modo di esprimere nelle nostre lettere del 14.9.2004 e del 4.10.2004 (quest'ultima lettera in risposta alla nota del Presidente del C.A.C. in data 21.9.04) e che tuttora permangono. In estrema sintesi, il C.A.C. attuale è interessato negativamente dai seguenti problemi: - forte disomogeneità territoriale - eccessiva pressione venatoria sulla tipica fauna alpina. Negli ultimi anni nulla è stato fatto di concreto per intervenire con qualche soluzione efficace su tali problematiche; nel frattempo tutto procede come sempre, e la tipica fauna di monte appare sempre più minacciata. In relazione a quanto sopra abbiamo ritenuto opportuno commissionare, a tecnici del settore, un elaborato contenente una concreta proposta di riassetto del territorio della "Val Borlezza" ai fini venatori: l'incarico è stato affidato all'avv. Franco Bonsanto di Bologna e al dottore in scienze naturali Davide Zanin. Il lavoro si è tradotto in un progetto di riperimetrazione del territorio motivato sia sotto il profilo normativo che sotto quello scientifico, con riferimento soprattutto alle specie della tipica avifauna stanziale alpina. A nostro avviso le strategie individuate nell'elaborato - che alleghiamo in modo che se ne possa prendere piena conoscenza - consentiranno di raggiungere gli obiettivi prefissati, risolvendo le problematiche sopra accennate. Auspichiamo che la proposta venga presa nell'opportuna considerazione e che possa condurre ad una modifica del piano faunistico-venatorio provinciale in modo tale da accogliere le nostre - crediamo, più che legittime - richieste, che sono poi quelle di molti cacciatori da anni presenti fattivamente sul territorio e che vigilano sullo stesso, partecipando alla gestione ed al controllo dello stato dei selvatici per un periodo ben più ampio di quello che dedicano alla loro caccia, ridotto ormai a poche giornate per stagione, quando i piani di abbattimento consentono il prelievo di qualche capo. Confidiamo pertanto nel recepimento della proposta e nella sua traduzione pratica all'interno del piano faunistico-venatorio attraverso la creazione di un eventuale CAC, che ci piacerebbe venisse denominato "PRESOLANA". Certi dell'interesse che vorrete accordare a questa nostra e ringraziando fin da ora per quanto riterrete di fare in relazione alla richiesta che vi viene formulata porgiamo con l'orensione, i n più cordiali saluti. Il Presidente della Sezione Comunale FIDC di Rovetta Il Presidente della Sezione Comunale FIDC di Fino del Monte f Il Presidente della Sezione comunale FIDC di Castione della Presolana
  • 4. Franco Bonsanto - Davide Zanin PROPOSTA DI RIPERIMETRAZIONE DEL COMPRENSORIO ALPINO "VAL BORLEZZA" IN PROSPETTIVA DI UNA RAZIONALIZZAZIONE DELLA GESTIONE FAUNISTICO—VENATORIA DEL COMPARTO E DELLA RIDUZIONE DELLA PRESSIONE VENATORIA AL FINE DI SALVAGUARDARE LA TIPICA FAUNA SELVATICA DELLA ZONA ALPI Indice 1. Assetto normativo e regolamentare vigente... ... ...... ...pag. I 2. Considerazioni preliminari ed obiettivi della proposta di riperimetrazione... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .. . ... ... ... ..pag.10 3. Assetto territoriale attuale del Comprensorio Alpino "Valle Bor- lezza" ed illustrazione di un progetto di riperimetrazione, con particolare considerazione per l'istituzione e delimitazione del- la zona "A" (maggior tutela). pag. 12 4. Considerazioni sulla gestione faunistico-venatoria e la salva- guardia della tipica fauna alpina... ... ... ... ... ... .. . ... ... ... ... ... ......pag. 17 Osservazioni e proposte sulla pressione venatoria ed il rapporto cacciatore/territorio... ... ... . .. ... . . . . .. .....pag. 20 Bologna-Bergamo, 30 luglio 2007
  • 5. I 1. ASSETTO NORMATIVO EREGOLAMENTARE VIGENTE Con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 26 assunta in data 28 marzo 2007, la Provincia di Bergamo - in ossequio al disposto dell'art. 10, comma 7, della legge statale 11 febbraio 1992, n. 157 e dell'art.14 della legge della regione Lombardia n. 26 del 16 agosto 1993 - ha approvato il piano faunistico-venatorio provinciale 2007. Il provvedimento è giunto a modificare il piano precedente, approvato con la deliberazione del C.P. n. 22 del 9 maggio 2006, ai fini dell'opportuno adeguamento alle disposizioni di legge innovate di recente dalla 1.r. Lombardia 8 agosto 2006, n. 19. Sulla base degli interventi riconducibili all'attività di pianificazione, che costituisce tuttora il presupposto indispensabile per realizzare una gestione tecnica- conservativa del patrimonio faunistico ed una programmazione dell'attività venatoria fondata sui criteri dell'art. 14 della legge 157/92, il territorio provinciale risulta attualmente ripartito in due Ambiti territoriali di caccia — A.T.C. "Pianura Bergamasca" e A.T.C. "Prealpino" - (in prosieguo indicati come A.T.C.) - ed in quattro Comprensori alpini - C.A.C. "Valle Brembana", C.A.C. "Valle Seriana", C.A.C. "Valle di Scalve", C.A.C. "Valle Borlezza" - (in prosieguo denominati brevemente C.A.C.). Tale duplice assetto risulta operato in conseguenza della configurazione territoriale della provincia i cui territori occupano una parte planiziale, una zona prealpina ed una zona alpina vera e propria.
  • 6. 2 Il settore di pianura risulta collocato nel distretto sud della provincia mentre nella fascia a nord con direzione ovest-est si estende, con progressione altimetrica, il territorio prealpino che salendo di quota assume le caratteristiche orografiche e floro-faunistiche delle tipiche zone alpine. Agli effetti della legislazione venatoria la zona faunistica delle Alpi è definita in forza dei parametri di cui all'art. 11 della legge statale n.157/92, individuati nella "consistente presenza della tipicaflora efauna alpina". La caratterizzazione è ripresa nella 1.r. n. 26/93 della regione Lombardia, dove nell'art. 27 appare postulata nei termini che seguono: "l. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipicaflora efauna alpina, è considerato zonafaunistica e a sèstante". L'istituzione di una "zona Alpi" in ambito di legislazione faunistico-venatoria, lungi dall'astrattismo di certe formule tecniche, è fmalizzata all'adozione di una particolare disciplina di governo del territorio e delle sue risorse. E, in effetti, nella zona faunistica delle Alpi vigono regole diverse da quelle del restante territorio costituito in A.T.C., e ciò per espressa previsione dell'art. 11, secondo comma, della legge statale, il quale manda alle regioni di emanare "(...) nel rispetto dei principi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari alfine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali". Le regole adottate in quelle regioni italiane che racchiudono al proprio interno territori classificati come "zona Alpi" a ben guardare presentano un nucleo comune di disposizioni che tendono in special modo a:
  • 7. 3 1) regimare severamente gli accessi ai C.A.C., nel rispetto degli indici di densità venatoria stabiliti (invariabilmente assai più alti di quelli del territorio costituito in A.T.C.), al fine di contenere la pressione venatoria; 2) assicurare la predisposizione di un calendario venatorio idoneo, nel disciplinare il prelievo, a perseguire un soddisfacente livello di tutela delle delicate specie alpine che tuttora occupano gli areali alle quote più elevate; 3) garantire la preparazione tecnica dei cacciatori e dei controllori ammessi a praticare l'esercizio venatorio nella zona faunistica delle Alpi. Tali obiettivi sono ricercati, nella gran parte dei casi, con il coinvolgimento delle province interessate dalla presenza di territori montani soprattutto attraverso lo strumento della pianificazione nonché con la predisposizione, per la parte di competenza, dei calendari venatori. In re2ione Lombardia la caccia nella zona faunistica delle Alpi è incisa dai seguenti provvedimenti locali: - legge regionale 26/93, nei numerosi articoli che si occupano del particolare contesto alpino; - regolamento regionale 16/03 (in riferimento all'attuazione di quanto previsto dall'art. 27, quarto comma); - piano faunistico-venatorio regionale; calendario venatorio. In provincia di Bergamo gli accennati provvedimenti regionali sono integrati dai seguenti provvedimenti: piano faunistico-venatorio provinciale; - integrazioni al calendario venatorio;
  • 8. 4 - eventuali provvedimenti assunti ad hoc per interventi sul regime di prelievo della tipica fauna alpina. Nel contesto della legge regionale la norma di maggior valenza in tema è l'art.27: " - Zona Alpi e zona appenninica - 1. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica e a sè stante. 2. La zona Alpi comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio, Varese, Lecco ed i relativi confini sono determinati dalla giunta regionale, su proposta delle province, sentite le comunità montane interessate e d'intesa con le altre regioni per i territori confinanti. 2b1s. Le province possono istituire all'interno dei comprensori alpini di caccia, di concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l'uno zona di maggior tutela e l'altro zona di minor tutela, con l'esercizio della caccia differenziato in relazione alla peculiarità degli ambienti e delle specie difauna selvatica ivi esistenti e meritevoli particolare tutela. 3. Il territorio appenninico della Lombardia ricompreso nell'Oltrepò Pavese è individuato come zonafaunistica a sè stante anche aifini della ricostituzione dellafauna tipica e vocazionale ed è denominato zona appenninica; i confini della predetta zona sono determinati dalla giunta regionale su proposta della provincia di Pavia, sentita la comunità montana interessata. 4. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinare l'attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica, tenuto conto delle consuetudini e delle tradizioni locali.
  • 9. 5 5. Le province, di concerto con i comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, emanano specifiche disposizioni limitative per l'esercizio venatorio nel comparto di maggior tutela e, relativamente al comparto di minor tutela, possono emanare particolari disposizioni limitative per la caccia alla selvaggina stanziale e per gli appostamenti temporanei, fermo restando che, per la caccia alla selvaggina migratoria, vige il calendario venatorio regionale, con il divieto della caccia vagante oltre il 31 dicembre, fatta eccezione per la caccia al cinghiale. 6. Le province possono altresì emanare disposizioni limitative per l'esercizio della caccia informa vagante alla selvaggina stanziale nei territori collinari e montani contigui alla zona Alpi. 7. Le province, sentiti i comitati di gestione interessati, individuano per ogni comprensorio l'altitudine massima raggiungibile in esercizio o attitudine di caccia con mezzi motorizzati; di tale altitudine, che preferibilmente dovrà corrispondere a luoghi facilmente identificabili, è data comunicazione nel calendario venatorio. 8. Le province, su conforme parere dell'Istituto nazionale della fauna selvatica, allo scopo di rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro - forestali, autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di selezione agli ungulati ai sensi dell'art40, comma 11, secondo il regolamento predisposto dalleprovince stesse edapprovato dalla giunta regionale. 9. Le province, per una corretta gestione della tipicafauna alpina, possono istituire zone di divieto dell'attività venatoria ad eccezione della caccia informa selettiva ed esclusiva agli ungulati. 10. Le autorizzazioni di cui al comma 9 per le aziende faunistico - venatorie interprovinciali sono disposte dalla giunta regionale, sentite le province interessate.
  • 10. 6 11. I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante nella zona Alpi e appenninica, o che vengono riammessi dopo aver subito un anno di sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro -faunistiche venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le province territorialmente interessate avanti alla commissione di cui al successivo art.44. 12. Non sono tenuti al colloquio di cui al comma 11 coloro che hanno esercitato la caccia in zona appenninica anteriormente alla delimitazione della stessa a norma del comma 3. 13. Nei comparti di maggior tutela, ai sensi del comma 5, alfine di ripristinare l'integrità della biocenosi animale, è consentita l'immissione di sole specie autoctone, previo parere favorevole e vincolante dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'osservatorio regionale". Particolarmente significativi, in prospettiva gestionale, sono senza dubbio i comma 2 bis, 5 e 9. Il primo consente, a mezzo di un approccio intelligentemente tecnico, una regolamentazione differenziata secondo zone caratteristiche che, nel caso della provincia di Bergamo e della Val Borlezza in particolare, di cui ci si occuperà in maniera più dettagliata nelle successive parti del presente elaborato, si individuano sulla base di un criterio essenzialmente "altitudinale", posto che nelle quote più elevate si collocano le popolazioni della tipica avifauna alpina, particolarmente bisognosa, per le ragioni che verranno diffusamente esposte in prosieguo, di cure ed attenzioni, a garanzia di un futuro meno problematico. Una strategia che appare necessaria nella prospettiva di recuperare alle specie consistenza ed areali potenzialmente adatti all'espansione. Il secondo (comma 5) presuppone l'adozione di uno strumento specifico per la realizzazione degli obiettivi suddetti attraverso limitazioni al prelievo venatorio,
  • 11. 7 soprattutto nella fascia di maggior tutela, pur restando chiaro che questo non è il solo sistema per garantire alle specie stanziali della tipica fauna alpina la crescita numerica e l'espansione per la ric010ni77.a7ione dei siti alpini già occupati nel passato. Il comma 9, infine, contiene la previsione dell'ulteriore strumento inibitorio a garanzia della tutela di specie in contesti territoriali occasionalmente in grave difficoltà laddove considerazioni di carattere faunistico-ambientale suggeriscano l'adozione di un divieto di caccia tout court alla tipica fauna alpina. Per quanto riguarda il regolamento regionale Lombardia 4 agosto 2003, n. 16 (in B.U.R. 8 agosto 2003, n.32) "Regolamento di attuazione degli artt. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della Lr. 16 agosto 1993, n. 26 «Norme per la protezione dellafauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria»" vanno evidenziati gli artt. 14-21 facenti parte del capo IV ("Esercizio venatorio in zona Alpi (Art. 27, comma 4") del provvedimento. L'art. 14, primo comma, in particolare contiene l'espressione del principio della differenziazione territoriale in zone "A" e "B", sulla base di un particolare livello di protezione: "Art. 14. Comparti venatori. - Nell'ambito di ciascun comprensorio le Province, di concerto con i Comitati di gestione, possono istituire due distinti comparti venatori, denominati l'uno di maggior tutela (A) e l'altro di minor tutela (B), ed anche individuare al loro interno entità territoriali omogenee, di limitata estensione, finalizzate ad una idonea protezione e gestione venatoria di una o più specie stanziali e disciplinati di concerto con il Comitato digestione interessato". Attualmente nel C.A.C. "Valle Borlezza" risultano istituiti entrambi i comparti venatori ipotizzati dall'art. 14 del regolamento 16/03. Infatti, come si legge nell'elaborato di pianificazione: "Il PFV, tenuto conto delle peculiarità orografiche e floristiche della Zona Faunistica delle Alpi, nonché della presenza e distribuzione della fauna tipica
  • 12. 8 alpina (tetraonidi, coturnice, camoscio, stambecco, marmotta ed ermellino), delimita i due comparti all'interno dei singoli comprensori alpini di caccia così come da cartografie allegate" (cfr. P.f.v. vigente). La zona evidenziata in verde individua nella cartina allegata al progetto di variante al P.f.v. di Bergamo (cfr. pag.171 del documento) la zona di maggior tutela. La situazione attuale viene meglio esaminata nel capitolo sub 3), in funzione di una nuova proposta di perimetrazione che reca al suo interno anche una diversa — e più ampia — delimitazione della zona A, che si ritiene opportuno estendere nel settore nord orientale, nei termini che infra si preciseranno. Rilevante appare anche il ruolo dell'art. 19 ("Pianificazione faunistica, censimenti, piani di prelievo') in ordine alle modalità del prelievo, da calibrare con attenzione sulla scorta dei censimenti annuali: "1. La Provincia, d'intesa con i Comitati di gestione, determina, per ogni specie vocazionale, la capacità faunistica in termini quantitativi e le densità massime potenziali raggiungibili in rapporto alle caratteristiche ambientali, nel rispetto dell'equilibrio delle biocenosi, secondo i modelli di valutazione ambientale indicati nel Piano Faunistico Venatorio Regionale. 2. Le Province, previo censimento dellafauna selvatica stanziale alpina realizzato di concerto con i Comitati di gestione, stabiliscono, annualmente ed in ogni caso prima dell'apertura della stagione venatoria, per ogni specie, il numero complessivo dei capi abbattibili e il numero massimo dei capi prelevabili da ciascun cacciatore, infunzione del raggiungimento delle densità massime potenziali di cui al comma 1". Il secondo comma dell'art. 19 rappresenta il vero e proprio strumento gestionale da utilizzare nella determinazione del "carico" annuale di prelievo venatorio sopportabile dalla tipica fauna selvatica stanziale alpina. Ne riparleremo più sotto nei capitoli sub n. 4 e n. 5, con particolare riferimento alle specie "coturnice" e "gallo forcello", in relazione
  • 13. 9 alle quali sono note — in base ai dati della provincia di Bergamo - consistenza e prelievi (quando autorizzati) nel C.A.C. "Valle Borlezza" nell'arco di quasi un decennio (periodo 1996-2006). Il piano faunistico venatorio provinciale vigente suddivide il territorio della zona faunistica delle Alpi in 4 C.A.C. - "Valle Brembana", "Valle Seriana", "Valle di Scalve", "Valle Borlezza" — e nel territorio costituente il C.A.C. "Valle Borlezza" localizza due comparti, individuanti la zona "A" (di maggior tutela) e la zona "B" (di minor tutela). Il C.A.C. "Valle Borlezza" risulta così dall'aggregazione del territorio circoscritto dai confini amministrativi di 13 comuni (Rovetta, Castione della Presolana, Fino del Monte, Onore, Clusone, Songavazzo, Rogno, Cerete, Costa Volpino, Bossico, Sovere, Lovere, Castro) per una superficie totale di 20.354,43 ettari, cui corrisponde una superficie agro-silvo-pastorale pari ad ettari 17.939, costituente l'8% dell'intera t.a.s.p. provinciale (fonte dei dati: piano faunistico-venatorio provinciale). All'interno del CAC "Val Borlezza" sono all'attualità istituiti dal P.f.v. quattro oasi di protezione ed una zona di ripopolamento e cattura, per un totale di 2.413,19 ettari protetti (corrispondenti ad una t.a.s.p. di ettari 2.299,16). * * * * *
  • 14. lo 2. CONSIDERAZIONIPRELIMINARI ED OBIETTIVIDELLA PROPOSTA DI RIPERIMETRAZIOIVE Premesso quanto sopra, il presente elaborato viene redatto con finalità di progetto di riperimetrazione del Comprensorio Alpino denominato "Valle Borlezza" in previsione dell'approvazione di una variante al piano faunistico-venatorio vigente nella Provincia di Bergamo. Le motivazioni di seguito illustrate convergeranno in direzione dei seguenti obiettivi da conseguire (e, di fatto, conseguibili nel breve periodo): a) individuazione di un territorio omogeneo di Zona Alpi; b) creazione di un più penetrante legame cacciatore-territorio; c) riduzione della pressione venatoria con il fine ultimo di salvaguardare la tipica fauna alpina, soprattutto nella zona di maggiore tutela. L'attuale ripartizione del territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata della Provincia di Bergamo in Ambiti Territoriali ed in Comprensori Alpini — e di cui nella parte precedente si è riferito - appare infatti discordante con i principi di omogeneità che avrebbero dovuto implementare la ripartizione medesima. In particolare si rende necessaria l'individuazione del Comprensorio sulla scorta di quel criterio legale di cui agli articoli 11, 1. 157/92 e 27, 1.r. Lombardia n. 26/93 costituito dalla "consistente presenza della tipica flora e fauna alpina", considerandolo quindi come "zonafaunistica a sè stante" . Tale principio di omogeneità viene tra l'altro ripetutamente richiamato nel Piano faunistico della Provincia di Bergamo approvato con delibera G.P. n. 22 del 9 maggio 2006 laddove è attuata la ripartizione del territorio agro-
  • 15. 11 silvo-pastorale articolata "per comprensori territoriali omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali (cfr. l'elaborato di pianificazione). La legge regionale citata, peraltro, nell'indicazione di parametri di delimitazione fa anche riferimento ad elementi che svelano la natura "amministrativa" (strade, ferrovie, altri manufatti etc.) e/o para-amministrativa degli elementi stessi. Proprio in considerazione di ciò si ritiene che il comprensorio dovrebbe essere oltre che omogeneo anche individuabile in base ai confini amministrativi dei comuni ricompresi. In ossequio a tale criterio, che risponde ad evidenti esigenze di agevole riconoscibilità (anche cartografica) del comprensorio da parte dell'utenza e degli stessi organi di gestione, la presente proposta di riperimetrazione assume in via di principalità le caratteristiche floro-faunistiche legate al territorio, ma in subordine ed in via sussidiaria, non potendo operare in assoluto il solo precedente criterio — come peraltro accade nell'attualità, dove nel piano vigente il C.A.C. "Valle Borlezza" coincide con la superficie amministrativa dei comuni di Rovetta, Castione della Presolana, Fino del Monte, Onore, Clusone, Soneavazzo, Roeno, Cerete, Costa Volpino, Bossico, Sovere, Lovere, Castro - considera, nei limiti della necessità operativa, parametri amministrativi soddisfacendo in questo modo alle due principali indicazioni fornite dalla legislazione nazionale, dalla normativa regionale e dai provvedimenti provinciali. Questo progetto determina in conseguenza i confini del comprensorio alpino della Valle Borlezza in coincidenza con un'unità amministrativa già esistente ed individuabile nell'Unione dei Comuni della Presolana la quale comprende il territorio dei comuni di Castione della Presolana, Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo.
  • 16. 12 3. ASSETTO TERRITORIALEATTUALEDEL COMPRENSORIOALPINO "VALLEBORLEZZA"ED ILLUSTRAZIONEDI UNPROGETTO DI RIPERIMET1iAZIO1VE, CONPARTICOLARE CONSIDERAZIONEPER L' ISTITUZIONE EDELIMITAZIONE DELLA ZONA "A" (MAGGIOR TUTELA) Singolarmente, le discordanze in merito all'omogeneità dell'attuale Comprensorio sono evidenziate proprio dal piano faunistico vigente che sottolinea dapprima una dissonanza altimetrica - si va dai 400 metri s.l.m. del Comune di Lovere sino ai 2521 mt. del Pizzo della Presolana - e successivamente una disomogeneità vegetazionale la quale, per sue caratteristiche, trascende le differenze normalmente presenti nella consueta suddivisione in orizzonti alpino, subalpino, montano, submontano. Proprio quest'ultimo orizzonte, rappresentato dal trinomio roverella, carpino nero e omiello, è particolarmente sviluppato "man mano che si scende dall'altopiano di Clusone verso la zona insubrica de/lago d'Iseo" (si veda: elaborato del Piano faunistico venatorio della Provincia di Bergamo) ovvero all'interno dei confini dei comuni di Sovere, Bossico, Costa Volpino e Rogno. Le specie vegetali incluse nel trinomio sopra descritto non sono di certo quelle tipiche di una zona alpina, pur trattandosi di un orizzonte submontano. In particolare l'orniello (Fraxinus ornus) detto anche frassino da manna, è una specie eurasiatica, spesso coltivata per fini ornamentali o per la produzione di legno.
  • 17. 13 • La roverella (Quercus pubescens), d'altra parte, è una pianta che occupa • generalmente nell'Italia settentrionale la fascia più bassa delle colline fino a lambire la pianura coltivata. Alle essenze vegetazionali descritte dobbiamo aggiungerne altre di sostituzione antropica come il castagno (Castanea sativa), originario dell'Asia Minore ed oggi • ampiamente diffuso soprattutto nelle zone collinari. Ed ancora, la presenza di specie esotiche di recente introduzione - come la robinia (Robinia pseudoacacia) - di certo non attestano a favore dell'inserimento di questi comuni dell'Alto Sebino all'interno di un • Comprensorio Alpino. L'attuale Piano faunistico-venatorio provinciale evidenzia altresì che proprio il tratto che procede dal fondovalle del Borlezza sino alla confluenza con il Lago d'Iseo è 41111 interessato "da vaste aree aperte coltivate a prati da sfalcio polifiti e coltivazioni di mais". Ed è ben immaginabile che un'associazione vegetale costituita di castagno e roverella con aree caratterizzate dalla coltivazione di mais crea un ambiente molto più • vocato al cinghiale, già presente nell'ambito territoriale prealpino, piuttosto che alle tipiche specie alpine. Peraltro, la predazione sui nidi da parte del cinghiale è stata più volte ipotizzata 0 per spiegare la flessione della densità del gallo forcello in alcuni settori delle Alpi Occidentali (I.N.F.S.; 1993). Pertanto l'eventuale presenza del suide - incoraggiata dalla conduzione colturale e dall'assetto vegetale - risulterebbe in contrapposizione con una strategia improntata alla salvaguardia della tipica fauna alpina essendo il cinghiale non compatibile con le peculiarità proprie della zona Alpi.. Sono proprio le caratteristiche vegetazionali ed agricole dunque ad evidenziare la netta differenziazione tra la zona comprendente l'Unione dei comuni della Presolana e i
  • 18. 14 • restanti comuni dell'attuale comprensorio, strutturalmente molto più assimilabili • all'adiacente ambito territoriale prealpino che ad un comprensorio alpino. La stessa presenza di una zona di ripopolamento e cattura (denominata "Mano di Sovere") - che insiste per tutta la sua estensione nella fascia altimetrica sub-montana - dove appare evidentemente un'alta vocazionalità del fagiano, della lepre comune e di e ornitofauna minore legata alle praterie naturali o artificiali, è quantomeno indicativa di aspetti faunistico-venatori rappresentati nel sottostante ambito territoriale prealpino. Non appaiono sufficienti i pochi rilievi esistenti nei comuni dell'Alto Sebino (M. • Vahero, M. Alto e P.ta Covolo) per connotare come alpino nel senso indicato dalla 1.157/92 un territorio ancora troppo ricco di caratteristiche agro-ambientali tipicamente collinari e prealpine. Inoltre, alcuni dei comuni appena sopra citati costituiscono oggi • centri industriali sviluppati e rappresentano realtà territoriali assolutamente inconciliabili con progetti - anche minimi e localizzati - di conservazione delle specie faunistiche tipicamente alpine. • Costa Volpino ad esempio, è un centro industriale posto allo sbocco del fiume Oglio nel lago d'Iseo su una fascia pedemontana alla destra del fiume, a 200 metri (!!!) sul livello del mare. • * * * * * e III In netta contrapposizione si colloca l'Unione dei comuni della Presolana, i cui territori rappresentano al meglio la cosiddetta zona alpina. In termini orografici essi racchiudono quote medie che vanno dai 900 ai 1800 metri sino ad arrivare alla massima quota raggiunta dal Pizzo della Presolana con i suoi 2521 metri. Tra gli altri rilievi spiccano il Monte Ferrante (2427 irrt.), il Monte Ferrantino (2325 int.), la Cima di Bares
  • 19. 15 (1974 mt.), il Monte Cornetto (1766 mt.), il Monte Scanapà (1659 mt.) ed il Monte Lantana (1614 mt.). La flora e la fauna sono quelle tipiche delle zone alpine. Procedendo per strati altimetrici si susseguono gli orizzonti dalla fascia sub- montana (sotto i 1000 mt.) caratterizzata da boschi di latifoglie, in particolare di faggio e carpino, formazioni di pino silvestre e prati; la fascia montana che indicativamente individuiamo oltre i 1000 metri caratterizzata da peccete miste a larici e faggi; la fascia subalpina (tra i 1500 ed i 1800 metri) con consistenti popolamenti di aghifoglie, lariceti e peccete subalpine dalle quali si stagliano ricchi pascoli che arrivano sino al vero e proprio piano alpino (tra i 1800 ed i 2000 metri), caratterizzato da insediamenti vaccinio- rododendreti e da specie vegetali di notevole valore botanico. Infine, la vegetazione erbaceo arbustiva rupestre tipica dell'ambiente nivale. L'area comprende anche moltissime specie appartenenti alla flora protetta per le quali è vietata la raccolta: dalle varietà di Genziana (Gentiana nivalis, Gentiana verna, Gentiana clusii, ecc.) tipiche dei pascoli alpini alla Daphne alpina (Daphne alpina) e, ancora, dalla Stella alpina (Leontopodium alpinum) alla Aquilegia alpina (Aquuilegia alpina). Tra i rododendri spiccano due specie: il Ferrugineo (Rododendron Ferrugineum) caratteristico delle boscaglie, delle rupi e dei ghiaioni e l'Irsuto (Rododendron hirsutum) detto anche rosa delle Alpi, particolarmente diffuso sulla Presolana. E' facilmente intuibile come un territorio così ben rappresentato da essenze vegetali arboree, arbustive ed erbacee tipicamente alpine riveli una evidente vocazionalità per i galliformi (gallo forcello, coturnice, pernice bianca) e per la lepre variabile in special modo nei settori più marcatamente alpini della Presolana ed in maniera particolare nella zona di maggior tutela (zona "A").
  • 20. 16 La stessa zona oltre ad includere le specie di interesse venatorio appena richiamate risulta particolarmente vocata - come efficacemente evidenzia lo stesso Piano faunistico-venatorio della provincia di Bergamo nelle schede dell'attuale comprensorio alpino della Valle Borlezza - anche per il gallo cedrone (Tetrao urogallus), l'aquila reale (Aquila chrinaetos) ed il gipeto (Gypaetus barbatus), il cui valore naturalistico ne fa indiscutibilmente assumere il ruolo di "specie obiettivo" alle quali assicurare già nella prospettiva immediata la massima attenzione gestionale. Peraltro l'estensione della zona indicata come "zona A" per le sue caratteristiche orografiche e vegetazionali e per la sua ricettività faunistica per le specie della tipica fauna stanziale alpina può utilmente proporsi in termini più ampi di quella attuale. In particolare un suo ampliamento si renderebbe necessario facendo proseguire la linea di conterminazione dalla Presolana verso il Monte Pora ed attraversando il Monte Scanapà (1659 mt.) ed il Monte Lantana (1614 mt.), inglobando territori a partire da circa 1.000/1.100 m.s.l. in avanti. La vocazionalità alle specie di tipica fauna alpina oltre che alle altre specie protette come il gallo cedrone risulterebbe evidente anche dalla continuità ambientale riscontrata con la "zona A" del comprensorio alpino confinante a nord-est, situato però nella Provincia di Brescia. * * * * *
  • 21. 17 • 4. CONSIDERAZIONISULLA GESTIONE FAUNISTICO-VENATORIA E LA • SALVAGUARDIA DELLA TIPICA FAUNA ALPINA • Generalmente con la denominazione "tipica fauna alpina" si ricomprendono sia i galliformi alpini che la lepre variabile. Tra questi risultano solitamente prelevabili la lepre variabile (Lepus timidus), i galliformi come il gallo forcello o fagiano di monte (Tetra° tetrix), la pernice bianca (Lagopus mutus) e la coturnice (Alectoris greca). A • questi dobbiamo aggiungere obbligatoriamente altre specie, non prelevabili, come il gallo cedrone (Tetrao urogallus) ed il Francolino di Monte (Bonasa bonasia) che comunque divengono assimilabili per l'alto valore naturalistico rappresentato e per la condivisione • dei medesimi habitat. Lo status di conservazione delle popolazioni di galliformi alpini e di lepre variabile è critico in tutta l'area di distribuzione alpina ed è condizionato da numerosi • fattori limitanti, primo tra tutti la frammentazione e la contrazione dell'habitat anche in coincidenza dell'abbandono delle tradizionali pratiche agro-silvo-pastorali di montagna e dello sviluppo eccessivo del turismo invernale, particolarmente legato alla costruzione di piste da sci. Il disturbo antropico, il bracconaggio, l'aumento di predatori e da ultimo, ma non per importanza, il prelievo venatorio sono tra gli altri fattori che ne hanno determinato un così rapido decremento. Una serie di elementi negativi che accomuna l'intero arco alpino e che • determinarono la Comunità Europea al momento dell'approvazione della ben nota • •
  • 22. 18 "Direttiva Uccelli" (79/409/CEE) ad inserire la coturnice e le quattro specie di tetraonidi (gallo cedrone, gallo forcello, francolino di monte e pernice bianca) in allegato I ovvero tra le specie vulnerabili e per le quali gli Stati membri dell'UE sono tenuti ad intraprendere provvedimenti speciali per la conservazione dei loro habitat allo scopo di garantirne la sopravvivenza. Per quanto riguarda le specie ancora prelevabili in quanto iscritte in calendario venatorio appare opportuno reinterpretare il prelievo, ora da caratterizzare in senso maggiormente "conservativo" effettuando un'oculata pianificazione e regolamentazione delle catture finalizzata a ridurre la pressione venatoria che, se concentrata in poche zone altamente vocate, può avere conseguenze negative. Il drastico calo delle popolazioni dei galliformi alpini non risparmia nessuno: anche la Val Borlezza (e più in generale la Provincia di Bergamo) raggiunge sempre un numero di animali censiti appena sufficiente per redigere un piano di prelievo. Nel periodo 1996-2006 la consistenza della coturnice nel C.A.C. in questione è passata da 103 capi censiti a 60, con un trend chiaramente negativo (e preoccupante) attestato su un calo di circa il 45% dei selvatici conteggiati. Ciò ha comportato la sospensione del prelievo venatorio su tale specie. Tab.1 - Situazione COTURNICE (fonte: Provincia di Bergamo) 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Consi- stenza - 103 124 100 80 130 80 46 60 Prelievi autoriz. Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Sospeso Prelievi Effettuati
  • 23. 19 La consistenza del gallo forcello, nello stesso arco di tempo sopra considerato, è passata dai 340 capi del 1999 ai 120 del 2006, anno in cui è stato sospeso ogni prelievo della specie in questione, prima ammesso sia pure con notevole cautela (circa 20 capi mediamente nel periodo 1999-2002; poi 17 nel 2003, 15 nel 2004, 14 nel 2005 (i dati sono quelli in possesso della Provincia di Bergamo). Tab.2 - Situazione GALLO FORCELLO (fonte: Provincia di Bergamo) 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Consi- stenza - 340 365 300 305 310 226 122 120 Prelievi autoriz. 15 20 20 22 22 22 20 10 sospeso Prelievi effettuali 15 20 20 22 22 17 15 14 _ I dati appena riferiti rispecchiano una situazione decisamente non soddisfacente. Anche nel C.A.C. "Valle Brembana" secondo uno studio prodotto dallo stesso nel periodo 1997-2006 i valori massimi di densità estiva per il gallo forcello si osservarono nell'anno 2000, mentre nel 2006 si sono rilevati i valori minimi di tutto il periodo collocandosi al di sotto delle medie. Le altre specie non godono di miglior salute. Tant'è che nel calendario venatorio 2006/2007 proprio la Provincia di Bergamo ha vietato la caccia alla pernice bianca su tutto il proprio territorio, confermando tale divieto anche per la stagione venatoria 2007/2008.
  • 24. 20 5. OSSERVAZIONI EPROPOSTESULLA PRESSIONE VENATORL4 ED IL RAPPORTO CACCIATORE/TERRITORIO Da accurati studi emerge come la maggiore pressione venatoria sia spesso concentrata nelle prime 6/7 giornate, quando si riversano sul territorio i 2/3 del totale delle presenze dei cacciatori. In un contesto come quello del C.A.C. "Valle Borlezza" un consistente numero di cacciatori attualmente ammessi a praticarvi l'esercizio venatorio non è necessariamente legato al territorio definibile "zona Alpi" nel senso che si è sopra precisato (e individuabile, sostanzialmente, nei comuni dell'Unione) nel quale caccia, ma proviene da comuni appartenenti ad un'altra realtà ambientale. In questo senso per portare un apprezzabile contributo al miglioramento della gestione faunistico-venatoria si ritiene essenziale transitare attraverso una strutturazione del territorio maggiormente aderente alle finalità delle leggi statale e regionale, garantendo inoltre l'accesso alle zone di maggior tutela per la caccia alla tipica fauna alpina ai cacciatori già abilitati a praticare nella zona "A", residenti nei comuni inclusi nel comprensorio in forza della riperimetrazione proposta nel presente elaborato. In una prospettiva futura si potrà pervenire, in relazione alle nuove domande di accesso al C.A.C. (ma la considerazione pare utile e valida per tutta la zona Alpi), a limitare il numero dei cacciatori attraverso la specializzazione (autorizzazioni separate e non cumulabili per ungulati, lagomorfi e galliformi).
  • 25. 21 Si osserva, poi, la mancanza di un regolamento — nel contesto più generale della disciplina del prelievo della tipica fauna alpina nel C.A.C. "Valle Borlezza" - che sia in grado di fornire ai cacciatori non solo delle linee-guida, ma anche degli obblighi veri e propri di partecipazione alla gestione al fine di ottenere l'attribuzione dei capi da abbattere. Nella prospettiva un regolamento di questo tipo permetterebbe di assegnare i capi non solo in base ai censimenti primaverili e tardo-estivi, ma in ottemperanza ad un punteggio acquisito e quindi considerando un accesso alla gestione di natura meritocratica. A titolo esemplificativo, si potrebbe attribuire un punteggio con la partecipazione obbligatoria ad un numero minimo di uscite di censimento, aggiungendo punti ogni qualvolta un iscritto partecipi a progetti di miglioramento ambientale (ad esempio: ponendo a dimora essenze vegetali appetite dal forcello come il mirtillo nero), a progetti di salvaguardia delle specie (ad esempio: monitorando la mortalità degli animali dovuta a collisioni, rendendo maggiormente visibili i cavi più pericolosi), a progetti di riduzione del disturbo antropico legato al turismo (segnalando i siti di riproduzione con cartelli di invito al rispetto destinati agli escursionisti), ecc. Con l'attuale assetto territoriale il comprensorio alpino "Valle Borlezza" ospita un numero di cacciatori tale da esercitare sulla zona di maggior tutela una pressione venatoria quanto mai elevata che pretende - e con urgenza - una significativa riduzione. Tale obiettivo si può conseguire con la riperimetrazione proposta dal presente elaborato intensificando quindi il legame cacciatore-territorio che la letteratura scientifica predica da molto tempo. Attualmente infatti possono effettuare il prelievo della tipica fauna alpina circa 140 cacciatori provenienti da tutti i comuni dell'attuale comprensorio (al quale risultano iscritti all'attualità 701 cacciatori in totale) i quali dal 1° ottobre al 30 novembre esercitano tale forma di caccia sino al completamento dei piani di prelievo.
  • 26. 22 Una volta raggiunti i "tetti" dei piani (il che avviene in poche giornate a ridosso dell'apertura della stagione) è comunque possibile praticare la caccia alla lepre ed oltre la data del 30 novembre anche la caccia agli ungulati. In tali condizioni la pressione venatoria ed il disturbo arrecato risultano comunque elevatissimi. Attraverso la riperimetrazione del comprensorio si registrerebbe nell'area di maggior tutela una riduzione di circa 90 cacciatori rispetto alle attuali 140 unità circa. Lo stesso prolungamento della fascia di zona "A" dalla Presolana verso il Monte Pora attraversando il Monte Scanapà ed il Monte Lantana produrrebbe l'effetto di una ridistribuzione dei cacciatori su un territorio più vasto riducendo ulteriormente la pressione venatoria odierna. Successivamente, attraverso l'adozione di un regolamento ad hoc - assunto di concerto con le associazioni venatorie locali - che preveda un accesso meritocratico sarà possibile ridurre, proprio con l'aiuto dei cacciatori, anche gli altri fattori limitanti come il disturbo antropico o la rarefazione delle specie. L'individuazione dei nuovi confini in coincidenza con un'unità amministrativa già esistente e particolarmente attenta alle esigenze dei turisti quale è 1"'Unione dei Comuni della Presolana" produrrebbe anche una insolita ma quanto mai auspicabile collaborazione tra il C.A.C. "Valle Borlezza" e l'Istituzione Comunale nella limitazione dell'impatto del turismo, al quale la zona è particolarmente vocata, nei confronti dei galliformi alpini e delle altre specie. Lo statuto dell'Unione, infatti, nel suo quinto articolo elenca tra le funzioni espletate anche servizi inerenti a "territorio e ambiente". Tali funzioni possono essere sicuramente utili al fine di mitigare gli aspetti negativi derivanti dal turismo e dalle varie attività ludiche nei confronti della tipica fauna alpina.
  • 27. 23 Siffatta sinergia, unitamente alla riduzione della pressione venatoria, potrà costituire, se adeguatamente gestita, un prezioso strumento attraverso il quale recuperare, in una azione costante e prolungata per il periodo necessario, consistenze faunistiche rassicuranti e - si auspica - non troppo lontane da quelle di un tempo nel "nuovo" comprensorio alpino che potrebbe significativamente essere denominato "Presolana". Elaborato a cura di: Franco Bonsanto - avvocato Davide Zanin - dottore in scienze naturali