XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
Comunicazione politica: dalla parte del giornalista
1. Cortina, 13 luglio 2015
Comunicazione politica: dalla parte
del giornalista
(Ammesso che la distinzione col comunicatore politico abbia ancora senso)
2. “C'è stata la Repubblica dei partiti, che aveva come religione
la Rappresentanza. Poi è arrivata la Repubblica del Cavaliere,
fondata sulla Rappresentazione. Quella che sta nascendo è la
Repubblica dell'Auto-rappresentazione. Una Selfie-
Repubblica con un'unica bandiera: l'Io”
- Marco Damilano, ‘La repubblica dei selfie’
3. ✤ Sicuri che un (comunicatore) politico e un giornalista
siano soggetti così distinti, nell’era iperconnessa?
4. ✤ Se la nostra è l’era dell’autocomunicazione di massa in
rete (Castells)
✤ entrambi si autocomunicano (sempre più) in rete
✤ per entrambi vale che ognuno è il brand di se stesso
5. ✤ se entrambi mirano a raggiungere più (e)lettori
possibile
✤ entrambi usano gli stessi strumenti, nello stesso
ambiente, che ha per entrambi le stesse dinamiche
(un “like” resta un “like”; l’orario migliore per
pubblicare un contenuto è per entrambi lo stesso
etc.)
✤ entrambi sono costretti - volenti o nolenti - a gestire
una community (e no, non è semplice)
6. ✤ soprattutto, se sia il politico che il giornalista hanno
dovuto scendere dal piedistallo: ora sono utenti
qualunque
✤ E vengono trattati come tali
✤ È la disintermediazione, bellezza: sui social network gli
(e)lettori rispondono a un editorialista di
Repubblica o a un presidente del Consiglio come
risponderebbero a un qualunque “amico” su
Facebook
✤ (Il problema è che editorialista e politico a volte
fanno altrettanto)
7. ✤ Se vale tutto questo, significa che tanto il politico
quanto il giornalista usano l’(auto)comunicazione
come forma di propaganda per i propri fini, invece che
come strumento utile a sintetizzare il flusso
ininterrotto di informazioni che giungono
all’(e)lettore?
8. ✤ Ipotesi: Invece di usare la comunicazione per controllare la
politica, noi giornalisti ci facciamo usare
dall’autocomunicazione per diventare (come) la politica
✤ Corollario: Invece di contrastare la propaganda politica,
finiamo per accettarne le premesse, i modi e le forme - anche
nel criticarla
9. ✤ Conclusione: oggi è difficile dire se stare con il
(cattivo) giornalista o il (buon) comunicatore politico,
ma di certo è il primo a dettare tempi e modi al
secondo
10. ✤ Servirebbe uno scatto d’orgoglio del giornalismo: che
reclami il suo primato sulla comunicazione politica
✤ (e sia in grado di praticarlo in modo credibile e costante)
11. ✤ I social network come fenomenale strumento di
disvelamento: ora il giornalista e il politico si possono
osservare nel loro pensare/agire/reagire in tempo
reale
✤ O meglio (se sono comunicativamente sofisticati): si
può osservare il loro tentativo di autocomunicarsi,
di imporre un frame per se stessi che sia loro
conveniente, in tempo reale
✤ E non sempre è un bel vedere
12.
13. ✤ C’è tuttavia un senso importante in cui la distinzione -
e la presa di posizione a favore del giornalista - ha
ancora senso: il giornalista ha il dovere morale di
opporsi alla propaganda, a ogni forma di propaganda;
il comunicatore politico, no
14. ✤ Per non diventare vittima della comunicazione
politica usata a fini propagandistici il primo
imperativo è non comprarne a scatola chiusa l’agenda,
la retorica, la grammatica, l’immaginario, l’estetica e
l’ideologia complessiva che compongono
✤ Ma anche i memi, gli hashtag, le campagne “dal
basso”, “virali” etc. che veicolano quell’ideologia
complessiva
15. ✤ Un esempio: perché così tanti giornalisti hanno
comprato a scatola chiusa la retorica della velocità
degli esordi del governo Renzi?
16. ✤ Che giornalisticamente diventa: perché Renzi e i suoi
comunicatori hanno deciso di scegliere quella retorica
e non altre?
✤ ES: Se ciò che conta è andare veloci, allora si
giustificano le slide al posto dei testi di legge, nei
CdM
✤ Il che significa prestare di più il fianco a
banalizzazioni propagandistiche (lo slogan - non “il
tweet” - diventa la norma)
17. ✤ Dobbiamo diventare tutti decostruttori di tecniche
propagandistiche? Sì, e più di prima perché ora siamo
immersi costantemente in un ambiente che si presta a
forme di propaganda poco visibili, molto capaci di
mascherarsi per contenuti del tutto ingenui (un meme,
per es.), e che il grande pubblico - ma anche i
giornalisti - conosce ancora poco o nulla
✤ Il che significa, di nuovo, non adottare quelle stesse
tecniche per promuovere noi stessi e soprattutto
mancare di onestà intellettuale nel promuovere o
criticare le scelte della politica
18. ✤ Altra domanda: perché la reputazione dei giornalisti è
così bassa mentre quella dei comunicatori politici così
alta?
✤ Come mai non (ci) facciamo domande radicali ma
credo lecite come: se un comunicatore politico non è
altro che un propagandista (in senso deteriore), perché
non lo trattiamo come tale?
✤ E più in generale: come mai le tecniche di propaganda
in rete sembrano funzionare meglio di quelle di
contropropaganda? (ES: ISIS)
19. ✤ I giornalisti, giovani e meno giovani, sono attrezzati
per riconoscere, comprendere e possibilmente
contrastare le tecniche propagandistiche messe in atto
dalla politica?
✤ E paga quella competenza, sapendo che in molti casi
invece è più facile fare click semplicemente riportando
lo “scontro su Twitter” o la foto su Instagram di turno?
20. “Il potere ha perso il contatto con il reale”
– Christian Salmon, ‘La politica nell’era dello storytelling’
21. ✤ Colpa del dominio dell’autorappresentazione
✤ Domanda: e il giornalismo?
22. ✤ Se la questione della gestione del potere diventa
principalmente una questione di comunicazione, e di
comunicazione di se stessi tramite “storie” (e quindi
riti, ossessioni, parole chiave, personaggi etc), la realtà
sembra diventare in molti casi poco più che uno
spunto da cui partire per elaborare quelle storie in
forma propagandistica, quando non un ostacolo vero e
proprio a storie che si vogliono raccontare comunque
23. “Non è la percentuale che conta (…) i numeri interessano agli
addetti ai lavori: la verità è che c'è un clima nuovo in Italia".
(…) tutto il mio programma sta qui: restituire speranza
all’Italia“
– Matteo Renzi al ‘Messaggero’, 5 aprile 2015
24. ✤ L’autorappresentazione rischia di diventare più
importante delle domande, della ricerca dei fatti
✤ Insomma: abbiamo letto gli hashtag, visto i selfie di
governo, sfogliato le slide, contato i countdown e gli
elenchi di promesse. Ma tutto questo è più utile a
comunicarci dei fatti o a distrarci dai fatti?
25. ✤ E dettare l’agenda politica con un tweet (es: Renzi sul
“derby euro-dracma”) dove porta anche l’opposizione
politica?
✤ Rischio di una gara a chi è più populista in tempo
reale - e no, come giornalisti non la vogliamo
alimentare, ma contrastare
26. ✤ Come si mantiene l’attenzione del lettore in un mare
di contenuti in cui la prima preoccupazione della
politica è emergervi per slogan istantanei e/o sulla
polemica di quel preciso momento (“ruspe!”, “basta
kasta!”, “gufi!” etc)?
✤ Non è una risposta ma lo è: “Content is king”
27. ✤ La politica 2.0 è più o meno adatta alla propaganda
della politica 1.0?
✤ Di certo non sembra molto diversa: “la politica
online è perlopiù politics as usual” (Clark, World
Forum for Democracy Paper, 2013)
✤ Sicuri che la politica interagisca davvero di più con
chi (chi?) le pone domande ora che siamo nell’era
delle reti sociali? E se fosse a sua volta una
convinzione sedimentata tramite un certo tipo di
propaganda/ideologia? (“Internet” vs Internet)
28. ✤ Il giornalismo che deve raccontare la politica 2.0, sarà
in grado di fare meglio di quello che ha raccontato la
politica 1.0?
✤ Finora non sembra: sembra però siano più chiare le
vicinanze alla politica di buona parte del
giornalismo politico (specie quello “che conta”)
✤ Qui davvero il diritto di replica permanente dei
cittadini dovrebbe essere materia di profonda
riflessione e di ascolto per il giornalismo
29. ✤ Se vuole imparare a fungere da watchdog della nuova
comunicazione politica, il giornalismo deve imparare
il distacco dalla nuova comunicazione politica - dopo
avere imparato la nuova comunicazione politica
✤ E deve raccontare quel distacco, che è già di per sé
parte del reale, e dunque una storia di interesse
giornalistico
30. ✤ Contrariamente a quanto appare, potremmo scoprire
che la comunicazione politica è in crisi quanto il
giornalismo che ne è diventato succube
✤ La propaganda finisce quando e dove irrompe il
reale (G. Cosenza)
✤ E il reale comincia a irrompere…