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Convergenze
a cura di
G. Anzellotti, L. Giacardi, B. Lazzari
Ferdinando Arzarello
Cristiano Dané
Laura Lovera
Miranda Mosca
Nicoletta Nolli
Antonella Ronco
Dalla geometria
di Euclide
alla geometria
dell’Universo
Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera
Ferdinando Arzarello Cristiano Dané Laura Lovera
Dipartimento di Matematica
Università di Torino
Liceo Scientifico “A. Volta”,
Torino
Liceo psicopedagogico
“Regina Margherita”,
Torino
Miranda Mosca Nicoletta Nolli Antonella Ronco
Associazione Subalpina
MATHESIS,
Torino
Liceo scientifico “G. Aselli”,
Cremona
Liceo psicopedagogico
“Regina Margherita”,
Torino
Contenuti integrativi al presente volume possono essere consultati su http://extras.springer.com
isbn 978-88-470-2573-8 isbn 978-88-470-2574-
doi 10.1007/978-88-470-2574-
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© Springer-Verlag Italia 2012
Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC
identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite
secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal
Forest Stewardship Council
Layout copertina: Valentina Greco, Milano
Progetto grafico e impaginazione: CompoMat S.r.l., Configni (RI)
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Springer-Verlag Italia S.r.l., Via Decembrio 28, I-20137 Milano
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(Attribution-NonCommercial-ShareAlike)
Prefazione
La collana “Convergenze”, curata per la parte scientifica dall’Unione Matemati-
ca Italiana ed edita da Springer Italia, è giunta al suo nono volume, il libro di F.
Arzarello, C. Dané, L. Lovera, M. Mosca, N. Nolli, A. Ronco, Dalla geometria di
Euclide alla geometria dell’universo.
Tutti i volumi della collana sono editi con un contributo economico dell’UMI,
e il presente ha avuto anche un aiuto economico dal Progetto Lauree Scientifiche.
Ciò in quanto, al di là del fatto che l’origine e il merito dell’opera sono pura-
mente degli autori e si collocano nella tradizione della ricerca didattica italiana, e
torinese in particolare, una parte significativa delle proposte didattiche sono sta-
te sperimentate nel laboratorio che si è realizzato nell’ambito del Progetto locale
Lauree Scientifiche di Torino nel 2005/06 e negli anni successivi.
Come si può infatti evincere dalle schede stesse del Progetto LS gli obiettivi
principali della proposta elaborata nel libro sono: da una parte recuperare le ri-
levanti assenze della geometria dello spazio nella scuola “superiore”, dall’altra ap-
profondire alcuni aspetti logico-teorici anche attraverso il confronto fra le geome-
trie che si possono elaborare su particolari superfici (sfera, cilindro, cono, pseu-
dosfera) e il confronto di ciascuna di esse con la geometria euclidea del piano.
Il tema ha offerto occasioni di ricchi sviluppi di carattere storico-applicativo,
dalle carte geografiche e dalle rotte aeree a questioni tecnologiche (eliche dei mo-
tori, modelli per i sarti delle maniche degli abiti). Inoltre esso invita all’utilizzo
di materiali concreti, nonché di modelli virtuali costruibili con i software Cabri
Géomètre, Cabri3D e GeoGebra.
I materiali sono un elemento che, per quanto ovvio nell’apprendimento della
geometria, stentano a entrare nella pratica didattica corrente; viceversa, in questo
progetto come del resto in molti altri, essi svolgono diverse funzioni, tra le quali:
K incuriosire lo studente e pertanto sostenerne l’interesse;
K favorire la formulazione di problemi e congetture di risposta;
K migliorare la comprensione effettiva dei concetti;
K sostenere la memorizzazione;
senza dimenticare che migliorare le abilità manuali di studenti adolescenti è di
per sé un obiettivo rispettabile. È stata finalità prima degli autori fare in modo
che gli studenti si orientino in ambienti geometrici vari riconoscendo analogie e
differenze di questi con la geometria euclidea.
Il percorso è stato sperimentato in alcune classi quarte di diversi istituti supe-
riori: il Liceo Psicopedagogico “Regina Margherita”, il Liceo Scientifico “Einstein”,
l’Istituto Tecnico Industriale “Bodoni” di Torino, il Liceo Scientifico “Aselli” di
Cremona, il Liceo Scientifico “Galilei” di Voghera. Anche a nome degli organi di-
rettivi dell’UMI, desidero pertanto ringraziare gli autori per l’ottimo contributo
dato alla didattica della Geometria, per aver coinvolto insegnanti motivati e de-
siderosi di suggerimenti che permettano loro di stare al passo con i tempi e, last
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
VI
but not least, il Progetto Lauree Scientifiche che ha permesso la realizzazione di
incontri sinergici fra docenti della scuola superiore e docenti universitari al fine
di portare a termine un piano didattico di interesse comune per tutti: quello di
presentare allo studente l’insegnamento delle scienze matematiche non solo (più)
attraente ma, soprattutto come un investimento duraturo, sia come un momen-
to di crescita del cittadino consapevole, sia come prerequisito necessario ad un
futuro da professionista nel mondo di oggi.
Bologna, aprile 2012 Giuseppe Anichini
Segretario UMI
Premessa
Il volume propone vari percorsi didattici, progettati per le scuole secondarie di
secondo grado, dove la Geometria è affrontata secondo una metodologia labora-
toriale, in conformità al modello suggerito nel curricolo dell’UMI, La Matemati-
ca per il Cittadino (http://umi.dm.unibo.it/old/italiano/Didattica/didattica.html),
e presente nelle nuove Indicazioni per i Licei (DPR 15 marzo 2010). Gli studenti
sono pertanto accompagnati a fare e pensare secondo l’adagio pedagogico di S.
Papert: “Impariamo meglio facendo, impariamo ancora meglio se colleghiamo il
nostro fare con il parlare ed il pensare su ci che abbiamo fatto”.
L’insegnante trova nel volume svariati suggerimenti per l’utilizzo di opportu-
ni materiali didattici e di modelli geometrici reali e virtuali. Per generare questi
ultimi si sono utilizzati i software Cabri Géomètre, Cabri3D (marchi Cabrilog) e
GeoGebra (open source). Le schede didattiche da utilizzare durante le attività
(in duplice versione, per lo studente e per il docente), corredate di indicazio-
ni ed esempi di percorsi, si trovano sulla piattaforma on-line di Springer Extra
Materials (http://extras.springer.com).
L’idea principale è di analizzare criticamente le idee della geometria euclidea
alla luce di quanto accade in vari ambienti geometrici diversi dal piano (la sfera,
il cilindro, il cono e la pseudosfera): ad esempio, chiedersi “che cosa è una retta?”
nei nuovi contesti. Si può cosı̀ partire dalle radici cognitive e culturali dei concetti
matematici e considerarne successivamente sia lo sviluppo matematico rigoroso
sia l’intreccio profondo con i concetti portanti di altre discipline, come la fisica
(qual è la geometria dell’universo?) e la geografia (come rappresentare la Terra in un
piano?). Sarà altresı̀ possibile toccare con mano come tale intreccio abbia portato
a importanti innovazioni tecnologiche (ad esempio il GPS).
Gli itinerari didattici illustrati nel volume sono stati sperimentati in varie classi
nell’ambito del Progetto Lauree Scientifiche. Gli autori sentono perciò il bisogno
di ringraziare tutti i docenti che hanno in vario modo sperimentato questo pro-
getto nell’ambito di tali iniziative, concorrendo alla validazione della proposta.
Particolari ringraziamenti rivolgono a Pierangela Accomazzo e a Patrizia Giani-
no per i loro preziosi apporti. Inoltre ringraziano Sara Fenoil e Sergio Mellina per
i validi contributi all’elaborazione delle immagini.
Gli Autori
Indice
1. Perché la geometria sulle superfici 1
1.1 Perché tante geometrie invece di una geometria? 1
1.2 Alla ricerca delle radici cognitive e culturali
dei concetti matematici 2
1.3 Origine del libro 9
1.4 Perché il libro? 10
2. La geometria sulla sfera 13
2.1 La formica euclidea 13
2.2 La geodetica sulla sfera 14
2.3 La sfera è curva 17
2.4 Circonferenze sulla sfera 19
2.5 Triangoli sferici 20
2.6 Approfondimento 22
2.7 Il trasporto parallelo: approfondiamo 24
3. Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 27
3.1 Il sistema assiomatico di Euclide 28
3.2 I sistemi formali 29
3.3 Un sistema formale moderno per la geometria piana 30
3.4 Modelli di un sistema assiomatico 32
3.5 La geometria sulla sfera è euclidea? 36
3.6 Figure geometriche sulla sfera: triangoli e quadrati 44
4. Geometria sul cilindro 49
4.1 Andare diritti sul cilindro 49
4.2 Sviluppo piano del cilindro 55
4.3 I ricoprimenti di un cilindro 57
4.4 Il cilindro come esempio di geometria localmente euclidea 59
4.5 Approfondimento 65
5. Geometria sul cono 69
5.1 Andare diritti sul cono 69
5.2 Le geodetiche sul cono 70
5.3 Approfondimenti 76
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
X
5.4 I ricoprimenti di un cono 79
5.5 La geometria sul cono 82
5.6 Per saperne di più . . . 82
6. La curvatura 89
6.1 La curvatura di una linea 90
6.2 La curvatura di una superficie 92
6.3 La curvatura del piano, della sfera, del cilindro e del cono 95
6.4 Che cosa sono le geodetiche 98
6.5 La curvatura nelle forme naturali e nelle mimesi degli artefatti umani 99
7. La pseudosfera e la geometria sulla pseudosfera 105
7.1 La catenaria e la trattrice 105
7.2 La pseudosfera e la sua curvatura 110
7.3 Le scoperte della formica euclidea sulla pseudosfera 112
7.4 ll teorema di Gauss Bonnet e il quinto postulato sulla pseudosfera 115
8. La sfera Terra: fare il punto 117
8.1 Il sistema di riferimento terrestre 117
8.2 I problemi del navigante - dialogo con le stelle 121
8.3 Calcolo della latitudine 125
8.4 Determinazione della longitudine 128
8.5 Gli strumenti di misura 130
8.6 La determinazione del punto - nave 134
9. La sfera Terra: le carte geografiche 139
9.1 Le proiezioni coniche e cilindriche 140
9.2 La carta del Mercatore 143
9.3 Proiezioni polari 147
9.4 La proiezione di Gauss e il sistema di coordinate UTM 149
10.Le mappe conformi della pseudosfera e i modelli di geometria
iperbolica 153
10.1 La mappa conforme del navigante iperbolico 153
10.2 Sperimentiamo la mappa conforme 156
10.3 Il semipiano di Poincaré 159
10.4 L’inversione circolare 160
10.5 Il disco di Poincaré 164
Indice
XI
11.Il nostro spazio è euclideo? 167
11.1 La geometria dello spazio - tempo: il modello di Minkowski 168
11.2 Lo spazio-tempo della relatività generale 172
11.3 Ipotesi sull’Universo 175
11.4 I possibili modelli di Universo in espansione che cosa prevedono
in merito alla sua curvatura? 177
A. Confronto tra i sistemi assiomatici di Euclide e di Hilbert 181
A.1 Dal sistema di Euclide
A.2 Dal sistema di Hilbert
A.3 Uguaglianza e congruenza
181
182
183
B. GPS: sistema di posizionamento globale 185
B.1 Descrizione generale
B.2 A cosa serve?
B.3 Come è costituito?
B.4 Come funziona?
B.5 Analisi della Costellazione Satellit
B.6 Sistemi di coordinate
185
185
185
186
are 188
190
Bibliografia 193
Capitolo 1
Perché la geometria sulle superfici
1.1 Perché tante geometrie invece di una geometria?
Nel curricolo UMI uno dei nuclei essenziali individuati per poter costruire solide
competenze matematiche è Spazio e Figure; nell’indicare le linee essenziali di que-
sto nucleo tematico si fa esplicito riferimento a un curricolo di matematica che
presenta uno svolgimento integrato degli argomenti che sono propri della geome-
tria: geometria dello spazio e geometria del piano, geometria sintetica, geometria
analitica e trigonometria.
In questa proposta sono anche esplicitamente indicate alcune idee di
base:
K rafforzare e rivalutare la geometria dello spazio;
K favorire attività di esplorazione e di scoperta di proprietà geometriche;
K porre attenzione ai collegamenti tra lo studio della geometria e il mondo reale;
K ricercare spunti storici come occasione di riflessione filosofica.
La geometria cui si fa riferimento nel curricolo è quella euclidea, da più di venti
secoli modello di riferimento per la cultura occidentale, anche se tra gli spun-
ti storici consigliati appare l’indicazione Dalla geometria alle geometrie (una pa-
noramica sugli sviluppi che dall’Ottocento portano al nostro secolo) come a voler
sottolineare l’importanza di allargare gli orizzonti culturali per meglio compren-
dere il ruolo centrale giocato dalla geometria in un percorso formativo che vuole
considerare sia la funzione strumentale sia quella culturale della matematica.
Lo svolgimento di un coerente percorso di geometria, nella scuola italiana,
sembra essere sempre più difficile, in particolare sembra diventato quasi impos-
sibile un rigoroso approccio assiomatico che produca un apprendimento signifi-
cativo e sensato degli assiomi e dei teoremi euclidei.
In parte gli studenti soffrono l’eccessivo rigore e l’astrattezza della geometria, in
parte non capiscono la necessità di interrogarsi su nozioni intuitive o dimostrare
proprietà evidenti; ne risulta spesso uno studio mnemonico di definizioni e di
dimostrazioni di teoremi delle quali spesso non si capisce nemmeno l’utilità.
Un percorso come quello presentato, che costringe a interrogarsi su cosa vo-
glia dire “andare diritto” o a sperimentare concretamente cosa significhi “tirare
una linea diritta tra due punti”, in un contesto diverso dall’ordinario piano eucli-
deo, può mettere in crisi “verità” ritenute scontate, costringe a “fare i conti” con
spazi che hanno proprietà definite da diversi sistemi di assiomi e per i quali non
valgono nemmeno i teoremi più “famosi” e quindi, per contro, costringe a rida-
re importanza proprio a quei teoremi e assiomi validi sulla superficie piana che
servono a definire la geometria euclidea tra le tante geometrie.
Non si può nemmeno dimenticare la necessità di delineare un itinerario didat-
tico che sia in grado di collegare lo studio della geometria al mondo fisico reale, ec-
Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla
geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera
DOI 10.1007/978-88-470-2574- 1, © Springer-Verlag Italia 2012
5
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
2
co quindi che lo studio della geometria sulla sfera diventa anche lo studio del mo-
dello della nostra realtà terrestre e, più in generale, l’analisi delle geometrie non-
euclidee aiuta a comprendere le teorie che la fisica e la cosmologia propongono
per descrivere le caratteristiche dello spazio e l’evoluzione dell’Universo.
Si può quindi capire come il percorso presentato possa anche essere utilizzato
per comprendere e approfondire la nozione di sistema ipotetico-deduttivo e di
modello matematico.
Da ultimi, ma non per questo meno importanti, sono la metodologia e gli stru-
menti scelti per lo svolgimento delle attività presentate, anche questi in linea con
le modalità del Laboratorio come indicato nel curricolo UMI:
La costruzione di significati, nel laboratorio di matematica, è strettamen-
te legata, da una parte all’uso degli strumenti utilizzati nelle varie attività,
dall’altra, alle interazioni tra le persone che si sviluppano durante l’esercizio
di tali attività.
Si prevedono, infatti, esplorazioni guidate su vari materiali concreti, manipolan-
do palloni, barattoli cilindrici, coni di cartone e altro. Questo permette di con-
getturare, provare e verificare anche in interazione con i compagni e consente di
raggiungere una costruzione significativa dei concetti.
Dopo il lavoro e il confronto effettuato in gruppo è sempre prevista una fase
nella quale si condividono i risultati e quindi si consolidano e si generalizzano le
scoperte effettuate.
Il ruolo dell’insegnante è centrale nel sostenere la fase esplorativa di gruppo,
nella quale egli può fornire indicazioni operative o aiutare gli studenti a esplicitare
le loro intuizioni, senza però mai fornire risposte dirette ai quesiti proposti ed è
altrettanto importante per coordinare la discussione fatta in presenza dell’intera
classe e sistematizzare le conoscenze.
Anche in questo caso in tutto il percorso è suggerito un ruolo dell’insegnante
in linea con quanto si può leggere nelle Indicazioni metodologiche del curricolo
UMI:
L’insegnate eserciterà il suo ruolo di mediazione sia in modo diretto, attra-
verso l’introduzione degli strumenti matematici necessari in relazione alle
diverse situazioni didattiche, sia in modo indiretto, utilizzando le produzio-
ni individuali degli alunni (da confrontare e discutere in classe) e attraverso
la valorizzazione dei contributi degli alunni durante la discussione in classe
e il lavoro di gruppo.
1.2 Alla ricerca delle radici cognitive e culturali
dei concetti matematici
La geometria dei Greci era essenzialmente una scienza delle figure; con Riemann
è diventata una “scienza dello spazio”. Poincaré è andato ancora più in là: ha
mostrato che è il movimento a generare la nozione di spazio: “un être immo-
bile n’aurait jamais pu acquérir la notion d’espace puisque, ne pouvant corriger
par ses mouvements les effets des changements des objets extérieurs, il n’aurait eu
Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici
3
aucune raison de les distinguer des changements d’état” [Poincaré 1902, p. 78];
“localiser un objet en un point quelconque signifie se représenter le mouvement
(c’est-à-dire les sensations musculaires qui les accompagnent et qui n’ont aucun
caractère géométrique) qu’il faut faire pour l’atteindre” [Poincaré 1905, p. 67].
Per Poincaré è la presenza dei corpi, del nostro corpo in particolare, e dei movi-
menti, dei nostri movimenti, a generare la nozione di spazio. Come è noto, ciò lo
portava anche a posizioni estreme, come il cosiddetto convenzionalismo, in base
al quale gli assiomi non sono altro che definizioni camuffate, che si scelgono in
base alla loro comodità [Ibid., p. 75-76]. Quello che qui preme sottolineare è che
per Poincaré, come per Riemann e a differenza di Kant, non esiste una teoria geo-
metrica a priori del mondo. Essa è invece costruita a partire dal mondo sensibile,
anche se per il nostro “le sensazioni muscolari [...] non hanno alcun carattere
geometrico”.
Oggi i progressi fatti dalla matematica e dalla logica da un lato, e dalle neu-
roscienze e dalle scienze cognitive dall’altro, permettono di affrontare il proble-
ma dei rapporti tra geometria e mondo sensibile in modo più preciso e di capire
perché certe scelte siano “comode”. Ne risulta che le intuizioni di Poincaré, ma an-
che di altri come Enriques, Weyl, Piaget, hanno un fondamento scientifico quanto
mai attuale. Ciò risulta da vari studi, per esempio dalle ricerche sviluppate negli
ultimi anni dal gruppo “Géométrie et Cognition” alla Scuola Normale Superiore
di Parigi coordinato da G. Longo, J.L. Petitot e B. Teissier1
. Essi illustrano am-
piamente la possibilità e la natura di una rilettura “genetica” della geometria (e
della matematica in generale). Ad esempio, gli studi di A. Berthoz (1997), illustre
fisiologo del Collège de France e collaboratore attivo del gruppo, mettono in luce
che quando si afferra una palla lanciata verso di noi si ha un’integrazione multi-
sensoriale di diversi sistemi di riferimento (p. 90), ciascuno dei quali permette di
“simulare” lo spazio della percezione. Ciò significa che lo spazio non ha bisogno
di essere rappresentato in modo esplicito, con un sistema cartesiano o con una
rappresentazione pixel per pixel dei suoi punti: per esempio, la soglia muscolare
relativa a un certo angolo del braccio è già un sistema di riferimento nonché la
codifica di una distanza. Nell’azione di afferrare la palla il sistema di riferimen-
to è costituito dallo spazio dell’articolazione e quantificato dalle soglie muscolari,
comprese quelle dei muscoli oculari che seguono il movimento della palla. Esso
è ottenuto per trasferimenti successivi da un sistema di codifica all’altro a par-
tire dalla ricostruzione analogica sulla retina. In tale trasferimento giocano un
ruolo essenziale gli invarianti (cioè l’appercezione della stabilità di certi fenome-
ni rispetto agli altri). Ciò che chiamiamo posizione, velocità, accelerazione della
palla è rappresentato nei vari sistemi di rappresentazione propri del nostro corpo
(ad esempio la retina, i muscoli del braccio, e cosı̀ via). In ciò consiste la nostra
“intelligenza geometrica” come esseri umani. Essa si costruisce come una rete
di codifiche e/o di rappresentazioni analogiche ed è acquisita tramite le pratiche
delle nostre azioni nel mondo. A partire dagli invarianti in queste rappresentazio-
ni e codifiche, si genera l’invarianza delle nostre rappresentazioni coscienti, per
1http://www.di.ens.fr/∼longo/geocogni.html
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
4
esempio quelle del linguaggio (Gallese e Lakoff 2005), dello spazio e infine delle
più invarianti di tutte: quelle della matematica.
È importante tenere presenti questi studi nell’impostare l’apprendimento del-
la geometria. Infatti le sue basi epistemologiche rivelano le sue profonde radici
cognitive (Tall 1989)2
: si tratta di quelle che H. Weyl chiamava condizioni suf-
ficienti per l’emergere di una teoria, cioè quelle che “esigono” quella teoria e la
rendono possibile. Per questo la geometria va affrontata nel suo contesto opera-
torio, nel modo con cui si agisce nel mondo: infatti l’oggettività delle concettua-
lizzazioni geometriche deriva proprio dai processi costitutivi loro propri. Non si
tratta di un espediente didattico: per dirla con A. Campanile non si tratta cioè di
un’operazione tipo “insegnare l’abaco alle formicole”. Ma si tratta di fondare il
metodo didattico sulle basi epistemologiche della disciplina.
Dal punto di vista dell’apprendimento, si tratta di usare tutta la multimodalità
delle vie di cui i soggetti dispongono per apprendere. Traendo spunto da Antinuc-
ci (2001)3
, possiamo distinguere infatti due modalità per l’apprendimento: quella
che l’autore chiama la via simbolico-ricostruttiva e la via percet-tivo-motoria.
In estrema sintesi, la via simbolico-ricostruttiva:
K è basata essenzialmente sull’interpretazione e lo scambio di simboli (linguisti-
ci, matematici, logici);
K ricostruisce nella mente ‘oggetti’, significati attraverso rappresentazioni mentali
a partire dai simboli stessi;
K è il modo più sofisticato ed evoluto con cui si apprende;
K il lavoro avviene totalmente all’interno della mente senza alcuno scambio con
l’esterno che non sia l’input di simboli linguistici;
K è un lavoro cosciente e quindi stanca.
La via percettivo-motoria:
K avviene in un continuo scambio di input percettivi e di output motori con
l’esterno;
K spesso avviene a un livello inconscio che stanca molto meno.
La conoscenza che deriva dall’apprendimento simbolico-ricostruttivo è sem-
pre e solo manifestabile verbalmente ed è prodotta forzatamente. Quella che de-
2Per D. Tall una radice cognitiva è un concetto chiave (anchoring concept), che può collegare la
conoscenza in possesso dello studente con conoscenze più sofisticate, che debbono essere ancora
costruite. Una R.C. ha due proprietà fondamentali:
● il suo significato è posseduto dagli studenti all’inizio della sequenza di apprendimento;
● permette espansioni cognitive per successivi sviluppi teorici, definizioni formali, ecc.
Esempio: ‘‘l’essere diritto localmente’’ è una R.C. per il concetto di tangente a una curva liscia. Ad
essa corrisponde lo ‘‘zoom’’ di vari software, che permette di manipolare esempi e non-esempi del
concetto matematico. Noi aggiungiamo anche una componente culturale alla dimensione cognitiva
di Tall, come spiegato più avanti nel paragrafo.
3Si vedano anche Simone (2000), che analizza le culture non-proposizionali e la frattura tra linguaggio
referenziale, strutturato, gerarchico e linguaggio comune; e Catastini (2009), che pur critica verso
Antinucci, assume una posizione che ha molti punti di contatto con la nostra, quale sarà precisata nel
seguito del paragrafo.
Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici
5
riva dall’apprendimento percettivo-motorio tende a essere interiorizzata e conte-
stualizzata ed è prodotta spontaneamente. Perciò l’essere umano, se può, adotta
quest’ultima.
Non si tratta di contrapporre le due vie, come fa Antinucci, ma di integrarle:
vygotskianamente, ma anche montessorianamente4
, si può dire che la via percet-
tivo-motoria è quella a cui bisogna mirare con le situazioni didattiche di parten-
za, perché gli studenti, esposti alla situazione, possano produrre spontaneamente
una qualche idea, darle un senso, in virtù delle loro conoscenze pregresse. Occor-
re cioè esporre gli allievi alle radici cognitive e culturali dei concetti (vedi nota 2),
sviluppando quella che Enriques chiamava analisi critica dei concetti matematici.
È compito dell’insegnante fare evolvere questo senso personale prodotto dagli stu-
denti verso il senso scientifico, supportandoli verso la via simbolico-ricostruttiva
e utilizzando eventualmente per questo scopo opportuni strumenti e sussidi di-
dattici. È interessante osservare che l’insegnamento tradizionale in matematica
è tendenzialmente di tipo trasmissivo e basato quasi esclusivamente su un meto-
do simbolico-ricostruttivo. La presenza di strumenti tecnologici vari (non solo
il computer), l’uso di internet ecc. tende a produrre apprendimento di tipo per-
cettivo motorio a differenza di quanto succede utilizzando solo i libri. Come slo-
gan pedagogico per questo metodo, che ispira il nostro lavoro, si può adottare la
seguente frase di S. Papert:
Impariamo meglio facendo, impariamo ancora meglio se colleghiamo il
nostro fare con il parlare e il pensare su ciò che abbiamo fatto.
Questo metodo non è una vera novità. Per fare un esempio illustre che riguarda
la geometria, ricordiamo le anticipazioni, di impronta positivista e non esenti da
critiche, di F. Enriques, che affrontò nella sua opera Problemi della scienza (1906)
quello che chiamava “il problema filosofico dello spazio”. Seguendo Klein, che
aveva cercato nelle impressioni sensoriali studiate da Helmholtz, Hering, Mach
e Wundt la spiegazione psicologica dei postulati della geometria, e anticipan-
do Piaget, il matematico livornese affermò che i tre rami della geometria costi-
tuiti dalla “teoria del continuo” (= topologia), dalla “geometria metrica” e dal-
la “proiettiva” sono collegati con tre diversi ordini di sensazioni: rispettivamen-
te, quelle generali tattilo-muscolari, quelle del tatto speciale (o meccaniche) e le
visive.
La “genesi psicologica” dei concetti geometrici è un problema che non si può
eludere nella scuola. Una scelta accurata delle esperienze da cui partire per intro-
durli è essenziale. Esse devono risultare consonanti con i concetti da insegnare sia
cognitivamente sia culturalmente: la progettazione didattica presuppone quin-
di un’analisi critica (secondo la terminologia di Enriques) accurata dei concetti
portanti della geometria.
4Catastini (2009) giustamente osserva che ‘‘nelle opere e nelle pratiche didattiche della Montessori
troviamo [. . . ] una miniera di pensieri chiari e profondi sull’importanza dell’intervento del pensiero
percettivo motorio nelle questioni fondamentali riguardanti l’apprendimento’’ in matematica, in
particolare in geometria (Montessori 1934).
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
6
Ci spiegheremo con un esempio, che è fondamentale per il nostro lavoro: quel-
lo di retta. Negli Elementi di Euclide (Def. 4) troviamo la seguente definizione di
retta:
(Una retta è quella che giace parimenti [’´
ισoν] con i punti su se stessa5
).
Nei testi moderni di geometria elementare (ad es. Hilbert 1899) invece, come è
noto, non si dà alcuna definizione esplicita di retta, in quanto il suo significato è
veicolato implicitamente dagli assiomi, i quali distillano il suo significato intuitivo
all’interno di un sistema formale (si tratta di una tipica ricostruzione simbolica).
Da quali esperienze partire, che inneschino anche un apprendimento percet-
tivo-motorio, per giungere al concetto di retta e affrontare in un secondo momen-
to una sistemazione assiomatica della geometria?
Il significato di Euclide, come appare dall’interpretazione di Heath, sembrereb-
be riferirsi all’idea di simmetria. Esperienze legate a questa idea possono essere
quella di ripiegare la carta: comunque si pieghi un foglio di carta si genera sem-
pre una (parte di) retta. Un ulteriore approfondimento si ottiene chiedendosi con
quale strumento si può tracciare una (parte di) retta; la riga va bene; ma allora si
pone il problema di sapere se la riga è “diritta”, altrimenti potrei sbagliarmi. Si può
certamente usare un controllo “visivo” (seguendo l’idea di Enriques che la geome-
tria proiettiva è collegata alle sensazioni visive). Oppure si può usare un controllo
“meccanico” (seguendo in questo Lobachevsky): si fanno due copie identiche del
righello e se i tre righelli cosı̀ ottenuti scorrono esattamente l’uno sull’altro a due
a due si è certi di avere un righello diritto (è interessante discutere con gli allievi
perché due soli righelli non bastano). Il metodo tra l’altro era usato dai “meccanici
aggiustatori” dell’industria metalmeccanica, quando questa professione esisteva
ancora. Lo stesso problema fu affrontato da altri meccanici fin da epoche remo-
te, quando i tecnici dovettero affrontare il problema della conversione del moto
circolare (prodotto per esempio da una ruota mossa dall’acqua) in un moto ret-
tilineo (per esempio per azionare un maglio). La questione divenne cruciale con
Figura 1.1 Macchina a vapore con
il meccanismo articolato di Watt: è il
parallelogramma con il braccio col-
legato allo stantuffo in alto a sinistra
(da Henderson e Taimina 2004)
5Abbiamo seguito la traduzione di Heath’s (1926/1956): ‘‘a line that lies evenly with the points on
itself’’ (p. 153). In una nota Heath spiega: ‘‘l’idea che Euclide intendeva esprimere era quella di una
linea [. . . ] senza irregolarità o asimmetrie che ne potessero fare distinguere una parte o un lato da un
altro’’ (p. 167).
Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici
7
Figura 1.2 Il meccanismo di Peaucellier-
Lipkin(daBartoliniBussieMaschietto2006)
le macchine a vapore dove la conversione tra i due moti significava poter azionare
una varietà di stantuffi per gli usi più disparati (per esempio nelle locomotrici
dei treni). Fu J. Watt a risolvere (in parte) il problema nel 1784, progettando un
meccanismo articolato per “il moto parallelo”, come diceva lui (Fig. 1.1).
In realtà il meccanismo di Watt non produce un moto rettilineo ma solo uno
localmente e approssimativamente tale. Il problema fu risolto completamente nel
secolo successivo indipendentemente da un ufficiale francese, C. N. Peaucellier, e
da uno studente russo, L.L. Lipkin (Fig. 1.2). Per ulteriori informazioni su questo
problema si può consultare: Bartolini Bussi e Maschietto (2006), Giusti e Conti
(2000) e Henderson e Taimina (2005).
Questi meccanismi producono una linea “diritta” nello spazio. Se non sono un
ingegnere che ha bisogno di progettare stantuffi, posso risolvere il problema di in-
dividuare concretamente la parte di retta che passa per due punti semplicemente
tendendo un cordino: era il metodo usato già dagli arpenodapti (= tenditori di
corde), funzionari del faraone che misuravano i campi dopo le periodiche inon-
dazioni del Nilo nell’antico Egitto (secondo alcuni, i primi tre postulati di Euclide
sarebbero tratti dalle loro pratiche). Mentre i meccanismi di Watt, Peaucellier e
Lipkin cercano di soddisfare alla richiesta di “andare diritto”, la costruzione col
cordino corrisponde all’idea di “linea più breve tra due punti”.
Riassumendo, se si analizza criticamente il concetto di retta si trovano le se-
guenti radici cognitive:
K la simmetria;
K l’andare diritto;
K la linea più breve.
I primi due sono concetti sia locali sia globali, mentre il terzo ha un carattere lo-
cale. Notiamo che tutti i tre aspetti sono utili quando ci pensiamo immersi in uno
spazio non meglio identificato e cerchiamo di capire come si possa produrre una
linea retta. Essi possono produrre apprendimento percettivo motorio. L’idea an-
che in questo caso non è nuova: Enriques (1906, §11) ricorda che per introdurre
la curvatura “Gauss ha addotto un argomento suggestivo, che è stato poi ripreso
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
8
da Helmholtz e da Clifford, e va generalmente sotto il nome del primo di que-
sti due filosofi. Figuriamoci l’esistenza di animaletti superficiali, cioè schiacciati
sopra una superficie, i quali siano liberi di muoversi strisciando su questa. Dotia-
mo codesti esseri immaginarii di un’intuizione spaziale, che valga a coordinare
la sensibilità e a dirigerne i movimenti, nel campo a due dimensioni (superficie)
costituente il loro spazio. Due animaletti simili, uno dei quali si muova in un pia-
no, l’altro sopra una superficie leggermente incurvata, potrebbero essere guidati
ugualmente da una medesima intuizione geometrica, raffigurandosi il loro spazio
come un piano.”
Tradotto altrimenti, se mi immagino di essere l’animaletto superficiale, come
posso immaginare di produrre una retta? Camminando diritto (idea b). Che co-
sa significa questo? Potrei infatti trovarmi in realtà su di una superficie curva,
ma non avere percezione di questo. Allora devo muovere i miei passi tracciando
idealmente una linea in cui i miei piedi si dispongono simmetricamente rispet-
to a questa (idea a), e non devo assolutamente “deviare” (idea b) né allungare il
mio cammino (idea c). Usando il citato linguaggio di D. Tall, si tratta della radice
cognitiva del concetto di geodetica. Ma la radice non è solo cognitiva. Abbia-
mo citato anche alcuni strumenti che storicamente sono stati usati per generare
le rette: dal tendere i cordini, alle pratiche dei meccanici aggiustatori, al movi-
mento dei meccanismi articolati, ai piegamenti dei fogli di carta. Non si tratta
solo di un apprendimento percettivo-motorio, ma dell’intreccio con la compo-
nente simbolico-ricostruttiva che viene continuamente esperita e stimolata. Né
si tratta di un apprendimento cognitivamente consonante solo con il nostro es-
sere biologico; esso è anche culturalmente consonante con il nostro essere socia-
le: infatti le pratiche sopra accennate hanno un significato culturale, che l’analisi
storico-critica mette in luce (Radford 2003).
Il nostro lavoro vuole essere una introduzione al concetto di geodetica, come
concetto base in geometria, su queste posizioni pedagogiche, in una varietà di
ambienti molto semplici, ma ricchissimi da vari punti di vista (cognitivo, episte-
mologico, didattico): la sfera, il cono, il cilindro, il piano e infine (un po’ meno
semplice) la pseudosfera. Lo faremo esperendo le radici cognitive e culturali di
questo concetto e supportando gli allievi con strumenti e oggetti vari (dai cor-
dini, alle carte geografiche per naviganti in questi mondi, alle aste orientate per
studiare la curvatura di una superficie, ai modelli virtuali costruiti con software
di geometria dinamica). Vedremo come questo metodo permetta di giungere an-
che a una ricostruzione simbolica abbastanza avanzata. Le sperimentazioni fatte
dagli autori insegnanti in vari tipi di scuola hanno dimostrato che tale ricostru-
zione è stata sempre accompagnata dalla comprensione dei concetti matematici
soggiacenti, cioè il conseguimento dell’obiettivo primo dell’insegnamento della
matematica, come recita un documento del curricolo dell’UMI:
La formazione del curricolo scolastico non può prescindere dal considera-
re sia la funzione strumentale, sia quella culturale della matematica: stru-
mento essenziale per una comprensione quantitativa della realtà da un lato,
e dall’altro un sapere logicamente coerente e sistematico, caratterizzato da
una forte unità culturale. Entrambi gli aspetti sono essenziali per una for-
mazione equilibrata degli studenti: priva del suo carattere strumentale, la
Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici
9
matematica sarebbe un puro gioco di segni senza significato; senza una vi-
sione globale, essa diventerebbe una serie di ricette prive di metodo e di giu-
stificazione. I due aspetti si intrecciano ed è necessario che l’insegnante li in-
troduca entrambi in modo equilibrato lungo tutto il percorso di formazione
(La Matematica per il Cittadino, 2003, Premessa).
1.3 Origine del libro
La stesura di questo libro è conseguenza e conclusione di sperimentazioni con-
dotte in più classi di svariati tipi di istituti di istruzione secondaria superiore di
Torino (Licei Scientifici, Linguistici e Pedagogici, Istituti Tecnici) negli anni tra il
2004 e il 2006, da un gruppo di insegnanti, fra i quali gli estensori della presente
trattazione, coordinati dal prof. Arzarello in un’attività di ricerca in didattica della
matematica, e in particolare della geometria, ispirata alle finalità, e in applicazione
delle metodologie, che sono state esplicitate nei precedenti paragrafi.
I materiali di supporto a tali sperimentazioni sono entrati inoltre a far parte del
progetto “Lauree scientifiche”, attivato a partire dal 2003, essendo in sintonia con
gli obiettivi, propri del progetto, di promozione e ampliamento dell’immagine
della matematica e delle discipline scientifiche in genere, nonché dell’offerta di
incontro con esse.
Tali materiali, disponibili sulla piattaforma on-line di Springer ExtraMaterials,
sono strutturati in sequenze di Attività, raggruppate secondo filoni tematici legati
alle differenti superfici sulle quali si conducono le esplorazioni, cui si aggiunge il
tema trasversale relativo alla curvatura di linee e superfici.
Per ciascuna delle Attività si è predisposta una Scheda di lavoro rivolta agli
studenti e una più ricca raccolta di informazioni per l’insegnante.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
10
La scheda per gli studenti pone quesiti, stimola la curiosità, guida gli studenti
a compiere esplorazioni, misure, calcoli, a fare congetture, a trarre conclusioni, a
“fare geometria” in prima persona, usando materiali poveri o strumenti tecnolo-
gici.
Nel corredo per l’insegnante trovano posto un’introduzione alle finalità e ai
contenuti dell’Attività, qualche approfondimento disciplinare, indicazioni meto-
dologiche, suggerimenti di tipo pratico sui materiali da utilizzare. Ricompare
inoltre la scheda–studente compilata con possibili risposte, onde esemplificare
gli esiti che ci si possono attendere.
I materiali possono essere utilizzati in modo sufficientemente flessibile, nel
senso che è possibile tracciare tra di essi differenti percorsi, a seconda del gra-
do di approfondimento cui ci si vuole spingere o della particolare tematica che si
intenda sviluppare.
Ne abbiamo ideati alcuni:
I dettagli relativi a ciascuno dei percorsi sono riportati, insieme all’indice dei
materiali disponibili su Springer ExtraMaterials.
1.4 Perché il libro?
Questo libro nasce, secondo i propositi iniziali, con l’intento di fornire un più
ampio e approfondito corredo informativo per l’insegnante che volesse avventu-
rarsi lungo le strade indicate dalle sperimentazioni sopra descritte. Nel corso della
stesura la ricerca si è però ulteriormente sviluppata, diramandosi in direzioni ini-
zialmente impensate, a riprova di quanto fecondo fosse l’apparentemente sempli-
ce spunto iniziale di ricercare le vie diritte sulle diverse superfici. L’impegno posto
nell’immedesimarsi nella situazione prettamente intrinseca di un essere pensante
bidimensionale ha indotto un’approfondita riflessione sui fondamenti stessi della
geometria, intesa come sistema assiomatico, e sul suo rimodellarsi per adattarsi
alle proprietà delle diverse superfici. Altri approfondimenti teorici hanno fatto
luce sul concetto di curvatura e sulla sua misura intrinseca mediante il trasporto
parallelo, sulla conformazione e il dispiegarsi delle geodetiche proprie delle di-
verse superfici, in particolare con originali apporti nel caso di cilindro, cono e
pseudosfera, sulle loro possibili proiezioni piane in mappe di differente tipologia,
tra le quali in particolare le mappe conformi di sfera e pseudosfera, su differen-
ti modelli di geometrie iperboliche. Tutto ciò ha portato ad analizzare in modo
Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici
11
più fine il discrimine tra geometrie euclidee e non euclidee, aggiungendo una
categoria intermedia di geometrie solo localmente euclidee.
Accanto a queste trattazioni di stampo squisitamente matematico sono presen-
ti nel libro espansioni in campi che potrebbero tradizionalmente essere giudicati
alieni.
In particolare lo studio condotto sulla sfera ha trovato una logica estensione
nell’analisi di alcune delle problematiche che l’uomo, in quanto abitante di un
pianeta a forma sferoidale, ha dovuto affrontare, il navigante in primis, con le sue
necessità legate al conoscere la propria posizione e l’orientamento da imprimere
alla propria imbarcazione. Ci si è dunque in qualche misura riappropriati della
tanta geometria incarnata, per esempio, nella pratica della navigazione astrono-
mica. Cosı̀ come, parallelamente, ci si è avvicinati alle problematiche legate alle
riproduzioni cartografiche della superficie terrestre.
Ancora più divergente un piccolo excursus nel campo della sartoria, a cogliere
le ragioni geometriche nascoste nei metodi con i quali i sarti modellano una su-
perficie piana per eccellenza, la pezza di stoffa, sulle rotondità proprie del corpo
umano.
Continui, in generale, i riferimenti alle situazioni della vita reale nelle qua-
li le geodetiche sulle diverse superfici vengono utilizzate per la loro intrinseca
proprietà di vie diritte (ed anche, sovente, più brevi).
A chiusura della trattazione l’interrogativo euclideo sı̀/no viene esteso allo spa-
zio fisico nel quale la Terra è immersa, allo scopo di esaminare quali risposte
le indagini fin qui condotte in campo scientifico forniscono a proposito della
curvatura dell’Universo.
Complessivamente dunque questo libro presenta una varietà di spunti che in-
terpretano il tema della geometria in senso ampio e libero da schemi precostituiti,
azzardando contaminazioni tra una matematica “alta”, che si sviluppa in verticale
verso la pura astrazione e la contemplazione di modelli, e una matematica “bas-
sa” che si sviluppa in orizzontale facendosi trama razionale di pratiche della realtà
fisica e della vita reale.
Cosa non è questo libro? Non è un testo scolastico da dare direttamente in
mano agli studenti, anche se si rivolge principalmente al mondo della scuola; non
è un trattato sulle geometrie non euclidee, perché non ha né la sistematicità né la
completezza che a una tale trattazione si richiederebbe; non è di facile lettura e
non è nemmeno di difficile lettura, perché ci sono al suo interno parti estrema-
mente discorsive, ma ad esse si alternano parti, assai curate nelle spiegazioni, ma
comunque decisamente impegnative.
Diciamo che questo libro si rivolge a chiunque voglia tornare a porsi in modo
critico e curioso di fronte al problema Geometria.
Capitolo 2
La geometria sulla sfera
2.1 La formica euclidea
Proviamo a ipotizzare l’esistenza di una formica euclidea, ovvero di una formica
pensante che, imprigionata su di un pallone isolato nel vuoto, senta l’esigenza
di dare un ordine razionale al suo ambiente. Potrebbe essere la stessa famosa
formica che, correndo sul nastro di Moebius disegnato da Escher, è pervenuta
alla conclusione che quel nastro ha una sola faccia.
Se ci immedesimassimo in questa formica arriveremmo a una descrizione per-
fettamente intrinseca della geometria sulla sfera, ovvero alla descrizione che di-
spone delle sole due dimensioni nelle quali si estende la sua superficie e rinuncia
alla stampella della terza dimensione che consente a noi di guardare la sfera dal
di fuori.
La formica ripercorrerebbe probabilmente i passi logici dei pensatori greci
di cui Euclide sistematizzò le speculazioni nei dintorni di quel lontano 300 a.C.
In particolare, dopo aver idealmente scomposto la superficie su cui cammina in
un’infinità di punti, li riaggregherebbe in sottoinsiemi, funzionali alla ricomposi-
zione del suo spazio in forme ideali.
Il primo insieme di punti che prenderebbe in considerazione sarebbe quello
che lei stessa compone nel camminare, la linea, e poi, tra le linee, quella dirit-
ta, ovvero quella che traccia sul suolo effettuando, con le zampette di destra e
di sinistra, passi simmetrici di uguale ampiezza, che le impediscano di sbanda-
re lateralmente. A sorpresa potrebbe pervenire alla stessa definizione fornita da
Euclide per il piano: una retta è quella che giace parimenti con i punti su se stes-
sa, definizione che, a dispetto del verbo “giacere”, conserva un che di dinamico
nell’attenzione reciproca con la quale i punti vanno giustapponendosi.
Se, come Euclide, la formica volesse interrogarsi sull’estensione della sua linea
diritta scoprirebbe però ben presto che, camminando diritta davanti a sé senza
stancarsi, in una qualsiasi direzione, raggiungerebbe, prima o poi, il punto di par-
tenza e dovrebbe concludere che la sua linea diritta ha un requisito fondamentale:
è chiusa. Anzi di più: che tutte le infinite linee diritte che potrebbe percorrere
partendo da un dato punto la riporterebbero a quello stesso punto richiudendosi
proprio in esso. Il suo spazio è limitato e ha caratteristiche intrinsecamente omo-
genee in tutti i punti. Non alle stesse identiche conclusioni giungerebbe infatti una
formica che tracciasse linee diritte su di una patata, pur essendo questa un altro
esempio di spazio limitato. Da questo fatto discendono molte delle considerazioni
che potrebbe in seguito effettuare.
Questa premessa ha lo scopo di porre in primo piano la necessità di affrontare
le questioni relative alle geometrie sulle differenti superfici sapendo innanzitut-
Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla
geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera
DOI 10.1007/978-88-470-2574- 2, © Springer-Verlag Italia 2012
5
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
14
to distinguere tra visione intrinseca e visione estrinseca, cosı̀ come è importan-
te saper parallelamente distinguere tra visione locale, che abbraccia una limitata
porzione della superficie, e visione globale, che ne abbraccia l’intero sviluppo. Nei
percorsi da noi proposti sarà frequente la richiesta di passare da una visione all’al-
tra, perché proprio il confronto tra i diversi punti di vista consentirà di pervenire
a delle conclusioni convincenti.
2.2 La geodetica sulla sfera
Possiamo per il momento lasciare la formica alle sue esplorazioni e recuperare il
più comodo sguardo che la terza dimensione ci consente. L’“andare diritto” sem-
bra essere una delle radici concettuali con le quali possiamo transitare da un am-
biente a un altro conservando una modalità unitaria di costruzione delle differenti
geometrie.
Ma se abbiamo potuto in qualche modo immaginare come andare diritti stan-
do sulla superficie, si tratta ora di mettere a punto una tecnica che consenta di
tracciare su di essa linee diritte essendone al di fuori. In termini un po’ più ri-
gorosi si tratta di poter disporre di una definizione di geodetica, intesa come la
generica linea diritta su di una data superficie, che utilizzi la presenza della terza
dimensione.
Tale definizione ci costringerebbe a mettere in campo i concetti di curvatura
di linee e superfici: lo faremo più avanti in un capitolo a essi dedicato. Ci soccor-
re per ora la possibilità di intervenire in modo diretto e concreto sulla superficie
in esame: fili, nastri, elastici, striscioline di carta possono essere appoggiati su di
essa alla ricerca di quale tra di essi ci consenta di meglio visualizzare sulla super-
ficie una linea che traduca, in modo sensibile alla nostra vista e al nostro tatto, un
andare diritto inteso come assenza di sbandamenti laterali. Ed è proprio un “fare
matematico” simile a un “fare” da scienza sperimentale che ci consente di verifi-
care che una strisciolina (o un sottile nastro adesivo), appoggiata punto per punto
in modo ben aderente alle locali variazioni della superficie, grazie alla flessibilità
selettiva di cui dispone (può incurvarsi solo longitudinalmente ma non lateral-
mente), traccia, lungo la sua mediana, la via diritta su di una qualsiasi superficie
(Fig. 2.1).
Questa diventa la definizione operativa di geodetica.
Figura 2.1 Geodeticasudiunasuperficie
non piana
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
15
Quale geodetica sulla sfera?
Disponendo di palloni, di flessibili striscioline e delle possibilità offerte dalla terza
dimensione, non è difficile scoprire, utilizzando il metodo messo a punto, che
le geodetiche sulla sfera sono le circonferenze massime, ovvero le circonferenze
che si otterrebbero sezionandola con piani passanti per il suo centro (punto la
cui esistenza la formica non può nemmeno immaginare). Sono cosı̀ geodetiche le
circonferenze che sulla sfera Terra siamo abituati a chiamare equatore e meridiani,
mentre non lo sono i paralleli.
Figura 2.2 Automobilina senza
sterzo su una sfera
E se provassimo a correre su di una sfera con un’automobilina senza sterzo
(Fig. 2.2)? Anche l’automobilina, o un qualsiasi altro dispositivo dotato di due
ruote di ugual diametro e prive di sterzo, se accompagnata senza esercitare pres-
sioni laterali, percorrerebbe una circonferenza massima, confermando la sua qua-
lità di linea diritta.
Figura 2.3
Considerati poi due qualsiasi punti, che non siano agli antipodi rispetto al cen-
tro, si scopre che possono essere connessi da due distinti tratti di una stessa geo-
detica (Fig. 2.3) e che uno dei due è il percorso di lunghezza minima possibile
tra quei due punti: questa proprietà può essere verificata utilizzando un nastro
graduato flessibile (per esempio del tipo usato dai sarti) per confrontare la sua
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
16
lunghezza con quella di qualsiasi altro tratto di linea tracciabile tra i due punti
(vedi Figg. 2.4 e 2.5).
Si conquista cosı̀ una fondamentale caratteristica della geodetica sulla sfera: la
via diritta è, localmente, anche il cammino più breve.
Figura 2.4 Misura su Figura 2.5 Misura su
tratto di curva segmento di geodetica
E se usassimo un elastico?
L’elastico può confermare le conclusioni cui si è giunti a proposito delle geodeti-
che sulla sfera:
K un tratto di elastico teso tra due punti (Fig. 2.6) si dispone lungo una certa
linea che si rivela essere proprio un tratto di geodetica. L’elastico pizzicato e
successivamente rilasciato riacquista la sua disposizione iniziale: ciò prova che
quello è il cammino minimo tra quei due punti, dal momento che l’elastico
per sua natura tende alla posizione di energia minima, ovvero alla posizione
di minor allungamento;
K un elastico chiuso ad anello intorno a una sfera trova una sua posizione di equi-
librio (instabile!) lungo una circonferenza massima e dunque in una posizione
di massimo allungamento. Ciò può apparire in contraddizione con quanto det-
to prima: in realtà, dal momento che in un elastico circolare dilatato le forze di
Figura 2.6 Alzando il dito l’e-
lastico tornerebbe a disporsi sulla
geodetica per P e Q
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
17
richiamo sono orientate verso il centro della sua circonferenza, solo se questa
coincide con la circonferenza massima della sfera si potrà avere quel bilan-
ciamento tra le forze elastiche e la reazione della superficie (che si manifesta
sempre perpendicolarmente in ogni punto, e dunque nella direzione del raggio
della sfera) che porta all’equilibrio. Infatti, spostato anche solo di pochissimo,
l’elastico schizza via dalla sfera richiudendosi lontano.
Il fatto che tale condizione di equilibrio non si verifichi invece lungo un parallelo,
il cui raggio non si sovrappone al raggio della sfera, può aprire un primo spira-
glio sulle caratteristiche che, vedremo più in generale, dovranno far parte della
definizione di geodetica per una qualsiasi superficie.
2.3 La sfera è curva
Chiunque, essendo immerso nello spazio euclideo tridimensionale, osservando
un pallone, giudica curva la sua superficie e fa mostra, con ciò, di utilizzare un
concetto intuitivo di curvatura.
E la formica che cammina sul pallone? Dopo aver scoperto che la sua superficie
è limitata, può anche scoprire che è curva? Ovvero, la curvatura di una superficie
è una sua proprietà intrinseca?
Il quesito è stato al centro degli studi, tra gli altri, di Gauss e Riemann, anche
in riferimento al più importante interrogativo: lo spazio in cui viviamo è lo spa-
zio della geometria euclidea, che ha curvatura nulla, oppure è uno spazio curvo?
Sarebbe necessaria una quarta dimensione per valutare la sua curvatura oppure
possiamo rilevarla essendo immersi in esso?
Prescindendo dalle risposte fornite dalla geometria differenziale, frutto per
l’appunto dei loro studi, riflettiamo su alcuni indizi semplici, alla portata della
formica euclidea.
Primo indizio: non è possibile tracciare un quadrato (con le proprietà che
lo definiscono nel piano)
Se partendo da un punto si traccia sulla superficie un segmento di geodetica di
lunghezza d, poi si ruota di 90○
e si traccia un secondo segmento di lunghezza
Figura 2.7
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
18
d e nuovamente si svolta di 90○
nel medesimo verso precedente; e si ripete fino
ad aver tracciato 4 segmenti di pari lunghezza, si scopre che il quadrato non si
chiude.
Nella foto in Fig. 2.7 si osserva una prova effettuata appoggiando su di una
semisfera il profilo di un quadrato piano che è stato svuotato della parte inter-
na e ridotto a sottile contorno: aperto in un vertice, i suoi quattro lati si so-
no, come le striscioline, adagiati su tratti di geodetica conservando rigidamen-
te gli angoli retti del quadrato originario ma i due estremi della spezzata non si
incontrano.
Secondo indizio: il trasporto parallelo
Se si cammina lungo un percorso chiuso, per esempio lungo il perimetro di un
triangolo, tracciato sulla sfera con archi di geodetica, tenendo in mano un’asta
orientata in modo da mantenerne costante la direzione durante l’intero percorso,
ovvero in modo che sia costante l’angolo che essa si trova a formare con ciascuno
dei tratti di geodetica che lo compongono, quando si ritorna al punto di partenza
ci si ritrova con l’asta orientata in una direzione diversa da quella di partenza, a
differenza di quanto si verifica percorrendo il perimetro di un triangolo sul piano.
Figure 2.8 e 2.9 Trasporto parallelo su una sfera e su un piano a confronto: in
entrambi i casi si parte dal punto A e si procede in senso antiorario, ritornando in A
Terzo indizio: il cerchio del giardiniere
Se sulla superficie della sfera si tracciano circonferenze utilizzando come raggio
una fune vincolata in un punto, e se ne misurano poi le lunghezze, si scopre che
esse non sono proporzionali al raggio utilizzato secondo il costante rapporto 2π
cui la geometria euclidea ci ha abituato.
È importante osservare che questi indizi della curvatura sono tali solo agli oc-
chi di chi conosce, o ha potuto teoricamente concepire, una geometria del piano:
chi avesse solo esperienza della superficie sferica non troverebbe in essi nulla di
strano. Ecco perché la formica viene chiamata euclidea ...
Nei prossimi paragrafi approfondiamo dunque alcune delle “stranezze” che si
presentano all’occhio di chi guarda la geometria sulla sfera avendo presente la
geometria euclidea del piano.
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
19
Figura 2.10
2.4 Circonferenze sulla sfera
Se immersi nella situazione intrinseca della formica si tracciano sulla sfera cir-
conferenze concentriche di raggio via via crescente, si osservano alcuni fatti
(Fig. 2.10): le loro lunghezze non crescono proporzionalmente al raggio ma cre-
scono man mano sempre più lentamente e la loro curvatura si riduce, fino al
punto di diventare una linea diritta. Se ci si ostina a far crescere il raggio oltre
questa situazione, si osserva un fatto davvero strano: le circonferenze che si ge-
nerano, oltre ad avere lunghezze che prendono a decrescere, vanno man mano
richiudendosi su un punto che non è più il centro cui è ancorato il raggio che le
disegna.
È necessario adottare una visione che usi la terza dimensione per rendersi con-
to che la circonferenza divenuta rettilinea è una circonferenza massima (l’equato-
re) e che le circonferenze successive si vanno chiudendo sul punto antipodale
rispetto al centro.
Addirittura ci si accorge che una circonferenza sulla sfera ha due possibili cen-
tri, tra loro antipodali e due possibili raggi, in genere tra loro differenti.
Anche per esplorare il rapporto circonferenza/diametro è utile confrontare le
due differenti visioni. Se infatti qualcuno, stando sulla sfera, dopo aver tracciato
una circonferenza di raggio r, ne misurasse direttamente la lunghezza, scoprireb-
be che il valore ottenuto è minore del risultato 2πr indicato dalla teoria euclidea,
ma non saprebbe spiegarne il motivo.
Disponendo della terza dimensione si è in grado di capire che la circonferenza
di lunghezza calcolata 2πr non è quella disegnata sulla sfera: è invece la circonfe-
renza del cerchio di raggio r giacente sul piano tangente alla sfera nel centro del
cerchio. Le due circonferenze hanno lo stesso raggio ma non sono sovrapponibili,
la seconda è molto maggiore della prima (vedere Fig. 2.11).
La circonferenza sulla sfera può allora essere vista (Fig. 2.12) come l’intersezio-
ne tra la superficie sferica e un piano. Il suo raggio viene a dipendere dal valore
dell’angolo α
r∗
= R sin α.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
20
Figura 2.11 il cerchio di
cartahalostessoraggiodel-
la circonferenza disegnata
sulla sfera, ma la sua cir-
conferenza non può esse-
re portata a coincidere con
quella
E poiché intanto (gli angoli saranno espressi in radianti)
r = R ⋅ α
il rapporto tra la circonferenza 2πr∗ e il diametro 2r sulla sfera viene a essere cosı̀
espresso
circonferenza
diametro
=
2πr∗
2r
=
2πR sin α
2Rα
=
π sin α
α
.
Tale rapporto dipende dunque dal valore di α, entità non valutabile da chi è im-
merso in 2D, e, limitandosi a circonferenze su di una semisfera, può variare tra il
valore di π, per circonferenze di raggio tendente a zero e dunque su porzioni di
sfera assimilabili al piano, e il valore 2 per la circonferenza massima coincidente
con l’equatore.
Figura 2.12
2.5 Triangoli sferici
Tre circonferenze massime che si incontrino due a due generano in totale 23
, ovve-
ro 8 regioni triangolari sull’intera sfera. Per concentrarsi su una sola di esse senza
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
21
doverne complicare la definizione conviene porsi a lavorare su di una semisfera,
dove è sufficiente dire che un triangolo è una regione delimitata dai tre archi di
circonferenza massima tra di essi tracciabili: se ne avrà uno solo compiutamente
delimitato.
Le novità più rilevanti relative ai triangoli sferici possono essere cosı̀ condensa-
te: mentre possono esserci sulla sfera triangoli congruenti, la cui congruenza può
essere ricondotta a criteri del tutto analoghi ai tre criteri validi nel piano, non pos-
sono esserci sulla sfera triangoli simili. Anzi, due triangoli che abbiano i tre angoli
congruenti sono essi stessi congruenti. E questo costituisce un quarto criterio di
congruenza per i triangoli sferici.
Proviamo a capire come ciò sia possibile.
Primo fatto: la somma degli angoli interni di un triangolo sferico è maggiore di π
radianti.
Questa affermazione è immediatamente verificata se si considera, per esempio,
un triangolo ABC (Fig. 2.13) che abbia un vertice in un polo C e gli altri due
sull’equatore.
Figura 2.13 ABC un triangolo
sferico con due angoli retti
Poiché i due lati CA e CB cadono perpendicolarmente sul lato AB, la somma
degli angoli interni è maggiore di π radianti.
Si definisce perciò come eccesso angolare ε la quantità di cui la somma de-
gli angoli interni di un triangolo sferico sopravanza la somma degli angoli di un
triangolo piano
ε = (α + β + γ) − π.
Il triangolo utilizzato come esempio è particolare, ma la proprietà si manifesta in
qualsiasi triangolo.
Secondo fatto: la somma degli angoli interni, e di conseguenza l’eccesso angolare,
non è costante.
È evidente che nello stesso triangolo prima considerato la somma degli angoli
interni crescerebbe con il variare dell’apertura dell’angolo in C, la cui ampiez-
za, in questa particolare configurazione, viene a coincidere proprio con l’eccesso
angolare.
Terzo fatto: l’eccesso angolare dipende dall’area del triangolo, è infatti proporzio-
nale a essa.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
22
Si dimostra infatti il seguente Teorema (vedere dimostrazione nell’Approfon-
dimento che segue):
Area(ABC) = εR2
ovvero ε =
Area(ABC)
R2
dal quale discende che a parità di raggio, e quindi per triangoli appartenenti alla
stessa sfera, l’area dipende dal valore degli angoli. Ovvero triangoli aventi angoli
congruenti non sono semplicemente simili (proprietà che nel piano consente loro
di avere diversa area e diverso perimetro), ma, avendo anche la stessa area, hanno
rapporto di similitudine uguale a uno e sono dunque congruenti.
La corrispondenza tra area e angoli è proprio la caratteristica più strabiliante
dei triangoli sferici, soprattutto se aggiungiamo:
Quarto fatto: mediante il trasporto parallelo possiamo valutare l’eccesso angolare.
Si dimostra infatti che l’angolo per il quale si trovano a divergere il vettore in
partenza con quello che è stato portato lungo il perimetro del triangolo mante-
nendo costante la direzione con i diversi lati, è proprio pari all’eccesso angolare
(Fig. 2.14).
Si apre dunque un’insperata possibilità per la formica che sa di geometria: va-
lutare il raggio e dunque la curvatura della sfera su cui abita, provando con ciò
che la curvatura è una proprietà intrinseca. Deve invero procurarsi una misura
dell’area da tutto ciò indipendente, e, supponendo che vi riesca, potrà ottenere il
valore del raggio come
R2
=
area(ABC)
ε
.
Figura 2.14 Nelle figure si può osservare come il vettore partito dal punto A e
trasportato parallelamente in senso antiorario ritorni in A divergendo nei due casi in modo
differente, in conseguenza della diversità degli angoli e delle aree dei due triangoli
2.6 Approfondimento
Dimostriamo la relazione tra l’area del triangolo sferico e il suo eccesso angolare
(olonomia).
La relazione tra l’area di un triangolo sferico e la sua olonomia è dimostrabile
in modo semplice se si considera l’insieme di lunule che su di esso si intrecciano.
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
23
Figura 2.15
Preliminarmente (Fig. 2.15) valutiamo l’area L di una generica lunula di angolo
α mediante l’evidente proporzione con l’area dell’intera superficie sferica:
L ∶ 4πR2
= α ∶ 2π
L = 2αR2
Considerando dunque un triangolo sferico ottenuto dalle intersezioni, due a due,
di tre geodetiche c1, c2 e c3 (Fig. 2.16), si osserva che l’area (2πR2
) della semisfera
delimitata dalla geodetica c1 cui il triangolo appartiene può essere espressa (pre-
stando attenzione a evitare sovrapposizioni) come somma dei contributi delle tre
lunule aventi origine nei tre vertici del triangolo, la cui area indicheremo con A
(Fig. 2.17).
Figura 2.16
Figura 2.17 I tre contributi 2αR2
+ 2βR2
− A + 2γR2
− A
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
24
Ovvero
2πR2
= 2αR2
+ 2βR2
+ 2γR2
− 2A
da cui
A = R2
(α + β + γ − π) = R2
⋅ ε
2.7 Il trasporto parallelo: approfondiamo
Il trasporto parallelo fu probabilmente introdotto per la prima volta da L.E.J. Bro-
wer nel 1906 e poi studiato in modo generale, con gli strumenti della geome-
tria differenziale, da Tullio Levi Civita e da Gerherd Hessenberg nel 1917. Qui
di seguito ne esaminiamo gli aspetti legati alla geometria sulla sfera.
Se, stando in uno stesso punto, di un piano o di una sfera, si fa un giro su se
stessi, si compie una rotazione di 2π radianti.
Figura 2.18
Nel piano, se anziché ruotare nello stesso punto si cammina lungo un percor-
so chiuso, per esempio un triangolo, la rotazione complessiva è equivalente. Se,
infatti, per verificarlo si cammina portando in mano un versore (in rosso nella
Fig. 2.18, partendo da A) che conservi memoria della direzione di partenza, si
constata che in ogni vertice si svolta rispetto a esso di un angolo pari all’angolo
esterno e dunque complessivamente:
(π − β) + (π − γ) + (π − α) = 3π − (α + β + γ) = 3π − π = 2π.
Tornando nel punto A di partenza le due direzioni tornano a coincidere, la ro-
tazione compiuta dal vettore verde, direzione di marcia, è pari alla somma degli
angoli esterni che, nel caso del piano, è appunto 2π.
Effettuiamo la stessa prova su di un triangolo sferico (Fig. 2.19), trasportando
dunque come prima un versore che conservi la direzione di partenza e ci consenta
di valutare di quanto complessivamente ruotiamo nel nostro percorso. Il versore
dovrà mantenere costante l’angolo che si trova a formare con ciascuno dei lati (che,
ricordiamolo sono tratti di geodetica e, dunque linee diritte per chi cammina sulla
Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera
25
Figura 2.19 il versore trasportao
da A in senso antiorario, tornato in
A forma un angolo delta con la sua
direzione di partenza
sfera). Sulla figura si parte da A e, percorrendo il triangolo in senso antiorario, si
ritorna in A.
Come prima, a ogni vertice l’angolo di rotazione tra il versore e la nostra di-
rezione si incrementa di un angolo pari all’angolo esterno; quando raggiungiamo
il punto di partenza constatiamo però che l’angolo di rotazione totalizzato non
è pari a 2π: tra la direzione assunta in partenza dal versore e quella riportata al
termine del percorso c’è una divaricazione, la rotazione compiuta è inferiore a 2π
di un certo angolo (δ in figura). Questa differenza viene chiamata olonomia del
triangolo.
Se come prima effettuiamo i calcoli possiamo scoprire perché e qual è l’angolo
mancante.
La somma degli angoli esterni potrà come prima essere valutata in 3π−(α + β+
γ) ma ora, sulla sfera, la somma è α+β+γ = π+ε e dunque la somma degli angoli
esterni 3π − π − ε = 2π − ε è inferiore all’angolo giro proprio di un angolo pari
all’eccesso angolare (cioè δ = ε ).
Come a dire che, nel camminare lungo un percorso chiuso su di una sfera noi
sommiamo alla rotazione evidente e calcolabile dovuta alle svolte intorno ai ver-
tici, anche una rotazione nascosta, intrinseca, che accumuliamo passo passo, do-
vuta alla curvatura della superficie, rotazione che è proprio quella che abbiamo
chiamato eccesso angolare e il cui valore dipende dall’area della figura.
Capitolo 3
Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
Nei capitoli precedenti abbiamo assistito alle esplorazioni della formica euclidea
sulla sfera e abbiamo condiviso con lei osservazioni e scoperte che sottolinea-
no profonde differenze con quanto succede conducendo analoghe esplorazioni
sul piano. Ad esempio abbiamo verificato che la somma degli angoli interni di
un triangolo è maggiore di 180˚, che i quadrati si comportano in modo strano e
sembrano addirittura non esistere: abbiamo poi vissuto le incredibili esperienze
del trasporto parallelo, ecc. Viene naturale domandarsi se sia possibile ricon-
durre tutte queste esperienze e “stranezze” a una spiegazione matematica chiara,
cioè a una teoria matematica che vada al di là dei fenomeni, che dia conto dei
perché.
Per fare questo è importante capire quali sono le ragioni matematiche profon-
de su cui si basa l’edificio della geometria del piano. È pertanto necessario passare
dalla geometria intesa quale descrizione del mondo fisico, costituita tipicamente
dalle pratiche legate ai problemi della vita di tutti i giorni (calcolare quante mat-
tonelle mi servono per piastrellare un pavimento o di quanta vernice ho bisogno
per pitturare una stanza) a una teoria matematica che dia ragione di tali pratiche,
riconducendole tutte a poche “leggi chiare”.
Cosı̀ facendo ci renderemo conto di quali leggi valgano ancora se le interpre-
tiamo sulla superficie della sfera e come eventualmente debbano essere modificate
per ottenere una geometria del nuovo ambiente, in cui la formica sferica si trovi
a suo agio.
Il lavoro di elaborazione teorica per la geometria piana fu fatto, come è noto, in
epoche diverse in una storia affascinante, che ha ai suoi estremi temporali i nomi
di due grandissimi matematici:
K Euclide, direttore della biblioteca di Alessandria, intorno al 300 a.C., che sin-
tetizza e presenta in un sistema organico e di tipo ipotetico deduttivo (gli Ele-
menti) i risultati e le ricerche del pensiero matematico del tempo;
K D. Hilbert, che nel 1899 con il volume Fondamenti della Geometria distilla i
risultati di una sottile analisi critica del sistema euclideo e lo presenta in una
forma assiomatica moderna, ancora oggi insuperata per rigore e profondità.
Il sistema hilbertiano non è l’unico. Esistono anche altri sistemi basati su altre
idee. Ricordiamo qui quelli elaborati da Peano e dalla sua scuola, in particolare
da Pieri, da O. Veblen e da A. Tarski.
Nei paragrafi successivi analizzeremo le linee essenziali dell’impostazione eu-
clidea e hilbertiana della geometria del piano, scoprendo le leggi che la fondano:
approfondiremo cosı̀ quelle conoscenze che meglio potranno guidarci nell’esplo-
razione del “nuovo mondo” e dare senso teorico alle nuove esperienze fatte.
Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla
geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera
DOI 10.1007/978-88-470-2574- 3, © Springer-Verlag Italia 2012
5
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
28
3.1 Il sistema assiomatico di Euclide
La sua opera Elementi è formata da 13 libri. Nel primo libro troviamo:
K 23 termini: definizioni/descrizioni di enti geometrici;
K 5 postulati: proposizioni non dimostrate riferite ai termini;
K 8 assiomi: proposizioni logiche non dimostrate, che riguardano concetti di tipo
generale (per es. l’ uguaglianza);
K 48 teoremi: di cui è fornita la dimostrazione.
Termini (oρoι)
I. punto è ciò che non ha parti;
II. linea è lunghezza senza larghezza;
III. estremi di una linea sono punti;
IV. linea retta è quella che giace parimenti con i punti su se stessa;
V. superficie è soltanto ciò che ha lunghezza e larghezza;
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
XXIII. parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolun-
gate e illimitatamente dall’una e dall’altra parte, non si incontrano tra loro
da nessuna delle due parti.
Postulati (αιτηματα)
I. che da qualsiasi punto si possa condurre una retta a ogni altro punto;
II. che ogni retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta;
III. si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza (raggio);
IV. che tutti gli angoli retti siano uguali tra loro;
V. che se una retta, incontrandone altre due, forma gli angoli interni da una stessa
parte (la cui somma è) minori di due retti, le due rette, prolungate all’infinito,
si incontrino dalla stessa parte in cui sono i due angoli (la cui somma è) minori
di due retti.
Nozioni comuni (assiomi) (χoιναι εννoιαι)
I. cose uguali a una stessa sono uguali tra loro;
II. se a cose uguali sono addizionate cose uguali, le totalità sono uguali;
III. se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali;
IV. se cose uguali sono addizionate a cose disuguali, le somme sono diseguali;
V. i doppi di una stessa cosa sono uguali tra loro;
VI. le metà di una stessa cosa sono uguali tra loro;
VII. cose che coincidono tra loro sono uguali;
VIII. il tutto è maggiore della parte.
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
29
Come abbiamo detto Euclide fu il primo a proporre una organizzazione delle co-
noscenze geometriche in un sistema ipotetico-deduttivo: a partire da un ristretto
numero di enti geometrici e di principi (postulati e assiomi), si possono ricavare,
con dimostrazioni rigorose e corrette, tutte le altre proposizioni vere (teoremi).
Ma nel corso dei secoli lo studio dell’opera di Euclide ha evidenziato la necessità
di un maggiore rigore logico in alcune sue parti e una più precisa esplicitazione
degli assiomi e dei termini primitivi introdotti.
Si è cosı̀ pervenuti a una forma più generale del sistema assiomatico euclideo,
detta sistema formale, estendibile anche a ambiti diversi da quello geometrico.
In un sistema formale concettualmente la forma è scissa dai contenuti: gli og-
getti del discorso, i termini primitivi, sono entità astratte prive di significato, iden-
tificate mediante simboli. Le relazioni tra di essi sono espresse in enunciati, detti
assiomi, che concettualmente non necessitano di giustificazioni ma che intuiti-
vamente hanno un significato condiviso. Le regole della logica governano l’inte-
ro sistema e consentono di dedurre dagli assiomi altri enunciati, i teoremi, che
approfondiscono sempre più le proprietà dei termini primitivi, nonché di quelli
derivati definiti via via.
3.2 I sistemi formali
I sistemi formali sono costituiti da:
● Un linguaggio. Esso consta di:
a) alfabeto (= elenco di simboli) per:
● oggetti/enti variabili (a, A, α, ...);
● costanti;
● relazioni tra enti (es: congruenza, ordine, uguaglianza, ...);
● simboli logici (¬, ∀, ∧, ∨, ∃);
b) sintassi, cioè regole di formazione per generare le espressioni o enunciati
tramite gli elementi dell’alfabeto.
Di oggetti e relazioni non si fornisce alcuna definizione o significato: si chiamano
perciò termini primitivi. Il loro significato è dato implicitamente dagli assiomi.
K Assiomi (o postulati), cioè enunciati nel linguaggio della teoria che esprimono
proprietà dei concetti primitivi che non sono dimostrate ma evidenti o accet-
tate per vere (es. per due punti passa una sola retta), oppure schemi per leggi
logiche (per es. A ∧ B → A).
K Regole di deduzione, per ricavare enunciati da altri enunciati (per es. il Modus
Ponens: da A e A → B si deduce B).
K Termini definiti: enti di cui si fornisce definizione tramite i termini primitivi
introdotti in precedenza; in tal modo il linguaggio della teoria viene via via
esteso.
Si noti però che in linea di principio, i termini definiti sono sempre eliminabili
in quanto sostituibili con la loro definizione. Inoltre perché una definizione
abbia senso occorre, a volte, avere già sviluppato alquanto la teoria.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
30
K Teoremi, cioè enunciati del linguaggio della teoria che sono dimostrati (per
esempio in un rombo le diagonali sono perpendicolari).
K Dimostrazioni: successioni finite di enunciati, in cui ciascuno è un assioma o
un teorema già dimostrato o segue da enunciati che lo precedono nella succes-
sione in virtù di regole logiche o di deduzione.
L’ultimo enunciato della successione è il teorema dimostrato.
A volte il teorema assume la seguente struttura: se ipotesi allora tesi. In questo
caso gli enunciati dell’ipotesi possono anch’essi comparire nella dimostrazione
senza giustificazione. Utilizzando poi la regola del Modus Ponens sarà possibile
ottenere il teorema come ultimo enunciato della dimostrazione.
In generale si richiede che:
K il numero dei termini primitivi sia minimo;
K gli assiomi siano:
– i più semplici possibili;
– il loro numero sia ridotto al minimo;
– complessivamente coerenti, cioè da essi non si possano dedurre enunciati
in contraddizione tra di loro (per es. A e non A);
– indipendenti, cioè nessuno sia dimostrabile dai rimanenti.
Si spera anche che il sistema sia completo cioè che per ogni enunciato E esprimi-
bile con il linguaggio si possa dimostrare la validità di E o della sua negazione.
Come si può vedere un sistema formale è dunque pura struttura logica, un con-
tenitore “vuoto”, pronto a riempirsi di contenuto nel momento in cui si assegna
un significato ai termini primitivi. La scelta degli assiomi è cruciale: essi devono
essere necessari e sufficienti allo scopo (non di più e non di meno); garantita la lo-
ro indipendenza, questi devono permettere di dedurre, con le sole regole logiche,
(tutti) i teoremi della teoria.
Ed è questo schema che ritroviamo nell’impostazione di Hilbert.
3.3 Un sistema formale moderno per la geometria piana
Si tratta di un sistema di assiomi sostanzialmente equivalente a quello di Hilbert,
che nei Fondamenti della Geometria in realtà propose un sistema di assiomi per
la geometria dello spazio. Con abuso di linguaggio indicheremo come assiomi di
Hilbert quelli dell’elenco seguente.
Linguaggio
Si considerano due insiemi di oggetti:
K i punti, che indichiamo con A, B, C, . . .;
K le rette, che indichiamo con a, b, c, . . .;
e quattro relazioni tra punti e rette:
K incidenza (punto-retta);
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
31
< ordine (tra tre punti allineati: scriveremo A-B-C per indicare che B è compreso
tra A e C);
< congruenza tra segmenti;
< congruenza tra angoli.
Gli oggetti e le relazioni cosı̀ introdotte sono i termini primitivi del sistema.
Assiomi
1○
gruppo: assiomi di incidenza
K due punti distinti sono incidenti a una e una sola retta;
< a ogni retta sono incidenti almeno due punti distinti;
< esistono almeno tre punti che non sono incidenti alla stessa retta.
Intuitivamente si parla di incidenza di una retta con un punto se la retta passa per
il punto, di incidenza di un punto con una retta se il punto appartiene alla retta.
Dopo aver dato definizione ai termini segmento, semiretta, angolo e triangolo
è possibile enunciare i seguenti assiomi.
2○
gruppo: assiomi di ordinamento
< se il punto B sta tra i punti A e C, allora A, B e C sono tre punti distinti di una
stessa retta e B sta anche tra C e A;
< se A e B sono due punti distinti di una retta, su questa retta vi è almeno un punto
C tale che B sta tra A e C;
< dati tre punti distinti qualsiasi di una retta, ve ne è uno solo che sta tra gli altri
due;
< se una retta interseca uno dei tre lati di un triangolo (in un punto diverso dal
vertice), essa interseca anche un altro lato del triangolo.
3○
gruppo: assiomi di congruenza
< se A e B sono due punti, dato un qualunque punto A′
, si può trovare un punto
B′
tale che il segmento A′
B′
sia congruente al segmento AB;
< la relazione di congruenza tra segmenti è transitiva;
< dati nell’ordine i punti A, B, C e i punti A′
, B′
, C′
tali che AB è congruente a A′
B′
e BC è congruente a B′
C′
allora AC è congruente a A′
C′
;
< dato l’angolo B ̂
AC e una semiretta A′
B′
, di origine A′
, si può sempre trovare un
punto C′
tale che B′ ̂
A′
C′
è congruente a B ̂
AC;
< se due triangoli ABC e A′
B′
C′
hanno congruenti due lati e l’angolo compreso,
essi hanno congruenti anche un secondo angolo.
4○
gruppo: assioma di continuità (Assioma di Dedekind)
Si supponga che l’insieme dei punti di una retta l sia l’unione disgiunta A∪B di due
suoi sottoinsiemi non vuoti, tali che nessun punto di uno dei due sottoinsiemi sia
compreso tra due punti dell’altro sottoinsieme. Allora esiste un unico punto X di l
tale che uno dei due sottoinsiemi è una semiretta di l con origine X mentre l’altro
ne è il complemento.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
32
5○
gruppo: assioma della parallela
Data una retta r e un punto P esterno, esiste al più una retta incidente a P e che non
incontra r.
Si noti che abbiamo enunciato gli assiomi usando parole prese dal linguaggio
matematico (interseca) o di tutti i giorni (incontra) . In realtà tutti gli enunciati so-
no rigorosamente esprimibili usando solo i termini ufficiali della geometria e della
teoria degli insiemi, nonché i connettivi e i quantificatori. L’uso di un linguaggio
informale rende più comprensibili gli enunciati stessi.
Un confronto dettagliato tra i sistemi assiomatici di Euclide e di Hilbert è pre-
sente nell’Appendice A al fondo del volume.
Qui ne mettiamo in evidenza solo alcuni aspetti.
K Gli assiomi di Hilbert specificano meglio quelli di Euclide, esplicitando an-
che quelle proposizioni che Euclide utilizzava senza enunciarle, dandole per
evidenti. Risulta che dagli assiomi di Hilbert si possono dedurre (e con più
precisione) tutti i teoremi dimostrati da Euclide, compresi i cinque postulati.
K Hilbert nei concetti primitivi della sua geometria parla di punto e retta ma,
secondo la teoria formale, senza un significato preciso; essi sono solo nomi,
termini di cui non si dà una definizione. Anzi sono gli assiomi a costituire una
sorta di loro “definizione implicita”: noi non sappiamo definire una retta, ma
la possiamo “conoscere” tramite i suoi assiomi, che ne specificano le caratteri-
stiche. Ognuno ne può pensare una concretizzazione materiale, un modello,
purché questo modello soddisfi (renda veri) gli assiomi relativi.
Vediamo allora di precisare il concetto di modello.
3.4 Modelli di un sistema assiomatico
Un sistema formale, pura forma e struttura, si anima, diventa descrizione di una
qualche realtà, nel momento in cui lo si interpreta, ossia nel momento in cui si
assegna un significato ai termini primitivi. A loro volta gli assiomi, che ne de-
scrivono le proprietà, acquistano un significato e possono risultare veri o falsi
nell’interpretazione.
Si dice modello di un sistema assiomatico ogni interpretazione dei termini
primitivi tale che gli assiomi risultino veri.
Per interpretazione intendiamo quanto segue:
K si considerano due insiemi non vuoti di oggetti nei quali si interpretano i con-
cetti primitivi “punto” e “retta”: ogni enunciato farà riferimento a questi ogget-
ti;
K si considerano delle relazioni tra gli oggetti dei due insiemi: su di queste si
interpretano le relazioni primitive del linguaggio della geometria (incidenza,
ordine, congruenza).
Sono possibili modelli diversi per la stessa teoria.
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
33
Esempio
Consideriamo la cosiddetta “geometria di incidenza”: è un sistema formale i cui
termini primitivi sono punti, rette e relazione di incidenza, mentre gli assiomi sono
solo quelli del primo gruppo (assiomi di incidenza).
Diamo una interpretazione ai termini primitivi e verifichiamo che gli assiomi
risultano veri: abbiamo cosı̀ creato un modello di tale geometria.
Modello 1
“punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C};
“retta” → uno degli elementi dell’insieme di coppie non ordinate di punti {(A; B),
(B; C), (C; A)}.
Rappresentiamo tali coppie con segmenti tratteggiati, anche se ne consideriamo
solo gli estremi.
Figura 3.1
Assioma 1. Esiste ed è unica la retta per due punti dati → per es. dati i punti A e B
esiste un’unica “retta” (A; B).
Assioma 2. Per ogni retta esistono almeno due punti su di essa → per es. per la
“retta” (B; C) esistono due (e unici) suoi punti B e C.
Assioma 3. Esistono almeno tre punti che non appartengono alla stessa retta →
valido per A, B e C.
Con le interpretazioni date abbiamo verificato che gli assiomi sono veri, quindi
abbiamo un modello di tale teoria.
Proviamo ora a verificare se in esso vale l’assioma della parallela (non essendo
incluso negli assiomi ora è un possibile teorema): data una retta e un punto esterno
esiste ed è unica la retta passante per il punto e parallela alla retta data → dati la
“retta” (A; B) e il punto C non è possibile tracciare una “retta” per C che non passi
anche per A o B.
In questo modello l’assioma della parallela non è valido.
Modello 2
“punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C, D};
“retta” →uno degli elementi dell’insieme di coppie di punti{(A; B), (A; C), (A; D),
(B; C), (B; D), (C; D)}.
Assioma 1 → per es. dati i punti A e B esiste un’unica “retta” (A; B).
Assioma 2 → per es. per la retta (B; C) esistono due (e unici) suoi punti: B e C.
Assioma 3 → valido per qualunque terna di punti.
Abbiamo un altro modello per la “geometria di incidenza” (Fig. 3.2).
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
34
Figura 3.2
Vale l’assioma della parallela? Sı̀: per esempio per la “retta” (D; C) e il punto A
esiste la parallela (A; B) e analogamente per tutte le altre rette e punti.
Modello 3
“punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C, D, E};
“retta” → uno degli elementi dell’insieme di coppie di punti che si possono otte-
nere con i cinque punti dati.
Figura 3.3
Assioma 1 → per esempio dati i punti A e B esiste un’unica “retta” (A; B).
Assioma 2 → per esempio per la retta (B; C) esistono due (e unici) suoi punti: B
e C.
Assioma 3 → valido per qualunque terna di punti.
Abbiamo un altro modello per la “geometria di incidenza”.
Vale l’assioma della parallela? No, per esempio per la “retta” (D; C) e il punto
A esistono due parallele: le rette (A; B) e (A; E). Analogamente per tutte le altre
rette e punti.
I tre modelli precedenti sono stati creati scegliendo un diverso universo di og-
getti (tre, quattro o cinque punti) a caratterizzare i termini primitivi. Avendo dato
un significato ai termini indefiniti (punto, retta e relazione di incidenza), abbiamo
potuto valutare (nei tre casi in modo sempre positivo) la veridicità degli assiomi.
Tutti e tre sono modelli per la geometria di incidenza.
In essi succedono cose strane secondo la nostra esperienza euclidea (per esem-
pio, non esistono segmenti) e non in tutti vale l’assioma della parallela. Ma le
stranezze riguardano solo il confronto tra il modello specifico e il nostro senso
comune: l’importante è che l’esistenza di un modello prova la coerenza del siste-
ma assiomatico considerato (ovvero della teoria che esso costituisce), cioè il fatto
che dai suoi assiomi non sia possibile dedurre una contraddizione.
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
35
Lo stesso Euclide non è lontano da questo modo di vedere; infatti nelle sue di-
mostrazioni non usa le definizioni ontologiche dei suoi termini. Esse non hanno
un ruolo nello sviluppo formale della geometria euclidea; aiutano solo a vederne
un significato intuitivo. Le parti importanti della costruzione assiomatica sono
la logica del sistema, le interrelazioni tra gli enti di cui essa parla, non l’inter-
pretazione particolare che se ne può dare. Quindi gli assiomi e i teoremi non
diventano accettabili perché rispettano il significato dei concetti primitivi, ma al
contrario sono i concetti primitivi che si adeguano nel loro possibile significato
alle proprietà richieste dai postulati. È stato invece proprio il fatto di mettere in
primo piano il significato dei termini primitivi suggeriti da Euclide che ha deter-
minato nel tempo lo sviluppo di una geometria ritenuta l’unica vera, visto che i
suoi assiomi erano verificati nell’unico modello, il piano, proposto e accettato. Le
altre geometrie, con altri assiomi e con diversi teoremi derivanti da essi, risulta-
vano strane, “sbagliate” rispetto all’usuale significato dato ai termini primitivi, ma
erano comunque delle teorie coerenti.
L’aspetto di coerenza o non contraddittorietà di una teoria è quindi centrale e
il concetto di modello permette di esplicitarne il significato.
Il legame tra modelli e teoria si presenta molto interessante. Vediamone ancora
alcuni aspetti.
K Un teorema è un enunciato dedotto logicamente dagli assiomi. Ma nel modello
gli assiomi sono validi, e siccome la deduzione conserva la verità, ogni enun-
ciato dedotto logicamente risulta vero. Cosı̀ ogni teorema della teoria risulta
vero in ogni suo modello.
K Se di una teoria si è trovato almeno un modello, si è dimostrata anche la sua
coerenza: infatti non potrà mai succedere di derivare una contraddizione, cioè
un enunciato del tipo F e nonF. Tale enunciato dovrebbe infatti risultare vero
nel modello; ma ciò non è possibile in quanto nel modello o vale F o vale nonF
ma non entrambi.
K Un enunciato vero in un modello non è necessariamente un teorema. Infatti
se un enunciato F di una teoria risulta vero in un modello ma falso in un al-
tro modello della stessa teoria, allora né l’enunciato né la sua negazione sono
teoremi dimostrabili nella teoria e la teoria è detta non completa.
K Una teoria è detta invece completa se per ogni enunciato F esprimibile nel lin-
guaggio della teoria, o F o nonF è un teorema; cioè ogni enunciato è dimostra-
bile o confutabile. La teoria che contempla solo gli assiomi di incidenza non è
completa perché abbiamo visto che esiste un enunciato (quello della parallela)
che non è dimostrabile in essa (visto che risulta valido nel secondo modello
ma non nel primo e nel terzo).
K L’assioma della parallela non è una conseguenza degli assiomi di incidenza, non
è da essi dimostrabile, cioè è da essi indipendente.
In conclusione con la presenza di un unico modello si escluderebbero le con-
clusioni appena illustrate per la geometria di incidenza: la teoria risulterebbe
completa e coerente.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
36
K Gli assiomi di Hilbert (e quindi la geometria euclidea) hanno un solo modello,
il nostro usuale piano cartesiano R2
. La teoria è cioè categorica (una teoria
assiomatica è categorica se tutti i suoi modelli sono isomorfi, cioè se ha un solo
modello, a meno di isomorfismi). Questo risultato è conseguenza dell’assioma
di continuità di Dedekind: per formulare l’assioma di Dedekind occorre pas-
sare a un linguaggio in cui sia esprimibile la quantificazione su tutti gli insiemi
di punti sulla retta (si dice che è un linguaggio logico del secondo ordine), di-
versamente dal linguaggio necessario per esprimere tutti gli altri assiomi (che
è un linguaggio del primo ordine). Questo è un risultato generale (teorema di
Löwenheim-Skolem), rimanendo al primo ordine, se una teoria ha un modello
infinito questo non è unico (cioè la teoria non è categorica).
Riassumendo, la geometria euclidea nella formulazione data da Hilbert risulta
essere completa, coerente, categorica e formata da assiomi indipendenti.
3.5 La geometria sulla sfera è euclidea?
Le riflessioni sui fondamenti di una teoria assiomatica, e in particolare sui fon-
damenti della Geometria del piano, che ci hanno impegnato nei paragrafi prece-
denti, avevano lo scopo di fornirci gli strumenti più appropriati per rispondere
in modo rigoroso alla domanda focale di tutto il nostro discorso: è possibile co-
struire un modello del sistema assiomatico di Euclide/Hilbert, interpretando sulla
superficie sferica S i termini primitivi, ovvero sostituendo a punti e rette del pia-
no i loro corrispondenti sulla sfera? Le relazioni tra di essi, ovvero gli assiomi,
conservano la loro validità?
Limiteremo il discorso considerando solo alcuni dei termini e degli assiomi
che abbiamo introdotto precedentemente. Più precisamente vedremo come in-
terpretare in S:
K i punti e le rette;
K le nozioni di angoli e di rette perpendicolari;
K le proprietà di ordinamento della retta;
K le nozioni di segmento e di semiretta;
e testeremo la validità, in particolare, dei postulati I, II e V.
Di norma faremo prima il confronto tra il mondo di S e il sistema euclideo;
se del caso faremo riferimento alla sistemazione hilbertiana per effettuare alcune
puntualizzazioni più fini.
Poiché sarebbe arduo per la formica, pur volenterosa e sapiente, rispondere in
modo immediato ed esauriente disponendo della sola visione intrinseca, surro-
gheremo le sue osservazioni con quelle a noi consentite dalla più globale visione
che lo sguardo “dal di fuori” ci offre.
3.5.1 Termini o concetti primitivi
Punti I punti sulla superficie sferica sono quelli che appaiono tali tanto agli
occhi della formica quanto agli occhi dell’osservatore esterno: i punti su S hanno
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
37
la stessa interpretazione data loro sul piano. L’osservatore esterno può essere in più
consapevole del fatto che a ogni punto è associabile un altro punto in posizione
antipodale, simmetrico cioè rispetto al centro della sfera.
Rette Le vie diritte, le geodetiche, tracciate dalla formica nel suo cammina-
re, sono apparse ai suoi stessi occhi come linee chiuse, che percorse in qualsiasi
direzione la riportano allo stesso punto di partenza. La strisciolina e l’elastico,
applicati dall’esterno, hanno confermato tale osservazione e hanno consentito di
precisare che tali linee diritte e chiuse sono le circonferenze massime.
Dunque:
La visione globale dall’esterno consente inoltre di costituire un primo legame
tra i punti e le rette: ogni circonferenza massima può essere associata a una coppia
di punti antipodali, i “poli”, di cui diviene la “retta polare” o “equatore”.
3.5.2 Postulati e concetti derivati
Quando parliamo di postulati ci riferiamo alla formulazione di Euclide, quando
parliamo di assiomi a quella di Hilbert.
I Postulato È un punto cruciale: che si possa condurre una linea retta da un
punto a ogni altro punto, oppure nella formulazione di Hilbert: due punti distinti
sono incidenti (appartengono a) una e una sola retta.
Ovvero: esistenza e unicità della retta per due punti.
E sulla sfera?
Per l’esistenza non ci sono problemi, le due visioni concordano: per due
punti sulla sfera si può sempre tracciare una geodetica. L’osservatore in 3D
può consolidare la sua visione con la certezza che i due punti dati, se qual-
siasi, assicurano, con il centro della sfera, l’esistenza di un solo piano che
interseca la sfera lungo una ben precisa circonferenza massima che li inclu-
de. Non è cosı̀ per l’unicità, la visione della formica è necessariamente locale
e, solo se pensasse di lasciare una qualche traccia del suo passaggio, potreb-
be accorgersi che tutte le geodetiche che dipartono da un punto, oltre che
ritornarvi, si incontrano in uno stesso altro punto non visibile dal primo.
Come a dire che se i due punti sono antipodali l’unicità non sussiste. Con
il soccorso della terza dimensione noi possiamo constatare che due punti
antipodali determinano, con il centro, una retta, asse di un fascio di piani
che intersecano la sfera in un’infinità di circonferenze massime.
Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo
38
Figura 3.4 Per due punti anti-
podali passano infinite ‘‘rette’’ (cioè
circonferenze massime)
Quindi il Postulato non è valido sulla sfera.
Risultano d’altra parte verificati il secondo e terzo assioma di incidenza (a ogni
retta appartengono almeno due punti ed esistono tre punti che non appartengono
alla stessa retta).
Concetti derivati
Angolo: Euclide distingue (termini VIII e IX) tra angolo piano e angolo rettilineo.
Nel primo caso i lati sono linee piane, nel secondo sono linee rette. Inoltre (i lati)
non giacciono in linea retta implica che non possono essere uno il prolungamento
dell’altro e quindi non sono ammessi angoli piatti. Gli angoli, per Euclide, sono
minori di un angolo piatto: nella sua trattazione non utilizza mai tale termine,
bensı̀ quello di “due angoli retti adiacenti”.
Sulla sfera, localmente, l’angolo, delimitato da due tratti di geodetiche pas-
santi per un punto, racchiude, come nel piano, una parte di superficie. E
come nel piano è possibile variarne l’ampiezza, con una rotazione tra i lati,
fino al valore equivalente all’angolo giro. In una visione globale però ci si
Figura 3.5 Due ‘‘rette’’ determina-
no quattro lunule o biangoli
Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera
39
accorge che sulla sfera un angolo determina sempre una parte di superficie
limitata. Infatti, due “rette” che, intersecandosi in un punto, si intersecano
necessariamente anche nel suo antipodale, ripartiscono la superficie sferica
in quattro lunule, o biangoli: porzioni di superficie limitate, che hanno per
confini due lati “rettilinei” di uguale lunghezza, che formano, nei due verti-
ci, due angoli di uguale ampiezza (misurata, dall’osservatore esterno, come
rotazione tra le proiezioni dei lati sul piano tangente nel vertice) (Fig. 3.5).
Rette perpendicolari: (termine X) quando una retta innalzata su un’altra retta
forma gli angoli adiacenti uguali tra di loro, ciascuno dei due angoli è retto, e la
retta innalzata si chiama perpendicolare a quella su cui è innalzata.
Si afferma con ciò l’esistenza, mentre due teoremi (n. 11 e 12 del primo libro)
assicurano poi l’unicità della perpendicolare a una retta data. E sulla sfera?
Esistenza: è possibile trasferire la definizione euclidea sulla sfera. La for-
mica può considerare due geodetiche che intersecandosi formino quattro
angoli retti e l’osservatore esterno aggiungerà che, globalmente, le due cir-
conferenze tra loro perpendicolari ripartiscono l’intera superficie in quattro
lunule di uguale ampiezza, caratterizzate da angoli retti. Se una delle due cir-
conferenze può essere vista come un equatore, la perpendicolare diventa un
meridiano passante per un suo punto.
Unicità: non è trasferibile sulla sfera. La formica potrebbe sfruttare la colla-
borazione di una sua simile. Se partissero da due diversi punti dell’equatore
camminando perpendicolarmente a esso, finirebbero prima o poi per in-
contrarsi in un punto che l’osservatore esterno giudicherebbe essere un po-
lo. E proprio lo stesso osservatore constaterebbe che, poiché da ogni punto
dell’equatore è possibile tracciare un meridiano, e tutti i meridiani conver-
gono nei poli, si può in generale dire che tutte le “rette” perpendicolari a una
stessa “retta”, l’equatore, passano per due punti antipodali. Dunque l’unicità
della perpendicolare per un punto a una “retta” è assicurata solo se il pun-
to non è un punto speciale, non se si tratta cioè di uno dei poli relativi alla
“retta” considerata.
Figura 3.6 Per il punto P passa
una sola perpendicolare all’equato-
re, nel punto Q convergono le due
perpendicolari condotte da A e B
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  • 2. Convergenze a cura di G. Anzellotti, L. Giacardi, B. Lazzari
  • 3. Ferdinando Arzarello Cristiano Dané Laura Lovera Miranda Mosca Nicoletta Nolli Antonella Ronco Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera
  • 4. Ferdinando Arzarello Cristiano Dané Laura Lovera Dipartimento di Matematica Università di Torino Liceo Scientifico “A. Volta”, Torino Liceo psicopedagogico “Regina Margherita”, Torino Miranda Mosca Nicoletta Nolli Antonella Ronco Associazione Subalpina MATHESIS, Torino Liceo scientifico “G. Aselli”, Cremona Liceo psicopedagogico “Regina Margherita”, Torino Contenuti integrativi al presente volume possono essere consultati su http://extras.springer.com isbn 978-88-470-2573-8 isbn 978-88-470-2574- doi 10.1007/978-88-470-2574- Springer Milan Dordrecht Heidelberg London New York © Springer-Verlag Italia 2012 Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council Layout copertina: Valentina Greco, Milano Progetto grafico e impaginazione: CompoMat S.r.l., Configni (RI) Stampa: GECA Industrie Grafiche, Cesano Boscone (MI) Springer-Verlag Italia S.r.l., Via Decembrio 28, I-20137 Milano Springer fa parte di Springer Science + Business Media (www.springer.com) 5 5 H%RRN Qualunque parte di questa pubblicazione puó essere riprodotta in un sistema di recupero dati o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, senza autorizzazione, a condizione che se ne citi la fonte. Any part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means without permission provided that the source is fully credited. License Creative Commons 4.0 Internacional (Attribution-NonCommercial-ShareAlike)
  • 5. Prefazione La collana “Convergenze”, curata per la parte scientifica dall’Unione Matemati- ca Italiana ed edita da Springer Italia, è giunta al suo nono volume, il libro di F. Arzarello, C. Dané, L. Lovera, M. Mosca, N. Nolli, A. Ronco, Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’universo. Tutti i volumi della collana sono editi con un contributo economico dell’UMI, e il presente ha avuto anche un aiuto economico dal Progetto Lauree Scientifiche. Ciò in quanto, al di là del fatto che l’origine e il merito dell’opera sono pura- mente degli autori e si collocano nella tradizione della ricerca didattica italiana, e torinese in particolare, una parte significativa delle proposte didattiche sono sta- te sperimentate nel laboratorio che si è realizzato nell’ambito del Progetto locale Lauree Scientifiche di Torino nel 2005/06 e negli anni successivi. Come si può infatti evincere dalle schede stesse del Progetto LS gli obiettivi principali della proposta elaborata nel libro sono: da una parte recuperare le ri- levanti assenze della geometria dello spazio nella scuola “superiore”, dall’altra ap- profondire alcuni aspetti logico-teorici anche attraverso il confronto fra le geome- trie che si possono elaborare su particolari superfici (sfera, cilindro, cono, pseu- dosfera) e il confronto di ciascuna di esse con la geometria euclidea del piano. Il tema ha offerto occasioni di ricchi sviluppi di carattere storico-applicativo, dalle carte geografiche e dalle rotte aeree a questioni tecnologiche (eliche dei mo- tori, modelli per i sarti delle maniche degli abiti). Inoltre esso invita all’utilizzo di materiali concreti, nonché di modelli virtuali costruibili con i software Cabri Géomètre, Cabri3D e GeoGebra. I materiali sono un elemento che, per quanto ovvio nell’apprendimento della geometria, stentano a entrare nella pratica didattica corrente; viceversa, in questo progetto come del resto in molti altri, essi svolgono diverse funzioni, tra le quali: K incuriosire lo studente e pertanto sostenerne l’interesse; K favorire la formulazione di problemi e congetture di risposta; K migliorare la comprensione effettiva dei concetti; K sostenere la memorizzazione; senza dimenticare che migliorare le abilità manuali di studenti adolescenti è di per sé un obiettivo rispettabile. È stata finalità prima degli autori fare in modo che gli studenti si orientino in ambienti geometrici vari riconoscendo analogie e differenze di questi con la geometria euclidea. Il percorso è stato sperimentato in alcune classi quarte di diversi istituti supe- riori: il Liceo Psicopedagogico “Regina Margherita”, il Liceo Scientifico “Einstein”, l’Istituto Tecnico Industriale “Bodoni” di Torino, il Liceo Scientifico “Aselli” di Cremona, il Liceo Scientifico “Galilei” di Voghera. Anche a nome degli organi di- rettivi dell’UMI, desidero pertanto ringraziare gli autori per l’ottimo contributo dato alla didattica della Geometria, per aver coinvolto insegnanti motivati e de- siderosi di suggerimenti che permettano loro di stare al passo con i tempi e, last
  • 6. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo VI but not least, il Progetto Lauree Scientifiche che ha permesso la realizzazione di incontri sinergici fra docenti della scuola superiore e docenti universitari al fine di portare a termine un piano didattico di interesse comune per tutti: quello di presentare allo studente l’insegnamento delle scienze matematiche non solo (più) attraente ma, soprattutto come un investimento duraturo, sia come un momen- to di crescita del cittadino consapevole, sia come prerequisito necessario ad un futuro da professionista nel mondo di oggi. Bologna, aprile 2012 Giuseppe Anichini Segretario UMI
  • 7. Premessa Il volume propone vari percorsi didattici, progettati per le scuole secondarie di secondo grado, dove la Geometria è affrontata secondo una metodologia labora- toriale, in conformità al modello suggerito nel curricolo dell’UMI, La Matemati- ca per il Cittadino (http://umi.dm.unibo.it/old/italiano/Didattica/didattica.html), e presente nelle nuove Indicazioni per i Licei (DPR 15 marzo 2010). Gli studenti sono pertanto accompagnati a fare e pensare secondo l’adagio pedagogico di S. Papert: “Impariamo meglio facendo, impariamo ancora meglio se colleghiamo il nostro fare con il parlare ed il pensare su ci che abbiamo fatto”. L’insegnante trova nel volume svariati suggerimenti per l’utilizzo di opportu- ni materiali didattici e di modelli geometrici reali e virtuali. Per generare questi ultimi si sono utilizzati i software Cabri Géomètre, Cabri3D (marchi Cabrilog) e GeoGebra (open source). Le schede didattiche da utilizzare durante le attività (in duplice versione, per lo studente e per il docente), corredate di indicazio- ni ed esempi di percorsi, si trovano sulla piattaforma on-line di Springer Extra Materials (http://extras.springer.com). L’idea principale è di analizzare criticamente le idee della geometria euclidea alla luce di quanto accade in vari ambienti geometrici diversi dal piano (la sfera, il cilindro, il cono e la pseudosfera): ad esempio, chiedersi “che cosa è una retta?” nei nuovi contesti. Si può cosı̀ partire dalle radici cognitive e culturali dei concetti matematici e considerarne successivamente sia lo sviluppo matematico rigoroso sia l’intreccio profondo con i concetti portanti di altre discipline, come la fisica (qual è la geometria dell’universo?) e la geografia (come rappresentare la Terra in un piano?). Sarà altresı̀ possibile toccare con mano come tale intreccio abbia portato a importanti innovazioni tecnologiche (ad esempio il GPS). Gli itinerari didattici illustrati nel volume sono stati sperimentati in varie classi nell’ambito del Progetto Lauree Scientifiche. Gli autori sentono perciò il bisogno di ringraziare tutti i docenti che hanno in vario modo sperimentato questo pro- getto nell’ambito di tali iniziative, concorrendo alla validazione della proposta. Particolari ringraziamenti rivolgono a Pierangela Accomazzo e a Patrizia Giani- no per i loro preziosi apporti. Inoltre ringraziano Sara Fenoil e Sergio Mellina per i validi contributi all’elaborazione delle immagini. Gli Autori
  • 8. Indice 1. Perché la geometria sulle superfici 1 1.1 Perché tante geometrie invece di una geometria? 1 1.2 Alla ricerca delle radici cognitive e culturali dei concetti matematici 2 1.3 Origine del libro 9 1.4 Perché il libro? 10 2. La geometria sulla sfera 13 2.1 La formica euclidea 13 2.2 La geodetica sulla sfera 14 2.3 La sfera è curva 17 2.4 Circonferenze sulla sfera 19 2.5 Triangoli sferici 20 2.6 Approfondimento 22 2.7 Il trasporto parallelo: approfondiamo 24 3. Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 27 3.1 Il sistema assiomatico di Euclide 28 3.2 I sistemi formali 29 3.3 Un sistema formale moderno per la geometria piana 30 3.4 Modelli di un sistema assiomatico 32 3.5 La geometria sulla sfera è euclidea? 36 3.6 Figure geometriche sulla sfera: triangoli e quadrati 44 4. Geometria sul cilindro 49 4.1 Andare diritti sul cilindro 49 4.2 Sviluppo piano del cilindro 55 4.3 I ricoprimenti di un cilindro 57 4.4 Il cilindro come esempio di geometria localmente euclidea 59 4.5 Approfondimento 65 5. Geometria sul cono 69 5.1 Andare diritti sul cono 69 5.2 Le geodetiche sul cono 70 5.3 Approfondimenti 76
  • 9. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo X 5.4 I ricoprimenti di un cono 79 5.5 La geometria sul cono 82 5.6 Per saperne di più . . . 82 6. La curvatura 89 6.1 La curvatura di una linea 90 6.2 La curvatura di una superficie 92 6.3 La curvatura del piano, della sfera, del cilindro e del cono 95 6.4 Che cosa sono le geodetiche 98 6.5 La curvatura nelle forme naturali e nelle mimesi degli artefatti umani 99 7. La pseudosfera e la geometria sulla pseudosfera 105 7.1 La catenaria e la trattrice 105 7.2 La pseudosfera e la sua curvatura 110 7.3 Le scoperte della formica euclidea sulla pseudosfera 112 7.4 ll teorema di Gauss Bonnet e il quinto postulato sulla pseudosfera 115 8. La sfera Terra: fare il punto 117 8.1 Il sistema di riferimento terrestre 117 8.2 I problemi del navigante - dialogo con le stelle 121 8.3 Calcolo della latitudine 125 8.4 Determinazione della longitudine 128 8.5 Gli strumenti di misura 130 8.6 La determinazione del punto - nave 134 9. La sfera Terra: le carte geografiche 139 9.1 Le proiezioni coniche e cilindriche 140 9.2 La carta del Mercatore 143 9.3 Proiezioni polari 147 9.4 La proiezione di Gauss e il sistema di coordinate UTM 149 10.Le mappe conformi della pseudosfera e i modelli di geometria iperbolica 153 10.1 La mappa conforme del navigante iperbolico 153 10.2 Sperimentiamo la mappa conforme 156 10.3 Il semipiano di Poincaré 159 10.4 L’inversione circolare 160 10.5 Il disco di Poincaré 164
  • 10. Indice XI 11.Il nostro spazio è euclideo? 167 11.1 La geometria dello spazio - tempo: il modello di Minkowski 168 11.2 Lo spazio-tempo della relatività generale 172 11.3 Ipotesi sull’Universo 175 11.4 I possibili modelli di Universo in espansione che cosa prevedono in merito alla sua curvatura? 177 A. Confronto tra i sistemi assiomatici di Euclide e di Hilbert 181 A.1 Dal sistema di Euclide A.2 Dal sistema di Hilbert A.3 Uguaglianza e congruenza 181 182 183 B. GPS: sistema di posizionamento globale 185 B.1 Descrizione generale B.2 A cosa serve? B.3 Come è costituito? B.4 Come funziona? B.5 Analisi della Costellazione Satellit B.6 Sistemi di coordinate 185 185 185 186 are 188 190 Bibliografia 193
  • 11. Capitolo 1 Perché la geometria sulle superfici 1.1 Perché tante geometrie invece di una geometria? Nel curricolo UMI uno dei nuclei essenziali individuati per poter costruire solide competenze matematiche è Spazio e Figure; nell’indicare le linee essenziali di que- sto nucleo tematico si fa esplicito riferimento a un curricolo di matematica che presenta uno svolgimento integrato degli argomenti che sono propri della geome- tria: geometria dello spazio e geometria del piano, geometria sintetica, geometria analitica e trigonometria. In questa proposta sono anche esplicitamente indicate alcune idee di base: K rafforzare e rivalutare la geometria dello spazio; K favorire attività di esplorazione e di scoperta di proprietà geometriche; K porre attenzione ai collegamenti tra lo studio della geometria e il mondo reale; K ricercare spunti storici come occasione di riflessione filosofica. La geometria cui si fa riferimento nel curricolo è quella euclidea, da più di venti secoli modello di riferimento per la cultura occidentale, anche se tra gli spun- ti storici consigliati appare l’indicazione Dalla geometria alle geometrie (una pa- noramica sugli sviluppi che dall’Ottocento portano al nostro secolo) come a voler sottolineare l’importanza di allargare gli orizzonti culturali per meglio compren- dere il ruolo centrale giocato dalla geometria in un percorso formativo che vuole considerare sia la funzione strumentale sia quella culturale della matematica. Lo svolgimento di un coerente percorso di geometria, nella scuola italiana, sembra essere sempre più difficile, in particolare sembra diventato quasi impos- sibile un rigoroso approccio assiomatico che produca un apprendimento signifi- cativo e sensato degli assiomi e dei teoremi euclidei. In parte gli studenti soffrono l’eccessivo rigore e l’astrattezza della geometria, in parte non capiscono la necessità di interrogarsi su nozioni intuitive o dimostrare proprietà evidenti; ne risulta spesso uno studio mnemonico di definizioni e di dimostrazioni di teoremi delle quali spesso non si capisce nemmeno l’utilità. Un percorso come quello presentato, che costringe a interrogarsi su cosa vo- glia dire “andare diritto” o a sperimentare concretamente cosa significhi “tirare una linea diritta tra due punti”, in un contesto diverso dall’ordinario piano eucli- deo, può mettere in crisi “verità” ritenute scontate, costringe a “fare i conti” con spazi che hanno proprietà definite da diversi sistemi di assiomi e per i quali non valgono nemmeno i teoremi più “famosi” e quindi, per contro, costringe a rida- re importanza proprio a quei teoremi e assiomi validi sulla superficie piana che servono a definire la geometria euclidea tra le tante geometrie. Non si può nemmeno dimenticare la necessità di delineare un itinerario didat- tico che sia in grado di collegare lo studio della geometria al mondo fisico reale, ec- Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera DOI 10.1007/978-88-470-2574- 1, © Springer-Verlag Italia 2012 5
  • 12. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 2 co quindi che lo studio della geometria sulla sfera diventa anche lo studio del mo- dello della nostra realtà terrestre e, più in generale, l’analisi delle geometrie non- euclidee aiuta a comprendere le teorie che la fisica e la cosmologia propongono per descrivere le caratteristiche dello spazio e l’evoluzione dell’Universo. Si può quindi capire come il percorso presentato possa anche essere utilizzato per comprendere e approfondire la nozione di sistema ipotetico-deduttivo e di modello matematico. Da ultimi, ma non per questo meno importanti, sono la metodologia e gli stru- menti scelti per lo svolgimento delle attività presentate, anche questi in linea con le modalità del Laboratorio come indicato nel curricolo UMI: La costruzione di significati, nel laboratorio di matematica, è strettamen- te legata, da una parte all’uso degli strumenti utilizzati nelle varie attività, dall’altra, alle interazioni tra le persone che si sviluppano durante l’esercizio di tali attività. Si prevedono, infatti, esplorazioni guidate su vari materiali concreti, manipolan- do palloni, barattoli cilindrici, coni di cartone e altro. Questo permette di con- getturare, provare e verificare anche in interazione con i compagni e consente di raggiungere una costruzione significativa dei concetti. Dopo il lavoro e il confronto effettuato in gruppo è sempre prevista una fase nella quale si condividono i risultati e quindi si consolidano e si generalizzano le scoperte effettuate. Il ruolo dell’insegnante è centrale nel sostenere la fase esplorativa di gruppo, nella quale egli può fornire indicazioni operative o aiutare gli studenti a esplicitare le loro intuizioni, senza però mai fornire risposte dirette ai quesiti proposti ed è altrettanto importante per coordinare la discussione fatta in presenza dell’intera classe e sistematizzare le conoscenze. Anche in questo caso in tutto il percorso è suggerito un ruolo dell’insegnante in linea con quanto si può leggere nelle Indicazioni metodologiche del curricolo UMI: L’insegnate eserciterà il suo ruolo di mediazione sia in modo diretto, attra- verso l’introduzione degli strumenti matematici necessari in relazione alle diverse situazioni didattiche, sia in modo indiretto, utilizzando le produzio- ni individuali degli alunni (da confrontare e discutere in classe) e attraverso la valorizzazione dei contributi degli alunni durante la discussione in classe e il lavoro di gruppo. 1.2 Alla ricerca delle radici cognitive e culturali dei concetti matematici La geometria dei Greci era essenzialmente una scienza delle figure; con Riemann è diventata una “scienza dello spazio”. Poincaré è andato ancora più in là: ha mostrato che è il movimento a generare la nozione di spazio: “un être immo- bile n’aurait jamais pu acquérir la notion d’espace puisque, ne pouvant corriger par ses mouvements les effets des changements des objets extérieurs, il n’aurait eu
  • 13. Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici 3 aucune raison de les distinguer des changements d’état” [Poincaré 1902, p. 78]; “localiser un objet en un point quelconque signifie se représenter le mouvement (c’est-à-dire les sensations musculaires qui les accompagnent et qui n’ont aucun caractère géométrique) qu’il faut faire pour l’atteindre” [Poincaré 1905, p. 67]. Per Poincaré è la presenza dei corpi, del nostro corpo in particolare, e dei movi- menti, dei nostri movimenti, a generare la nozione di spazio. Come è noto, ciò lo portava anche a posizioni estreme, come il cosiddetto convenzionalismo, in base al quale gli assiomi non sono altro che definizioni camuffate, che si scelgono in base alla loro comodità [Ibid., p. 75-76]. Quello che qui preme sottolineare è che per Poincaré, come per Riemann e a differenza di Kant, non esiste una teoria geo- metrica a priori del mondo. Essa è invece costruita a partire dal mondo sensibile, anche se per il nostro “le sensazioni muscolari [...] non hanno alcun carattere geometrico”. Oggi i progressi fatti dalla matematica e dalla logica da un lato, e dalle neu- roscienze e dalle scienze cognitive dall’altro, permettono di affrontare il proble- ma dei rapporti tra geometria e mondo sensibile in modo più preciso e di capire perché certe scelte siano “comode”. Ne risulta che le intuizioni di Poincaré, ma an- che di altri come Enriques, Weyl, Piaget, hanno un fondamento scientifico quanto mai attuale. Ciò risulta da vari studi, per esempio dalle ricerche sviluppate negli ultimi anni dal gruppo “Géométrie et Cognition” alla Scuola Normale Superiore di Parigi coordinato da G. Longo, J.L. Petitot e B. Teissier1 . Essi illustrano am- piamente la possibilità e la natura di una rilettura “genetica” della geometria (e della matematica in generale). Ad esempio, gli studi di A. Berthoz (1997), illustre fisiologo del Collège de France e collaboratore attivo del gruppo, mettono in luce che quando si afferra una palla lanciata verso di noi si ha un’integrazione multi- sensoriale di diversi sistemi di riferimento (p. 90), ciascuno dei quali permette di “simulare” lo spazio della percezione. Ciò significa che lo spazio non ha bisogno di essere rappresentato in modo esplicito, con un sistema cartesiano o con una rappresentazione pixel per pixel dei suoi punti: per esempio, la soglia muscolare relativa a un certo angolo del braccio è già un sistema di riferimento nonché la codifica di una distanza. Nell’azione di afferrare la palla il sistema di riferimen- to è costituito dallo spazio dell’articolazione e quantificato dalle soglie muscolari, comprese quelle dei muscoli oculari che seguono il movimento della palla. Esso è ottenuto per trasferimenti successivi da un sistema di codifica all’altro a par- tire dalla ricostruzione analogica sulla retina. In tale trasferimento giocano un ruolo essenziale gli invarianti (cioè l’appercezione della stabilità di certi fenome- ni rispetto agli altri). Ciò che chiamiamo posizione, velocità, accelerazione della palla è rappresentato nei vari sistemi di rappresentazione propri del nostro corpo (ad esempio la retina, i muscoli del braccio, e cosı̀ via). In ciò consiste la nostra “intelligenza geometrica” come esseri umani. Essa si costruisce come una rete di codifiche e/o di rappresentazioni analogiche ed è acquisita tramite le pratiche delle nostre azioni nel mondo. A partire dagli invarianti in queste rappresentazio- ni e codifiche, si genera l’invarianza delle nostre rappresentazioni coscienti, per 1http://www.di.ens.fr/∼longo/geocogni.html
  • 14. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 4 esempio quelle del linguaggio (Gallese e Lakoff 2005), dello spazio e infine delle più invarianti di tutte: quelle della matematica. È importante tenere presenti questi studi nell’impostare l’apprendimento del- la geometria. Infatti le sue basi epistemologiche rivelano le sue profonde radici cognitive (Tall 1989)2 : si tratta di quelle che H. Weyl chiamava condizioni suf- ficienti per l’emergere di una teoria, cioè quelle che “esigono” quella teoria e la rendono possibile. Per questo la geometria va affrontata nel suo contesto opera- torio, nel modo con cui si agisce nel mondo: infatti l’oggettività delle concettua- lizzazioni geometriche deriva proprio dai processi costitutivi loro propri. Non si tratta di un espediente didattico: per dirla con A. Campanile non si tratta cioè di un’operazione tipo “insegnare l’abaco alle formicole”. Ma si tratta di fondare il metodo didattico sulle basi epistemologiche della disciplina. Dal punto di vista dell’apprendimento, si tratta di usare tutta la multimodalità delle vie di cui i soggetti dispongono per apprendere. Traendo spunto da Antinuc- ci (2001)3 , possiamo distinguere infatti due modalità per l’apprendimento: quella che l’autore chiama la via simbolico-ricostruttiva e la via percet-tivo-motoria. In estrema sintesi, la via simbolico-ricostruttiva: K è basata essenzialmente sull’interpretazione e lo scambio di simboli (linguisti- ci, matematici, logici); K ricostruisce nella mente ‘oggetti’, significati attraverso rappresentazioni mentali a partire dai simboli stessi; K è il modo più sofisticato ed evoluto con cui si apprende; K il lavoro avviene totalmente all’interno della mente senza alcuno scambio con l’esterno che non sia l’input di simboli linguistici; K è un lavoro cosciente e quindi stanca. La via percettivo-motoria: K avviene in un continuo scambio di input percettivi e di output motori con l’esterno; K spesso avviene a un livello inconscio che stanca molto meno. La conoscenza che deriva dall’apprendimento simbolico-ricostruttivo è sem- pre e solo manifestabile verbalmente ed è prodotta forzatamente. Quella che de- 2Per D. Tall una radice cognitiva è un concetto chiave (anchoring concept), che può collegare la conoscenza in possesso dello studente con conoscenze più sofisticate, che debbono essere ancora costruite. Una R.C. ha due proprietà fondamentali: ● il suo significato è posseduto dagli studenti all’inizio della sequenza di apprendimento; ● permette espansioni cognitive per successivi sviluppi teorici, definizioni formali, ecc. Esempio: ‘‘l’essere diritto localmente’’ è una R.C. per il concetto di tangente a una curva liscia. Ad essa corrisponde lo ‘‘zoom’’ di vari software, che permette di manipolare esempi e non-esempi del concetto matematico. Noi aggiungiamo anche una componente culturale alla dimensione cognitiva di Tall, come spiegato più avanti nel paragrafo. 3Si vedano anche Simone (2000), che analizza le culture non-proposizionali e la frattura tra linguaggio referenziale, strutturato, gerarchico e linguaggio comune; e Catastini (2009), che pur critica verso Antinucci, assume una posizione che ha molti punti di contatto con la nostra, quale sarà precisata nel seguito del paragrafo.
  • 15. Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici 5 riva dall’apprendimento percettivo-motorio tende a essere interiorizzata e conte- stualizzata ed è prodotta spontaneamente. Perciò l’essere umano, se può, adotta quest’ultima. Non si tratta di contrapporre le due vie, come fa Antinucci, ma di integrarle: vygotskianamente, ma anche montessorianamente4 , si può dire che la via percet- tivo-motoria è quella a cui bisogna mirare con le situazioni didattiche di parten- za, perché gli studenti, esposti alla situazione, possano produrre spontaneamente una qualche idea, darle un senso, in virtù delle loro conoscenze pregresse. Occor- re cioè esporre gli allievi alle radici cognitive e culturali dei concetti (vedi nota 2), sviluppando quella che Enriques chiamava analisi critica dei concetti matematici. È compito dell’insegnante fare evolvere questo senso personale prodotto dagli stu- denti verso il senso scientifico, supportandoli verso la via simbolico-ricostruttiva e utilizzando eventualmente per questo scopo opportuni strumenti e sussidi di- dattici. È interessante osservare che l’insegnamento tradizionale in matematica è tendenzialmente di tipo trasmissivo e basato quasi esclusivamente su un meto- do simbolico-ricostruttivo. La presenza di strumenti tecnologici vari (non solo il computer), l’uso di internet ecc. tende a produrre apprendimento di tipo per- cettivo motorio a differenza di quanto succede utilizzando solo i libri. Come slo- gan pedagogico per questo metodo, che ispira il nostro lavoro, si può adottare la seguente frase di S. Papert: Impariamo meglio facendo, impariamo ancora meglio se colleghiamo il nostro fare con il parlare e il pensare su ciò che abbiamo fatto. Questo metodo non è una vera novità. Per fare un esempio illustre che riguarda la geometria, ricordiamo le anticipazioni, di impronta positivista e non esenti da critiche, di F. Enriques, che affrontò nella sua opera Problemi della scienza (1906) quello che chiamava “il problema filosofico dello spazio”. Seguendo Klein, che aveva cercato nelle impressioni sensoriali studiate da Helmholtz, Hering, Mach e Wundt la spiegazione psicologica dei postulati della geometria, e anticipan- do Piaget, il matematico livornese affermò che i tre rami della geometria costi- tuiti dalla “teoria del continuo” (= topologia), dalla “geometria metrica” e dal- la “proiettiva” sono collegati con tre diversi ordini di sensazioni: rispettivamen- te, quelle generali tattilo-muscolari, quelle del tatto speciale (o meccaniche) e le visive. La “genesi psicologica” dei concetti geometrici è un problema che non si può eludere nella scuola. Una scelta accurata delle esperienze da cui partire per intro- durli è essenziale. Esse devono risultare consonanti con i concetti da insegnare sia cognitivamente sia culturalmente: la progettazione didattica presuppone quin- di un’analisi critica (secondo la terminologia di Enriques) accurata dei concetti portanti della geometria. 4Catastini (2009) giustamente osserva che ‘‘nelle opere e nelle pratiche didattiche della Montessori troviamo [. . . ] una miniera di pensieri chiari e profondi sull’importanza dell’intervento del pensiero percettivo motorio nelle questioni fondamentali riguardanti l’apprendimento’’ in matematica, in particolare in geometria (Montessori 1934).
  • 16. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 6 Ci spiegheremo con un esempio, che è fondamentale per il nostro lavoro: quel- lo di retta. Negli Elementi di Euclide (Def. 4) troviamo la seguente definizione di retta: (Una retta è quella che giace parimenti [’´ ισoν] con i punti su se stessa5 ). Nei testi moderni di geometria elementare (ad es. Hilbert 1899) invece, come è noto, non si dà alcuna definizione esplicita di retta, in quanto il suo significato è veicolato implicitamente dagli assiomi, i quali distillano il suo significato intuitivo all’interno di un sistema formale (si tratta di una tipica ricostruzione simbolica). Da quali esperienze partire, che inneschino anche un apprendimento percet- tivo-motorio, per giungere al concetto di retta e affrontare in un secondo momen- to una sistemazione assiomatica della geometria? Il significato di Euclide, come appare dall’interpretazione di Heath, sembrereb- be riferirsi all’idea di simmetria. Esperienze legate a questa idea possono essere quella di ripiegare la carta: comunque si pieghi un foglio di carta si genera sem- pre una (parte di) retta. Un ulteriore approfondimento si ottiene chiedendosi con quale strumento si può tracciare una (parte di) retta; la riga va bene; ma allora si pone il problema di sapere se la riga è “diritta”, altrimenti potrei sbagliarmi. Si può certamente usare un controllo “visivo” (seguendo l’idea di Enriques che la geome- tria proiettiva è collegata alle sensazioni visive). Oppure si può usare un controllo “meccanico” (seguendo in questo Lobachevsky): si fanno due copie identiche del righello e se i tre righelli cosı̀ ottenuti scorrono esattamente l’uno sull’altro a due a due si è certi di avere un righello diritto (è interessante discutere con gli allievi perché due soli righelli non bastano). Il metodo tra l’altro era usato dai “meccanici aggiustatori” dell’industria metalmeccanica, quando questa professione esisteva ancora. Lo stesso problema fu affrontato da altri meccanici fin da epoche remo- te, quando i tecnici dovettero affrontare il problema della conversione del moto circolare (prodotto per esempio da una ruota mossa dall’acqua) in un moto ret- tilineo (per esempio per azionare un maglio). La questione divenne cruciale con Figura 1.1 Macchina a vapore con il meccanismo articolato di Watt: è il parallelogramma con il braccio col- legato allo stantuffo in alto a sinistra (da Henderson e Taimina 2004) 5Abbiamo seguito la traduzione di Heath’s (1926/1956): ‘‘a line that lies evenly with the points on itself’’ (p. 153). In una nota Heath spiega: ‘‘l’idea che Euclide intendeva esprimere era quella di una linea [. . . ] senza irregolarità o asimmetrie che ne potessero fare distinguere una parte o un lato da un altro’’ (p. 167).
  • 17. Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici 7 Figura 1.2 Il meccanismo di Peaucellier- Lipkin(daBartoliniBussieMaschietto2006) le macchine a vapore dove la conversione tra i due moti significava poter azionare una varietà di stantuffi per gli usi più disparati (per esempio nelle locomotrici dei treni). Fu J. Watt a risolvere (in parte) il problema nel 1784, progettando un meccanismo articolato per “il moto parallelo”, come diceva lui (Fig. 1.1). In realtà il meccanismo di Watt non produce un moto rettilineo ma solo uno localmente e approssimativamente tale. Il problema fu risolto completamente nel secolo successivo indipendentemente da un ufficiale francese, C. N. Peaucellier, e da uno studente russo, L.L. Lipkin (Fig. 1.2). Per ulteriori informazioni su questo problema si può consultare: Bartolini Bussi e Maschietto (2006), Giusti e Conti (2000) e Henderson e Taimina (2005). Questi meccanismi producono una linea “diritta” nello spazio. Se non sono un ingegnere che ha bisogno di progettare stantuffi, posso risolvere il problema di in- dividuare concretamente la parte di retta che passa per due punti semplicemente tendendo un cordino: era il metodo usato già dagli arpenodapti (= tenditori di corde), funzionari del faraone che misuravano i campi dopo le periodiche inon- dazioni del Nilo nell’antico Egitto (secondo alcuni, i primi tre postulati di Euclide sarebbero tratti dalle loro pratiche). Mentre i meccanismi di Watt, Peaucellier e Lipkin cercano di soddisfare alla richiesta di “andare diritto”, la costruzione col cordino corrisponde all’idea di “linea più breve tra due punti”. Riassumendo, se si analizza criticamente il concetto di retta si trovano le se- guenti radici cognitive: K la simmetria; K l’andare diritto; K la linea più breve. I primi due sono concetti sia locali sia globali, mentre il terzo ha un carattere lo- cale. Notiamo che tutti i tre aspetti sono utili quando ci pensiamo immersi in uno spazio non meglio identificato e cerchiamo di capire come si possa produrre una linea retta. Essi possono produrre apprendimento percettivo motorio. L’idea an- che in questo caso non è nuova: Enriques (1906, §11) ricorda che per introdurre la curvatura “Gauss ha addotto un argomento suggestivo, che è stato poi ripreso
  • 18. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 8 da Helmholtz e da Clifford, e va generalmente sotto il nome del primo di que- sti due filosofi. Figuriamoci l’esistenza di animaletti superficiali, cioè schiacciati sopra una superficie, i quali siano liberi di muoversi strisciando su questa. Dotia- mo codesti esseri immaginarii di un’intuizione spaziale, che valga a coordinare la sensibilità e a dirigerne i movimenti, nel campo a due dimensioni (superficie) costituente il loro spazio. Due animaletti simili, uno dei quali si muova in un pia- no, l’altro sopra una superficie leggermente incurvata, potrebbero essere guidati ugualmente da una medesima intuizione geometrica, raffigurandosi il loro spazio come un piano.” Tradotto altrimenti, se mi immagino di essere l’animaletto superficiale, come posso immaginare di produrre una retta? Camminando diritto (idea b). Che co- sa significa questo? Potrei infatti trovarmi in realtà su di una superficie curva, ma non avere percezione di questo. Allora devo muovere i miei passi tracciando idealmente una linea in cui i miei piedi si dispongono simmetricamente rispet- to a questa (idea a), e non devo assolutamente “deviare” (idea b) né allungare il mio cammino (idea c). Usando il citato linguaggio di D. Tall, si tratta della radice cognitiva del concetto di geodetica. Ma la radice non è solo cognitiva. Abbia- mo citato anche alcuni strumenti che storicamente sono stati usati per generare le rette: dal tendere i cordini, alle pratiche dei meccanici aggiustatori, al movi- mento dei meccanismi articolati, ai piegamenti dei fogli di carta. Non si tratta solo di un apprendimento percettivo-motorio, ma dell’intreccio con la compo- nente simbolico-ricostruttiva che viene continuamente esperita e stimolata. Né si tratta di un apprendimento cognitivamente consonante solo con il nostro es- sere biologico; esso è anche culturalmente consonante con il nostro essere socia- le: infatti le pratiche sopra accennate hanno un significato culturale, che l’analisi storico-critica mette in luce (Radford 2003). Il nostro lavoro vuole essere una introduzione al concetto di geodetica, come concetto base in geometria, su queste posizioni pedagogiche, in una varietà di ambienti molto semplici, ma ricchissimi da vari punti di vista (cognitivo, episte- mologico, didattico): la sfera, il cono, il cilindro, il piano e infine (un po’ meno semplice) la pseudosfera. Lo faremo esperendo le radici cognitive e culturali di questo concetto e supportando gli allievi con strumenti e oggetti vari (dai cor- dini, alle carte geografiche per naviganti in questi mondi, alle aste orientate per studiare la curvatura di una superficie, ai modelli virtuali costruiti con software di geometria dinamica). Vedremo come questo metodo permetta di giungere an- che a una ricostruzione simbolica abbastanza avanzata. Le sperimentazioni fatte dagli autori insegnanti in vari tipi di scuola hanno dimostrato che tale ricostru- zione è stata sempre accompagnata dalla comprensione dei concetti matematici soggiacenti, cioè il conseguimento dell’obiettivo primo dell’insegnamento della matematica, come recita un documento del curricolo dell’UMI: La formazione del curricolo scolastico non può prescindere dal considera- re sia la funzione strumentale, sia quella culturale della matematica: stru- mento essenziale per una comprensione quantitativa della realtà da un lato, e dall’altro un sapere logicamente coerente e sistematico, caratterizzato da una forte unità culturale. Entrambi gli aspetti sono essenziali per una for- mazione equilibrata degli studenti: priva del suo carattere strumentale, la
  • 19. Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici 9 matematica sarebbe un puro gioco di segni senza significato; senza una vi- sione globale, essa diventerebbe una serie di ricette prive di metodo e di giu- stificazione. I due aspetti si intrecciano ed è necessario che l’insegnante li in- troduca entrambi in modo equilibrato lungo tutto il percorso di formazione (La Matematica per il Cittadino, 2003, Premessa). 1.3 Origine del libro La stesura di questo libro è conseguenza e conclusione di sperimentazioni con- dotte in più classi di svariati tipi di istituti di istruzione secondaria superiore di Torino (Licei Scientifici, Linguistici e Pedagogici, Istituti Tecnici) negli anni tra il 2004 e il 2006, da un gruppo di insegnanti, fra i quali gli estensori della presente trattazione, coordinati dal prof. Arzarello in un’attività di ricerca in didattica della matematica, e in particolare della geometria, ispirata alle finalità, e in applicazione delle metodologie, che sono state esplicitate nei precedenti paragrafi. I materiali di supporto a tali sperimentazioni sono entrati inoltre a far parte del progetto “Lauree scientifiche”, attivato a partire dal 2003, essendo in sintonia con gli obiettivi, propri del progetto, di promozione e ampliamento dell’immagine della matematica e delle discipline scientifiche in genere, nonché dell’offerta di incontro con esse. Tali materiali, disponibili sulla piattaforma on-line di Springer ExtraMaterials, sono strutturati in sequenze di Attività, raggruppate secondo filoni tematici legati alle differenti superfici sulle quali si conducono le esplorazioni, cui si aggiunge il tema trasversale relativo alla curvatura di linee e superfici. Per ciascuna delle Attività si è predisposta una Scheda di lavoro rivolta agli studenti e una più ricca raccolta di informazioni per l’insegnante.
  • 20. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 10 La scheda per gli studenti pone quesiti, stimola la curiosità, guida gli studenti a compiere esplorazioni, misure, calcoli, a fare congetture, a trarre conclusioni, a “fare geometria” in prima persona, usando materiali poveri o strumenti tecnolo- gici. Nel corredo per l’insegnante trovano posto un’introduzione alle finalità e ai contenuti dell’Attività, qualche approfondimento disciplinare, indicazioni meto- dologiche, suggerimenti di tipo pratico sui materiali da utilizzare. Ricompare inoltre la scheda–studente compilata con possibili risposte, onde esemplificare gli esiti che ci si possono attendere. I materiali possono essere utilizzati in modo sufficientemente flessibile, nel senso che è possibile tracciare tra di essi differenti percorsi, a seconda del gra- do di approfondimento cui ci si vuole spingere o della particolare tematica che si intenda sviluppare. Ne abbiamo ideati alcuni: I dettagli relativi a ciascuno dei percorsi sono riportati, insieme all’indice dei materiali disponibili su Springer ExtraMaterials. 1.4 Perché il libro? Questo libro nasce, secondo i propositi iniziali, con l’intento di fornire un più ampio e approfondito corredo informativo per l’insegnante che volesse avventu- rarsi lungo le strade indicate dalle sperimentazioni sopra descritte. Nel corso della stesura la ricerca si è però ulteriormente sviluppata, diramandosi in direzioni ini- zialmente impensate, a riprova di quanto fecondo fosse l’apparentemente sempli- ce spunto iniziale di ricercare le vie diritte sulle diverse superfici. L’impegno posto nell’immedesimarsi nella situazione prettamente intrinseca di un essere pensante bidimensionale ha indotto un’approfondita riflessione sui fondamenti stessi della geometria, intesa come sistema assiomatico, e sul suo rimodellarsi per adattarsi alle proprietà delle diverse superfici. Altri approfondimenti teorici hanno fatto luce sul concetto di curvatura e sulla sua misura intrinseca mediante il trasporto parallelo, sulla conformazione e il dispiegarsi delle geodetiche proprie delle di- verse superfici, in particolare con originali apporti nel caso di cilindro, cono e pseudosfera, sulle loro possibili proiezioni piane in mappe di differente tipologia, tra le quali in particolare le mappe conformi di sfera e pseudosfera, su differen- ti modelli di geometrie iperboliche. Tutto ciò ha portato ad analizzare in modo
  • 21. Capitolo 1 ● Perché la geometria sulle superfici 11 più fine il discrimine tra geometrie euclidee e non euclidee, aggiungendo una categoria intermedia di geometrie solo localmente euclidee. Accanto a queste trattazioni di stampo squisitamente matematico sono presen- ti nel libro espansioni in campi che potrebbero tradizionalmente essere giudicati alieni. In particolare lo studio condotto sulla sfera ha trovato una logica estensione nell’analisi di alcune delle problematiche che l’uomo, in quanto abitante di un pianeta a forma sferoidale, ha dovuto affrontare, il navigante in primis, con le sue necessità legate al conoscere la propria posizione e l’orientamento da imprimere alla propria imbarcazione. Ci si è dunque in qualche misura riappropriati della tanta geometria incarnata, per esempio, nella pratica della navigazione astrono- mica. Cosı̀ come, parallelamente, ci si è avvicinati alle problematiche legate alle riproduzioni cartografiche della superficie terrestre. Ancora più divergente un piccolo excursus nel campo della sartoria, a cogliere le ragioni geometriche nascoste nei metodi con i quali i sarti modellano una su- perficie piana per eccellenza, la pezza di stoffa, sulle rotondità proprie del corpo umano. Continui, in generale, i riferimenti alle situazioni della vita reale nelle qua- li le geodetiche sulle diverse superfici vengono utilizzate per la loro intrinseca proprietà di vie diritte (ed anche, sovente, più brevi). A chiusura della trattazione l’interrogativo euclideo sı̀/no viene esteso allo spa- zio fisico nel quale la Terra è immersa, allo scopo di esaminare quali risposte le indagini fin qui condotte in campo scientifico forniscono a proposito della curvatura dell’Universo. Complessivamente dunque questo libro presenta una varietà di spunti che in- terpretano il tema della geometria in senso ampio e libero da schemi precostituiti, azzardando contaminazioni tra una matematica “alta”, che si sviluppa in verticale verso la pura astrazione e la contemplazione di modelli, e una matematica “bas- sa” che si sviluppa in orizzontale facendosi trama razionale di pratiche della realtà fisica e della vita reale. Cosa non è questo libro? Non è un testo scolastico da dare direttamente in mano agli studenti, anche se si rivolge principalmente al mondo della scuola; non è un trattato sulle geometrie non euclidee, perché non ha né la sistematicità né la completezza che a una tale trattazione si richiederebbe; non è di facile lettura e non è nemmeno di difficile lettura, perché ci sono al suo interno parti estrema- mente discorsive, ma ad esse si alternano parti, assai curate nelle spiegazioni, ma comunque decisamente impegnative. Diciamo che questo libro si rivolge a chiunque voglia tornare a porsi in modo critico e curioso di fronte al problema Geometria.
  • 22. Capitolo 2 La geometria sulla sfera 2.1 La formica euclidea Proviamo a ipotizzare l’esistenza di una formica euclidea, ovvero di una formica pensante che, imprigionata su di un pallone isolato nel vuoto, senta l’esigenza di dare un ordine razionale al suo ambiente. Potrebbe essere la stessa famosa formica che, correndo sul nastro di Moebius disegnato da Escher, è pervenuta alla conclusione che quel nastro ha una sola faccia. Se ci immedesimassimo in questa formica arriveremmo a una descrizione per- fettamente intrinseca della geometria sulla sfera, ovvero alla descrizione che di- spone delle sole due dimensioni nelle quali si estende la sua superficie e rinuncia alla stampella della terza dimensione che consente a noi di guardare la sfera dal di fuori. La formica ripercorrerebbe probabilmente i passi logici dei pensatori greci di cui Euclide sistematizzò le speculazioni nei dintorni di quel lontano 300 a.C. In particolare, dopo aver idealmente scomposto la superficie su cui cammina in un’infinità di punti, li riaggregherebbe in sottoinsiemi, funzionali alla ricomposi- zione del suo spazio in forme ideali. Il primo insieme di punti che prenderebbe in considerazione sarebbe quello che lei stessa compone nel camminare, la linea, e poi, tra le linee, quella dirit- ta, ovvero quella che traccia sul suolo effettuando, con le zampette di destra e di sinistra, passi simmetrici di uguale ampiezza, che le impediscano di sbanda- re lateralmente. A sorpresa potrebbe pervenire alla stessa definizione fornita da Euclide per il piano: una retta è quella che giace parimenti con i punti su se stes- sa, definizione che, a dispetto del verbo “giacere”, conserva un che di dinamico nell’attenzione reciproca con la quale i punti vanno giustapponendosi. Se, come Euclide, la formica volesse interrogarsi sull’estensione della sua linea diritta scoprirebbe però ben presto che, camminando diritta davanti a sé senza stancarsi, in una qualsiasi direzione, raggiungerebbe, prima o poi, il punto di par- tenza e dovrebbe concludere che la sua linea diritta ha un requisito fondamentale: è chiusa. Anzi di più: che tutte le infinite linee diritte che potrebbe percorrere partendo da un dato punto la riporterebbero a quello stesso punto richiudendosi proprio in esso. Il suo spazio è limitato e ha caratteristiche intrinsecamente omo- genee in tutti i punti. Non alle stesse identiche conclusioni giungerebbe infatti una formica che tracciasse linee diritte su di una patata, pur essendo questa un altro esempio di spazio limitato. Da questo fatto discendono molte delle considerazioni che potrebbe in seguito effettuare. Questa premessa ha lo scopo di porre in primo piano la necessità di affrontare le questioni relative alle geometrie sulle differenti superfici sapendo innanzitut- Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera DOI 10.1007/978-88-470-2574- 2, © Springer-Verlag Italia 2012 5
  • 23. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 14 to distinguere tra visione intrinseca e visione estrinseca, cosı̀ come è importan- te saper parallelamente distinguere tra visione locale, che abbraccia una limitata porzione della superficie, e visione globale, che ne abbraccia l’intero sviluppo. Nei percorsi da noi proposti sarà frequente la richiesta di passare da una visione all’al- tra, perché proprio il confronto tra i diversi punti di vista consentirà di pervenire a delle conclusioni convincenti. 2.2 La geodetica sulla sfera Possiamo per il momento lasciare la formica alle sue esplorazioni e recuperare il più comodo sguardo che la terza dimensione ci consente. L’“andare diritto” sem- bra essere una delle radici concettuali con le quali possiamo transitare da un am- biente a un altro conservando una modalità unitaria di costruzione delle differenti geometrie. Ma se abbiamo potuto in qualche modo immaginare come andare diritti stan- do sulla superficie, si tratta ora di mettere a punto una tecnica che consenta di tracciare su di essa linee diritte essendone al di fuori. In termini un po’ più ri- gorosi si tratta di poter disporre di una definizione di geodetica, intesa come la generica linea diritta su di una data superficie, che utilizzi la presenza della terza dimensione. Tale definizione ci costringerebbe a mettere in campo i concetti di curvatura di linee e superfici: lo faremo più avanti in un capitolo a essi dedicato. Ci soccor- re per ora la possibilità di intervenire in modo diretto e concreto sulla superficie in esame: fili, nastri, elastici, striscioline di carta possono essere appoggiati su di essa alla ricerca di quale tra di essi ci consenta di meglio visualizzare sulla super- ficie una linea che traduca, in modo sensibile alla nostra vista e al nostro tatto, un andare diritto inteso come assenza di sbandamenti laterali. Ed è proprio un “fare matematico” simile a un “fare” da scienza sperimentale che ci consente di verifi- care che una strisciolina (o un sottile nastro adesivo), appoggiata punto per punto in modo ben aderente alle locali variazioni della superficie, grazie alla flessibilità selettiva di cui dispone (può incurvarsi solo longitudinalmente ma non lateral- mente), traccia, lungo la sua mediana, la via diritta su di una qualsiasi superficie (Fig. 2.1). Questa diventa la definizione operativa di geodetica. Figura 2.1 Geodeticasudiunasuperficie non piana
  • 24. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 15 Quale geodetica sulla sfera? Disponendo di palloni, di flessibili striscioline e delle possibilità offerte dalla terza dimensione, non è difficile scoprire, utilizzando il metodo messo a punto, che le geodetiche sulla sfera sono le circonferenze massime, ovvero le circonferenze che si otterrebbero sezionandola con piani passanti per il suo centro (punto la cui esistenza la formica non può nemmeno immaginare). Sono cosı̀ geodetiche le circonferenze che sulla sfera Terra siamo abituati a chiamare equatore e meridiani, mentre non lo sono i paralleli. Figura 2.2 Automobilina senza sterzo su una sfera E se provassimo a correre su di una sfera con un’automobilina senza sterzo (Fig. 2.2)? Anche l’automobilina, o un qualsiasi altro dispositivo dotato di due ruote di ugual diametro e prive di sterzo, se accompagnata senza esercitare pres- sioni laterali, percorrerebbe una circonferenza massima, confermando la sua qua- lità di linea diritta. Figura 2.3 Considerati poi due qualsiasi punti, che non siano agli antipodi rispetto al cen- tro, si scopre che possono essere connessi da due distinti tratti di una stessa geo- detica (Fig. 2.3) e che uno dei due è il percorso di lunghezza minima possibile tra quei due punti: questa proprietà può essere verificata utilizzando un nastro graduato flessibile (per esempio del tipo usato dai sarti) per confrontare la sua
  • 25. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 16 lunghezza con quella di qualsiasi altro tratto di linea tracciabile tra i due punti (vedi Figg. 2.4 e 2.5). Si conquista cosı̀ una fondamentale caratteristica della geodetica sulla sfera: la via diritta è, localmente, anche il cammino più breve. Figura 2.4 Misura su Figura 2.5 Misura su tratto di curva segmento di geodetica E se usassimo un elastico? L’elastico può confermare le conclusioni cui si è giunti a proposito delle geodeti- che sulla sfera: K un tratto di elastico teso tra due punti (Fig. 2.6) si dispone lungo una certa linea che si rivela essere proprio un tratto di geodetica. L’elastico pizzicato e successivamente rilasciato riacquista la sua disposizione iniziale: ciò prova che quello è il cammino minimo tra quei due punti, dal momento che l’elastico per sua natura tende alla posizione di energia minima, ovvero alla posizione di minor allungamento; K un elastico chiuso ad anello intorno a una sfera trova una sua posizione di equi- librio (instabile!) lungo una circonferenza massima e dunque in una posizione di massimo allungamento. Ciò può apparire in contraddizione con quanto det- to prima: in realtà, dal momento che in un elastico circolare dilatato le forze di Figura 2.6 Alzando il dito l’e- lastico tornerebbe a disporsi sulla geodetica per P e Q
  • 26. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 17 richiamo sono orientate verso il centro della sua circonferenza, solo se questa coincide con la circonferenza massima della sfera si potrà avere quel bilan- ciamento tra le forze elastiche e la reazione della superficie (che si manifesta sempre perpendicolarmente in ogni punto, e dunque nella direzione del raggio della sfera) che porta all’equilibrio. Infatti, spostato anche solo di pochissimo, l’elastico schizza via dalla sfera richiudendosi lontano. Il fatto che tale condizione di equilibrio non si verifichi invece lungo un parallelo, il cui raggio non si sovrappone al raggio della sfera, può aprire un primo spira- glio sulle caratteristiche che, vedremo più in generale, dovranno far parte della definizione di geodetica per una qualsiasi superficie. 2.3 La sfera è curva Chiunque, essendo immerso nello spazio euclideo tridimensionale, osservando un pallone, giudica curva la sua superficie e fa mostra, con ciò, di utilizzare un concetto intuitivo di curvatura. E la formica che cammina sul pallone? Dopo aver scoperto che la sua superficie è limitata, può anche scoprire che è curva? Ovvero, la curvatura di una superficie è una sua proprietà intrinseca? Il quesito è stato al centro degli studi, tra gli altri, di Gauss e Riemann, anche in riferimento al più importante interrogativo: lo spazio in cui viviamo è lo spa- zio della geometria euclidea, che ha curvatura nulla, oppure è uno spazio curvo? Sarebbe necessaria una quarta dimensione per valutare la sua curvatura oppure possiamo rilevarla essendo immersi in esso? Prescindendo dalle risposte fornite dalla geometria differenziale, frutto per l’appunto dei loro studi, riflettiamo su alcuni indizi semplici, alla portata della formica euclidea. Primo indizio: non è possibile tracciare un quadrato (con le proprietà che lo definiscono nel piano) Se partendo da un punto si traccia sulla superficie un segmento di geodetica di lunghezza d, poi si ruota di 90○ e si traccia un secondo segmento di lunghezza Figura 2.7
  • 27. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 18 d e nuovamente si svolta di 90○ nel medesimo verso precedente; e si ripete fino ad aver tracciato 4 segmenti di pari lunghezza, si scopre che il quadrato non si chiude. Nella foto in Fig. 2.7 si osserva una prova effettuata appoggiando su di una semisfera il profilo di un quadrato piano che è stato svuotato della parte inter- na e ridotto a sottile contorno: aperto in un vertice, i suoi quattro lati si so- no, come le striscioline, adagiati su tratti di geodetica conservando rigidamen- te gli angoli retti del quadrato originario ma i due estremi della spezzata non si incontrano. Secondo indizio: il trasporto parallelo Se si cammina lungo un percorso chiuso, per esempio lungo il perimetro di un triangolo, tracciato sulla sfera con archi di geodetica, tenendo in mano un’asta orientata in modo da mantenerne costante la direzione durante l’intero percorso, ovvero in modo che sia costante l’angolo che essa si trova a formare con ciascuno dei tratti di geodetica che lo compongono, quando si ritorna al punto di partenza ci si ritrova con l’asta orientata in una direzione diversa da quella di partenza, a differenza di quanto si verifica percorrendo il perimetro di un triangolo sul piano. Figure 2.8 e 2.9 Trasporto parallelo su una sfera e su un piano a confronto: in entrambi i casi si parte dal punto A e si procede in senso antiorario, ritornando in A Terzo indizio: il cerchio del giardiniere Se sulla superficie della sfera si tracciano circonferenze utilizzando come raggio una fune vincolata in un punto, e se ne misurano poi le lunghezze, si scopre che esse non sono proporzionali al raggio utilizzato secondo il costante rapporto 2π cui la geometria euclidea ci ha abituato. È importante osservare che questi indizi della curvatura sono tali solo agli oc- chi di chi conosce, o ha potuto teoricamente concepire, una geometria del piano: chi avesse solo esperienza della superficie sferica non troverebbe in essi nulla di strano. Ecco perché la formica viene chiamata euclidea ... Nei prossimi paragrafi approfondiamo dunque alcune delle “stranezze” che si presentano all’occhio di chi guarda la geometria sulla sfera avendo presente la geometria euclidea del piano.
  • 28. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 19 Figura 2.10 2.4 Circonferenze sulla sfera Se immersi nella situazione intrinseca della formica si tracciano sulla sfera cir- conferenze concentriche di raggio via via crescente, si osservano alcuni fatti (Fig. 2.10): le loro lunghezze non crescono proporzionalmente al raggio ma cre- scono man mano sempre più lentamente e la loro curvatura si riduce, fino al punto di diventare una linea diritta. Se ci si ostina a far crescere il raggio oltre questa situazione, si osserva un fatto davvero strano: le circonferenze che si ge- nerano, oltre ad avere lunghezze che prendono a decrescere, vanno man mano richiudendosi su un punto che non è più il centro cui è ancorato il raggio che le disegna. È necessario adottare una visione che usi la terza dimensione per rendersi con- to che la circonferenza divenuta rettilinea è una circonferenza massima (l’equato- re) e che le circonferenze successive si vanno chiudendo sul punto antipodale rispetto al centro. Addirittura ci si accorge che una circonferenza sulla sfera ha due possibili cen- tri, tra loro antipodali e due possibili raggi, in genere tra loro differenti. Anche per esplorare il rapporto circonferenza/diametro è utile confrontare le due differenti visioni. Se infatti qualcuno, stando sulla sfera, dopo aver tracciato una circonferenza di raggio r, ne misurasse direttamente la lunghezza, scoprireb- be che il valore ottenuto è minore del risultato 2πr indicato dalla teoria euclidea, ma non saprebbe spiegarne il motivo. Disponendo della terza dimensione si è in grado di capire che la circonferenza di lunghezza calcolata 2πr non è quella disegnata sulla sfera: è invece la circonfe- renza del cerchio di raggio r giacente sul piano tangente alla sfera nel centro del cerchio. Le due circonferenze hanno lo stesso raggio ma non sono sovrapponibili, la seconda è molto maggiore della prima (vedere Fig. 2.11). La circonferenza sulla sfera può allora essere vista (Fig. 2.12) come l’intersezio- ne tra la superficie sferica e un piano. Il suo raggio viene a dipendere dal valore dell’angolo α r∗ = R sin α.
  • 29. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 20 Figura 2.11 il cerchio di cartahalostessoraggiodel- la circonferenza disegnata sulla sfera, ma la sua cir- conferenza non può esse- re portata a coincidere con quella E poiché intanto (gli angoli saranno espressi in radianti) r = R ⋅ α il rapporto tra la circonferenza 2πr∗ e il diametro 2r sulla sfera viene a essere cosı̀ espresso circonferenza diametro = 2πr∗ 2r = 2πR sin α 2Rα = π sin α α . Tale rapporto dipende dunque dal valore di α, entità non valutabile da chi è im- merso in 2D, e, limitandosi a circonferenze su di una semisfera, può variare tra il valore di π, per circonferenze di raggio tendente a zero e dunque su porzioni di sfera assimilabili al piano, e il valore 2 per la circonferenza massima coincidente con l’equatore. Figura 2.12 2.5 Triangoli sferici Tre circonferenze massime che si incontrino due a due generano in totale 23 , ovve- ro 8 regioni triangolari sull’intera sfera. Per concentrarsi su una sola di esse senza
  • 30. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 21 doverne complicare la definizione conviene porsi a lavorare su di una semisfera, dove è sufficiente dire che un triangolo è una regione delimitata dai tre archi di circonferenza massima tra di essi tracciabili: se ne avrà uno solo compiutamente delimitato. Le novità più rilevanti relative ai triangoli sferici possono essere cosı̀ condensa- te: mentre possono esserci sulla sfera triangoli congruenti, la cui congruenza può essere ricondotta a criteri del tutto analoghi ai tre criteri validi nel piano, non pos- sono esserci sulla sfera triangoli simili. Anzi, due triangoli che abbiano i tre angoli congruenti sono essi stessi congruenti. E questo costituisce un quarto criterio di congruenza per i triangoli sferici. Proviamo a capire come ciò sia possibile. Primo fatto: la somma degli angoli interni di un triangolo sferico è maggiore di π radianti. Questa affermazione è immediatamente verificata se si considera, per esempio, un triangolo ABC (Fig. 2.13) che abbia un vertice in un polo C e gli altri due sull’equatore. Figura 2.13 ABC un triangolo sferico con due angoli retti Poiché i due lati CA e CB cadono perpendicolarmente sul lato AB, la somma degli angoli interni è maggiore di π radianti. Si definisce perciò come eccesso angolare ε la quantità di cui la somma de- gli angoli interni di un triangolo sferico sopravanza la somma degli angoli di un triangolo piano ε = (α + β + γ) − π. Il triangolo utilizzato come esempio è particolare, ma la proprietà si manifesta in qualsiasi triangolo. Secondo fatto: la somma degli angoli interni, e di conseguenza l’eccesso angolare, non è costante. È evidente che nello stesso triangolo prima considerato la somma degli angoli interni crescerebbe con il variare dell’apertura dell’angolo in C, la cui ampiez- za, in questa particolare configurazione, viene a coincidere proprio con l’eccesso angolare. Terzo fatto: l’eccesso angolare dipende dall’area del triangolo, è infatti proporzio- nale a essa.
  • 31. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 22 Si dimostra infatti il seguente Teorema (vedere dimostrazione nell’Approfon- dimento che segue): Area(ABC) = εR2 ovvero ε = Area(ABC) R2 dal quale discende che a parità di raggio, e quindi per triangoli appartenenti alla stessa sfera, l’area dipende dal valore degli angoli. Ovvero triangoli aventi angoli congruenti non sono semplicemente simili (proprietà che nel piano consente loro di avere diversa area e diverso perimetro), ma, avendo anche la stessa area, hanno rapporto di similitudine uguale a uno e sono dunque congruenti. La corrispondenza tra area e angoli è proprio la caratteristica più strabiliante dei triangoli sferici, soprattutto se aggiungiamo: Quarto fatto: mediante il trasporto parallelo possiamo valutare l’eccesso angolare. Si dimostra infatti che l’angolo per il quale si trovano a divergere il vettore in partenza con quello che è stato portato lungo il perimetro del triangolo mante- nendo costante la direzione con i diversi lati, è proprio pari all’eccesso angolare (Fig. 2.14). Si apre dunque un’insperata possibilità per la formica che sa di geometria: va- lutare il raggio e dunque la curvatura della sfera su cui abita, provando con ciò che la curvatura è una proprietà intrinseca. Deve invero procurarsi una misura dell’area da tutto ciò indipendente, e, supponendo che vi riesca, potrà ottenere il valore del raggio come R2 = area(ABC) ε . Figura 2.14 Nelle figure si può osservare come il vettore partito dal punto A e trasportato parallelamente in senso antiorario ritorni in A divergendo nei due casi in modo differente, in conseguenza della diversità degli angoli e delle aree dei due triangoli 2.6 Approfondimento Dimostriamo la relazione tra l’area del triangolo sferico e il suo eccesso angolare (olonomia). La relazione tra l’area di un triangolo sferico e la sua olonomia è dimostrabile in modo semplice se si considera l’insieme di lunule che su di esso si intrecciano.
  • 32. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 23 Figura 2.15 Preliminarmente (Fig. 2.15) valutiamo l’area L di una generica lunula di angolo α mediante l’evidente proporzione con l’area dell’intera superficie sferica: L ∶ 4πR2 = α ∶ 2π L = 2αR2 Considerando dunque un triangolo sferico ottenuto dalle intersezioni, due a due, di tre geodetiche c1, c2 e c3 (Fig. 2.16), si osserva che l’area (2πR2 ) della semisfera delimitata dalla geodetica c1 cui il triangolo appartiene può essere espressa (pre- stando attenzione a evitare sovrapposizioni) come somma dei contributi delle tre lunule aventi origine nei tre vertici del triangolo, la cui area indicheremo con A (Fig. 2.17). Figura 2.16 Figura 2.17 I tre contributi 2αR2 + 2βR2 − A + 2γR2 − A
  • 33. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 24 Ovvero 2πR2 = 2αR2 + 2βR2 + 2γR2 − 2A da cui A = R2 (α + β + γ − π) = R2 ⋅ ε 2.7 Il trasporto parallelo: approfondiamo Il trasporto parallelo fu probabilmente introdotto per la prima volta da L.E.J. Bro- wer nel 1906 e poi studiato in modo generale, con gli strumenti della geome- tria differenziale, da Tullio Levi Civita e da Gerherd Hessenberg nel 1917. Qui di seguito ne esaminiamo gli aspetti legati alla geometria sulla sfera. Se, stando in uno stesso punto, di un piano o di una sfera, si fa un giro su se stessi, si compie una rotazione di 2π radianti. Figura 2.18 Nel piano, se anziché ruotare nello stesso punto si cammina lungo un percor- so chiuso, per esempio un triangolo, la rotazione complessiva è equivalente. Se, infatti, per verificarlo si cammina portando in mano un versore (in rosso nella Fig. 2.18, partendo da A) che conservi memoria della direzione di partenza, si constata che in ogni vertice si svolta rispetto a esso di un angolo pari all’angolo esterno e dunque complessivamente: (π − β) + (π − γ) + (π − α) = 3π − (α + β + γ) = 3π − π = 2π. Tornando nel punto A di partenza le due direzioni tornano a coincidere, la ro- tazione compiuta dal vettore verde, direzione di marcia, è pari alla somma degli angoli esterni che, nel caso del piano, è appunto 2π. Effettuiamo la stessa prova su di un triangolo sferico (Fig. 2.19), trasportando dunque come prima un versore che conservi la direzione di partenza e ci consenta di valutare di quanto complessivamente ruotiamo nel nostro percorso. Il versore dovrà mantenere costante l’angolo che si trova a formare con ciascuno dei lati (che, ricordiamolo sono tratti di geodetica e, dunque linee diritte per chi cammina sulla
  • 34. Capitolo 2 ● La geometria sulla sfera 25 Figura 2.19 il versore trasportao da A in senso antiorario, tornato in A forma un angolo delta con la sua direzione di partenza sfera). Sulla figura si parte da A e, percorrendo il triangolo in senso antiorario, si ritorna in A. Come prima, a ogni vertice l’angolo di rotazione tra il versore e la nostra di- rezione si incrementa di un angolo pari all’angolo esterno; quando raggiungiamo il punto di partenza constatiamo però che l’angolo di rotazione totalizzato non è pari a 2π: tra la direzione assunta in partenza dal versore e quella riportata al termine del percorso c’è una divaricazione, la rotazione compiuta è inferiore a 2π di un certo angolo (δ in figura). Questa differenza viene chiamata olonomia del triangolo. Se come prima effettuiamo i calcoli possiamo scoprire perché e qual è l’angolo mancante. La somma degli angoli esterni potrà come prima essere valutata in 3π−(α + β+ γ) ma ora, sulla sfera, la somma è α+β+γ = π+ε e dunque la somma degli angoli esterni 3π − π − ε = 2π − ε è inferiore all’angolo giro proprio di un angolo pari all’eccesso angolare (cioè δ = ε ). Come a dire che, nel camminare lungo un percorso chiuso su di una sfera noi sommiamo alla rotazione evidente e calcolabile dovuta alle svolte intorno ai ver- tici, anche una rotazione nascosta, intrinseca, che accumuliamo passo passo, do- vuta alla curvatura della superficie, rotazione che è proprio quella che abbiamo chiamato eccesso angolare e il cui valore dipende dall’area della figura.
  • 35. Capitolo 3 Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera Nei capitoli precedenti abbiamo assistito alle esplorazioni della formica euclidea sulla sfera e abbiamo condiviso con lei osservazioni e scoperte che sottolinea- no profonde differenze con quanto succede conducendo analoghe esplorazioni sul piano. Ad esempio abbiamo verificato che la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180˚, che i quadrati si comportano in modo strano e sembrano addirittura non esistere: abbiamo poi vissuto le incredibili esperienze del trasporto parallelo, ecc. Viene naturale domandarsi se sia possibile ricon- durre tutte queste esperienze e “stranezze” a una spiegazione matematica chiara, cioè a una teoria matematica che vada al di là dei fenomeni, che dia conto dei perché. Per fare questo è importante capire quali sono le ragioni matematiche profon- de su cui si basa l’edificio della geometria del piano. È pertanto necessario passare dalla geometria intesa quale descrizione del mondo fisico, costituita tipicamente dalle pratiche legate ai problemi della vita di tutti i giorni (calcolare quante mat- tonelle mi servono per piastrellare un pavimento o di quanta vernice ho bisogno per pitturare una stanza) a una teoria matematica che dia ragione di tali pratiche, riconducendole tutte a poche “leggi chiare”. Cosı̀ facendo ci renderemo conto di quali leggi valgano ancora se le interpre- tiamo sulla superficie della sfera e come eventualmente debbano essere modificate per ottenere una geometria del nuovo ambiente, in cui la formica sferica si trovi a suo agio. Il lavoro di elaborazione teorica per la geometria piana fu fatto, come è noto, in epoche diverse in una storia affascinante, che ha ai suoi estremi temporali i nomi di due grandissimi matematici: K Euclide, direttore della biblioteca di Alessandria, intorno al 300 a.C., che sin- tetizza e presenta in un sistema organico e di tipo ipotetico deduttivo (gli Ele- menti) i risultati e le ricerche del pensiero matematico del tempo; K D. Hilbert, che nel 1899 con il volume Fondamenti della Geometria distilla i risultati di una sottile analisi critica del sistema euclideo e lo presenta in una forma assiomatica moderna, ancora oggi insuperata per rigore e profondità. Il sistema hilbertiano non è l’unico. Esistono anche altri sistemi basati su altre idee. Ricordiamo qui quelli elaborati da Peano e dalla sua scuola, in particolare da Pieri, da O. Veblen e da A. Tarski. Nei paragrafi successivi analizzeremo le linee essenziali dell’impostazione eu- clidea e hilbertiana della geometria del piano, scoprendo le leggi che la fondano: approfondiremo cosı̀ quelle conoscenze che meglio potranno guidarci nell’esplo- razione del “nuovo mondo” e dare senso teorico alle nuove esperienze fatte. Arzarello F., Dané C., Lovera L., Mosca M., Nolli N., Ronco A.: Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo. Geometria su sfera, cilindro, cono, pseudosfera DOI 10.1007/978-88-470-2574- 3, © Springer-Verlag Italia 2012 5
  • 36. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 28 3.1 Il sistema assiomatico di Euclide La sua opera Elementi è formata da 13 libri. Nel primo libro troviamo: K 23 termini: definizioni/descrizioni di enti geometrici; K 5 postulati: proposizioni non dimostrate riferite ai termini; K 8 assiomi: proposizioni logiche non dimostrate, che riguardano concetti di tipo generale (per es. l’ uguaglianza); K 48 teoremi: di cui è fornita la dimostrazione. Termini (oρoι) I. punto è ciò che non ha parti; II. linea è lunghezza senza larghezza; III. estremi di una linea sono punti; IV. linea retta è quella che giace parimenti con i punti su se stessa; V. superficie è soltanto ciò che ha lunghezza e larghezza; . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XXIII. parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolun- gate e illimitatamente dall’una e dall’altra parte, non si incontrano tra loro da nessuna delle due parti. Postulati (αιτηματα) I. che da qualsiasi punto si possa condurre una retta a ogni altro punto; II. che ogni retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta; III. si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza (raggio); IV. che tutti gli angoli retti siano uguali tra loro; V. che se una retta, incontrandone altre due, forma gli angoli interni da una stessa parte (la cui somma è) minori di due retti, le due rette, prolungate all’infinito, si incontrino dalla stessa parte in cui sono i due angoli (la cui somma è) minori di due retti. Nozioni comuni (assiomi) (χoιναι εννoιαι) I. cose uguali a una stessa sono uguali tra loro; II. se a cose uguali sono addizionate cose uguali, le totalità sono uguali; III. se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali; IV. se cose uguali sono addizionate a cose disuguali, le somme sono diseguali; V. i doppi di una stessa cosa sono uguali tra loro; VI. le metà di una stessa cosa sono uguali tra loro; VII. cose che coincidono tra loro sono uguali; VIII. il tutto è maggiore della parte.
  • 37. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 29 Come abbiamo detto Euclide fu il primo a proporre una organizzazione delle co- noscenze geometriche in un sistema ipotetico-deduttivo: a partire da un ristretto numero di enti geometrici e di principi (postulati e assiomi), si possono ricavare, con dimostrazioni rigorose e corrette, tutte le altre proposizioni vere (teoremi). Ma nel corso dei secoli lo studio dell’opera di Euclide ha evidenziato la necessità di un maggiore rigore logico in alcune sue parti e una più precisa esplicitazione degli assiomi e dei termini primitivi introdotti. Si è cosı̀ pervenuti a una forma più generale del sistema assiomatico euclideo, detta sistema formale, estendibile anche a ambiti diversi da quello geometrico. In un sistema formale concettualmente la forma è scissa dai contenuti: gli og- getti del discorso, i termini primitivi, sono entità astratte prive di significato, iden- tificate mediante simboli. Le relazioni tra di essi sono espresse in enunciati, detti assiomi, che concettualmente non necessitano di giustificazioni ma che intuiti- vamente hanno un significato condiviso. Le regole della logica governano l’inte- ro sistema e consentono di dedurre dagli assiomi altri enunciati, i teoremi, che approfondiscono sempre più le proprietà dei termini primitivi, nonché di quelli derivati definiti via via. 3.2 I sistemi formali I sistemi formali sono costituiti da: ● Un linguaggio. Esso consta di: a) alfabeto (= elenco di simboli) per: ● oggetti/enti variabili (a, A, α, ...); ● costanti; ● relazioni tra enti (es: congruenza, ordine, uguaglianza, ...); ● simboli logici (¬, ∀, ∧, ∨, ∃); b) sintassi, cioè regole di formazione per generare le espressioni o enunciati tramite gli elementi dell’alfabeto. Di oggetti e relazioni non si fornisce alcuna definizione o significato: si chiamano perciò termini primitivi. Il loro significato è dato implicitamente dagli assiomi. K Assiomi (o postulati), cioè enunciati nel linguaggio della teoria che esprimono proprietà dei concetti primitivi che non sono dimostrate ma evidenti o accet- tate per vere (es. per due punti passa una sola retta), oppure schemi per leggi logiche (per es. A ∧ B → A). K Regole di deduzione, per ricavare enunciati da altri enunciati (per es. il Modus Ponens: da A e A → B si deduce B). K Termini definiti: enti di cui si fornisce definizione tramite i termini primitivi introdotti in precedenza; in tal modo il linguaggio della teoria viene via via esteso. Si noti però che in linea di principio, i termini definiti sono sempre eliminabili in quanto sostituibili con la loro definizione. Inoltre perché una definizione abbia senso occorre, a volte, avere già sviluppato alquanto la teoria.
  • 38. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 30 K Teoremi, cioè enunciati del linguaggio della teoria che sono dimostrati (per esempio in un rombo le diagonali sono perpendicolari). K Dimostrazioni: successioni finite di enunciati, in cui ciascuno è un assioma o un teorema già dimostrato o segue da enunciati che lo precedono nella succes- sione in virtù di regole logiche o di deduzione. L’ultimo enunciato della successione è il teorema dimostrato. A volte il teorema assume la seguente struttura: se ipotesi allora tesi. In questo caso gli enunciati dell’ipotesi possono anch’essi comparire nella dimostrazione senza giustificazione. Utilizzando poi la regola del Modus Ponens sarà possibile ottenere il teorema come ultimo enunciato della dimostrazione. In generale si richiede che: K il numero dei termini primitivi sia minimo; K gli assiomi siano: – i più semplici possibili; – il loro numero sia ridotto al minimo; – complessivamente coerenti, cioè da essi non si possano dedurre enunciati in contraddizione tra di loro (per es. A e non A); – indipendenti, cioè nessuno sia dimostrabile dai rimanenti. Si spera anche che il sistema sia completo cioè che per ogni enunciato E esprimi- bile con il linguaggio si possa dimostrare la validità di E o della sua negazione. Come si può vedere un sistema formale è dunque pura struttura logica, un con- tenitore “vuoto”, pronto a riempirsi di contenuto nel momento in cui si assegna un significato ai termini primitivi. La scelta degli assiomi è cruciale: essi devono essere necessari e sufficienti allo scopo (non di più e non di meno); garantita la lo- ro indipendenza, questi devono permettere di dedurre, con le sole regole logiche, (tutti) i teoremi della teoria. Ed è questo schema che ritroviamo nell’impostazione di Hilbert. 3.3 Un sistema formale moderno per la geometria piana Si tratta di un sistema di assiomi sostanzialmente equivalente a quello di Hilbert, che nei Fondamenti della Geometria in realtà propose un sistema di assiomi per la geometria dello spazio. Con abuso di linguaggio indicheremo come assiomi di Hilbert quelli dell’elenco seguente. Linguaggio Si considerano due insiemi di oggetti: K i punti, che indichiamo con A, B, C, . . .; K le rette, che indichiamo con a, b, c, . . .; e quattro relazioni tra punti e rette: K incidenza (punto-retta);
  • 39. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 31 < ordine (tra tre punti allineati: scriveremo A-B-C per indicare che B è compreso tra A e C); < congruenza tra segmenti; < congruenza tra angoli. Gli oggetti e le relazioni cosı̀ introdotte sono i termini primitivi del sistema. Assiomi 1○ gruppo: assiomi di incidenza K due punti distinti sono incidenti a una e una sola retta; < a ogni retta sono incidenti almeno due punti distinti; < esistono almeno tre punti che non sono incidenti alla stessa retta. Intuitivamente si parla di incidenza di una retta con un punto se la retta passa per il punto, di incidenza di un punto con una retta se il punto appartiene alla retta. Dopo aver dato definizione ai termini segmento, semiretta, angolo e triangolo è possibile enunciare i seguenti assiomi. 2○ gruppo: assiomi di ordinamento < se il punto B sta tra i punti A e C, allora A, B e C sono tre punti distinti di una stessa retta e B sta anche tra C e A; < se A e B sono due punti distinti di una retta, su questa retta vi è almeno un punto C tale che B sta tra A e C; < dati tre punti distinti qualsiasi di una retta, ve ne è uno solo che sta tra gli altri due; < se una retta interseca uno dei tre lati di un triangolo (in un punto diverso dal vertice), essa interseca anche un altro lato del triangolo. 3○ gruppo: assiomi di congruenza < se A e B sono due punti, dato un qualunque punto A′ , si può trovare un punto B′ tale che il segmento A′ B′ sia congruente al segmento AB; < la relazione di congruenza tra segmenti è transitiva; < dati nell’ordine i punti A, B, C e i punti A′ , B′ , C′ tali che AB è congruente a A′ B′ e BC è congruente a B′ C′ allora AC è congruente a A′ C′ ; < dato l’angolo B ̂ AC e una semiretta A′ B′ , di origine A′ , si può sempre trovare un punto C′ tale che B′ ̂ A′ C′ è congruente a B ̂ AC; < se due triangoli ABC e A′ B′ C′ hanno congruenti due lati e l’angolo compreso, essi hanno congruenti anche un secondo angolo. 4○ gruppo: assioma di continuità (Assioma di Dedekind) Si supponga che l’insieme dei punti di una retta l sia l’unione disgiunta A∪B di due suoi sottoinsiemi non vuoti, tali che nessun punto di uno dei due sottoinsiemi sia compreso tra due punti dell’altro sottoinsieme. Allora esiste un unico punto X di l tale che uno dei due sottoinsiemi è una semiretta di l con origine X mentre l’altro ne è il complemento.
  • 40. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 32 5○ gruppo: assioma della parallela Data una retta r e un punto P esterno, esiste al più una retta incidente a P e che non incontra r. Si noti che abbiamo enunciato gli assiomi usando parole prese dal linguaggio matematico (interseca) o di tutti i giorni (incontra) . In realtà tutti gli enunciati so- no rigorosamente esprimibili usando solo i termini ufficiali della geometria e della teoria degli insiemi, nonché i connettivi e i quantificatori. L’uso di un linguaggio informale rende più comprensibili gli enunciati stessi. Un confronto dettagliato tra i sistemi assiomatici di Euclide e di Hilbert è pre- sente nell’Appendice A al fondo del volume. Qui ne mettiamo in evidenza solo alcuni aspetti. K Gli assiomi di Hilbert specificano meglio quelli di Euclide, esplicitando an- che quelle proposizioni che Euclide utilizzava senza enunciarle, dandole per evidenti. Risulta che dagli assiomi di Hilbert si possono dedurre (e con più precisione) tutti i teoremi dimostrati da Euclide, compresi i cinque postulati. K Hilbert nei concetti primitivi della sua geometria parla di punto e retta ma, secondo la teoria formale, senza un significato preciso; essi sono solo nomi, termini di cui non si dà una definizione. Anzi sono gli assiomi a costituire una sorta di loro “definizione implicita”: noi non sappiamo definire una retta, ma la possiamo “conoscere” tramite i suoi assiomi, che ne specificano le caratteri- stiche. Ognuno ne può pensare una concretizzazione materiale, un modello, purché questo modello soddisfi (renda veri) gli assiomi relativi. Vediamo allora di precisare il concetto di modello. 3.4 Modelli di un sistema assiomatico Un sistema formale, pura forma e struttura, si anima, diventa descrizione di una qualche realtà, nel momento in cui lo si interpreta, ossia nel momento in cui si assegna un significato ai termini primitivi. A loro volta gli assiomi, che ne de- scrivono le proprietà, acquistano un significato e possono risultare veri o falsi nell’interpretazione. Si dice modello di un sistema assiomatico ogni interpretazione dei termini primitivi tale che gli assiomi risultino veri. Per interpretazione intendiamo quanto segue: K si considerano due insiemi non vuoti di oggetti nei quali si interpretano i con- cetti primitivi “punto” e “retta”: ogni enunciato farà riferimento a questi ogget- ti; K si considerano delle relazioni tra gli oggetti dei due insiemi: su di queste si interpretano le relazioni primitive del linguaggio della geometria (incidenza, ordine, congruenza). Sono possibili modelli diversi per la stessa teoria.
  • 41. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 33 Esempio Consideriamo la cosiddetta “geometria di incidenza”: è un sistema formale i cui termini primitivi sono punti, rette e relazione di incidenza, mentre gli assiomi sono solo quelli del primo gruppo (assiomi di incidenza). Diamo una interpretazione ai termini primitivi e verifichiamo che gli assiomi risultano veri: abbiamo cosı̀ creato un modello di tale geometria. Modello 1 “punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C}; “retta” → uno degli elementi dell’insieme di coppie non ordinate di punti {(A; B), (B; C), (C; A)}. Rappresentiamo tali coppie con segmenti tratteggiati, anche se ne consideriamo solo gli estremi. Figura 3.1 Assioma 1. Esiste ed è unica la retta per due punti dati → per es. dati i punti A e B esiste un’unica “retta” (A; B). Assioma 2. Per ogni retta esistono almeno due punti su di essa → per es. per la “retta” (B; C) esistono due (e unici) suoi punti B e C. Assioma 3. Esistono almeno tre punti che non appartengono alla stessa retta → valido per A, B e C. Con le interpretazioni date abbiamo verificato che gli assiomi sono veri, quindi abbiamo un modello di tale teoria. Proviamo ora a verificare se in esso vale l’assioma della parallela (non essendo incluso negli assiomi ora è un possibile teorema): data una retta e un punto esterno esiste ed è unica la retta passante per il punto e parallela alla retta data → dati la “retta” (A; B) e il punto C non è possibile tracciare una “retta” per C che non passi anche per A o B. In questo modello l’assioma della parallela non è valido. Modello 2 “punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C, D}; “retta” →uno degli elementi dell’insieme di coppie di punti{(A; B), (A; C), (A; D), (B; C), (B; D), (C; D)}. Assioma 1 → per es. dati i punti A e B esiste un’unica “retta” (A; B). Assioma 2 → per es. per la retta (B; C) esistono due (e unici) suoi punti: B e C. Assioma 3 → valido per qualunque terna di punti. Abbiamo un altro modello per la “geometria di incidenza” (Fig. 3.2).
  • 42. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 34 Figura 3.2 Vale l’assioma della parallela? Sı̀: per esempio per la “retta” (D; C) e il punto A esiste la parallela (A; B) e analogamente per tutte le altre rette e punti. Modello 3 “punto” → uno degli elementi dell’insieme di punti {A, B, C, D, E}; “retta” → uno degli elementi dell’insieme di coppie di punti che si possono otte- nere con i cinque punti dati. Figura 3.3 Assioma 1 → per esempio dati i punti A e B esiste un’unica “retta” (A; B). Assioma 2 → per esempio per la retta (B; C) esistono due (e unici) suoi punti: B e C. Assioma 3 → valido per qualunque terna di punti. Abbiamo un altro modello per la “geometria di incidenza”. Vale l’assioma della parallela? No, per esempio per la “retta” (D; C) e il punto A esistono due parallele: le rette (A; B) e (A; E). Analogamente per tutte le altre rette e punti. I tre modelli precedenti sono stati creati scegliendo un diverso universo di og- getti (tre, quattro o cinque punti) a caratterizzare i termini primitivi. Avendo dato un significato ai termini indefiniti (punto, retta e relazione di incidenza), abbiamo potuto valutare (nei tre casi in modo sempre positivo) la veridicità degli assiomi. Tutti e tre sono modelli per la geometria di incidenza. In essi succedono cose strane secondo la nostra esperienza euclidea (per esem- pio, non esistono segmenti) e non in tutti vale l’assioma della parallela. Ma le stranezze riguardano solo il confronto tra il modello specifico e il nostro senso comune: l’importante è che l’esistenza di un modello prova la coerenza del siste- ma assiomatico considerato (ovvero della teoria che esso costituisce), cioè il fatto che dai suoi assiomi non sia possibile dedurre una contraddizione.
  • 43. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 35 Lo stesso Euclide non è lontano da questo modo di vedere; infatti nelle sue di- mostrazioni non usa le definizioni ontologiche dei suoi termini. Esse non hanno un ruolo nello sviluppo formale della geometria euclidea; aiutano solo a vederne un significato intuitivo. Le parti importanti della costruzione assiomatica sono la logica del sistema, le interrelazioni tra gli enti di cui essa parla, non l’inter- pretazione particolare che se ne può dare. Quindi gli assiomi e i teoremi non diventano accettabili perché rispettano il significato dei concetti primitivi, ma al contrario sono i concetti primitivi che si adeguano nel loro possibile significato alle proprietà richieste dai postulati. È stato invece proprio il fatto di mettere in primo piano il significato dei termini primitivi suggeriti da Euclide che ha deter- minato nel tempo lo sviluppo di una geometria ritenuta l’unica vera, visto che i suoi assiomi erano verificati nell’unico modello, il piano, proposto e accettato. Le altre geometrie, con altri assiomi e con diversi teoremi derivanti da essi, risulta- vano strane, “sbagliate” rispetto all’usuale significato dato ai termini primitivi, ma erano comunque delle teorie coerenti. L’aspetto di coerenza o non contraddittorietà di una teoria è quindi centrale e il concetto di modello permette di esplicitarne il significato. Il legame tra modelli e teoria si presenta molto interessante. Vediamone ancora alcuni aspetti. K Un teorema è un enunciato dedotto logicamente dagli assiomi. Ma nel modello gli assiomi sono validi, e siccome la deduzione conserva la verità, ogni enun- ciato dedotto logicamente risulta vero. Cosı̀ ogni teorema della teoria risulta vero in ogni suo modello. K Se di una teoria si è trovato almeno un modello, si è dimostrata anche la sua coerenza: infatti non potrà mai succedere di derivare una contraddizione, cioè un enunciato del tipo F e nonF. Tale enunciato dovrebbe infatti risultare vero nel modello; ma ciò non è possibile in quanto nel modello o vale F o vale nonF ma non entrambi. K Un enunciato vero in un modello non è necessariamente un teorema. Infatti se un enunciato F di una teoria risulta vero in un modello ma falso in un al- tro modello della stessa teoria, allora né l’enunciato né la sua negazione sono teoremi dimostrabili nella teoria e la teoria è detta non completa. K Una teoria è detta invece completa se per ogni enunciato F esprimibile nel lin- guaggio della teoria, o F o nonF è un teorema; cioè ogni enunciato è dimostra- bile o confutabile. La teoria che contempla solo gli assiomi di incidenza non è completa perché abbiamo visto che esiste un enunciato (quello della parallela) che non è dimostrabile in essa (visto che risulta valido nel secondo modello ma non nel primo e nel terzo). K L’assioma della parallela non è una conseguenza degli assiomi di incidenza, non è da essi dimostrabile, cioè è da essi indipendente. In conclusione con la presenza di un unico modello si escluderebbero le con- clusioni appena illustrate per la geometria di incidenza: la teoria risulterebbe completa e coerente.
  • 44. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 36 K Gli assiomi di Hilbert (e quindi la geometria euclidea) hanno un solo modello, il nostro usuale piano cartesiano R2 . La teoria è cioè categorica (una teoria assiomatica è categorica se tutti i suoi modelli sono isomorfi, cioè se ha un solo modello, a meno di isomorfismi). Questo risultato è conseguenza dell’assioma di continuità di Dedekind: per formulare l’assioma di Dedekind occorre pas- sare a un linguaggio in cui sia esprimibile la quantificazione su tutti gli insiemi di punti sulla retta (si dice che è un linguaggio logico del secondo ordine), di- versamente dal linguaggio necessario per esprimere tutti gli altri assiomi (che è un linguaggio del primo ordine). Questo è un risultato generale (teorema di Löwenheim-Skolem), rimanendo al primo ordine, se una teoria ha un modello infinito questo non è unico (cioè la teoria non è categorica). Riassumendo, la geometria euclidea nella formulazione data da Hilbert risulta essere completa, coerente, categorica e formata da assiomi indipendenti. 3.5 La geometria sulla sfera è euclidea? Le riflessioni sui fondamenti di una teoria assiomatica, e in particolare sui fon- damenti della Geometria del piano, che ci hanno impegnato nei paragrafi prece- denti, avevano lo scopo di fornirci gli strumenti più appropriati per rispondere in modo rigoroso alla domanda focale di tutto il nostro discorso: è possibile co- struire un modello del sistema assiomatico di Euclide/Hilbert, interpretando sulla superficie sferica S i termini primitivi, ovvero sostituendo a punti e rette del pia- no i loro corrispondenti sulla sfera? Le relazioni tra di essi, ovvero gli assiomi, conservano la loro validità? Limiteremo il discorso considerando solo alcuni dei termini e degli assiomi che abbiamo introdotto precedentemente. Più precisamente vedremo come in- terpretare in S: K i punti e le rette; K le nozioni di angoli e di rette perpendicolari; K le proprietà di ordinamento della retta; K le nozioni di segmento e di semiretta; e testeremo la validità, in particolare, dei postulati I, II e V. Di norma faremo prima il confronto tra il mondo di S e il sistema euclideo; se del caso faremo riferimento alla sistemazione hilbertiana per effettuare alcune puntualizzazioni più fini. Poiché sarebbe arduo per la formica, pur volenterosa e sapiente, rispondere in modo immediato ed esauriente disponendo della sola visione intrinseca, surro- gheremo le sue osservazioni con quelle a noi consentite dalla più globale visione che lo sguardo “dal di fuori” ci offre. 3.5.1 Termini o concetti primitivi Punti I punti sulla superficie sferica sono quelli che appaiono tali tanto agli occhi della formica quanto agli occhi dell’osservatore esterno: i punti su S hanno
  • 45. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 37 la stessa interpretazione data loro sul piano. L’osservatore esterno può essere in più consapevole del fatto che a ogni punto è associabile un altro punto in posizione antipodale, simmetrico cioè rispetto al centro della sfera. Rette Le vie diritte, le geodetiche, tracciate dalla formica nel suo cammina- re, sono apparse ai suoi stessi occhi come linee chiuse, che percorse in qualsiasi direzione la riportano allo stesso punto di partenza. La strisciolina e l’elastico, applicati dall’esterno, hanno confermato tale osservazione e hanno consentito di precisare che tali linee diritte e chiuse sono le circonferenze massime. Dunque: La visione globale dall’esterno consente inoltre di costituire un primo legame tra i punti e le rette: ogni circonferenza massima può essere associata a una coppia di punti antipodali, i “poli”, di cui diviene la “retta polare” o “equatore”. 3.5.2 Postulati e concetti derivati Quando parliamo di postulati ci riferiamo alla formulazione di Euclide, quando parliamo di assiomi a quella di Hilbert. I Postulato È un punto cruciale: che si possa condurre una linea retta da un punto a ogni altro punto, oppure nella formulazione di Hilbert: due punti distinti sono incidenti (appartengono a) una e una sola retta. Ovvero: esistenza e unicità della retta per due punti. E sulla sfera? Per l’esistenza non ci sono problemi, le due visioni concordano: per due punti sulla sfera si può sempre tracciare una geodetica. L’osservatore in 3D può consolidare la sua visione con la certezza che i due punti dati, se qual- siasi, assicurano, con il centro della sfera, l’esistenza di un solo piano che interseca la sfera lungo una ben precisa circonferenza massima che li inclu- de. Non è cosı̀ per l’unicità, la visione della formica è necessariamente locale e, solo se pensasse di lasciare una qualche traccia del suo passaggio, potreb- be accorgersi che tutte le geodetiche che dipartono da un punto, oltre che ritornarvi, si incontrano in uno stesso altro punto non visibile dal primo. Come a dire che se i due punti sono antipodali l’unicità non sussiste. Con il soccorso della terza dimensione noi possiamo constatare che due punti antipodali determinano, con il centro, una retta, asse di un fascio di piani che intersecano la sfera in un’infinità di circonferenze massime.
  • 46. Dalla geometria di Euclide alla geometria dell’Universo 38 Figura 3.4 Per due punti anti- podali passano infinite ‘‘rette’’ (cioè circonferenze massime) Quindi il Postulato non è valido sulla sfera. Risultano d’altra parte verificati il secondo e terzo assioma di incidenza (a ogni retta appartengono almeno due punti ed esistono tre punti che non appartengono alla stessa retta). Concetti derivati Angolo: Euclide distingue (termini VIII e IX) tra angolo piano e angolo rettilineo. Nel primo caso i lati sono linee piane, nel secondo sono linee rette. Inoltre (i lati) non giacciono in linea retta implica che non possono essere uno il prolungamento dell’altro e quindi non sono ammessi angoli piatti. Gli angoli, per Euclide, sono minori di un angolo piatto: nella sua trattazione non utilizza mai tale termine, bensı̀ quello di “due angoli retti adiacenti”. Sulla sfera, localmente, l’angolo, delimitato da due tratti di geodetiche pas- santi per un punto, racchiude, come nel piano, una parte di superficie. E come nel piano è possibile variarne l’ampiezza, con una rotazione tra i lati, fino al valore equivalente all’angolo giro. In una visione globale però ci si Figura 3.5 Due ‘‘rette’’ determina- no quattro lunule o biangoli
  • 47. Capitolo 3 ● Euclide, Hilbert e la geometria sulla sfera 39 accorge che sulla sfera un angolo determina sempre una parte di superficie limitata. Infatti, due “rette” che, intersecandosi in un punto, si intersecano necessariamente anche nel suo antipodale, ripartiscono la superficie sferica in quattro lunule, o biangoli: porzioni di superficie limitate, che hanno per confini due lati “rettilinei” di uguale lunghezza, che formano, nei due verti- ci, due angoli di uguale ampiezza (misurata, dall’osservatore esterno, come rotazione tra le proiezioni dei lati sul piano tangente nel vertice) (Fig. 3.5). Rette perpendicolari: (termine X) quando una retta innalzata su un’altra retta forma gli angoli adiacenti uguali tra di loro, ciascuno dei due angoli è retto, e la retta innalzata si chiama perpendicolare a quella su cui è innalzata. Si afferma con ciò l’esistenza, mentre due teoremi (n. 11 e 12 del primo libro) assicurano poi l’unicità della perpendicolare a una retta data. E sulla sfera? Esistenza: è possibile trasferire la definizione euclidea sulla sfera. La for- mica può considerare due geodetiche che intersecandosi formino quattro angoli retti e l’osservatore esterno aggiungerà che, globalmente, le due cir- conferenze tra loro perpendicolari ripartiscono l’intera superficie in quattro lunule di uguale ampiezza, caratterizzate da angoli retti. Se una delle due cir- conferenze può essere vista come un equatore, la perpendicolare diventa un meridiano passante per un suo punto. Unicità: non è trasferibile sulla sfera. La formica potrebbe sfruttare la colla- borazione di una sua simile. Se partissero da due diversi punti dell’equatore camminando perpendicolarmente a esso, finirebbero prima o poi per in- contrarsi in un punto che l’osservatore esterno giudicherebbe essere un po- lo. E proprio lo stesso osservatore constaterebbe che, poiché da ogni punto dell’equatore è possibile tracciare un meridiano, e tutti i meridiani conver- gono nei poli, si può in generale dire che tutte le “rette” perpendicolari a una stessa “retta”, l’equatore, passano per due punti antipodali. Dunque l’unicità della perpendicolare per un punto a una “retta” è assicurata solo se il pun- to non è un punto speciale, non se si tratta cioè di uno dei poli relativi alla “retta” considerata. Figura 3.6 Per il punto P passa una sola perpendicolare all’equato- re, nel punto Q convergono le due perpendicolari condotte da A e B