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E NCICLOPEDIA E I N A UD I [ 1 9 8 2 ]
ENUNCIAZI ONE
Gian Paolo Caprettini — ENUNCIAZIONE pag.4
Oswald Ducrot — ATTI LINGUISTICI p ag . 9
DICIBILE/INDICIBILE pag.20
ENUNCIAZIONE p ag. 3 0
PRESUPPOSIZIONE E ALLUSIONE pag.45
REFERENTE p ag.5 8
9I Enunciazione
Enunciazione 90
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dicibile/indicibile
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avanguardia Enunciazioned' grammatica classico
/ concetto l analogia e metafora lessico critica
/ esistenza l argom entazione lingua filologia
essere interpretazione bello/brt/gtt/ t
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lingua/parola letteratura
fenomeno linguaggio creatività
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fermaastratto/concreto rnctrica / mpressione
poetica
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alfabeto retorica
identità/dilferenza ~ proposifiione egiudizio y mnso/significato i gusto
ascolto
mediazione traduzione l imltszloilc
opposizione/contraddizione umversalijparticolari
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, gesto immaginazione anthropos
lettura progetto cultura/culture
qualità/quantità atti linguistici "' i/ luogo comune etnocentrismi
totalità dicibile/indicibile ' ,j,'rf',brnlé/scritto
>riproduzione/riproducibilità /
discorso sensibilità, / natura/cultura
uno/molti
decisione ununciastitme comunicazione parola e spazialità r a+jerrore fit!Iio rdistribuuone statistica
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informazione scrittura artigianato
giochi referente narrazion%Sàtmhvità
etica I artista'VOCC acculturazioneinduzione statistica sti/e / attribuzionefilosofia/álosofie / civiltàprobabilità tema/moùvu /ragione antico/moderno /
oggetto
futurorappresentazione statistica testo
razionale/irrazionale catastrofi calendario / i produzione artistica
teoria/pratica selvaggio/barbaro/civihzzato
soggetto/oggetto ciclo /decadenza
armonia /
uguaglianza evento escatologia colore
melodia escrementi
caos/cosma valori periodizzmione età mitiche diaegna/PrOgetta u
fertilitàritmica/metrica
curve e superfici infinito vero/falso tempo/tempornlità genesi abbigliamento visione nas 'tnascita educazione
scala
geometria e topologia macrocosmo/microcosmo volontà passato/presente canto sensi generazioni
invariante mondo progresso/reazione suono/rumore 1 infanzia coltivazione
alchimia
corpo
tonale/atonale sessualità
natura storia danza cultura materiale
astrologia atlante vecchiaia morte
osservazione maschera amare industriarurale
cabala collezione
moda
d 'desi erio
vita/morte
deduzione/prova reale materiali
elementi documento/raonumento
equivalenza unità armi credenze ornamento eros
esoterico/essoterico fossile
prodotti
isteria clinica
ditfcrenztate tormalizzazione frontiera dialetto scena
memoria
funzioni pulsione angoscia/colpa cura/normalizzazione
logica guerra enigmarovina/restauro
infinitesimale soma/psiche castrazione e complesso esclusione/integrazione
possibilità/necessità analisi/sintesi imperi fiaba
censura farmaco/droga fuoco
locale/globale nno/sogno
referenza/verità anticipazione funzione nazione mostro cannibalismo identificazione e transfert foiba/dehno homo
sistemi di riferimento ricorsività ipotesi misura tattica/strategia popolare dèi
inconscio medicina/medicalizzazione mano/manufatto
stabilità/instabilità matematiche modello proverbi divino
alienazione nevrosi/psicosi normale/anormale tecnica
variazione metodo struttura tradizioni eroi
coscienza/autocoscienza piacere salute/malattia utensile
centrato/acentrata teoria/modello
demagogia iniziazione
combinatoria
immaginazione sociale discnnunazione sintomo/diagnosimagia
grafo
pace repressione demoni
ateo messia alimentazione
applicazioni terrore divinazione agonismo
labirinto
serv%ignore miùennio casta animale
assioma/postulato caso/probabilità chierico/laico cerimonialeuomo tolleranza/intolleranza mit%ito cucina
continuo/discreto rete chiesa donna
causa/elfetto
persona festautopia tortura
diavolo
mythos/fogna
puro/impuro endogamia/esogamia domesticamento
dipendenza/indipendenza abaco certezza/dubbio feticcioviolenza
eresia
origini fame
divisibilità algoritmo
religione
coerenza gloCO famiglia
libertino incesto vegetale
dualità approssimazione convenzione sogno/visione lutto
categorie/categorizzazione libroinsieme calcolo
stregoneria maschile/femminile
determinato/indeterminato regalità
conoscenza matrimonio
razionale/algebric%rascendente numero empiria/esperienza
peccato rito
coppie filosofiche ela
simmetria
parentzero esperimento
sacro/profano
disciplina/discipline santità borghesi/borghesia caccia/raccolta
totem
strutture matematiche legge donoenciclopedia burocrmia economia uomo/donna
trasformazioni naturali/ categorie libertà/necessità eccedenteinnavazione/scoperta cbassi formazione economico sociale
metafisica
controllo/retroazione insegnamento contadini lavoro pastorizia
natural«/artificiale
energia invenzione consenso/dissenso ideologia modo dl produzione primitivo
operatività egemonia/dittatura reciprocità/ridistribuzione
analogica/digitale equilibri%quilibrio rappresentmione proprietà
paradigma
interazione ricerca intellettuali
automa proktariato riproduzione
previsione e possibilità
intelligenza artificiale ordine/disordine sistematica «classificazione libertà rivoluzione transizione
riduzione
abbondanza/scarsità
maggioranza/minoranza
macchina organizzazione bisogno
ripetizione partiti
programma semplice/complesso consumoscienza politica
simulazione sistema apprendimento amministrazione ccumulazione impostaspiegazione
strumento soglia autoregolazione/equilibrazione capitale lusso
rificabilità/fafsificabi/ità cervello comunità
vincolo comportamento cognizione conflitto crisi oro e argento
e condizionamento induzione/deduzione consuetudine costlnlalonc
élite distribuzione pesi c Inlsnfc
controllo sociale innat%cquisito diritto democrazia/dittatura fabbricagergo produr ione/distribuzione
astronomia emozione/motivazione istinto giustizia gl'Uppo gestione ricchezza
cosmologie atomo e molecola mente operazioni istituzioni marginalità imperialismo scambio
gravitazione conservazione/invarianza percezione tvsponsabilità potere opinione impresa spreco
luce entropia quoziente intellettuale potere/autorità povertà mercato
materia pubblico/privata
fisica propaganda merce
spazio-tempo atmosfera cellula Società civile
litosfera
forza/campo ruo1%tatus moneta
adattamento difierenziamento abitazione • tnào
moto socializzazione pianificazione
oceani evoluuione immunità acqua
particella società profitto
pianeti mutazione/se/adone individualità biologica ambiente rendita
sole
plasma Spazio sociale
polimorfismo Città salario
propagazione
integrazione
universo specie invecchiamento clima utilità
quanti ecumene
relatività
organismo valore(plusvalore
insediamento agricoùura
reversibilità/irreversibilità
regolazione
catahsi migrazione città/campagna
stato fisico
sviluppoemorfogenesi
macromolecole PSCSsgglo colonie
metabolismo popolazione cotmliclclo
omeostasi regione industria
ereditàorganico/inorganico risorse spazio economico
gene suolo sviluppo/Sottosviluppo
vita
genotipo/fenotipo terra
razza tcrrltotlo
sangue villaggio
z07 Enunciazione
Enunciazione intorno alle quali informa e che in termini generali costituiscono il suo +refe
Atti linguistici, Dicibile/indicibile, Enunciazione,
rente+; quanto alla relazione con gli ascoltatori essa riguarda la poetica e la re
Presupposizione e allusione, Referente
torica, quanto alla relazione con le cose essa riguarda la filosofia giacché confuta
il falso e dimostra il vero.
Si presentano in tal modo due ordini di problemi : il rapporto del linguaggio
con l azione (in primis il contesto nella costruzione di un messaggio) e il rappor
1>
x. Li n gua, azione e realtà. to del linguaggio con la realtà (nella fattispecie la significazione determinata dal
segno in se stesso) ; le strategie messe in opera nella comunicazione rendono con
Nel considerare la distribuzione nello spazio di questa Enciclopedia delle aree to del gioco fra queste componenti, fra ciò che il messaggio è in se stesso e ciò
~>crtinenti al linguaggio si dovrà seguire una traiettoria che interessa la zona com che è per chi lo formula da un lato e per chi lo riceve dall'altro.
]>resa fra logica e discorso, ossia dalle frontiere tra matematica e filosofia (re In tre modi, secondo san Tommaso, si può essere sollecitati dalle parole di
i'<.ronza/verità e poi proposizione e giudizio ) a quelle, meno cospicue, tra let un altro: t ) con l'invito a prestargli attenzione (a tal fine è destinata l'oratio
t< rc e arti (stile e poi espressione). vocativa) ; z) nell'intento di avere una risposta (a tal fine è destinata l'oratioin
Una traiettoria pressoché identica verrà considerata, nel prendere in esame terrogativa, a cui si riduce la dubitativa) ; g) per spingere a compiere un'azione;
il linguaggio in azione, o meglio, se si vuole, «quel che si fa nel dire qualcosa» si tratta allora di un'oratio che viene qualificata a seconda di quello che Aristo
(Austin) ; in tal caso la strada da seguire è quella che porta da argomentazione a tele avrebbe chiamato il «carattere» della persona a cui è indirizzata : imperativa,
lingua/parola e competenza/esecuzione, dall'area del segno a retorica, discorso, se si tratta di un inferiore, optativa se si tratta di un superiore: in quest'ultimo
stile. B in gioco, infatti, il patto che sta alla base (anche quando è infranto) caso la massima forza illocutiva che può proporsi l'atto di parola è quella di
<lcll'attività locutoria di due o piu parlanti e che Aristotele nelle prime pagine manifestare i desideri di chi lo proferisce.
della Retorica indicò come la fiducia che proviene dal discorso (e, andrà aggiun Le parole, quindi, per il fatto stesso di essere indirizzate a qualcuno, si pre
«>, «non da un'opinione precostituita sul carattere dell'oratore» [x g56a, 8-<i]). sentano caricate di un'indicazione preliminare, l'atteggiamento del parlante, che
Il dire comporta, e talora determina, una responsabilità, un impegno a pro è «attivo» in quanto tende all'affermazione della propria persona, e quindi al
~><>sito di come si dice e di quel che si dice: ridotto ai minimi termini tale im conseguimento dei suoi propositi, ed è «passivo» in quanto tende a controllare
1>
~>cgno si configura come quello proprio di un comportamento, in particolare di l «imporsi della persona altrui»; nella cornice «agonistica» disegnata da Terra
<in comportamento — quello linguistico — che implica una scelta, cioè si presen cini, in anni non lontani dagli affascinanti rilievi di Bachtin, la «lingua come
i > come la soluzione di un problema. dialogo» si muove nel campo di tensione disegnato dalla presenza di due di
Accade dunque qualcosa per il fatto stesso di proferire qualcosa, poi per il stinte polarità soggettive e discorsive, l'enunciatore e l'enunciatario, che pos
l',<ito che chi parla trasmette un contenuto (riferendosi a e predicando di ), poi sono sintonizzare sulla base di una mutua accettazione del loro ruolo, anche
]>crché il locutore produce degli effetti su chi lo ascolta: quest'ultimo non ne provvisorio, e del senso che l'enunciato organizza in significati frasali accetta-,
«:.ssariamente è il destinatario o il destinatario prescelto. In un'interazione co zione che e fondata sulla compresenza di un codice linguistico comune ma che
<»<micativa di tipo dialogico, ad esempio, è iinportante stabilire chi sono i par potrà anche promuovere trasformazioni in quel sistema se esse verranno assun
<ccipanti; questi possono non essere delimitati dal locutore o dall'oggetto del te da successive interpretazioni. L'enunciazione non è quindi una pura e sem
<liscorso e possono anche variare nel corso dello scambio ; in effetti, si pensi che plice esecuzione.
<[u;dcuno può ascoltare senza che gli interlocutori sappiano o desiderino che quel
cl>c essi dicono lo interessi o perfino senza che si accorgano della sua partecipa
zi<>ne; inoltre può accadere che chi parla (A) decida di far credere che sia B il z. Enunciazione, enssriciato,soggettività.
su<> destinatario quando invece è a C, anch' egli presente, che è diretto il suo
<liscorso, secondo una traiettoria tipica delle allusioni. Quando si parla di+enunciazione+ è in realtà in gioco, come avvertiva già,
Si riaffacciano cosi, in termini piu complessi, le considerazioni di Aristotele nel solco dell'insegnamento saussuriano, Charles Bally cinquant' anni or sono,
s<ill;i retorica, secondo cui il discorso è costituito da tre elementi: da colui che una coppia di termini inerenti alla «comunicazione del pensiero» nel campo del
~»ria, da ciò di cui si parla e da colui a cui si parla; nella retorica, in quanto « fa linguaggio: da una parte il risultato concreto del processo di rappresentazione,
«>ltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere», «il fine quello che Bally designava, in termini logici, come dictum, dall'altra parte l'«in
i >ivolto a quest'ultimo, all'ascoltatore» [Retorica, 1355b, 25-26; z358b, r-z]. granaggio principale» che determina l'esistenza della frase, ovvero il modus,la
Analogamente l'allievo Teofrasto sosteneva che il discorso ha una duplice rela modalità, complementare del dictum, di «attualizzare» il pensiero.
zi<>nc, una con gli ascoltatori, ai quali significa qualche cosa, l'altra con le cose Non è difficile riconoscere in queste due polarità i membri della coppia enun
Sistematica locale 209 Enunciazione
ciat%nunciazione, ma è opportuno immediatamente far intervenire, insieme a zione questa decisamente coraggiosa, soprattutto da parte di un filosofo. Ba
Bally, la distinzione fra «soggetto pensante» e «soggetto parlante» esprimenti sterà confrontare la trattazione fornita da Oswald Ducrot nel presente grup
rispettivamente il «pensiero personale» e il «pensiero comunicato»; si tratta di po di articoli con le convinzioni di John R. Searle, cosi influenti in certe aree
una distinzione che nella linguistica piu recente ha prodotto, quanto almeno di studi, per rendersi conto che, benché esista un accordo terminologico di mas
ai problemi affrontati nel presente gruppo di articoli, un primo schema di rife sima fra Ducrot e Searle (un testo, costituito di piu frasi provviste di un signi
rimento atto a individuare nell'enunciazione ciò che il soggetto, enunciando un ficato, si realizza in un discorso, costituito da enunciati provvisti di un senso),
pensiero, «dà come suo» benché «gli sia estraneo»(Bally), abbozzando cosi utili le prospettive linguistiche e filosofiche sugli atti linguistici fanno si che, per chi
riflessioni sul lavoro strategico del locutore con e sulla lingua. si muova da Saussure, i due «lati », testo e discorso, siano legati indissolubilmen
Anche la distinzione fra situazione dell'enunciato e situazione dell'enuncia te, il secondo essendo realizzazione del primo ; per chi parte invece da posizioni
zione (e fra i relativi soggetti e tempi), promossa, nella linea dell'opposizione de filosofiche, nonostante i notevoli avvicinamenti realizzati (come conseguenza del
scritta da Benveniste fra histoire e discours,dalla scuola di Culioli, riflette questa chomskysmo, ma non solo di quello), non si potrà non osservare che in que
esigenza critica che intende valutare il messaggio in riferimento sia al codice st'ultime prevale — come in Searle — l'attenzione verso il parlante ; la competen
che ne ha permesso la strutturazione sia alle modalità, non soltanto applicative za che si descrive, e cosi l'esplicitazione delle sue regole, è quasi sempre la com
di quel dato codice, che ne hanno reso possibile la effettiva messa in atto. petenza del parlante; l'ascoltatore è il polo attrattivo, destinatario in senso eti
Nel classificare fin dal z9y6 gli enunciati in dichiarativi o constativi da una mologico, verifica delle aspettative del parlante, dei suoi successi e insuccessi ;
parte e performativi dall'altra, il filosofo inglese John L. Austin procedeva in che il linguaggio serva a comunicare, insomma, è fattore secondario.
realtà all'individuazione di distinti aspetti del linguaggio, il primo volto all'atto Ritornano alla mente le osservazioni di Emile Benveniste a proposito della
puro e semplice di «dire qualcosa»(atto locutorio), il secondo relativo all'ese soggettività nel linguaggio riprese in occasione della recensione di un interven
cuzione di un vero e proprio atto nel dire qualcosa. Si è trattato inoltre di distin to di Austin al Convegno di Royaumont del '58; se pure vanno accettate le ri
guere fra certe modalità che si presentano nel dire (incitare, consigliare, ordina serve espresse da Ducrot nell'articolo «Atti linguistici» in questa stessa Enci
re...) dotate di un certo valore, di una certa forza illocutoria, e le conseguenze clopedia () 2.2), non si potrà non riflettere sul valore particolare attribuito da
perlocutorie determinate sui pensieri e le azioni dell'uditorio. Su questa base è Benveniste al pronome io e contemporaneamente sul fatto che Austin dichiara
possibile procedere all'analisi del ruolo degli enunciati in una situazione comu che condizione perché verbi performativi, come promettere, scusarsi..., esprima
nicativa, considerandoli appunto come atti compiuti dal parlante; ma si dovrà no la forza illocutoria di un enunciato è che devono essere alla prima persona
anche precisare che in questi atti avviene qualcosa di notevolmente eterogeneot
singolare, presente indicativo, forma attiva; l'io, nota Benveniste, riferendosi al
non foss altro perché alcune regole si riferiscono all'atto stesso di emettere il l'atto di discorso individuale nel quale è pronunziato e designando il parlante,
messaggio, altre all'assetto «grammaticale» dell'enunciato e del discorso cui ap viene usato soltanto nel rivolgersi a qualcuno ; esso, ponendo una persona, pone
partiene, relativamente a ciò di cui si parla e a ciò che su di esso vien detto, al una reciproca relazione con un tu e fonda cosi linguisticamente la soggettività
tre ancora inerenti agli «effetti della comunicazione» in dipendenza delle in e le possibilità dell'intersoggettività. «Tutto ciò che si può voler dire può essere
tenzioni del mittente e che quindi «in senso stretto vanno al di là di questa» detto», Searle; «Il linguaggio è organizzato in modo da permettere a ogni par
(Leonardi). Per tenerci a Searle, andranno appunto distinti quattro tipi di +at lante di appropriarsi dell'intera lingua designandosi come io», Benveniste. Os
ti linguistici+: a) l'atto del proferire o atto enunciativo, b) l'atto proposizionale servazioninon molto lontane fraloro sesipensa che è in fondo una certateoria
(suddiviso in riferimento e predicazione), c) l'atto illocutivo, d ) l'atto perlo linguistica della responsabilità e della volontà a fondarle. Benveniste aveva ri
cutivo. conosciuto, indipendentemente da Austin, che il performativo ha una capacità
E evidente che la coppia enunciat%nunciazione trae origine dalla celebre peculiare, quella di riferirsi a una realtà che costituisce esso stesso; i due assi
opposizione che Saussure stabili fra langue e parole eanche dalle due distinte di riferimento, anone e realtà, annunziati all'inizio di queste note, trovano nel
accezioni di parole: essa, oltre a indicare i fatti concreti di lingua, indispensabili performativo considerato da Benveniste un terreno comune. Il performativo è
perché la langueesista e si stabilisca, indica pure, per Saussure, il complesso di insieme manifestazione linguistica in quanto è pronunziato, e fatto di realtà in
elementi psicofisici che intervengono in concreto tutte le volte che le entità lin quanto si pone come un atto. Esso non enuncia semplicemente un'azione ma la
guistiche finite e invariabili costituite in codice sono soggette all'azione di un compie nell'atto stesso di enunciarla.
parlante. Si pensi, anche solo molto sommariamente, per quel che riguarda l'italiano,
In questa linea, e per il fatto che, secondo Searle, tutto ciò che si può voler al verbo scusarsi: anzitutto si dovrà distinguere fra l'atto di scusarsi che si rife
dire può essere detto (la barra della coppia +dicibi1%ndicibile+ dipenderebbe risce a ciò che si dice e quello che si riferisce a ciò che si fa; inoltre, fra le scuse
dalle decisioni del parlante — «voler» — subordinate però a condizioni prelimi relative a ciò che si è appena detto o compiuto ovvero a ciò che si sta per dire
nari — «si può»), lo studio degli atti linguistici è studio della langue.Dichiara o fare. Può accadere che la locuzione «Scusatemi» sia indirizzata a qualcuno (si
2II Enunciazione
Sistematica locale
2IO
pensi al contesto di una riunione) per avvertire che si sta per compiere un azio
alla determinazione della persona, nel solco anche della vasta e incisiva ricerca
ne: quell'enunciato sarà proferito da chi si sta per alzare dal suo posto e andar
di Emile Benveniste.
sene(a tale proposito interverranno quelle proprietà del carattere dell'oratore di
L'impressione generale, al di là degli orientamenti delle scuole, alcune piu
cui diceva Aristotele e, a seconda del suo ruolo, quella frase avrà semplicemente
«sociologiche» altre piu « linguistiche», è che tutti questi siano, per usare un'e
una funzione dichiarativa oppure piu spiccatamente performativa). Il sintagma spressione di Siegfried J. Schmidt, «importanti lavori preliminari » sul versante
«Scusami» può anche segnalare che si postula nel destinatario un qualcosa di
di quella che i linguisti di Costanza hanno definito « teoria dell'esecuzione» (Per
cui ci si vuole scusare che il destinatario però non si attende affatto ; in tal caso
formanztheorie, nella linea della piu vasta Rezeptionstheorie che caratterizza fin
«Scusami» ha una funzione puramente enfatica in cui non è in gioco la credibi
dagli anni '6o gli interessi di quella scuola) ; prima di poter giungere a una sod
lità e che può essere ascritta a quella che i retori chiamarono praemunitio. «Mi
disfacente «teoriadel testo», già decisamente avanzata per merito soprattutto
scusi» può allora equivalere a un deittico, oppure, secondo una procedura di
di Petofi (per cui si rinvia, in questo stesso volume, alle pp. 677-85), il pro
« falsa modestia», può equivalere a «Mi lasci fare quanto sto per fare», facendo
gramma di ricerca, come appunto avvertiva Schmidt una decina d'anni fa, è di
intervenire in tutti i casi l'attenzione non tanto sull'oggetto del discorso quan
delineare una teoria della produzione dei testi comunicativi sia nel campo di
to piuttosto sulla presenza stessa del locutore e sulla sua legittimità a fare (o a Inanifestazione del discorso «a viva voce» sia in quello della poetica e della let
teratura, che non gli è poi cosi estraneo, e non solo perché la lingua è il sistema
dire). modellizzante primario di un racconto letterario. Il fatto, piuttosto, è che raccon
tare comporta l'effettuarsi, come ha ben mostrato Greimas, di un programma
3. Dall'interazione comunicativa ai limiti del dire. di trasformazione che investe diversamente l'identità e il ruolo dei personaggi
e che anch' essa si fonda su una teoria dell'azione, vale a dire sullo studio delle
In un atto linguistico occorre che vengano tenuti presenti diversi fattori
unità componenti il contenuto della narrazione in funzione dell'operato dei per
componenti. Anzitutto, per quel che riguarda l'atto del proferire, esso comporta
sonaggi. E questo un terreno d'incontro fra sociologia, etnoletteratura, lingui
formule che segnalano che il locutore è pronto a parlare(le espressioni « fàtiche»,
stica testuale nel quadro di un'impostazione semiotica: potrà essere allora pro
del tipo «Pronto, chi parla?», indicate da Jakobson) e quindi che è attivabile il
duttivo il convergere di concetti come «motivo», frame, isotopia; oppure ma
canale di trasmissione del messaggio; leggermente diverse le formule che si ri
crostruttura e «tema», in cui continua a percepirsi una netta eterogeneità del
feriscono alla disponibilità a proseguire nel dire che dipendono tanto dalla vo
testo come complesso coerente con le sue componenti elementari che paiono ri
lontà del mittente quanto da un consenso, anche tacito, del destinatario; talora
spetto ad esso piu o meno incommensurabili : il testo non è una somma di frasi,
certe forme deittiche assumono funzione fàtica, di avviamento al dire: «Ecco
non è unasomma di segni (ad esempio sarebbe utile affrontare il problema del
mi!» è una di queste, se la situazione prevede che chi si annunzia debba prende
«cambiamento», come intervento sui mondi possibili che genera differenza tra
re la parola al suo arrivo, perché, ad esempio, è giunto il suo turno.
stati e tempi, nei termini di una ricerca dei «confini» fra la descrizione di un'a
D' questi ultimi tratti relativi all'organizzazione strategica del dire, soprat
zione e di quella che segue, relazionando sintassi a unità costitutive del conte
tutto nell'interazione «faccia a faccia», si sono occupati studiosi statunitensi ( ra nuto, senza perdere di vista il concetto di «cronotopo» bachtiniano).
gli altri il gruppo diretto da Harvey Sacks) ; è stato preso in esame il ruolo par
I processi di+enunciazione+ che si stabiliscono al suo interno e che ne sor
ticolare della conversazione fra i sistemi linguistici di scambio, i modi mediante
reggono il discorso — si pensi soltanto al ruolo delle descrizioni o dei dialoghi
i quali si mettono a punto le identità nella comunicazione dialogica, i vari tipi
interiori, tanto per fare due esempi a caso — concorrono in maniera determi
di cooperazione rappresentati dalle situazioni di etichetta, i diversi criteri di
nante a distribuire in modo qualitativo, con addensamenti ed espansioni, con
analizzabilità delle storie a partire dalla capacità di riconoscere descrizioni (in trazioni e messe in rilievo, il senso all'interno del testo; di ciò si è ben reso conto
termini strettamente linguistico-stilistici è il problema della parafrasi ), gli aspet
'l'eun A. van Dijk tentando un abile ricamo di psicologia cognitiva, universali
ti sequenziali, vale a dire co-testuali nella terminologia di Petofi, caratteristici
percettivi e grammaticali, semantica generativa; ma la sua « teoria dell'azione»
dei racconticoncatenati presentati in una conversazione, ecc. ecc. Se queste
è ancora debole, come lungi dall'essere risolto è il campo di utilizzazione e di
indagini traggono la loro strumentazione concettuale e operativa dalla sociolo
pertinenza della pragmatica nella linguistica. L'epistemologia che sorregge que
gia americana dei piccoli gruppi e del comportamento interpersonale (Goffman ste ricerche — non si tocca qui il ricco contributo di Petofi che mostra, fra l'al
soprattutto ), in Europa, soprattutto in Francia, è fiorente una corrente di studi
tro, l'infondatezza nel quadro testuale della tripartizione morrisiana della semio
debitrice soprattutto nei confronti degli studi di pragmatica e di retorica che ha
ticaa —silimita ancora a definire la letteratura un sistema comunicativo «comples
elaborato procedure relative allo studio delle parafrasi nella prospettiva delle
so»; come rileva Schmidt, la teoria della comunicazione letteraria può essere ri
operazioni enunciative, delle strategie della persuasione, delle tecniche relative
dotta a quanto segue: teoria degli atti di comunicazione letteraria e degli oggetti
all'orientamento dialogico cioè alla corretta sequenzialità di battute e risposte,
degli stati di cose, della +presupposizione e allusione+ e delle conseguenze che
Sistematica locale 2I2 2I3 Enunciazione
«hanno importanza per questa comunicazione». Nemmeno è sufficiente rirnar suaAssiomatica delle scienze del linguaggio (Die Axiomatik der Sprachwissenschaf
care la non-pertinenza dell'opposizione vero/falso in enunciati di tipo letterario, ten, I933), riecheggianti la distinzione humboldtiana fra ápyov e svrpyem, Karl
quando semmai è piu utile riflettere sul modo in cui al loro interno sono costrui Biihler volle assimilare il comportamento linguistico a un'attività manipolatrice
i i i mondi possibili e le loro coerenze verso l'interno e verso l'esterno. nella quale ci s'impegna con le «cose corporee»: anche il linguaggio è «diretto
Nulla si potrà dire sulle operazioni linguistiche nel testo letterario se si tra verso una meta», verso qualcosa che va raggiunto. La ricerca linguistica secon
scurerà la distinzione e insieme il gioco fra la «certezza filologica» del testo da do Biihler non può limitarsi a considerare il parlare «scaturigine» di ogni stori
una parte e dall'altra il dialogo fra testo e lettore, la «coscienza di essere altri» cità ma deve approdare a una teoria dell'«attività del parlare» (Sprechhandlung).
(llachtin) ; campi e momenti di cui il primo è linguisticamente accertabile, il L'attività, intesa in senso psicologico, a detta dello stesso Biihler, è propria
secondo è apparentemente non presente nella struttura di superficie di un testo di chi intende progettare ; egli spunti del filosofo portano decisamente verso una
c potràsoloin parte essere ripristinato in base a informazioni co-testuali,come teoria del racconto, mettendo l'accento sulle strategie comunicative poste in es
se fosse un dire implicito che allude a qualcosa; i suoi margini di attendibilità sere col linguaggio. È l'attuale teoria dei frames(da Minsky a Goffman a Eco )
infatti spettano all'interpretazione dell'operatore — autore, lettore o critico — e a essere annunziata dalla «storia d'azione» (Aktgeschichte) che tratteggia Bùhler ;
non possono ridursi alle possibilità che il testo può, piu o meno allusivamente, e non sarà un caso che uno dei suoi esempi sia letterario : il progetto di Raskol'ni
segnalare. kov e la sua lenta preparazione, dall'«affiorare» dell'idea sino all'azione concre
Ne discende un carattere particolare dell'enunciazione nel testo letterario, tata nel dramma.
relativa al ruolo svolto da chi dice «io», autore, narratore, personaggi, e dipen Che poi altre indicazioni di Biihler vadano verso la teoria giuridica della vo
dente dal fatto che li è la lingua a far esistere la realtà e a costruirla, nonostante lontà (Radbruch, I9o3) è indice della decisiva importanza, anche nel linguag
tutte le deroghe, a sua immagine e somiglianza; a maggior ragione, quanto ai gio, dell'aspetto della responsabilità, che ad esempio le analisi dell'argomenta
prodotti in questione, per il teatro, che è «istituzionalmente vincolato al processo zione condotte da Perelman hanno poi ampiamente trattato. In Italia la pre
di enunciazione» (Serpieri) ; in effetti il testo drammaturgico non esiste — senon fazione di Norberto Bobbio alla traduzione del Traité de l'argumentation(1958,
in forma molto parziale — al di fuori di un effettivo contesto pragmatico in cui scritto da Perelman in collaborazione con Lucie Olbrechts-Tyteca) costituisce
l'azione, l'evento, assumono la dimensione del parlato e in cui i limiti+dicibi non soltanto un'azzeccata iniziativa editoriale ma anche un'autorevole confer
le/indicibile+ sono l'«orizzonte» del fare piu che del dire; nel teatro anche il ma di tale quadro e una traccia per chi, studiando gli atti linguistici — come fra
mostrare, il far vedere, il rappresentare è sostenuto dal linguaggio: nulla può gli altri hanno recentemente osservato Leonardi, Mortara Garavelli, Sbisà —, è
essereesibitoche non siadetto ;se esprimere è,come sostiene Ducrot, costruire stato giustamente colpito dalle scarse dichiarazioni d'autore (anche di ispirazio
l'immagine di una cosa, vi sono situazioni —in primis quelle teatrali, ma anche ne liberai come Searle) sul versante politico del discorso, pur cosi finemente
altre delle scene quotidiane del dire — in cui è impossibile separare il pensiero anatomizzato.
da ciò che esso pensa. Il che non significa che gli enunciati-schermo non dica Lontana dall'«infatuazione» come pure dallo «scetticismo», stigmatizzati da
no: le loro condizioni di felicità dipendono da un limite, da una scommessa e Bobbio, l'analisi del discorso come atto può sottrarre definitivamente il linguag
non da una mediazione. gio alla considerazione che lo vuole puro e semplice strumento e lo rende cosi
funzionale tanto alle mire dell'intolleranza quanto alle pastoie dell'indifferen
za. jc.i.c.].
Uolontà e responsabilità.
Riflettendo sommariamente sui problemi fin qui considerati, si dovrà dire
che il compito del linguista (e del semiologo) sarà quello di valutare come un Austin, J. L.
[rgss] Hom to DoThingswtth words, clarendon Press, oxford xg6r. (trad. it. Marietti, To
enunciato costruisce i suoi possibili eletti, secondo criteri di coerenza, cono l'1110 1 974).
scenza intertestuale e congruenza con la situazione ; ne sarà indipendente, come Bachtin, M. M.
già avvertiva Benveniste, la valutazione dei risultati effettivamente ottenuti da [xgxg-py] Es t etika slmresnogo tvorcestva,Iskusstvo, Moskva r apo.
gli+atti linguistici+, anche se permane un rompicapo, per dirla con Bever, riu Bally, Ch.
scire a rendersi conto di come i meccanismi di percezione, apprendimento e co 1944 Linguistique générale et linguistique franratse, Francke, Bern xg»4 (trad. it. Il saggia
noscenza su cui sono basati molti aspetti del linguaggio vadano a integrarsi co tore, Milano x oyr ).
stituendo una «base cognitiva» comune in quel comportamento umano che è la Henveniste, E.
comunicazione. x»66 Problèmes delinguistique générale,voi. I, Gallimard, Paris (trad. it. Il saggiatore, Milano
'97~).
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Atti linguistici
r. A t t i locutiei e perlocutivi.
L 'opposizionetra dire (Xkystv) e fare (vcpxzwstv) faceva già parte dei luoghi
comuni della civiltà, della letteratura e, in parte, della lingua greca. Al punto che,
in molti testi, l'espressione «Egli ha detto» tendeva ad essere intesa, se non era
immediatamente precisata, come «Egli non ha fatto» ; uno dei temi consueti della
retorica politica ateniese consisteva appunto nel mostrare che, contrariamente
agli altri, non soltanto si era detto, ma anche fatto. Questo modo di concepire la
parola come negazione implicita dell'azione ha i suoi fondamenti nella natura
del linguaggio. Infatti, molti psicologi e linguisti sono concordi nel descriverlo
come un comportamento «sostitutivo» la cui originalità consiste in primo luogo
nel risparmiare un'azione. Nominare e descrivere un oggetto dispensa dal mo
strarlo, a volte persino dal produrlo. Interrogare evita di scomodarsi personal
mente per andare avedere. Inoltre,informare una persona di una situazione
consente di scaricare su questa le responsabilità che ne derivano. D'altronde è
pressoché certo, ed è comunque una «evidenza» della nostra civiltà, che la possi
bilità di mentire, inerente alla parola, l'oppone radicalmente all'azione, che non
mente (o che mente soltanto quando vuole imitare la parola e si presenta co
me segno o indizio: faccio questo, quindi sono questo). In realtà, poiché ogni
azione è creazione o trasformazione di un oggetto, la simulazione si manifesta
immediatamente, denunziata dall'esistenza o dall'invarianza dell'oggetto. Per
contro, èfondamentale per laparola ch'essa avvenga nel vuoto. Se, per esem
pio, si tratta di descrivere una cosa, ciò ha normalmente un senso nella misura in
cui questa non è vista dall'interlocutore. Ne consegue che le condizioni che ren
dono ragionevole l'uso della parola fanno sl ch' essa possa anche trarre in in
ganno. Ad un'azione quasi costretta alla sincerità — dal momento che per aver
luogo deve iscriversi in un oggetto esterno — si oppone cosi una parola conti
nuamente minacciata dalla menzogna: nella maggior parte dei casi, infatti, la
sua ragion d'essere è la rappresentazione di ciò che è assente, e quindi il dame
testimonianza. Agire su ciò che non esiste non è agire; dire ciò che non esiste è
ancora dire.
Tuttavia, se è vero che uno degli scopi essenziali delle parole consiste nell'e
vitare certe azioni, ciò non toglie che questo costituisca, a sua volta, un'azione di
tipo particolare. la razionalizzazione della pratica umana è sempre consistita
nell'invenzione di nuove azioni che fanno diventare inutili le altre. Bisogna per
ciò domandarsi se il tipo di sostituzione che caratterizza la parola non possa
essereconsiderato anch'esso come un'azione ese, in questo caso, non costituisca
una categoria ben precisa, nel senso che differisce dalle altre soltanto per la par
ticolare natura (fonica o scritturale) delle sue manifestazioni esteriori. Chiamia
mo azione (o atto) qualsiasi attività di un soggetto che ha lo scopo di produrre un
certo cambiamento della realtà, cambiamento che dev' essere distinto da quello
Atti linguistici tx8 i I9 Atti linguistici
ch' essa realizza in quanto attività, È quindi possibile parlare di azione ogni qual Se si accetta di considerare l'enunciato come un oggetto prodotto, si è por
volta si può distinguere tra un certo gesto, considerato come puro movimento, tati ad attribuire il carattere di atto a tutta una parte dell'attività psicofisiologica
e un risultato esterno scopo di questo gesto. Se si ammette questa definizione, legata empiricamente all'enunciazione, quella appunto necessaria per la produ
l'attività linguistica può essere considerata, per molti aspetti, un'azione. zione dell'oggetto stesso. Essa corrisponde a ciò che Austin [ i96i, t96z ] ha chia
È un'azione prima di tutto nel senso che è orientata verso la produzione di mato «atti locutivi» e costituisce il tema principale delle ricerche in psicolin
un oggetto, da essa distinto nella misura in cui un prodotto è, per definizione, guistica. Essa include l'attività fisica necessaria alla costruzione di un enunciato
distinto dal lavoro che l'ha generato ; che l'oggetto sia un testo scritto o una suc verbale o scritto, ma comprende anche l'insieme delle operazioni intellettuali,
cessione di suoni, in entrambi i casi esso è il risultato di un precedente processo molto complesse, inerenti all'uso di un codice grammaticale : non si tratta infatti
psicofisiologico. D'altro canto sembra lecito — nonché necessario per poter appli soltanto di giustapporre fra di loro parole o morfemi, bensf di sceglierli in quelle
care la nostra definizione — considerare il testo o la sequenza fonica come uno categorie la cui combinazione è permessa dalle regole sintattiche, e, in moltissi
degli scopi intenzionali del processo. Per dimostrarlo (dal momento che questo me lingue, di «accordarli » reciprocamente in base alle funzioni che assumono in
punto va giustificato, anche se di solito lo si considera evidente), si deve insistere queste combinazioni. Bisogna poi aggiungere tutte le operazioni propriamente
sull'idea che il senso è veicolato, almeno dal punto di vista di chi parla, dal segno semantiche, poco conosciute, che consentono di prevedere il valore semantico
materiale prodotto. Certo, afFinché un enunciato diventi interpretabile, bisogna globale della frase a partire dal significato dei vari elementi che la costituisco
tener conto della situazione S nella quale appare ; ma il senso ottenuto, X, si pre no e, infine, di prevedere, tenuto conto di questo valore semantico della frase,
senta come quello dell'enunciato. X non è il senso di S in relazione a E, e nem quello che riceverà in risposta quando sarà enunciata in una particolare situazio
meno è il senso della coppia (S, E), ma il senso di E nella situazione S : per de ne. È evidente, d'altronde, che l'ordine nel quale queste operazioni sono state
terminare, per esempio, a cosa si oppone X, cioè fra quali possibilità semantiche elencate è ampiamente arbitrario, e che il problema di sapere come esse si susse
è stato scelto, non lo si paragona al senso X' che avrebbe avuto E in altre situa guano nell'attività linguistica concreta rimane aperto. A che punto si situa, per
zioni S', S", ecc., ma a quello che avrebbero avuto, in S, altri enunciati E', E", esempio, la scelta dello schema sintattico? A che punto interviene la considera
ecc. Né è l'attività svolta per la formazione dell'enunciato ad essere portatrice del zione della situazione? E quest'ultima agisce, come si è ipotizzato, soltanto una
senso (il significante), anchese,come la situazione, essa va spesso presa in con volta che la frase è dotata di un significato globale, indipendentemente dalle con
siderazione per poter giungere ad un'interpretazione. Certo, se si vuole deter dizioni del discorso? Oppure essa modifica in primo luogo il valore semantico dei
minare il senso della parola M in E è spesso necessario chiedersi perché il locu componenti della frase > E quali sono i legami tra i processi in base ai quali il lo
tore l'abbia scelta, preferendola a M', M", ecc. ; ricostruire cioè il lavoro di sele cutore concepisce il senso da trasmettere e quelli che lo spingono a costruire l'e
zione per scoprire il senso di ciò che è stato scelto. Ma, anche in questo caso, è nunciato destinato a trasmetterlo? Problemi questi che rimangono ancora in
la parola stessa, cioè l'elemento dell'enunciato, che il locutore considera signifi sospeso.
cativa. Soltanto negli usi marginali del linguaggio (generalmente di tipo umori Può darsi però una seconda accezione dell'espressione «atti linguistici»:
stico) l'atto di scegliere è presentato come di per sé significativo. quella alla quale pensava Austin quando parlava di atti «perlocutivi». L'uso di
L'enunciato, insomma, in quanto significante, può essere considerato co un enunciato o di una sequenza di enunciati da parte di un locutore può avere
me lo scopo perseguito attraverso l'attività psicologica da cui deriva, e pertanto infatti delle conseguenze per le persone(destinatari o ascoltatori ) che ne prendo
tale attività può essere considerata come un atto. (Si noti che la tesi qui presen no conoscenza, e può essere motivato, per il locutore, dal desiderio di provocare
tata è effettivamente una tesi, non un'evidenza : molti linguisti la rifiuterebbero, tali conseguenze. Per esempio, si può comunicare un fatto a qualcuno per metter
assumendo come supporto del senso l'attività psicologica, di cui l'enunciato è, lo alcorrente, per farglisapere che sene è alcorrente,per fare in modo che rea
secondo loro, il puro e semplice effetto meccanico. Per esempio, è in questo sen gisca, per infastidirlo se si ritiene che il fatto gli risulterà spiacevole, oppure per
so che vanno intese le ricerche di Gustave Guillaume, fondate sull'idea che l'ele fargli piacere.. ecc. D'altra parte, va precisato che queste azioni possono riguar
mento significativo fondamentale è l'insieme delle operazioni necessarie alla co dare altre persone e non il destinatario dell'enunciato. Parlando a X, si può in
stituzione dell'enunciato, cioè dei procedimenti nozionali relativi ai vari siste fatti cercare di produrre un effetto su Y, che assiste al dialogo senza parteciparvi.
mi, lessicali e grammaticali, messi in opera, oltre ai «tagli» operati in essi dalla Forse èproprio luiche sivuole mettere alcorrente,oppure che deve vedere co
mente ; ogni taglio in un sistema conduce alla scelta di uno dei suoi elementi, la me si tratta X. Oppure ancora : ciò che interessa può essere la reazione di un cer
sequenza degli elementi scelti costituisce l'enunciato. In questa prospettiva, to Z,che non assistealla conversazione, ma al quale essa sarà riferita;può anche
l'enunciato non è tanto un prodotto, nel senso artigianale e finalistico del termi darsiche sisappia ch'essa glisarà riferita in modo inesattoe ciò che sicerca è
ne, quanto piuttosto un risultato o, meglio, una traccia, un effetto. Fa parte in proprio l'effetto che produrrà su di lui questa versione infedele della conversa
somma di ciò che Guillaume chiama «le langage effectif », contrapposto a quello zione. L'esame di questa infinità di intenzioni possibili permette di considerare
«puissanciel »). come un atto una nuova parte dell'attività psicologica legata all'enunciazione,
I zo I 2I Atti linguistici
Atti linguistici
quella che ha indotto a scegliere il senso di cui l'eriunciato utilizzato è portatore
Pe l t d ll t p
(piu esattamente: di cui è portatore nella situazione in cui è impiegato
). situazione), dalla previsione perlocutiva de l' ff t t' h
È evidente che la nozione di atto perlocutivo implica un'ipotesi che, pur es
P"du" à ( n h . q- t - - - u . " " d. ll" ; . „ ;. . . ) O
sendo difficilmente evitabile, rimane comunque un'ipotesi, proprio come quella
immaginare casi in cui i due movimenti s'intersecano. Supponiamo che un enun
che sta alla base della nozione di atti locutivi. Supponiamo di poter analizzare
ciato (pereseinpio:Vi auguro buon divertimento) sia passibile di due interpreta
la produzione di un enunciato in due fasi distinte e teoricamente successive:
z ioni i' e i" d ov'" ( ove i è l interpretazione «diretta» Desidero che siatefelici, e i"
'interpretazione «ironica» Prevedo che avrete molte noie). Può accadere che la
I ) La scelta di un certo senso destinato a produrre questo o quell'effetto nei sce ta tra i' e i" si fondi soltanto sul loro eventuale effetto sul destinatario. Cosi,
destinatari, diretti o indiretti, dell'enunciazione. se risulta in qualche modo evidente che il locutore intende dissuadere il destina
z) La scelta di un enunciato capace, nel momento in cui si parla, di tra
tario dal fare ciò che ha in mente , oppure avere nei suoi confronti un comporta
smettere questo senso. mento sgradevole, s'imporrà l'interpretazione i" la i ' di, a piu atta a are questi risul
tati. In altre parole, per determinare qual è il senso (locutivo ) dell'enunciazione,
Si avrebbe cosi il seguente schema: ci si deve in primo luogo interessare degli effetti (perlocutivi) ch' essa può avere.
ppure, piu semplicemente, per sapere ciò che il locutore vuoi dire, biso na in
Situazione nanzi tutto sapere quel che vuole fare. Si affermerà la stessa cosa —ponendosi
Atto Enunciato però stavolta dal punto di vista di chi parlerà — dicendo che il progetto erlocuti
Atto Senso
perlocutivo scelto locutivo scelto vo spiega non solo perché egli cerca di trasmettere un certo senso piuttosto che
un altro, ma anche erché sce l'p ' g i e ,per poi trasmetterlo, quel particolare enun
ciato.Intenzione
del locutore
Nonostante queste difficoltà non si può non ammettere, in un modo o in un
altro, la distinzione tra locutivo e perlocutivo. I lt , '
È indubbiainente facile trovare un gran numero di casi-limite in cui la pre
com licarlcomp icarla, ispirandosi, d'altronde, alle indicazioni dello stesso Austin. Che la
cedente distinzione appaia poco convincente. E questo il caso, quasi ovvio, del
istinzione sia indispensabile diventa innegabile se si pensa che la parola fa
l'enunciato che comporta certe parole, ingiurie per esempio, il cui valore seman
parte della categoria generale dell'azione umana, o, piu esattamente, dell'azione
tico non sembra possa essere dissociato dall'effetto che producono. Sembra qui
n a e (i c e e r esto è proprio della riflessione linguistica dall'antichità
che l'intenzione di colpire chi ascolta determini direttamente la costruzione del
in poi, e sembra, almeno, riflettere una scelta operata dalle civiltà che da questa
la frase: l'atto perlocutivo è allo stesso tempo un atto locutivo. Piu in generale si
antichità derivano). L'azionestrumentale presenta infattila caratteristica dise
può dire che esiste nella maggior parte delle lingue un certo numero di coppie i
parare la preparazione dei mezzi dalla loro utilizzazione per un certo fine. Ciò fu
cui termini si distinguono esclusivamente per il fatto che uno ha valore peggio
espressogiàda Platone quando paragonava l'arte deltessitore,che siserve della
rativo,mentre l'altro è neutro (cfr.,in francese, coppie come bou
ffer(manager, spo a,a quella delfalegname, che la fabbrica [Cratilo 8 d - d . S ' h
téméraive/audacieux, douceatrefdoux, puévil/enfantin, se trainer(aller lentement).
s etta alspetta atessitoreindicare laforma da dare allaspola perché essa siaperfetta
È possibile, per spiegare come mai uno di questi termini sia stato preferito all'al
mente adattaalsuo sco o le t c 'p, ecniche da utilizzare per ottenere tale forma sono
tro, richiamarsi a un senso locutivo, eventualmente distinto dall'effetto cercato?
di nertinenza del al
' p '
fa egname. Basta applicare alla costruzione dei singoli atti di
Per risolvere questa difficoltà, certi linguisti introducono nella descrizione del
parola la metafora di Platone (che ha lo scopo di far capire la costruzione della
le parole peggiorative un «tratto semantico» particolare che chiamano «disfo
lingua), per essere indotti a distinguere tra atto perlocutivo, che determina ciò
rico» o«sfavorevole», al quale conferiscono lo stesso statuto dei trattiseman
che dev'esseretrasmesso e atto locutivo, che concepisce un enunciato capace di
tici che designano caratteri oggettivi («umano», «animale», «materiale», ecc.
). trasmetterlo. Allo stesso modo, nell'elaborazione di un manifesto pubblicitario
Ma ciò non equivale forse ad assimilare proprietà completamente differenti,
è teoricamente possibile distinguere il ruolo del venditore, che indica quale tipo
relative ora a ciò che gli oggetti sono, ora al modo in cui noi reagiamo nei
i argomento sarà piu efficace sulla clientela, da quello dei pubblicitari e dei gra
ci, i quali cercano il modo migliore di presentare l'argomento stesso.
loro confronti?
Si può sollevare un secondo tipo di obiezione contro la distinzione di Austin.
'esempio della pubblicità suggerisce d'altra parte una risposta alla seconda
Si è già osservato che la scelta (locutiva) di un enunciato per trasmettere, in una
obiezione nei confronti della distinzione austiniana. Accade spesso, infatti, in
data situazione, un certo senso, implica l'esame della situazione, il cui risultato
questo campo, di servirsi come mezzo di espressione della conoscenza che il de
semantico sull'enunciato dev' essere previsto nel momento in cui si parla. Un'i
stinatario già possiede circa i fini del messaggio. Cosi, è capitato di vedere un
potesi che sta alla base della distinzione austiniana consiste nel fatto che si possa
manifesto che rappresentava un frigorifero accompagnato, oltre che dal nome
Atti linguistici I ZZ r23 Atta hnguxstxcx
della marca, da questa semplice didascalia: «Non osiamo dirvi il suo prezzo». Di
ampliarlo, e le due scelte sono entrambe connesse all'introduzione di un nuovo
per séquesta frasepotrebbe portarebenissimo adue opposte interpretazioni,una
tipo di atto linguistico, quello che Austin chiama «illocutivo».
delle quali risulterebbe molto pericolosa : a) Non osiamo perché il prezzo è troppo
alto, oppure b) Non osiamoperché non cicredereste,tantoè basso.T uttavia lasitua
zione stessa della frase in un manifesto che si presenta come pubblicità, cioè
Atts sllocuttvs
come argomento pervendere, costringe a considerare soltanto l'interpretazione
conforme allo scopo: il confessare l'intenzione perlocutiva fa allora parte della z.x. Agire «nella» parola, agire «per mezzo della» parola.
tecnica locutiva, È lo stesso processo notato piu sopra, e che costituisce uno dei
meccanismi piu usati nella comunicazione umana. Al limite si dovrebbe dire che
Supponiamo che un locutore X rivolga a un destinatario Y una certa doman
la funzione perlocutiva dell'atto linguistico rappresenta non già un'eccezione,
da (peresempio. Quando verrà a P arigiPietro'), e che X, in questo modo, abbia
bensi una costante, e forse addirittura una norma : un'enunciazione che non ser
'intenzione di mettere in imbarazzo Y, costringendolo a confessare di non esse
ve a nulla è considerata assurda. In tal modo il destinatario non solo subisce,
re al corrente di quel che fa Pietro. In questo esempio, X compie, rispetto a Y,
ma prevede anche le intenzioni del locutore, mentre quest'ultimo, a sua volta,
almeno due diversi atti linguistici: da un lato quello d'interrogare d 11' lt
può integrare quest'anticipazione nelle sue tecniche espressive. Ciò indubbia
que o, conseguente, di mettere in imbarazzo, Per distinguere questi atti, nonIl
mente complica lo schema precedente, togliendogli il suo carattere lineare,
soltanto nella loro modalità, ma anche nella loro natura, Austin chiama il secon
ma non rimette assolutamente in discussione l'idea che ne è alla base, cioè
do «perlocutivo», mentre definisce la domanda un atto «illocutivo», intendendo
la distinzione fra locutivo e perlocutivo. Si arriva pertanto alla seguente rap
con ciò che l'azione non è ottenuta, in questo caso, per mezzo della parola (by
saying), ma che essa è inerente alla parola, ha luogo in essa (in saying). Come
presentazione : caratterizzare questa differenza che Austin ha segnalato e designato, ma non
Situazione
completamente reso esplicita?
Un rin primo punto da notare, che assumerà tuttavia il suo pieno valore soltanto
Senso Atto EnunciatoAtto una volta collegato agli altri, riguarda il tipo di trasformazione operata dalle due
perlocutivo scelto locutivo scelto varietà di atti. Nel caso dell'atto illocutivo, si tratta sempre di una trasformazio
ne di tipo giuridico, della creazione di diritti o doveri per i partecipanti all'atto
Intenzione linguistico. Dire che X ha interrogato Y equivale ad affermare, in prima appros
del locutore simazione, che il suo enunciato Quando verràa Parigi Pietro? obbligava Y a un
particolare comportamento, catalogato come comportamentodirisposta (in se
guito, si sostituirà «obbligava» con «pretendeva obbligare»). Se non si fa interve
La freccia che è stata aggiunta ha come punto di partenza l'insieme dei primi
nire 1 idea di un obbligo di risposta imposto al destinatario, l'enunciato non è
tre momenti e come punto d'arrivo la casella «Atto locutivo». Essa significa che,
piu, a voler essere precisi, capito come una domanda, ma solamente come il sin
tra gli input presi in considerazione dall'atto locutivo, può essere necessario in
tomo di un'incertezza o di una curiosità, oppure come un modo retorico di espri
trodurre un fatto complesso : il fatto che, in una data situazione, l'intenzione del
mere la propria incredulità (= Non verrà mai ). Ma la domanda è tutt'altra: il
locutore doveva produrre un atto perlocutivo implicante la scelta di un certo
professore che interroga il candidato non è né incerto, né curioso, né scettico.
Ciò che caratterizza la domanda in quanto tale è l'esigenza di una risposta. Ora
tipo di senso. 7
Per contro, una semplice modifica non basterà a rispondere alla prima obie
questa esigenza — e fondamentale notarlo — riguarda il diritto e non il fatto. Per
zione esposta in precedenza : quella che, a partire dall'esempio delle offese e delle
l'interrogato non c'è alcuna necessità fattuale di rispondere; in altre parole, la
espressioni peggiorative, arrivava alla conclusione dell'esistenza di effetti appa
domanda non dev'essere intesa come uno stimolo. Perciò non è del tutto esatto
rentemente perlocutivi non deducibili da un senso già costruito dall'attività lo
parlare a questo proposito, come fa Jakobson, di funzione «conativa». Si può
cutiva. Per rispondervi è necessario precisare la nozione stessa di senso, finora
benissimo fare una domanda e desiderare che l'altro non risponda: per esempio
data per scontata. Piu esattamente, bisogna domandarsi se negli atti di parola
se si desidera provare che l'altro è incapace di farlo ; ma è impossibile presentare
non vi siano certe modalità di azione sugli altri che non rientrano nell'ambito
un enunciato come una domanda senza implicare nello stesso tempo l'obbligo
dell'attività perlocutiva propriamente detta, e se gli esempi considerati non co
per l altro di rispondervi. Per usare un'espressione di Searle, l'obbligo di risponl' 1
stituiscano un caso particolare. In tal caso, bisognerebbe introdurli tra il senso
dere «costituisce» la domanda.
e l'attività perlocutiva, oppure considerarli come parte costitutiva del senso. La
N on bbo n sarebbe difficile dimostrare che lo stesso aspetto giuridico si rit ova 1'r ne
prima soluzione costringerebbe a restringere il campo del senso, la seconda ad
l'ordior ine che pretende imporre al destinatario il dovere di agire in un certo modo.
Atti linguistici I24 I25 Atti li nguistici
Lo si scoprirebbe anche, ma capovolto, nella promessa. In tal caso è il locutore pare una nuova caratteristica, complementare della precedente, Essa consiste
che si dà un ordine, e che dà al destinatario il diritto di reclamare il compimento nel fatto che l'atto illocutivo raggiunge un'altra persona soltanto nella misura in
degli impegni presi. Un ultimo esempio, forse meno evidente : l'affermazione. Si cui quest'ultima è destinatario e non solamente uditore, cioè nella misura in
può dire che X ha affermato P, senza peraltro dire ch' egli si dichiara responsabile cui è un attore e non una semplice comparsa del processo di enunciazione. Per
della verità di P e che ammette la sua eventuale colpa nel caso in cui P si riveli rendersene conto basta modificareancora ilnostro esempio supponendo ch e
falso? Il dovere di dire la verità è altrettanto costitutivo dell'atto di affermare cerchi, interrogando Y, di mettere in imbarazzo non Y, ma un certo Z il qua
quanto lo sono gli obblighi di obbedire, di mantenere i propri impegni o di ri le dovrebbe, di regola, conoscere la risposta, e verso il quale si volgeranno gli
spondere, rispettivamente nel caso di ordine, promessa o domanda. Non c'è bi sguardi dei presenti per farlo parlare. Si potrà descrivere la scena dicendo che X
sogno di insistere sul fatto che questo carattere giuridico non è per nulla necessa ha cercato di mettere in imbarazzo Z, e poco importa che Z non sia il destinatario
rio nel caso dell'azione perlocutiva, perché ciò risulta evidente dagli esempi fino d l!'e l atto linguistico. Ma non si dirà mai che X ha interrogato Z, poiché chi è in
ra esaminati. Se cerco, con le mie parole, di mettere in imbarazzo qualcuno, non terpellato è necessariamente colui al qualesi parla: non basta che sia colui per il
ho affatto bisogno di implicare addirittura che egli abbia il dovere di sentirsi quale si parla, Questa necessità caratterizza tutti gli atti illocutivi. Per mostrarlo
in imbarazzo, Cerco di agire su di lui con un meccanismo naturale: la parola meglio, può essere utile prendere come esempio un atto che è tuttavia meno
non crea, né pretende di creare, nuovi diritti, ma intende semplicemente met spettacolarmente illocutivo dell'interrogazione : la minaccia. Supponiamo che X
tere in moto un gioco di cause ed effetti, dica a Z : «Se tu fai A, io ti spacco la faccia». Si dirà che X ha minacciato Z. Ma
A questa prima differenza, relativa al tipo di trasformazione messa in opera, immaginiamo che X lo dica a Y, in presenza di Z. Anche se Z, in realtà, è tentato
bisogna aggiungere un'opposizione fondamentale riguardante l'agente e il pa d ifr Ai are A ancor piu di Y, non si dirà che X ha minacciato Z, ma soltanto che lo ha
ziente della trasformazione. Nell'atto illocutivo l'agente è essenzialmenteun lo spaventato, o che gli ha tolto la voglia di fare A (e anche se X sapesse che Z vuole
cutore (prendendo questo termine in un senso abbastanza vasto da comprendere fare A, al massimo si potrebbe dire che ha cercato di fargli paura, di dissuaderlo,
qualsiasi mittente di un atto di comunicazione, che questa avvenga usando il ecc.). Si noti che la minaccia può non essere formulata in modo cosi esplicito
linguaggio, un sostituto codificato del linguaggio, o ancora un altro mezzo di co come supposto.A X può bastare,per minacciare Z, raccontargli come ha spac
municazione, ammesso che esista). Nell'atto perlocutivo, invece, l'agente è locu cato la faccia a qualcuno che ha fatto A. Resta comunque necessario che Z sia il
tore soltanto in manieraaccidentale. Indubbiamente — e l'esempio scelto lo dimo destinatario dell'atto linguistico : se il racconto è stato fatto a Y in presenza di Z,
stra — è possibile infastidire qualcuno per mezzo di parole ma è anche vero che non si dirà piu che Z è stato minacciato ; a meno che non si ammetta che, a un
lo si può mettere in imbarazzo in molti altri modi in cui la comunicazione non altro livello del dialogo, Z era il vero destinatario, che X gli parlava in realtà at
c'entraaffatto,oppure è soltanto episodica (restrizione imposta dal fatto che non traverso Y, destinatario soltanto in apparenza. Rimane però il fatto che, tramite
esiste probabilmente comportamento umano che ne sia totalmente privo). Que questa sostituzione (sempre possibile) di un dialogo profondo, o figurato, ad un
sto non è certo il caso dell'atto d'interrogare, che può compiersi soltanto con la ia ogo superficiale, o letterale, la persona oggetto della minaccia deve apparire,
parola, dando per di piu loro un ruolo centrale (eccetto se si ricorre a un sosti esplicitamente o no, come quella alla quale si parla ; non è minacciata da ciò che
tuto codificato, per esempio assumendo convenzionalmente un certo movimento si dice, ma da ciò che le si dice.
della testa come equivalente di una certa domanda, fatto che rientra comunque Se si ammette quanto precede, gli attori dell'atto illocutivo sono gli attori
nella cotnunicazione). Si riprenda l'esempio già fatto e s'immagini che X, invece d 11'dell enunciazione. Ma anche questa conclusione dev' essere approfondita, no
di rivolgersi personalmente a Y, l'abbia messo in presenza di persone che hanno tando — è una quarta caratteristica — che non si tratta di personaggi che si trovano
un particolare motivo per interessarsi a Pietro, le quali porranno immancabil a essere, per una qualsiasi coincidenza, il parlante e il destinatario, bensi del
mente a Y la domanda alla quale dovrebbe potere, ma non può, rispondere: parlante e del destinatario in quanto tali. Per precisare questa distinzione, suppo
Quando verrà a Parigi Pietro' In questo caso, nulla è cambiato dal punto di vista niamo che, durante una conversazione qualsiasi, qualcuno dichiari «Io sono an
perlocutivo:X ha messo in imbarazzo Y, e ha utilizzato per farlo lo stesso espe dato a Parigi quest'estate» ; il soggetto io designa indubbiamente il locutore, ma
diente strategico di prima. Ma nessuno affermerà che X ha compiuto l'atto d'in non in quanto tale: colui di cui si dice che ha viaggiato non lo ha fatto come nar
terrogare Y : lo ha fatto interrogare, che è cosa completamente diversa. Lo stesso ratore di questo viaggio e, reciprocamente, colui che parla del suo viaggio po
si potrebbe dire per le altre azioni normalmente considerate ill ocutive : ordinare, trebbe benissimo parlare del viaggio di un altro : si sostituisca io con Pietro, la
promettere, minacciare, annunziare, ecc. Non solo esse possono compiersi con natura dell'enunciazione non cambia. Ma la situazione è completamente diversa
la parola, ma alla base della loro realizzazione c'è sempre un atto di comunica nel caso dell'interrogazione. Dire che l'enunciato Quando verrà a Parigi Pietro P
zione. Si affermerà quindi che la seconda caratteristica dell'illocutivo consiste a, in una data situazione, il valore di una domanda vuoi dire che richiede una
nell'essere necessariamente l'atto di un parlante. risposta ; piu esattamente, come si è visto, obbliga a rispondere. Ma chi obbliga
Se ora si cerca di definire, non piu l'agente, bensi il paziente dell'azione, ap chi, e a rispondere a chi? È evidente che è chi parla a obbligare la persona alla
tz6 Atti linguistici
Atti linguistici
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quale parla, e la risposta dev' essere rivolta proprio a lui. La nozione stessa di
rativo : quando esso è usato con un senso d'obbligo (cosa che non sempre avvie
domanda contiene quindi in sé un riferimento agli attori dell'enunciazione, e a
ne), si presenta allora come creatore d'obbligo. In tal modo ha senso dire Tu
questi attori in quanto tali, per il fatto che ne sono gli attori : se l obbligo riguar
1) hai il dovere di andare a Parigi, rna preferirei che non ci andassi, mentre sarebbe
dasse altre persone non sarebbe piu una domanda (non si rivolge una domanda
assurdo sostituirein questo caso Tu haiildoverediandare con Va'.Questa diffe
dichiarando Paolo deve dire a Enrico quando Pietro verrà a Parigi ). renza si spiega dicendo che l'enunciato indicativo — pur esprimendo un obbligo,
In questa formulazione vanno sottolineati tre punti. Innanzitutto si è parlato
e un obbligo del destinatario — può non introdurre un atto illocutivo d'ordine. In
dell'interrogazione, presa come esempio di atto illocutivo, e non deV
I enunciaI l >
fatti, perché questo avvenga, non basta l'espressione di un ordine; affinché una
zione in generale, a proposito della quale è fin troppo ovvio ricordare che com
enunciazionepossa essere descritta come ordine,è necessario che siriferisca ase
P01 Uorta locutore e destinatario. In secondo luogo, non si è detto soltanto che la do
stessa, e si presenti come fonte di un obbligo. (Cosi è chiaro perché l'enunciato
manda ha un locutore e un destinatario, ma che si riferisce ad essi, Chela domCl 1 d indicativoserve molto spesso a ordinare. Ilmotivo staproprio nel fatto ch'esso
da abbia un locutore e un destinatario dipende semplicemente dal fatto che
ah fa può non avere valore di ordine : la sua ambiguità latente consente cosi di nascon
parte di un'enunciazione (lo stesso si potrebbe dire per qualsiasi parola, non
dere la brutalità del comando e, d'altra parte, di giustificare l'obbligo nel mo
appena è pronunciata). Ma ciò che le conferisce un carattere illocutivo è la sua mento stesso in cui viene costituito ).
precisa allusione a quel locutore e a quel destinatario, nel senso che li assume
L'introduzione della sui-référence('autoriferimento' ) porta, come si è anti
come fonte e oggetto di un determinato tipo di obbligo. Il terzo punto riguarda
cipato, a rivedere la prima caratteristica, formulata in modo troppo drastico.
l'espressionein quanto tale, posta al centro di questa esposizione. Se è vero che i
L'atto illocutivo era stato presentato come quello che introduce nella situazione
personaggi dell'enunciazione sono, per cosi dire, «coinvolti» nella domanda, e
degli interlocutori una trasformazione giuridica : in questo senso la domanda e la
dotati di ruoli particolari, ciò è possibile soltanto nella misura in cui essi sono
promessa erano state definite creatrici d'obbligo (rispettivamente per il destina
locutoree destinatario. Se obbligo qualcuno a rispondermi, è proprio perché ho
tario e per il locutore). Tuttavia le precisazioni date in seguito mostrano l'impos
pronunziato una certa frase avente valore di interrogazione ; e l'obbligo gli deriva
sibilità, quando si descriva l'atto illocutivo, di abbandonare il campo dell'inten
dal fatto che questa frase è rivolta a lui: una terza persona, presente al nostro
zionalità, o, se si vuole, di ciò che attiene al linguaggio, e di concludere per
colloquio, può sentirsi, per gentilezza o cortesia, tenuta a rispondere, ma que
quanto riguarda la realtà. Questo perché le modificazioni giuridiche costitutive
st'obbligo, eventuale conseguenza della mia domanda, non la costituisce,nel sen
dell'atto sono apparse legate al riferimento che l'enunciazione fa alla propria esi
so in cui la costituisce l'obbligo imposto al destinatario.
stenza;oppure, come si è detto sopra, alfatto ch'esse coinvolgono i personag
A questo punto si può proporre una quinta caratteristica per l'atto illocutivo :
gi dell'enunciazione in quanto tali. Quando si parlava di obblighi imposti o as
essa è all'origine delle ultime tre e permetterà di riformulare la prima. Un'enun
sunti, si descriveva dunque soltanto una specie di autoritratto del discorso (auto
ciazione non può servire a compiere un atto illocutivo senza fare riferimento a se
ritratto che rimane comunque un tratto distintivo dell'atto illocutivo ). Tutto ciò
stessa, senza essere, per usare l'espressione di Benveniste, sui-référentielle. Cosi, che sipuò affermare è che ladomanda, per esempio, sipresenta come qualco
per una domanda, l'obbligo di rispondere che la costituisce trae origine dalla do
sa che obbliga il destinatario a rispondere ; ma questa restrizione non impedisce
manda stessa. Non si tratta di rendere esplicito un obbligo preesistente, ma di
di dire che la domanda non sarebbe domanda se non contenesse questa immagi
crearne uno nel momento in cui si parla, proprio in virtu della parola. L'atto
ne. Pur mantenendo il carattere costitutivo delle trasformazioni giuridiche, va
illocutivo piu banale, per esempio quello di ringraziare, anche se avviene nel
precisato nello stesso tempo ch' esse hanno lo statuto dell'intenzionalità, o del
modo piu convenzionale per mezzo della formula «Grazie», comporta un riferi
la pretesa.
mento all'enunciazione : con quest'atto, presento infatti il mio discorso come do
Si esaminino rapidamente tre conseguenze di questa caratteristica. In primo
tato di valore giuridico, come qualcosa che costituisce il compimento, per lo me
luogo, essa impedisce diusare per scopi morali la descrizione degli atti lingui
no parziale, di un dovere di gratitudine. È vero che l'atto del ringraziare implica
stici. Infatti non è piu possibile pensare (come fa Searle, nell'ottavo capitolo di
anche, di conseguenza, che si riconosca 1 esistenza, anteriore all atto stesso,
11' di Speech Acts [ tg69, trad. it. pp. zz6 sgg.]) che la teoria dell'illocutivo permetta
un tale dovere, ma non è questo riconoscimento che costituisce il ringraziamen
di colmare il fossato che separa, secondo Kant, la constatazione dei fatti dalla
to : si può riconoscere, anche pubblicarnente, ciò che si deve a qualcuno, e rifiu
determinazione dei doveri. Secondo Searle, constatare che X ha promesso A
costringe a concludere che X deve fare A ; infatti la promessa, o non è, oppure è,
tarsi di ringraziarlo.
Ultimo esempio, quello dell'ordine. Come distinguere un enunciato impera
per chi parla, l'origine di un obbligo. Tuttavia, se si ammette la concezione
tivo del tipo Vai a Parigi! da un indicativo comeTu hai il dovere di andare a Pa
esposta precedentemente, si può dire soltanto «La promessa, o non è, oppure si
rigi? Certo, entrambi possonoservire a ordinare. Ma il secondo può anche essere
presenta come origine di un obbligo», senza potere concludere immediatamente,
la semplice constatazione di un dovere, preesistente all'enunciazione, e al quale
in base aquesta affermazione, ch'essa lo è.In secondo luogo, l'interpretazione
l'enunciazione non aggiunge niente. Ma questo è impossibile nel caso dell'impe
che qui viene data dell'atto illocutivo toglie buona parte della sua importanza al
rz8 Atti linguistici
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problema, considerato centrale da Austin, delle «condizioni di felicità». Con altri enunciati indicativi, detti «constativi », la cui funzione è invece la descrizio
questaespressione Austin designa certecondizioni che devono esseresoddisfatte
ne dei fatti : Ti guardo è constativo perché la sua enunciazione non serve a guar
dalla situazione degli interlocutori affinché un enunciato realizzi effettivamente
dare, mentre Ti ordino è performativo perché serve a ordinare. (Si noti, in questa
un dato atto: non posso dare veramente un ordine a qualcuno, se non sono, nei
definizione, l'uso, indispensabile, di espressioni aventi una sfumatura «finale»:
suoi confronti, in una posizione di superiorità gerarchica (le parole rivolte da un
'servire a', 'utilizzare per'. Ciò permette, per esempio, di non considerare l'e
soldato al suo generale non saranno mai ordini). Il problema è fondamentale
nunciato Ti parlo come un performativo : anche se il suo uso lo rende autornati
soltanto se si definisce l'illocutivo come ciò che opera una reale trasformazione
camente vero, dal momento che non è possibile dire Ti parlo senza parlare, esso
della situazione giuridica : in tal caso, l'esistenza dell'atto dipende dal fatto che
non è, di solito, utilizzato per parlare, ma, ad esempio, per attirare l'attenzione
il locutore possegga o no la possibilità di agire sulla situazione stessa. Non è piu
del destinatario ).
cosi se l'atto illocutivo è descritto soltanto sul piano delle sue presunzioni. In
Per comprendere l'importanza della scoperta dei performativi, e, allo stesso
questo caso,sipuò benissimo ammettere contemporaneamente che il soldato
tempo, le strade divergenti prese dalla riflessione linguistica proprio a partire da
abbia ordinato e che il generale non sia, né moralmente né socialmente, obbliga
questa,bisogna notare che essipossiedono, con estrema evidenza, due proprietà
to ad obbedire (ed anche che il generale abbia ordinato e che il soldato debba di
molto importanti. Da un lato, il loro valore di azione è netto, esplicito e non-am
sobbedire), Un'ultima considerazione, che deriva dalle precedenti : la nozione di
biguo. Mentre un imperativo come Vieni! può servire ad atti diversi dall'ordi
illocutivo, nella definizione che si viene dando (discostandosi da Austin e Searle
ne (serve a domandare, a consigliare, a permettere, a offrire un'ipotesi, ecc,),
che per primi la formularono), s'inserisce nell'ambito di una linguistica struttu
l'enunciato performativo Ti ordino di venireè utilizzabile soltanto per il coman
rale, che non ritiene necessario, per descrivere il linguaggio, collegarlo a un livel
do. (Si riscontra la stessa differenza tra l'espressione interrogativa Quando verrà
lo di realtà considerato piu profondo. Dal momento che il sistema di diritti e di
a Parigi Pietro' e il performativo Ti domando quando Pietro verrà a Parigi).
doveri che costituisce l'illocutivo rimane all'interno del mondo immaginario
L'esistenza di performativi sembra dunque testimoniare che la lingua ha, per
aperto dall'enunciazione, esso può essere preso in considerazione in una descri
cosi dire, previsto la realizzazione di certi tipi di atti attraverso la parola. Render
zione puramente interna dell'attività linguistica.
li possibili sarebbe perciò una delle sue funzioni fondamentali (e non solo uno
dei suoi usi eventuali ). La seconda proprietà dei performativi che risulta eviden
te è la sui-référenee.E ssaappare in modo particolarmente chiaro nella m isurain
z.z. Atti illocutivi ed enunciati performativi. cui la loro enunciazione, intesa come commento su se stessa, è automaticamente
Storicamente, la scoperta di Austin degli enunciati per formativi ha preceduto
vera, e ha il privilegio, eccezionale dal punto di vista logico, di confermarsi ipso
quella degli atti illocutivi, e quest'ultima appare nello stesso tempo come rettifi
facto. Esiste infatti una coincidenza tra ciò che dice di se stessa (se la si interpreta
ca e generalizzazione della prima. Se, nel corso di questa esposizione, l'ordine è
secondo le normali leggi sintattiche) e ciò che è, tra l'atto che essa dichiara di
stato invertito, è perché l'interpretazione data qui dell'atto illocutivo è diversa,
compiere e quello che compie: dicendo Ti ordino..., io ordino effettivamente, e
come si è già detto, da quella di Austin. Inoltre, ciò che costituisce un problema
quindi non posso non dire la verità. Ma queste due caratteristiche, che conferi
nellaconcezione austiniana deriva,come sivedrà, dalla sua origine :pur essendo
scono al performativo il suo incontestabile carattere di «curiosità scientifica»,
destinata a superare la teoria del performativo, essa ne resta fortemente condi
rendono contemporaneamente difFicile pensarlo in modo insieme rigoroso ed
esauriente.
zionata.
Ecco alcuni esempi di enunciati performativi : Ti ordino di venire. Ti prometto
Per certi linguisti, ad esempio Benveniste [r966, capp. xxi e xxri], che aveva
di venire. Ti permetto di venire. Ti dico che Pietro verrà. Ciò che li caratterizza è
notato il fenomeno indipendentemente da Austin, fondamentale è lasui-référenee.
una relazione molto strana tra il significato che si potrebbe far derivare dalla loro
Essa è dovuta all'esistenza, nell'enunciato performativo, di marche della r~ e 2
struttura sintattica e la loro funzione abituale. Nella misura in cui sono enunciati
persona (sotto forma di pronomi o di desinenze verbali), e del presente dell'in
all'indicativo presente, dovrebbero essere la descrizione di un fatto attuale, e
dicativo. Ora, la funzione abituale di questi morfemi consiste nel far riferimento
poiché inoltre il loro verbo principale è alla prima persona, ciò che dovrebbero
ai personaggi e al momento dell'enunciazione. In questo modo, l'enunciazione
descrivere è un'azione presente di chi parla (infatti, se si coniuga questo verbo ad
di Ti ordino... deve essere necessariamente un commento su ciò che faccio nel
un'altrapersona, prendendo per esempio come soggetto Pietro,esso descriverà
momento in cui lo compio. È cosi possibile spiegare come possa servire a realiz
un'azione presente di Pietro). Tuttavia è rarissimo, se non impossibile, che que
zare l'atto stesso di ordinare, dal momento che il suo compitoconsiste nel dire
sti enunciati servano a descrivere. Sono quasi sempre utilizzati per compiere quelle
che ciò che si fa, parlando, è appunto ordinare. A tutto ciò si può però obietta
azioni che, sintatticamente, dovrebbero descrivere. Cioè servono, rispettivamente,
re che il fenomeno della sui-référencerichiede a sua volta una spiegazione. Infatti
a ordinare, promettere, permettere, affermare, ecc. (per questo sarebbe assurdo,
molti enunciati che comportano la prima e la seconda persona del presente indi
o ironico, rispondere L' vero a Ti ordino di venire). In questo si distinguono dagli
cativo non ammettono mai un'interpretazione sui-référentielle. Nel dire Ti di
Atti linguistici
Atti linguistici 130 I3 I
sturbo, io non do come causa del disturbo per il mio interlocutore la mia parola,
come realizzazione di un'azione, piu si è indotti a considerare il suo aspetto auto
bensi la mia presenza, o il mio comportamento in generale. In realtà, affinché
confermativo come una specie di illusione. Come ammettere, per esempio, che
un'enunciazione che utilizza un enunciato sintatticamente paragonabile ai per dicendo Ti ordino..., io compia l'atto mentre ne descrivo la realizzazione> La
formativi sia compresa come sui-référentielle, bisogna appunto che essa abbia la
mia enunciazione ha per l'appunto la caratteristica di non essere una descrizione
funzione di compiere l'atto che designa. La seconda delle caratteristiche citate
(si ricorderà che, nella definizione data sopra, si è parlato soltanto dell'atto che
l'enunciazione dovrebbe descrivere «se lo si interpreta secondo le consuete leggi
in precedenza si rivela dunque una condizione della prima, e, di conseguenza,
sintattiche»). È dunque logico che la riflessione di Austin, quando inserisce il
non può spiegarla.
Si capisce cos! perché Austin abbia scelto la strada esattamente opposta, in
performativo in una categoria piu generale, s'interessi sempre meno del suo ca
teressandosi innanzitutto alla funzione dei performativi. Per lui il fenomeno
rattere di autoconferma, anche se questo è il suo aspetto piu pittoresco. Di con
della performatività rivela in modo esemplare la tendenza, inscritta nella natura
seguenza èanche logico ch'essa dia meno importanza allaproprietà del perfor
stessa della lingua, a costituire la parola in azione: certi enunciati, sintattica
mativo che nell'autoconferma ha la manifestazione piu evidente, cioè la sui-réfé
mente costruiti come delle descrizioni, possiedono in realtà, e costantemente, un
rence. Peggio ancora, c'è da aspettarsi che neppure la categoria dell'illocutivo,
valore completamente diverso. Ma questa rivelazione può essere immediatamen
creata a partire dal performativo per generalizzazione, contenga, nell'esposizione
te estesa alle enunciazioni non-performative, e porta a dire che parlare significa,
di Austin, l'idea di sui référence:ènecessarioinfatti,perpotergeneralizzare,tra
fondamentalmente, agire. Se si ammette infatti che l'enunciazione di Ti ordino
scurare la forma ch' essa assume nel performativo, vale a dire l'autoconferma.
di venire equivale sempre a compiere l'atto di ordinare, bisogna riconoscere che
Proprio per la sua origine, l'illocutivo di Austin era destinato a non comprendere
anche l'enunciazione di Vieni! può compiere questo atto; e che essa è sempre,
la sui-référencefra i suoi tratti costitutivi (se viceversa si è stati indotti a metterlo
comunque, compimento di un atto qualunque, potendo essere parafrasata senza
in evidenza, è per il fatto che è stato possibile partire subito dalla categoria del
ambiguità per mezzo di un performativo ( = Ti consiglio di venire, Ti permetto di l'illocutivo, senza doverla costruire: la si trova, grazie a Austin, già pronta, il
venire, ecc.). La realizzazione performativa di un atto linguistico non è dunque
che rende inutile il passaggio attraverso il performativo). Ultima conseguenza,
altro che un caso particolare, che svela, ma non riassume, un fatto molto piu ge
non avendo visto che l'enunciazione, nella misura in cui compie un atto illocuti
nerale: l'esistenza di certi modi di azione essenziali per l'enunciazione, cioè del
vo, si riferisce a se stessa, presentandosi come fonte di diritti e di doveri, Austin
l'illocutivo. e Searle non hanno potuto, come si è appena detto, far dipendere dall'enuncia
Giunti a questo punto, ci si accorge per di piu che la categoria dei constativi,
zione le trasformazioni giuridiche che costituiscono l'atto. Di qui la necessità da
creatain opposizione aiperformativi, è senza oggetto. Infatti,s'intuisce lo stesso
parte loro di descrivere l'illocutivo nel quadro della «realtà» sociale e morale,
rapporto semantico all'interno delle due coppie Ti ordino di venire / Vieni! e Ti mentre qui si è tentata una descrizione strutturale, che rimane all'interno dell'or
dico che Pietro verrà / Pietro verrà. Se si ammette dunque che l'enunciazione di
dine linguistico.
Vieni! è sempre il compimento di un atto illocutivo — tra gli altri quello che si può
Se tuttavia è vero che non siamo partiti dal performativo per ottenere, per
compiere dicendo Ti ordino... —,bisogna ammettere che anche l'enunciato Pietro generalizzazione, l'illocutivo, lo ritroviamo come caso particolare, e bisogna
verrà (esempio di «constativo») serva sempre a compiere un atto illocutivo — in dimostrare ch' esso possiede veramente i tratti distintivi della categoria, soprat
primo luogo quello di affermare — che si potrebbe realizzare anche dicendo per
tutto lasui-référence. Torniamo all'enunciato Ti ordino di venire. Quando si
formativamente Ti dico... (ma può servire ad altro : promettere, minacciare, ecc.).
sostiene che la sua enunciazione si riferisce a se stessa, si possono intendere
Ne deriva questa conclusione, che si collega con particolare limpidezza alle idee
due cose del tutto diverse, la cui confusione crea i problemi incontrati a pro
di Karl Biihler e di Roman Jakobson: l'affermazione è un atto come tanti altri,
posito di Austin.
privo di particolari privilegi, e non s'identifica con l'attività linguistica (nono Supponiamo in primo luogo che la si consideri come un'affermazione che
stante il prestigio che le deriva da una civiltà che tiene in massimo conto le no
consista nel dire qualcosa su qualcosa, cioè nell'attribuire una certa caratteristica
zioni di conoscenza e di verità). a un certooggetto. In talcaso,l'enunciazione servirebbe a dire che ildiscorso
L'importanza di questi risultati non deve però nascondere il prezzo che per del locutore in questione (tema del giudizio) è un ordine (intenzione del giudi
essi si è pagato. Avvicinando, in base al loro comune valore di azione, gli enun zio). Bisognerebbe dame allora la seguente parafrasi : «Ciò che faccio adesso par
ciati performativi e non-performativi, si è effettivamente portati a minimizzare la
landoti, significa darti un ordine». Se si riferisce a se stessa è soltanto nella mi
prima caratteristica del performativo, la sui-référence. Infatti, quest'ultima si ma
sura in cui costituisce il proprio tema, l'oggetto di cui parla. Se chiamiamo «con
nifesta, nelle enunciazioni performative, sotto forma di autoconferma, proprie
tenuto,> di un'affermazione la somma del suo tema e della sua intenzione, si ot
tà che non appartiene agli altri modi di realizzazione dell'illocutivo (non conte
tiene questa prima formulazione : l'enunciazione di un performativo, considerata
nendo nessuna traccia di affermazione, l'enunciazione di Vieni! non può con
come affermazione, èsui-référentielle, poiché costituisce una parte del suo conte
fermare se stessa). D'altra parte, piu si considera l'atto linguistico performativo nuto, cioè il suo tema. È questo tipo di sui-référenceche può indurre a presentare
Atti linguistici
I 32 i33 Atti linguistici
il performativo come ciò che si autoconferma. Nella misura in cui l uso dell e
lingua all'altra ne rivela il carattere culturale (cfr. in tedesco Au!, Leider!, o, in
nunciato preso come esempio equivale generalmente a dare un ordine, sembra
francese,Aie!, H élas!).L a soluzioneopposta consisterebbe nel dire ch'esse co
effettivamente ch' esso diventi vero. Ma ci si accorge qui della fragilità e della
stituiscono affermazioni del locutore che descrive ciò che sente. Concezione al
quasi contraddittorietà di un'autoconferma del genere, la quale esige che l'enun
trettanto inaccettabile, perché rende impossibile la distinzione tra le interiezioni
ciazione sia considerata allo stesso tempo come aflermazione ((afliinché essa sia il e le affermazioni fatte nella dovuta forma. La distinzione è necessaria se si vuole
tema di cui afferma qualcosa) e come ordine (per poter far diventare vero ciò che
capire perché èassurdo dire Ahimè!, ma non mi lamento, mentre è considerato
vuole affermare). ragionevole dire Sono triste, ma non mi lamento. Per evitare questi due estremi,
Tralasciando ora la possibilità di un'interpretazione affermativa, si consideri
si tende ad affermare che, utilizzando un'interiezione, «si fa come se» si parlasse
l'enunciato Ti ordino di veniresemplicemente come una formula di cui ci si serve
sotto l'efletto di una sensazione o di un sentimento : la parola è presentata come
per ordinare, In questo caso la sua enunciazione, supponend
do che abbia ancora una conseguenza naturale di ciò che si prova, come fosse «strappata» e non
tema e intenzione, non è comunque piu il suo tema (quest'ultimo sarebbe piut scelta. Supponiamo dunque che si voglia caratterizzare la categoria delle interie
tosto «tu», il destinatario), né si può dire ch'essaintenda qualificarsi :il suo scopo zioni (che è molto piu ampia dell'insieme degli esempi che esprimono emozioni
è ordinare. È perciò necessario negarle la forma della sui-référenceor ora esposta, appena esaminati, e include tutte le intonazioni significative che costituiscono,
quella che consiste nel far parte del proprio contenuto e che condiziona il feno
per cosi dire, i gesti della voce). È inevitabile allora, per descrivere questa parola
meno, al contempo spettacolare e ingannatore, dell'autoconferma. Ciò non im
che rappresenta il grido, ammettere che l'enunciazione contiene in se stessa la
pedisce tuttavia di riconoscerle un altro tipo di sui-référence,caratteristico di propria immagine, che è sua caratteristica presentarsi sotto una certa forma, vo
ogni atto illocutivo, e che si ritrova anche nell'imperativo Uieni! ; cio deriva da
(
1
ler possedere certi tratti. Nel caso particolare dell'interiezione, ciò che dichiara a
fatto che l'unico valore di questa enunciazione sta nel significare — senza per
proposito di se stessa è che essa si considera involontaria, inevitabile, imposta al
questo affermarlo — che è fonte di un nuovo obbligo per il destinatario. Autoal
locutore dalla situazione in cui si trova. Essa non lo afferma, lo attesta, lo testi
lusione che non ha niente a che vedere con la struttura sintattica dell'enunciato
monia.
utilizzato, con il fatto che si tratta di un indicativo presente che comporta prima
Nello studio che precede sull'illocutivo non si è fatto che applicare questa
e seconda persona. A questo punto è facile riassumere le discussioni precedenti :
nozione a un altro oggetto. In quanto ordine, un'enunciazione dichiara di avere
i ) si è rimproverato a Benveniste di considerare fondamentale il primo tipo di
un effetto giuridico (parallelamente, in quanto interiezione, dichiara di avere una
sui-référence,mentre lasua stessa esistenza è contestabile, e ric ' q' hiede comunque causa naturale). In entrambi i casi possiede la proprietà di qualificarsi, di dire in
una spiegazione ; z) si è rimproverato a Austin di fare come se la non-esistenza quale tipo di evento s'inserisce : non è possibile descriverla senza indicare come
del primo tipo di sui-référencecomportasse quella del secondo. essa si vede. È possibile allora rispondere, almeno in parte, alle domande intro
dotte dalla presentazione degli atti illocutivi. Innanzi tutto, come situare questo
tipo di azione rispetto alla nozione di senso > Entrambi i concetti occupano un
3. Senso e azione. posto intermedio fra il locutivo e il perlocutivo. Questo è già stato dimostrato
per il senso : l'atto perlocutivo consiste nel tentativo di esercitare su altri un'in
Per descrivere l'enunciazione di un performativo, caso particolare di realiz fluenzagrazieallacomunicazione, per mezzo della parola,diun certo senso ;l'at
zazione di un illocutivo, si è appena scritto ch'«essa significa, senza affermarla»
to locutivo è quello che costruisce l'enunciato capace, all'interno del discorso, di
l'esistenza, a partire da essa, di una certa trasformazione giuridica. Ciò si era comunicare questo senso. Ma la frase precedente resta vera se si sostituisce «sen
notato in precedenza, dicendo che l'enunciazione, nella misura in cui ha valore so» con «atto illocutivo»: per indurre qualcuno a un certo comportamento (per
illocutivo, «si dà», «si presenta», come fonte di diritti e di doveri, oppure
esempio, a darmi un'informazione che desidero, o a dichiararsi incompetente),
«pretende» aver questo effetto. Per definire meglio questo concetto, sarà utile
costruisco un enunciato che possa, data la situazione di discorso, essere interpre
mostrare un altro dei suoi usi, necessario per descrivere un tipo di azione
tato come una domanda. Senso e atto illocutivo sono perciò entrambi il risultato
linguistica di cui non si è ancora parlato, e che si potrebbe chiamare «gesto
del locutivo e il mezzo del perlocutivo. Ma allora, nonostante questa comune
verbale».
posizione, c'è la possibilità di distinguerli, oppure essi vanno assimilati>
Questa categoriaappare chiaramente sotto forma d'interiezione. Come de
Austin mantiene fra loro una distinzione. Cosa indubbiamente possibile, a
scrivere per esempio espressioni di soflerenza o di tristezza come A
Ahi! Ahimè!? patto però di dare ai due termini un significato molto restrittivo. Si prenda una
Si presentano due opposte possibilità. La prima le rappresenterebbe come gridi, enunciazione interrogativa, per esempio quella che si potrebbe realizzare do
meccanicamente determinati da un certo stato psicofisiologico. Cosa evidente
mandando Pietro sverrà PÈ facile riconoscervi, come elementi distinti, x ) il fatto
m ente inesatta:basta notare che è possibile «reprimerle» e,alcontrario,utiliz
che si tratta di una domanda, z ) il fatto ch' essa riguarda il futuro arrivo
zarle senza provare la minima sofferenza. D'altra parte, la loro variazione da una
di Pietro. È evidente infatti che sarebbe possibile modificare questi due ele
i35 Atti linguistici
Atti linguistici
menti separatamente, dato che l'aspetto interrogativo rimane, anche se la do
creta, il senso non si trova dunque affatto ad essere inglobato : o è conglobante,
manda riguarda tutt'altra cosa (cfr. Giacomo è partito' ) ;d'altra parte è possi o le due nozionisiconfondono.
bile, a proposito del futuro arrivo di Pietro, compiere atti diversi dalla do Questa conclusione — qualunque sia la scelta fra queste opzioni — permette di
manda, per esempio affermarlo (Pietro verrà), ordinario (Che Pietro venga!), rispondere alla difficoltà emersa alla fine del primo paragrafo, quando l'esempio
permetterlo (Pietropuò venire),ecc. Il che porta allaseguente rappresenta dei termini offensivi e peggiorativi aveva indotto a contestare la separazione tra
zione utilizzata soprattutto da Searle [tg6g], dove l'espressione tra virgolette
locutivo e perlocutivo. L'uso di questi termini — o il rifiuto di utilizzarli — pur
designa un puro contenuto che non è, in quanto tale, né affermato, né oggetto
)
essendo il prodotto di un atto locutivo, sembrava dipendere direttamente dall'in
di una domanda... :
tenzione (perlocutiva)diagire su un altro,senza che potesse interporsi la costi
tuzione di un senso. Questa difficoltà derivava (ma soltanto ora è chiaro) dal
Che Pietro venga! = Ordine «Pietro verrà» fatto che:
Pietro verrà F = Domanda «Pietro verrà»
Pietro verrà = Affermazione «Pietro verrà» r) si utilizzava una concezione puramente rappresentativa del senso, tale
Pietro può venire = Concessione «Pietro verrà». da confondere il senso di un'enunciazione con l'informazione da essa
data. Poiché il carattere «peggiorativo» non corrisponde a nessuna au
È dunque del tutto possibile distinguere il tipo di atto compiuto in modo illocu tentica informazione, non si riusciva a collocarlo nel senso ;
tivo da un'enunciazione e il relativo contenuto. Nulla vieta di chiamare (<atto» il z) si aveva una concezione troppo estesa del perlocutivo, nel quale si faceva
primo, «senso» il secondo. rientrare tutto ciò che si riferisce a un'azione su un altro. In seguito, lo
È però da osservare che in questo caso si tratta di una convenzione termino studio dell'illocutivoha consentito di definire un particolare tipo di azio
logica, la quale non corrisponde all'uso che di questi termini si è fatto in quanto ne, che è stato necessario introdurre all'interno del senso.
precede: l'espressione «atto illocutivo» è stata utilizzata per designare l'in
sieme formato da un determinato contenuto e il tipo di atto determinato di cui
Una volta abbandonate queste due posizioni, nessun ostacolo teorico impedi
quest'ultimo è l'oggetto. Si può addirittura dimostrare che non esistono due atti sce di descrivere il valore caratteristico del termine offensivo come analogo (forse
vità locutive separate, la prima delle quali produrrebbe il contenuto, e la seconda
identico) alla realizzazione di un atto illocutivo, e di farlo perciò rientrare nel
il tipo di atto ; i mezzi utilizzati affinché l'enunciato sia interpretato come ciò che
senso :ora sidispone infattidiuna concezione delsenso capace d'integrare que
compie un dato atto cambiano infatti secondo il contenuto. Se, per esempio, si sto tipo di attività. Questa decisione può, inoltre, essere giustificata sul piano dei
tratta di un contenuto considerato da chi ascolta completamente inverosimile, o fatti. È necessario, infatti, se si vuole descrivere il valore caratteristico di un'of
semplicemente contrario alle opinioni del locutore, una semplice frase interroga fesa, distinguere l'effetto empirico desiderato dal locutore da una parte e, dall'al
tiva rischia di passare per una «domanda retorica», cioè per una forma di ne tra, l'effetto ch' essadeveavere e che la costituisce come offesa. L'effetto empirico
gazione. Oppure, se il destinatario la capisce come una vera e propria doman
desiderato può essere l'offesa, ma non è difficile immaginare casi in cui i fatti si
da, tenderà a trasformare il contenuto, dandole eventualmente un'interpreta
svolgono diversamente:farcredere che siè adirati,provocare la persona offesa,
zione figurata. Ne deriva la necessità,dato ilcontenuto, dimarcare con partico
eventualmente divertire o impressionare uno spettatore, ecc. Questa varietà non
lare intensità l'interrogazione. Per contro, il carattere poco verosimile a priori impedisce però all'offesadi presentarsi sempre, nella misura in cui offende, come
del contenuto permette,se sicerca dinegarlo, diricorrere alla forma interroga qualcosa che sminuisce, con la sua stessa enunciazione, la persona offesa, co
tiva. Da questi esempi, che potrebbero essere piu numerosi, si trarrà la conclu
me qualcosa che crea per questa persona, nei confronti del locutore, una situazio
sione che il tipo di atto e il contenuto sono trattati, al momento della loro elabo
ne d'inferiorità di un certo tipo. Anche se si desiderano altri effetti, questi sono
razione locutiva, come un'unità (il che non toglie che si possa distinguerli ad altri possibili sempre in seguito e per mezzo di questa volontà fondamentale. Proprio
livelli ). Ed è proprio questa unità che interessa per l'effetto perlocutivo. Suppo
questo valore costante costituisce il «senso» dell'offesa, proprio come la volontà
niamo che io cerchi di mettere a disagio il mio interlocutore. In molti casi, ciò
illocutiva di obbligare qualcuno a rispondere è il senso della domanda, quali che
C e ph mi permetterà di conseguire questo risultato non sarà né il contenuto stesso siano gli scopi perlocutivi che ci si prefigge.
(il fatto che si tratti, nella mia enunciazione, del futuro arrivo di Pietro
), né i
'
'l È chiaro, a questo punto, che la nozione di azione illocutiva non si sovrappo
tipo di atto compiuto (la domanda), bensi il fatto che, su questo preciso punto, ne dall'esterno alla distinzione fra locutivo e perlocutivo, ma ne è la condizione.
io scelga proprio di porre una domanda. Se dunque si chiama «senso di una Se si vuole essere in grado di separare nettamente l'attività che produce un enun
enunciazione», come si è fatto nel corso di questo articolo, ciò che è il prodotto
ciato dotato di senso da quella che utilizza il senso per influenzare qualcuno, bi
dell'atto locutivo e il mezzo del perlocutivo, bisogna ammettere che il senso com sogna integrare nel senso certe indicazioni relative al suo potere di azione, cioè
porta, al contempo, il tipo di azione illocutiva realizzata e il contenuto relativo a
la pretesa, inerente ad ogni enunciazione, di essere di per sé fonte di uno stato di
questa azione. Rispetto agli atti illocutivi, anche se presi nella loro totalità con
diritto. Se la semantica è lo studio del senso, e la pragmatica quello dell'azione,
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Enunciazione - Enciclopedia Einaudi [1982]

  • 1. • E NCICLOPEDIA E I N A UD I [ 1 9 8 2 ] ENUNCIAZI ONE Gian Paolo Caprettini — ENUNCIAZIONE pag.4 Oswald Ducrot — ATTI LINGUISTICI p ag . 9 DICIBILE/INDICIBILE pag.20 ENUNCIAZIONE p ag. 3 0 PRESUPPOSIZIONE E ALLUSIONE pag.45 REFERENTE p ag.5 8
  • 2. 9I Enunciazione Enunciazione 90 Q v OOc Q Q O CP g sp Q cgOO OQ O O 4l ggo m cdCd O s! O N vs! O mO sl N sl sl b0sl mO g +, sl O E ccl b0 V + 4 N Q N sl g Qsl O g v sl m < '4 O O O cd N g v O vQ cd O g O m O V Q O O Q oQ + v Q O O V + Q + E g V O c OO O+' bò g 4 6 O Cl g 4 m m Q Q g O Q Q 4l CP Cg bd ò0 b0 à0 Q O g cd sl O O O E E sl sl s! O V O O O O 8 O O O O O O 3 7 atti linguistici 4 dicibile/indicibile 3 4 enunciazione 6 I presupposizione e allus. 4 4 4S 865 3 5 5 5 2 2 3 6 referente 2 6 sl Q d NOOO C O v O 4l 'Og Asl 4P sl v O, g mO Obò O O g g g O OQO sl O cd O Q Q Og cd 6 N Osl Q N Q mO cI, Q g • á Om cd 4 cd Q cá ~ N cd v g, slv Q O g~ O .V g O gsl Q O E O Q sl O ,+' B 'Q vst O O m sl O O O n + + sl g s! òd + ) Q Q O O O 4 4 4 Cd O 4 4 v m m m m m + vCl Q + + E E E O O O S4 a 4 4 4 • 5 3 2 atti linguistici 2 3 3 5 3 • 3 3 63 3 3 dicibi1%ndicibile S • 5 3 ' 3 6 43 enunciazione 6 3 ' 2 • 6 3 presupposizione e allus. 3 2 2 33 2 3 referente I 5 3 enunciazione g sl Cl 4! Qv '+ presupposczrone mv O O e allusioneN cò m bò n v g g IU gm dicibile/ CQ V indicibileCP g , Q Cd presupposizione e allusione 5 2 4 linguistici enunciazione 6 • 6 6 z atti linguistici 6 6 2 4 referente 4 referente dicibile/indicibile
  • 3. ambiguità SBegoria competenaa/umeuaione Enunciazione ,foneùca avanguardia Enunciazioned' grammatica classico / concetto l analogia e metafora lessico critica / esistenza l argom entazione lingua filologia essere interpretazione bello/brt/gtt/ t / lingua/parola letteratura fenomeno linguaggio creatività maniera / fermaastratto/concreto rnctrica / mpressione poetica dialettica d CS semantica I fantastico alfabeto retorica identità/dilferenza ~ proposifiione egiudizio y mnso/significato i gusto ascolto mediazione traduzione l imltszloilc opposizione/contraddizione umversalijparticolari j4:,,'„' , gesto immaginazione anthropos lettura progetto cultura/culture qualità/quantità atti linguistici "' i/ luogo comune etnocentrismi totalità dicibile/indicibile ' ,j,'rf',brnlé/scritto >riproduzione/riproducibilità / discorso sensibilità, / natura/cultura uno/molti decisione ununciastitme comunicazione parola e spazialità r a+jerrore fit!Iio rdistribuuone statistica dato presupposiz/one eallusione - ...gssteri informazione scrittura artigianato giochi referente narrazion%Sàtmhvità etica I artista'VOCC acculturazioneinduzione statistica sti/e / attribuzionefilosofia/álosofie / civiltàprobabilità tema/moùvu /ragione antico/moderno / oggetto futurorappresentazione statistica testo razionale/irrazionale catastrofi calendario / i produzione artistica teoria/pratica selvaggio/barbaro/civihzzato soggetto/oggetto ciclo /decadenza armonia / uguaglianza evento escatologia colore melodia escrementi caos/cosma valori periodizzmione età mitiche diaegna/PrOgetta u fertilitàritmica/metrica curve e superfici infinito vero/falso tempo/tempornlità genesi abbigliamento visione nas 'tnascita educazione scala geometria e topologia macrocosmo/microcosmo volontà passato/presente canto sensi generazioni invariante mondo progresso/reazione suono/rumore 1 infanzia coltivazione alchimia corpo tonale/atonale sessualità natura storia danza cultura materiale astrologia atlante vecchiaia morte osservazione maschera amare industriarurale cabala collezione moda d 'desi erio vita/morte deduzione/prova reale materiali elementi documento/raonumento equivalenza unità armi credenze ornamento eros esoterico/essoterico fossile prodotti isteria clinica ditfcrenztate tormalizzazione frontiera dialetto scena memoria funzioni pulsione angoscia/colpa cura/normalizzazione logica guerra enigmarovina/restauro infinitesimale soma/psiche castrazione e complesso esclusione/integrazione possibilità/necessità analisi/sintesi imperi fiaba censura farmaco/droga fuoco locale/globale nno/sogno referenza/verità anticipazione funzione nazione mostro cannibalismo identificazione e transfert foiba/dehno homo sistemi di riferimento ricorsività ipotesi misura tattica/strategia popolare dèi inconscio medicina/medicalizzazione mano/manufatto stabilità/instabilità matematiche modello proverbi divino alienazione nevrosi/psicosi normale/anormale tecnica variazione metodo struttura tradizioni eroi coscienza/autocoscienza piacere salute/malattia utensile centrato/acentrata teoria/modello demagogia iniziazione combinatoria immaginazione sociale discnnunazione sintomo/diagnosimagia grafo pace repressione demoni ateo messia alimentazione applicazioni terrore divinazione agonismo labirinto serv%ignore miùennio casta animale assioma/postulato caso/probabilità chierico/laico cerimonialeuomo tolleranza/intolleranza mit%ito cucina continuo/discreto rete chiesa donna causa/elfetto persona festautopia tortura diavolo mythos/fogna puro/impuro endogamia/esogamia domesticamento dipendenza/indipendenza abaco certezza/dubbio feticcioviolenza eresia origini fame divisibilità algoritmo religione coerenza gloCO famiglia libertino incesto vegetale dualità approssimazione convenzione sogno/visione lutto categorie/categorizzazione libroinsieme calcolo stregoneria maschile/femminile determinato/indeterminato regalità conoscenza matrimonio razionale/algebric%rascendente numero empiria/esperienza peccato rito coppie filosofiche ela simmetria parentzero esperimento sacro/profano disciplina/discipline santità borghesi/borghesia caccia/raccolta totem strutture matematiche legge donoenciclopedia burocrmia economia uomo/donna trasformazioni naturali/ categorie libertà/necessità eccedenteinnavazione/scoperta cbassi formazione economico sociale metafisica controllo/retroazione insegnamento contadini lavoro pastorizia natural«/artificiale energia invenzione consenso/dissenso ideologia modo dl produzione primitivo operatività egemonia/dittatura reciprocità/ridistribuzione analogica/digitale equilibri%quilibrio rappresentmione proprietà paradigma interazione ricerca intellettuali automa proktariato riproduzione previsione e possibilità intelligenza artificiale ordine/disordine sistematica «classificazione libertà rivoluzione transizione riduzione abbondanza/scarsità maggioranza/minoranza macchina organizzazione bisogno ripetizione partiti programma semplice/complesso consumoscienza politica simulazione sistema apprendimento amministrazione ccumulazione impostaspiegazione strumento soglia autoregolazione/equilibrazione capitale lusso rificabilità/fafsificabi/ità cervello comunità vincolo comportamento cognizione conflitto crisi oro e argento e condizionamento induzione/deduzione consuetudine costlnlalonc élite distribuzione pesi c Inlsnfc controllo sociale innat%cquisito diritto democrazia/dittatura fabbricagergo produr ione/distribuzione astronomia emozione/motivazione istinto giustizia gl'Uppo gestione ricchezza cosmologie atomo e molecola mente operazioni istituzioni marginalità imperialismo scambio gravitazione conservazione/invarianza percezione tvsponsabilità potere opinione impresa spreco luce entropia quoziente intellettuale potere/autorità povertà mercato materia pubblico/privata fisica propaganda merce spazio-tempo atmosfera cellula Società civile litosfera forza/campo ruo1%tatus moneta adattamento difierenziamento abitazione • tnào moto socializzazione pianificazione oceani evoluuione immunità acqua particella società profitto pianeti mutazione/se/adone individualità biologica ambiente rendita sole plasma Spazio sociale polimorfismo Città salario propagazione integrazione universo specie invecchiamento clima utilità quanti ecumene relatività organismo valore(plusvalore insediamento agricoùura reversibilità/irreversibilità regolazione catahsi migrazione città/campagna stato fisico sviluppoemorfogenesi macromolecole PSCSsgglo colonie metabolismo popolazione cotmliclclo omeostasi regione industria ereditàorganico/inorganico risorse spazio economico gene suolo sviluppo/Sottosviluppo vita genotipo/fenotipo terra razza tcrrltotlo sangue villaggio
  • 4. z07 Enunciazione Enunciazione intorno alle quali informa e che in termini generali costituiscono il suo +refe Atti linguistici, Dicibile/indicibile, Enunciazione, rente+; quanto alla relazione con gli ascoltatori essa riguarda la poetica e la re Presupposizione e allusione, Referente torica, quanto alla relazione con le cose essa riguarda la filosofia giacché confuta il falso e dimostra il vero. Si presentano in tal modo due ordini di problemi : il rapporto del linguaggio con l azione (in primis il contesto nella costruzione di un messaggio) e il rappor 1> x. Li n gua, azione e realtà. to del linguaggio con la realtà (nella fattispecie la significazione determinata dal segno in se stesso) ; le strategie messe in opera nella comunicazione rendono con Nel considerare la distribuzione nello spazio di questa Enciclopedia delle aree to del gioco fra queste componenti, fra ciò che il messaggio è in se stesso e ciò ~>crtinenti al linguaggio si dovrà seguire una traiettoria che interessa la zona com che è per chi lo formula da un lato e per chi lo riceve dall'altro. ]>resa fra logica e discorso, ossia dalle frontiere tra matematica e filosofia (re In tre modi, secondo san Tommaso, si può essere sollecitati dalle parole di i'<.ronza/verità e poi proposizione e giudizio ) a quelle, meno cospicue, tra let un altro: t ) con l'invito a prestargli attenzione (a tal fine è destinata l'oratio t< rc e arti (stile e poi espressione). vocativa) ; z) nell'intento di avere una risposta (a tal fine è destinata l'oratioin Una traiettoria pressoché identica verrà considerata, nel prendere in esame terrogativa, a cui si riduce la dubitativa) ; g) per spingere a compiere un'azione; il linguaggio in azione, o meglio, se si vuole, «quel che si fa nel dire qualcosa» si tratta allora di un'oratio che viene qualificata a seconda di quello che Aristo (Austin) ; in tal caso la strada da seguire è quella che porta da argomentazione a tele avrebbe chiamato il «carattere» della persona a cui è indirizzata : imperativa, lingua/parola e competenza/esecuzione, dall'area del segno a retorica, discorso, se si tratta di un inferiore, optativa se si tratta di un superiore: in quest'ultimo stile. B in gioco, infatti, il patto che sta alla base (anche quando è infranto) caso la massima forza illocutiva che può proporsi l'atto di parola è quella di <lcll'attività locutoria di due o piu parlanti e che Aristotele nelle prime pagine manifestare i desideri di chi lo proferisce. della Retorica indicò come la fiducia che proviene dal discorso (e, andrà aggiun Le parole, quindi, per il fatto stesso di essere indirizzate a qualcuno, si pre «>, «non da un'opinione precostituita sul carattere dell'oratore» [x g56a, 8-<i]). sentano caricate di un'indicazione preliminare, l'atteggiamento del parlante, che Il dire comporta, e talora determina, una responsabilità, un impegno a pro è «attivo» in quanto tende all'affermazione della propria persona, e quindi al ~><>sito di come si dice e di quel che si dice: ridotto ai minimi termini tale im conseguimento dei suoi propositi, ed è «passivo» in quanto tende a controllare 1> ~>cgno si configura come quello proprio di un comportamento, in particolare di l «imporsi della persona altrui»; nella cornice «agonistica» disegnata da Terra <in comportamento — quello linguistico — che implica una scelta, cioè si presen cini, in anni non lontani dagli affascinanti rilievi di Bachtin, la «lingua come i > come la soluzione di un problema. dialogo» si muove nel campo di tensione disegnato dalla presenza di due di Accade dunque qualcosa per il fatto stesso di proferire qualcosa, poi per il stinte polarità soggettive e discorsive, l'enunciatore e l'enunciatario, che pos l',<ito che chi parla trasmette un contenuto (riferendosi a e predicando di ), poi sono sintonizzare sulla base di una mutua accettazione del loro ruolo, anche ]>crché il locutore produce degli effetti su chi lo ascolta: quest'ultimo non ne provvisorio, e del senso che l'enunciato organizza in significati frasali accetta-, «:.ssariamente è il destinatario o il destinatario prescelto. In un'interazione co zione che e fondata sulla compresenza di un codice linguistico comune ma che <»<micativa di tipo dialogico, ad esempio, è iinportante stabilire chi sono i par potrà anche promuovere trasformazioni in quel sistema se esse verranno assun <ccipanti; questi possono non essere delimitati dal locutore o dall'oggetto del te da successive interpretazioni. L'enunciazione non è quindi una pura e sem <liscorso e possono anche variare nel corso dello scambio ; in effetti, si pensi che plice esecuzione. <[u;dcuno può ascoltare senza che gli interlocutori sappiano o desiderino che quel cl>c essi dicono lo interessi o perfino senza che si accorgano della sua partecipa zi<>ne; inoltre può accadere che chi parla (A) decida di far credere che sia B il z. Enunciazione, enssriciato,soggettività. su<> destinatario quando invece è a C, anch' egli presente, che è diretto il suo <liscorso, secondo una traiettoria tipica delle allusioni. Quando si parla di+enunciazione+ è in realtà in gioco, come avvertiva già, Si riaffacciano cosi, in termini piu complessi, le considerazioni di Aristotele nel solco dell'insegnamento saussuriano, Charles Bally cinquant' anni or sono, s<ill;i retorica, secondo cui il discorso è costituito da tre elementi: da colui che una coppia di termini inerenti alla «comunicazione del pensiero» nel campo del ~»ria, da ciò di cui si parla e da colui a cui si parla; nella retorica, in quanto « fa linguaggio: da una parte il risultato concreto del processo di rappresentazione, «>ltà di scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere», «il fine quello che Bally designava, in termini logici, come dictum, dall'altra parte l'«in i >ivolto a quest'ultimo, all'ascoltatore» [Retorica, 1355b, 25-26; z358b, r-z]. granaggio principale» che determina l'esistenza della frase, ovvero il modus,la Analogamente l'allievo Teofrasto sosteneva che il discorso ha una duplice rela modalità, complementare del dictum, di «attualizzare» il pensiero. zi<>nc, una con gli ascoltatori, ai quali significa qualche cosa, l'altra con le cose Non è difficile riconoscere in queste due polarità i membri della coppia enun
  • 5. Sistematica locale 209 Enunciazione ciat%nunciazione, ma è opportuno immediatamente far intervenire, insieme a zione questa decisamente coraggiosa, soprattutto da parte di un filosofo. Ba Bally, la distinzione fra «soggetto pensante» e «soggetto parlante» esprimenti sterà confrontare la trattazione fornita da Oswald Ducrot nel presente grup rispettivamente il «pensiero personale» e il «pensiero comunicato»; si tratta di po di articoli con le convinzioni di John R. Searle, cosi influenti in certe aree una distinzione che nella linguistica piu recente ha prodotto, quanto almeno di studi, per rendersi conto che, benché esista un accordo terminologico di mas ai problemi affrontati nel presente gruppo di articoli, un primo schema di rife sima fra Ducrot e Searle (un testo, costituito di piu frasi provviste di un signi rimento atto a individuare nell'enunciazione ciò che il soggetto, enunciando un ficato, si realizza in un discorso, costituito da enunciati provvisti di un senso), pensiero, «dà come suo» benché «gli sia estraneo»(Bally), abbozzando cosi utili le prospettive linguistiche e filosofiche sugli atti linguistici fanno si che, per chi riflessioni sul lavoro strategico del locutore con e sulla lingua. si muova da Saussure, i due «lati », testo e discorso, siano legati indissolubilmen Anche la distinzione fra situazione dell'enunciato e situazione dell'enuncia te, il secondo essendo realizzazione del primo ; per chi parte invece da posizioni zione (e fra i relativi soggetti e tempi), promossa, nella linea dell'opposizione de filosofiche, nonostante i notevoli avvicinamenti realizzati (come conseguenza del scritta da Benveniste fra histoire e discours,dalla scuola di Culioli, riflette questa chomskysmo, ma non solo di quello), non si potrà non osservare che in que esigenza critica che intende valutare il messaggio in riferimento sia al codice st'ultime prevale — come in Searle — l'attenzione verso il parlante ; la competen che ne ha permesso la strutturazione sia alle modalità, non soltanto applicative za che si descrive, e cosi l'esplicitazione delle sue regole, è quasi sempre la com di quel dato codice, che ne hanno reso possibile la effettiva messa in atto. petenza del parlante; l'ascoltatore è il polo attrattivo, destinatario in senso eti Nel classificare fin dal z9y6 gli enunciati in dichiarativi o constativi da una mologico, verifica delle aspettative del parlante, dei suoi successi e insuccessi ; parte e performativi dall'altra, il filosofo inglese John L. Austin procedeva in che il linguaggio serva a comunicare, insomma, è fattore secondario. realtà all'individuazione di distinti aspetti del linguaggio, il primo volto all'atto Ritornano alla mente le osservazioni di Emile Benveniste a proposito della puro e semplice di «dire qualcosa»(atto locutorio), il secondo relativo all'ese soggettività nel linguaggio riprese in occasione della recensione di un interven cuzione di un vero e proprio atto nel dire qualcosa. Si è trattato inoltre di distin to di Austin al Convegno di Royaumont del '58; se pure vanno accettate le ri guere fra certe modalità che si presentano nel dire (incitare, consigliare, ordina serve espresse da Ducrot nell'articolo «Atti linguistici» in questa stessa Enci re...) dotate di un certo valore, di una certa forza illocutoria, e le conseguenze clopedia () 2.2), non si potrà non riflettere sul valore particolare attribuito da perlocutorie determinate sui pensieri e le azioni dell'uditorio. Su questa base è Benveniste al pronome io e contemporaneamente sul fatto che Austin dichiara possibile procedere all'analisi del ruolo degli enunciati in una situazione comu che condizione perché verbi performativi, come promettere, scusarsi..., esprima nicativa, considerandoli appunto come atti compiuti dal parlante; ma si dovrà no la forza illocutoria di un enunciato è che devono essere alla prima persona anche precisare che in questi atti avviene qualcosa di notevolmente eterogeneot singolare, presente indicativo, forma attiva; l'io, nota Benveniste, riferendosi al non foss altro perché alcune regole si riferiscono all'atto stesso di emettere il l'atto di discorso individuale nel quale è pronunziato e designando il parlante, messaggio, altre all'assetto «grammaticale» dell'enunciato e del discorso cui ap viene usato soltanto nel rivolgersi a qualcuno ; esso, ponendo una persona, pone partiene, relativamente a ciò di cui si parla e a ciò che su di esso vien detto, al una reciproca relazione con un tu e fonda cosi linguisticamente la soggettività tre ancora inerenti agli «effetti della comunicazione» in dipendenza delle in e le possibilità dell'intersoggettività. «Tutto ciò che si può voler dire può essere tenzioni del mittente e che quindi «in senso stretto vanno al di là di questa» detto», Searle; «Il linguaggio è organizzato in modo da permettere a ogni par (Leonardi). Per tenerci a Searle, andranno appunto distinti quattro tipi di +at lante di appropriarsi dell'intera lingua designandosi come io», Benveniste. Os ti linguistici+: a) l'atto del proferire o atto enunciativo, b) l'atto proposizionale servazioninon molto lontane fraloro sesipensa che è in fondo una certateoria (suddiviso in riferimento e predicazione), c) l'atto illocutivo, d ) l'atto perlo linguistica della responsabilità e della volontà a fondarle. Benveniste aveva ri cutivo. conosciuto, indipendentemente da Austin, che il performativo ha una capacità E evidente che la coppia enunciat%nunciazione trae origine dalla celebre peculiare, quella di riferirsi a una realtà che costituisce esso stesso; i due assi opposizione che Saussure stabili fra langue e parole eanche dalle due distinte di riferimento, anone e realtà, annunziati all'inizio di queste note, trovano nel accezioni di parole: essa, oltre a indicare i fatti concreti di lingua, indispensabili performativo considerato da Benveniste un terreno comune. Il performativo è perché la langueesista e si stabilisca, indica pure, per Saussure, il complesso di insieme manifestazione linguistica in quanto è pronunziato, e fatto di realtà in elementi psicofisici che intervengono in concreto tutte le volte che le entità lin quanto si pone come un atto. Esso non enuncia semplicemente un'azione ma la guistiche finite e invariabili costituite in codice sono soggette all'azione di un compie nell'atto stesso di enunciarla. parlante. Si pensi, anche solo molto sommariamente, per quel che riguarda l'italiano, In questa linea, e per il fatto che, secondo Searle, tutto ciò che si può voler al verbo scusarsi: anzitutto si dovrà distinguere fra l'atto di scusarsi che si rife dire può essere detto (la barra della coppia +dicibi1%ndicibile+ dipenderebbe risce a ciò che si dice e quello che si riferisce a ciò che si fa; inoltre, fra le scuse dalle decisioni del parlante — «voler» — subordinate però a condizioni prelimi relative a ciò che si è appena detto o compiuto ovvero a ciò che si sta per dire nari — «si può»), lo studio degli atti linguistici è studio della langue.Dichiara o fare. Può accadere che la locuzione «Scusatemi» sia indirizzata a qualcuno (si
  • 6. 2II Enunciazione Sistematica locale 2IO pensi al contesto di una riunione) per avvertire che si sta per compiere un azio alla determinazione della persona, nel solco anche della vasta e incisiva ricerca ne: quell'enunciato sarà proferito da chi si sta per alzare dal suo posto e andar di Emile Benveniste. sene(a tale proposito interverranno quelle proprietà del carattere dell'oratore di L'impressione generale, al di là degli orientamenti delle scuole, alcune piu cui diceva Aristotele e, a seconda del suo ruolo, quella frase avrà semplicemente «sociologiche» altre piu « linguistiche», è che tutti questi siano, per usare un'e una funzione dichiarativa oppure piu spiccatamente performativa). Il sintagma spressione di Siegfried J. Schmidt, «importanti lavori preliminari » sul versante «Scusami» può anche segnalare che si postula nel destinatario un qualcosa di di quella che i linguisti di Costanza hanno definito « teoria dell'esecuzione» (Per cui ci si vuole scusare che il destinatario però non si attende affatto ; in tal caso formanztheorie, nella linea della piu vasta Rezeptionstheorie che caratterizza fin «Scusami» ha una funzione puramente enfatica in cui non è in gioco la credibi dagli anni '6o gli interessi di quella scuola) ; prima di poter giungere a una sod lità e che può essere ascritta a quella che i retori chiamarono praemunitio. «Mi disfacente «teoriadel testo», già decisamente avanzata per merito soprattutto scusi» può allora equivalere a un deittico, oppure, secondo una procedura di di Petofi (per cui si rinvia, in questo stesso volume, alle pp. 677-85), il pro « falsa modestia», può equivalere a «Mi lasci fare quanto sto per fare», facendo gramma di ricerca, come appunto avvertiva Schmidt una decina d'anni fa, è di intervenire in tutti i casi l'attenzione non tanto sull'oggetto del discorso quan delineare una teoria della produzione dei testi comunicativi sia nel campo di to piuttosto sulla presenza stessa del locutore e sulla sua legittimità a fare (o a Inanifestazione del discorso «a viva voce» sia in quello della poetica e della let teratura, che non gli è poi cosi estraneo, e non solo perché la lingua è il sistema dire). modellizzante primario di un racconto letterario. Il fatto, piuttosto, è che raccon tare comporta l'effettuarsi, come ha ben mostrato Greimas, di un programma 3. Dall'interazione comunicativa ai limiti del dire. di trasformazione che investe diversamente l'identità e il ruolo dei personaggi e che anch' essa si fonda su una teoria dell'azione, vale a dire sullo studio delle In un atto linguistico occorre che vengano tenuti presenti diversi fattori unità componenti il contenuto della narrazione in funzione dell'operato dei per componenti. Anzitutto, per quel che riguarda l'atto del proferire, esso comporta sonaggi. E questo un terreno d'incontro fra sociologia, etnoletteratura, lingui formule che segnalano che il locutore è pronto a parlare(le espressioni « fàtiche», stica testuale nel quadro di un'impostazione semiotica: potrà essere allora pro del tipo «Pronto, chi parla?», indicate da Jakobson) e quindi che è attivabile il duttivo il convergere di concetti come «motivo», frame, isotopia; oppure ma canale di trasmissione del messaggio; leggermente diverse le formule che si ri crostruttura e «tema», in cui continua a percepirsi una netta eterogeneità del feriscono alla disponibilità a proseguire nel dire che dipendono tanto dalla vo testo come complesso coerente con le sue componenti elementari che paiono ri lontà del mittente quanto da un consenso, anche tacito, del destinatario; talora spetto ad esso piu o meno incommensurabili : il testo non è una somma di frasi, certe forme deittiche assumono funzione fàtica, di avviamento al dire: «Ecco non è unasomma di segni (ad esempio sarebbe utile affrontare il problema del mi!» è una di queste, se la situazione prevede che chi si annunzia debba prende «cambiamento», come intervento sui mondi possibili che genera differenza tra re la parola al suo arrivo, perché, ad esempio, è giunto il suo turno. stati e tempi, nei termini di una ricerca dei «confini» fra la descrizione di un'a D' questi ultimi tratti relativi all'organizzazione strategica del dire, soprat zione e di quella che segue, relazionando sintassi a unità costitutive del conte tutto nell'interazione «faccia a faccia», si sono occupati studiosi statunitensi ( ra nuto, senza perdere di vista il concetto di «cronotopo» bachtiniano). gli altri il gruppo diretto da Harvey Sacks) ; è stato preso in esame il ruolo par I processi di+enunciazione+ che si stabiliscono al suo interno e che ne sor ticolare della conversazione fra i sistemi linguistici di scambio, i modi mediante reggono il discorso — si pensi soltanto al ruolo delle descrizioni o dei dialoghi i quali si mettono a punto le identità nella comunicazione dialogica, i vari tipi interiori, tanto per fare due esempi a caso — concorrono in maniera determi di cooperazione rappresentati dalle situazioni di etichetta, i diversi criteri di nante a distribuire in modo qualitativo, con addensamenti ed espansioni, con analizzabilità delle storie a partire dalla capacità di riconoscere descrizioni (in trazioni e messe in rilievo, il senso all'interno del testo; di ciò si è ben reso conto termini strettamente linguistico-stilistici è il problema della parafrasi ), gli aspet 'l'eun A. van Dijk tentando un abile ricamo di psicologia cognitiva, universali ti sequenziali, vale a dire co-testuali nella terminologia di Petofi, caratteristici percettivi e grammaticali, semantica generativa; ma la sua « teoria dell'azione» dei racconticoncatenati presentati in una conversazione, ecc. ecc. Se queste è ancora debole, come lungi dall'essere risolto è il campo di utilizzazione e di indagini traggono la loro strumentazione concettuale e operativa dalla sociolo pertinenza della pragmatica nella linguistica. L'epistemologia che sorregge que gia americana dei piccoli gruppi e del comportamento interpersonale (Goffman ste ricerche — non si tocca qui il ricco contributo di Petofi che mostra, fra l'al soprattutto ), in Europa, soprattutto in Francia, è fiorente una corrente di studi tro, l'infondatezza nel quadro testuale della tripartizione morrisiana della semio debitrice soprattutto nei confronti degli studi di pragmatica e di retorica che ha ticaa —silimita ancora a definire la letteratura un sistema comunicativo «comples elaborato procedure relative allo studio delle parafrasi nella prospettiva delle so»; come rileva Schmidt, la teoria della comunicazione letteraria può essere ri operazioni enunciative, delle strategie della persuasione, delle tecniche relative dotta a quanto segue: teoria degli atti di comunicazione letteraria e degli oggetti all'orientamento dialogico cioè alla corretta sequenzialità di battute e risposte, degli stati di cose, della +presupposizione e allusione+ e delle conseguenze che
  • 7. Sistematica locale 2I2 2I3 Enunciazione «hanno importanza per questa comunicazione». Nemmeno è sufficiente rirnar suaAssiomatica delle scienze del linguaggio (Die Axiomatik der Sprachwissenschaf care la non-pertinenza dell'opposizione vero/falso in enunciati di tipo letterario, ten, I933), riecheggianti la distinzione humboldtiana fra ápyov e svrpyem, Karl quando semmai è piu utile riflettere sul modo in cui al loro interno sono costrui Biihler volle assimilare il comportamento linguistico a un'attività manipolatrice i i i mondi possibili e le loro coerenze verso l'interno e verso l'esterno. nella quale ci s'impegna con le «cose corporee»: anche il linguaggio è «diretto Nulla si potrà dire sulle operazioni linguistiche nel testo letterario se si tra verso una meta», verso qualcosa che va raggiunto. La ricerca linguistica secon scurerà la distinzione e insieme il gioco fra la «certezza filologica» del testo da do Biihler non può limitarsi a considerare il parlare «scaturigine» di ogni stori una parte e dall'altra il dialogo fra testo e lettore, la «coscienza di essere altri» cità ma deve approdare a una teoria dell'«attività del parlare» (Sprechhandlung). (llachtin) ; campi e momenti di cui il primo è linguisticamente accertabile, il L'attività, intesa in senso psicologico, a detta dello stesso Biihler, è propria secondo è apparentemente non presente nella struttura di superficie di un testo di chi intende progettare ; egli spunti del filosofo portano decisamente verso una c potràsoloin parte essere ripristinato in base a informazioni co-testuali,come teoria del racconto, mettendo l'accento sulle strategie comunicative poste in es se fosse un dire implicito che allude a qualcosa; i suoi margini di attendibilità sere col linguaggio. È l'attuale teoria dei frames(da Minsky a Goffman a Eco ) infatti spettano all'interpretazione dell'operatore — autore, lettore o critico — e a essere annunziata dalla «storia d'azione» (Aktgeschichte) che tratteggia Bùhler ; non possono ridursi alle possibilità che il testo può, piu o meno allusivamente, e non sarà un caso che uno dei suoi esempi sia letterario : il progetto di Raskol'ni segnalare. kov e la sua lenta preparazione, dall'«affiorare» dell'idea sino all'azione concre Ne discende un carattere particolare dell'enunciazione nel testo letterario, tata nel dramma. relativa al ruolo svolto da chi dice «io», autore, narratore, personaggi, e dipen Che poi altre indicazioni di Biihler vadano verso la teoria giuridica della vo dente dal fatto che li è la lingua a far esistere la realtà e a costruirla, nonostante lontà (Radbruch, I9o3) è indice della decisiva importanza, anche nel linguag tutte le deroghe, a sua immagine e somiglianza; a maggior ragione, quanto ai gio, dell'aspetto della responsabilità, che ad esempio le analisi dell'argomenta prodotti in questione, per il teatro, che è «istituzionalmente vincolato al processo zione condotte da Perelman hanno poi ampiamente trattato. In Italia la pre di enunciazione» (Serpieri) ; in effetti il testo drammaturgico non esiste — senon fazione di Norberto Bobbio alla traduzione del Traité de l'argumentation(1958, in forma molto parziale — al di fuori di un effettivo contesto pragmatico in cui scritto da Perelman in collaborazione con Lucie Olbrechts-Tyteca) costituisce l'azione, l'evento, assumono la dimensione del parlato e in cui i limiti+dicibi non soltanto un'azzeccata iniziativa editoriale ma anche un'autorevole confer le/indicibile+ sono l'«orizzonte» del fare piu che del dire; nel teatro anche il ma di tale quadro e una traccia per chi, studiando gli atti linguistici — come fra mostrare, il far vedere, il rappresentare è sostenuto dal linguaggio: nulla può gli altri hanno recentemente osservato Leonardi, Mortara Garavelli, Sbisà —, è essereesibitoche non siadetto ;se esprimere è,come sostiene Ducrot, costruire stato giustamente colpito dalle scarse dichiarazioni d'autore (anche di ispirazio l'immagine di una cosa, vi sono situazioni —in primis quelle teatrali, ma anche ne liberai come Searle) sul versante politico del discorso, pur cosi finemente altre delle scene quotidiane del dire — in cui è impossibile separare il pensiero anatomizzato. da ciò che esso pensa. Il che non significa che gli enunciati-schermo non dica Lontana dall'«infatuazione» come pure dallo «scetticismo», stigmatizzati da no: le loro condizioni di felicità dipendono da un limite, da una scommessa e Bobbio, l'analisi del discorso come atto può sottrarre definitivamente il linguag non da una mediazione. gio alla considerazione che lo vuole puro e semplice strumento e lo rende cosi funzionale tanto alle mire dell'intolleranza quanto alle pastoie dell'indifferen za. jc.i.c.]. Uolontà e responsabilità. Riflettendo sommariamente sui problemi fin qui considerati, si dovrà dire che il compito del linguista (e del semiologo) sarà quello di valutare come un Austin, J. L. [rgss] Hom to DoThingswtth words, clarendon Press, oxford xg6r. (trad. it. Marietti, To enunciato costruisce i suoi possibili eletti, secondo criteri di coerenza, cono l'1110 1 974). scenza intertestuale e congruenza con la situazione ; ne sarà indipendente, come Bachtin, M. M. già avvertiva Benveniste, la valutazione dei risultati effettivamente ottenuti da [xgxg-py] Es t etika slmresnogo tvorcestva,Iskusstvo, Moskva r apo. gli+atti linguistici+, anche se permane un rompicapo, per dirla con Bever, riu Bally, Ch. scire a rendersi conto di come i meccanismi di percezione, apprendimento e co 1944 Linguistique générale et linguistique franratse, Francke, Bern xg»4 (trad. it. Il saggia noscenza su cui sono basati molti aspetti del linguaggio vadano a integrarsi co tore, Milano x oyr ). stituendo una «base cognitiva» comune in quel comportamento umano che è la Henveniste, E. comunicazione. x»66 Problèmes delinguistique générale,voi. I, Gallimard, Paris (trad. it. Il saggiatore, Milano '97~). « Il parlare umano è una specie, un modo dell'agire»; con queste parole della z gg' Pr o blèmes de linguistique genérate,voi. Il, Gallimard, Paris.
  • 8. Sistematica locale 2I4 Conte, M.-E. x977 (a cura di) La linguistica testuale,Feltrinelli, Milano. Dijk, T. A. van x977 Text and Context; Explorations in the Semantics and Pragmatics of Discourse, Longmans, London (trad. it. Il M u l ino, Bologna x98o). Ducrot, O. x972 Dire et ne pas dire. Principes de sémantique linguistique, Hermann, Paris (trad. it. Offi cina, Roma x979). GolIman, E. x974 Frame Analysis: an Essay on the Organization of Experience, Harvard University Presa, Cambridge Mass. Nencioni, G. x976 Pa rlato-parlato, parlato-scritto, parlato-recitato,in «Strumenti Critici», X, z9, pp. x-86. Saussure, F. de [xqo6-xx] Co urs de linguistique générale,Payot, Lausanne-Paris xqx6 (trad. it. Laterza, Bari x97o ). Sbisà, M. x978 (a cura dl) Gli atti linguistici. Aspetti e problemi difilosofia del linguaggio, Feltrinelli, Milano. Searle, J. R. x969 Speech Acts. An Essay in the Philosophy of Language,Cambridge University Press, London (trad. it. Boringhieri, Torino x976). Semiotica dell'enunciazione [xqgx] Semiotica dell'enunciazione. Atti del IA convegno delVAssociazione italiana di studi se miotici, Editoriale M.c.M., Pavia x98z. Terracini, B. [x96z] Lingua libera e libertà linguistica. Introduzione alla linguistica storica,Einaudi, Torino 1970 .
  • 9. Atti linguistici r. A t t i locutiei e perlocutivi. L 'opposizionetra dire (Xkystv) e fare (vcpxzwstv) faceva già parte dei luoghi comuni della civiltà, della letteratura e, in parte, della lingua greca. Al punto che, in molti testi, l'espressione «Egli ha detto» tendeva ad essere intesa, se non era immediatamente precisata, come «Egli non ha fatto» ; uno dei temi consueti della retorica politica ateniese consisteva appunto nel mostrare che, contrariamente agli altri, non soltanto si era detto, ma anche fatto. Questo modo di concepire la parola come negazione implicita dell'azione ha i suoi fondamenti nella natura del linguaggio. Infatti, molti psicologi e linguisti sono concordi nel descriverlo come un comportamento «sostitutivo» la cui originalità consiste in primo luogo nel risparmiare un'azione. Nominare e descrivere un oggetto dispensa dal mo strarlo, a volte persino dal produrlo. Interrogare evita di scomodarsi personal mente per andare avedere. Inoltre,informare una persona di una situazione consente di scaricare su questa le responsabilità che ne derivano. D'altronde è pressoché certo, ed è comunque una «evidenza» della nostra civiltà, che la possi bilità di mentire, inerente alla parola, l'oppone radicalmente all'azione, che non mente (o che mente soltanto quando vuole imitare la parola e si presenta co me segno o indizio: faccio questo, quindi sono questo). In realtà, poiché ogni azione è creazione o trasformazione di un oggetto, la simulazione si manifesta immediatamente, denunziata dall'esistenza o dall'invarianza dell'oggetto. Per contro, èfondamentale per laparola ch'essa avvenga nel vuoto. Se, per esem pio, si tratta di descrivere una cosa, ciò ha normalmente un senso nella misura in cui questa non è vista dall'interlocutore. Ne consegue che le condizioni che ren dono ragionevole l'uso della parola fanno sl ch' essa possa anche trarre in in ganno. Ad un'azione quasi costretta alla sincerità — dal momento che per aver luogo deve iscriversi in un oggetto esterno — si oppone cosi una parola conti nuamente minacciata dalla menzogna: nella maggior parte dei casi, infatti, la sua ragion d'essere è la rappresentazione di ciò che è assente, e quindi il dame testimonianza. Agire su ciò che non esiste non è agire; dire ciò che non esiste è ancora dire. Tuttavia, se è vero che uno degli scopi essenziali delle parole consiste nell'e vitare certe azioni, ciò non toglie che questo costituisca, a sua volta, un'azione di tipo particolare. la razionalizzazione della pratica umana è sempre consistita nell'invenzione di nuove azioni che fanno diventare inutili le altre. Bisogna per ciò domandarsi se il tipo di sostituzione che caratterizza la parola non possa essereconsiderato anch'esso come un'azione ese, in questo caso, non costituisca una categoria ben precisa, nel senso che differisce dalle altre soltanto per la par ticolare natura (fonica o scritturale) delle sue manifestazioni esteriori. Chiamia mo azione (o atto) qualsiasi attività di un soggetto che ha lo scopo di produrre un certo cambiamento della realtà, cambiamento che dev' essere distinto da quello
  • 10. Atti linguistici tx8 i I9 Atti linguistici ch' essa realizza in quanto attività, È quindi possibile parlare di azione ogni qual Se si accetta di considerare l'enunciato come un oggetto prodotto, si è por volta si può distinguere tra un certo gesto, considerato come puro movimento, tati ad attribuire il carattere di atto a tutta una parte dell'attività psicofisiologica e un risultato esterno scopo di questo gesto. Se si ammette questa definizione, legata empiricamente all'enunciazione, quella appunto necessaria per la produ l'attività linguistica può essere considerata, per molti aspetti, un'azione. zione dell'oggetto stesso. Essa corrisponde a ciò che Austin [ i96i, t96z ] ha chia È un'azione prima di tutto nel senso che è orientata verso la produzione di mato «atti locutivi» e costituisce il tema principale delle ricerche in psicolin un oggetto, da essa distinto nella misura in cui un prodotto è, per definizione, guistica. Essa include l'attività fisica necessaria alla costruzione di un enunciato distinto dal lavoro che l'ha generato ; che l'oggetto sia un testo scritto o una suc verbale o scritto, ma comprende anche l'insieme delle operazioni intellettuali, cessione di suoni, in entrambi i casi esso è il risultato di un precedente processo molto complesse, inerenti all'uso di un codice grammaticale : non si tratta infatti psicofisiologico. D'altro canto sembra lecito — nonché necessario per poter appli soltanto di giustapporre fra di loro parole o morfemi, bensf di sceglierli in quelle care la nostra definizione — considerare il testo o la sequenza fonica come uno categorie la cui combinazione è permessa dalle regole sintattiche, e, in moltissi degli scopi intenzionali del processo. Per dimostrarlo (dal momento che questo me lingue, di «accordarli » reciprocamente in base alle funzioni che assumono in punto va giustificato, anche se di solito lo si considera evidente), si deve insistere queste combinazioni. Bisogna poi aggiungere tutte le operazioni propriamente sull'idea che il senso è veicolato, almeno dal punto di vista di chi parla, dal segno semantiche, poco conosciute, che consentono di prevedere il valore semantico materiale prodotto. Certo, afFinché un enunciato diventi interpretabile, bisogna globale della frase a partire dal significato dei vari elementi che la costituisco tener conto della situazione S nella quale appare ; ma il senso ottenuto, X, si pre no e, infine, di prevedere, tenuto conto di questo valore semantico della frase, senta come quello dell'enunciato. X non è il senso di S in relazione a E, e nem quello che riceverà in risposta quando sarà enunciata in una particolare situazio meno è il senso della coppia (S, E), ma il senso di E nella situazione S : per de ne. È evidente, d'altronde, che l'ordine nel quale queste operazioni sono state terminare, per esempio, a cosa si oppone X, cioè fra quali possibilità semantiche elencate è ampiamente arbitrario, e che il problema di sapere come esse si susse è stato scelto, non lo si paragona al senso X' che avrebbe avuto E in altre situa guano nell'attività linguistica concreta rimane aperto. A che punto si situa, per zioni S', S", ecc., ma a quello che avrebbero avuto, in S, altri enunciati E', E", esempio, la scelta dello schema sintattico? A che punto interviene la considera ecc. Né è l'attività svolta per la formazione dell'enunciato ad essere portatrice del zione della situazione? E quest'ultima agisce, come si è ipotizzato, soltanto una senso (il significante), anchese,come la situazione, essa va spesso presa in con volta che la frase è dotata di un significato globale, indipendentemente dalle con siderazione per poter giungere ad un'interpretazione. Certo, se si vuole deter dizioni del discorso? Oppure essa modifica in primo luogo il valore semantico dei minare il senso della parola M in E è spesso necessario chiedersi perché il locu componenti della frase > E quali sono i legami tra i processi in base ai quali il lo tore l'abbia scelta, preferendola a M', M", ecc. ; ricostruire cioè il lavoro di sele cutore concepisce il senso da trasmettere e quelli che lo spingono a costruire l'e zione per scoprire il senso di ciò che è stato scelto. Ma, anche in questo caso, è nunciato destinato a trasmetterlo? Problemi questi che rimangono ancora in la parola stessa, cioè l'elemento dell'enunciato, che il locutore considera signifi sospeso. cativa. Soltanto negli usi marginali del linguaggio (generalmente di tipo umori Può darsi però una seconda accezione dell'espressione «atti linguistici»: stico) l'atto di scegliere è presentato come di per sé significativo. quella alla quale pensava Austin quando parlava di atti «perlocutivi». L'uso di L'enunciato, insomma, in quanto significante, può essere considerato co un enunciato o di una sequenza di enunciati da parte di un locutore può avere me lo scopo perseguito attraverso l'attività psicologica da cui deriva, e pertanto infatti delle conseguenze per le persone(destinatari o ascoltatori ) che ne prendo tale attività può essere considerata come un atto. (Si noti che la tesi qui presen no conoscenza, e può essere motivato, per il locutore, dal desiderio di provocare tata è effettivamente una tesi, non un'evidenza : molti linguisti la rifiuterebbero, tali conseguenze. Per esempio, si può comunicare un fatto a qualcuno per metter assumendo come supporto del senso l'attività psicologica, di cui l'enunciato è, lo alcorrente, per farglisapere che sene è alcorrente,per fare in modo che rea secondo loro, il puro e semplice effetto meccanico. Per esempio, è in questo sen gisca, per infastidirlo se si ritiene che il fatto gli risulterà spiacevole, oppure per so che vanno intese le ricerche di Gustave Guillaume, fondate sull'idea che l'ele fargli piacere.. ecc. D'altra parte, va precisato che queste azioni possono riguar mento significativo fondamentale è l'insieme delle operazioni necessarie alla co dare altre persone e non il destinatario dell'enunciato. Parlando a X, si può in stituzione dell'enunciato, cioè dei procedimenti nozionali relativi ai vari siste fatti cercare di produrre un effetto su Y, che assiste al dialogo senza parteciparvi. mi, lessicali e grammaticali, messi in opera, oltre ai «tagli» operati in essi dalla Forse èproprio luiche sivuole mettere alcorrente,oppure che deve vedere co mente ; ogni taglio in un sistema conduce alla scelta di uno dei suoi elementi, la me si tratta X. Oppure ancora : ciò che interessa può essere la reazione di un cer sequenza degli elementi scelti costituisce l'enunciato. In questa prospettiva, to Z,che non assistealla conversazione, ma al quale essa sarà riferita;può anche l'enunciato non è tanto un prodotto, nel senso artigianale e finalistico del termi darsiche sisappia ch'essa glisarà riferita in modo inesattoe ciò che sicerca è ne, quanto piuttosto un risultato o, meglio, una traccia, un effetto. Fa parte in proprio l'effetto che produrrà su di lui questa versione infedele della conversa somma di ciò che Guillaume chiama «le langage effectif », contrapposto a quello zione. L'esame di questa infinità di intenzioni possibili permette di considerare «puissanciel »). come un atto una nuova parte dell'attività psicologica legata all'enunciazione,
  • 11. I zo I 2I Atti linguistici Atti linguistici quella che ha indotto a scegliere il senso di cui l'eriunciato utilizzato è portatore Pe l t d ll t p (piu esattamente: di cui è portatore nella situazione in cui è impiegato ). situazione), dalla previsione perlocutiva de l' ff t t' h È evidente che la nozione di atto perlocutivo implica un'ipotesi che, pur es P"du" à ( n h . q- t - - - u . " " d. ll" ; . „ ;. . . ) O sendo difficilmente evitabile, rimane comunque un'ipotesi, proprio come quella immaginare casi in cui i due movimenti s'intersecano. Supponiamo che un enun che sta alla base della nozione di atti locutivi. Supponiamo di poter analizzare ciato (pereseinpio:Vi auguro buon divertimento) sia passibile di due interpreta la produzione di un enunciato in due fasi distinte e teoricamente successive: z ioni i' e i" d ov'" ( ove i è l interpretazione «diretta» Desidero che siatefelici, e i" 'interpretazione «ironica» Prevedo che avrete molte noie). Può accadere che la I ) La scelta di un certo senso destinato a produrre questo o quell'effetto nei sce ta tra i' e i" si fondi soltanto sul loro eventuale effetto sul destinatario. Cosi, destinatari, diretti o indiretti, dell'enunciazione. se risulta in qualche modo evidente che il locutore intende dissuadere il destina z) La scelta di un enunciato capace, nel momento in cui si parla, di tra tario dal fare ciò che ha in mente , oppure avere nei suoi confronti un comporta smettere questo senso. mento sgradevole, s'imporrà l'interpretazione i" la i ' di, a piu atta a are questi risul tati. In altre parole, per determinare qual è il senso (locutivo ) dell'enunciazione, Si avrebbe cosi il seguente schema: ci si deve in primo luogo interessare degli effetti (perlocutivi) ch' essa può avere. ppure, piu semplicemente, per sapere ciò che il locutore vuoi dire, biso na in Situazione nanzi tutto sapere quel che vuole fare. Si affermerà la stessa cosa —ponendosi Atto Enunciato però stavolta dal punto di vista di chi parlerà — dicendo che il progetto erlocuti Atto Senso perlocutivo scelto locutivo scelto vo spiega non solo perché egli cerca di trasmettere un certo senso piuttosto che un altro, ma anche erché sce l'p ' g i e ,per poi trasmetterlo, quel particolare enun ciato.Intenzione del locutore Nonostante queste difficoltà non si può non ammettere, in un modo o in un altro, la distinzione tra locutivo e perlocutivo. I lt , ' È indubbiainente facile trovare un gran numero di casi-limite in cui la pre com licarlcomp icarla, ispirandosi, d'altronde, alle indicazioni dello stesso Austin. Che la cedente distinzione appaia poco convincente. E questo il caso, quasi ovvio, del istinzione sia indispensabile diventa innegabile se si pensa che la parola fa l'enunciato che comporta certe parole, ingiurie per esempio, il cui valore seman parte della categoria generale dell'azione umana, o, piu esattamente, dell'azione tico non sembra possa essere dissociato dall'effetto che producono. Sembra qui n a e (i c e e r esto è proprio della riflessione linguistica dall'antichità che l'intenzione di colpire chi ascolta determini direttamente la costruzione del in poi, e sembra, almeno, riflettere una scelta operata dalle civiltà che da questa la frase: l'atto perlocutivo è allo stesso tempo un atto locutivo. Piu in generale si antichità derivano). L'azionestrumentale presenta infattila caratteristica dise può dire che esiste nella maggior parte delle lingue un certo numero di coppie i parare la preparazione dei mezzi dalla loro utilizzazione per un certo fine. Ciò fu cui termini si distinguono esclusivamente per il fatto che uno ha valore peggio espressogiàda Platone quando paragonava l'arte deltessitore,che siserve della rativo,mentre l'altro è neutro (cfr.,in francese, coppie come bou ffer(manager, spo a,a quella delfalegname, che la fabbrica [Cratilo 8 d - d . S ' h téméraive/audacieux, douceatrefdoux, puévil/enfantin, se trainer(aller lentement). s etta alspetta atessitoreindicare laforma da dare allaspola perché essa siaperfetta È possibile, per spiegare come mai uno di questi termini sia stato preferito all'al mente adattaalsuo sco o le t c 'p, ecniche da utilizzare per ottenere tale forma sono tro, richiamarsi a un senso locutivo, eventualmente distinto dall'effetto cercato? di nertinenza del al ' p ' fa egname. Basta applicare alla costruzione dei singoli atti di Per risolvere questa difficoltà, certi linguisti introducono nella descrizione del parola la metafora di Platone (che ha lo scopo di far capire la costruzione della le parole peggiorative un «tratto semantico» particolare che chiamano «disfo lingua), per essere indotti a distinguere tra atto perlocutivo, che determina ciò rico» o«sfavorevole», al quale conferiscono lo stesso statuto dei trattiseman che dev'esseretrasmesso e atto locutivo, che concepisce un enunciato capace di tici che designano caratteri oggettivi («umano», «animale», «materiale», ecc. ). trasmetterlo. Allo stesso modo, nell'elaborazione di un manifesto pubblicitario Ma ciò non equivale forse ad assimilare proprietà completamente differenti, è teoricamente possibile distinguere il ruolo del venditore, che indica quale tipo relative ora a ciò che gli oggetti sono, ora al modo in cui noi reagiamo nei i argomento sarà piu efficace sulla clientela, da quello dei pubblicitari e dei gra ci, i quali cercano il modo migliore di presentare l'argomento stesso. loro confronti? Si può sollevare un secondo tipo di obiezione contro la distinzione di Austin. 'esempio della pubblicità suggerisce d'altra parte una risposta alla seconda Si è già osservato che la scelta (locutiva) di un enunciato per trasmettere, in una obiezione nei confronti della distinzione austiniana. Accade spesso, infatti, in data situazione, un certo senso, implica l'esame della situazione, il cui risultato questo campo, di servirsi come mezzo di espressione della conoscenza che il de semantico sull'enunciato dev' essere previsto nel momento in cui si parla. Un'i stinatario già possiede circa i fini del messaggio. Cosi, è capitato di vedere un potesi che sta alla base della distinzione austiniana consiste nel fatto che si possa manifesto che rappresentava un frigorifero accompagnato, oltre che dal nome
  • 12. Atti linguistici I ZZ r23 Atta hnguxstxcx della marca, da questa semplice didascalia: «Non osiamo dirvi il suo prezzo». Di ampliarlo, e le due scelte sono entrambe connesse all'introduzione di un nuovo per séquesta frasepotrebbe portarebenissimo adue opposte interpretazioni,una tipo di atto linguistico, quello che Austin chiama «illocutivo». delle quali risulterebbe molto pericolosa : a) Non osiamo perché il prezzo è troppo alto, oppure b) Non osiamoperché non cicredereste,tantoè basso.T uttavia lasitua zione stessa della frase in un manifesto che si presenta come pubblicità, cioè Atts sllocuttvs come argomento pervendere, costringe a considerare soltanto l'interpretazione conforme allo scopo: il confessare l'intenzione perlocutiva fa allora parte della z.x. Agire «nella» parola, agire «per mezzo della» parola. tecnica locutiva, È lo stesso processo notato piu sopra, e che costituisce uno dei meccanismi piu usati nella comunicazione umana. Al limite si dovrebbe dire che Supponiamo che un locutore X rivolga a un destinatario Y una certa doman la funzione perlocutiva dell'atto linguistico rappresenta non già un'eccezione, da (peresempio. Quando verrà a P arigiPietro'), e che X, in questo modo, abbia bensi una costante, e forse addirittura una norma : un'enunciazione che non ser 'intenzione di mettere in imbarazzo Y, costringendolo a confessare di non esse ve a nulla è considerata assurda. In tal modo il destinatario non solo subisce, re al corrente di quel che fa Pietro. In questo esempio, X compie, rispetto a Y, ma prevede anche le intenzioni del locutore, mentre quest'ultimo, a sua volta, almeno due diversi atti linguistici: da un lato quello d'interrogare d 11' lt può integrare quest'anticipazione nelle sue tecniche espressive. Ciò indubbia que o, conseguente, di mettere in imbarazzo, Per distinguere questi atti, nonIl mente complica lo schema precedente, togliendogli il suo carattere lineare, soltanto nella loro modalità, ma anche nella loro natura, Austin chiama il secon ma non rimette assolutamente in discussione l'idea che ne è alla base, cioè do «perlocutivo», mentre definisce la domanda un atto «illocutivo», intendendo la distinzione fra locutivo e perlocutivo. Si arriva pertanto alla seguente rap con ciò che l'azione non è ottenuta, in questo caso, per mezzo della parola (by saying), ma che essa è inerente alla parola, ha luogo in essa (in saying). Come presentazione : caratterizzare questa differenza che Austin ha segnalato e designato, ma non Situazione completamente reso esplicita? Un rin primo punto da notare, che assumerà tuttavia il suo pieno valore soltanto Senso Atto EnunciatoAtto una volta collegato agli altri, riguarda il tipo di trasformazione operata dalle due perlocutivo scelto locutivo scelto varietà di atti. Nel caso dell'atto illocutivo, si tratta sempre di una trasformazio ne di tipo giuridico, della creazione di diritti o doveri per i partecipanti all'atto Intenzione linguistico. Dire che X ha interrogato Y equivale ad affermare, in prima appros del locutore simazione, che il suo enunciato Quando verràa Parigi Pietro? obbligava Y a un particolare comportamento, catalogato come comportamentodirisposta (in se guito, si sostituirà «obbligava» con «pretendeva obbligare»). Se non si fa interve La freccia che è stata aggiunta ha come punto di partenza l'insieme dei primi nire 1 idea di un obbligo di risposta imposto al destinatario, l'enunciato non è tre momenti e come punto d'arrivo la casella «Atto locutivo». Essa significa che, piu, a voler essere precisi, capito come una domanda, ma solamente come il sin tra gli input presi in considerazione dall'atto locutivo, può essere necessario in tomo di un'incertezza o di una curiosità, oppure come un modo retorico di espri trodurre un fatto complesso : il fatto che, in una data situazione, l'intenzione del mere la propria incredulità (= Non verrà mai ). Ma la domanda è tutt'altra: il locutore doveva produrre un atto perlocutivo implicante la scelta di un certo professore che interroga il candidato non è né incerto, né curioso, né scettico. Ciò che caratterizza la domanda in quanto tale è l'esigenza di una risposta. Ora tipo di senso. 7 Per contro, una semplice modifica non basterà a rispondere alla prima obie questa esigenza — e fondamentale notarlo — riguarda il diritto e non il fatto. Per zione esposta in precedenza : quella che, a partire dall'esempio delle offese e delle l'interrogato non c'è alcuna necessità fattuale di rispondere; in altre parole, la espressioni peggiorative, arrivava alla conclusione dell'esistenza di effetti appa domanda non dev'essere intesa come uno stimolo. Perciò non è del tutto esatto rentemente perlocutivi non deducibili da un senso già costruito dall'attività lo parlare a questo proposito, come fa Jakobson, di funzione «conativa». Si può cutiva. Per rispondervi è necessario precisare la nozione stessa di senso, finora benissimo fare una domanda e desiderare che l'altro non risponda: per esempio data per scontata. Piu esattamente, bisogna domandarsi se negli atti di parola se si desidera provare che l'altro è incapace di farlo ; ma è impossibile presentare non vi siano certe modalità di azione sugli altri che non rientrano nell'ambito un enunciato come una domanda senza implicare nello stesso tempo l'obbligo dell'attività perlocutiva propriamente detta, e se gli esempi considerati non co per l altro di rispondervi. Per usare un'espressione di Searle, l'obbligo di risponl' 1 stituiscano un caso particolare. In tal caso, bisognerebbe introdurli tra il senso dere «costituisce» la domanda. e l'attività perlocutiva, oppure considerarli come parte costitutiva del senso. La N on bbo n sarebbe difficile dimostrare che lo stesso aspetto giuridico si rit ova 1'r ne prima soluzione costringerebbe a restringere il campo del senso, la seconda ad l'ordior ine che pretende imporre al destinatario il dovere di agire in un certo modo.
  • 13. Atti linguistici I24 I25 Atti li nguistici Lo si scoprirebbe anche, ma capovolto, nella promessa. In tal caso è il locutore pare una nuova caratteristica, complementare della precedente, Essa consiste che si dà un ordine, e che dà al destinatario il diritto di reclamare il compimento nel fatto che l'atto illocutivo raggiunge un'altra persona soltanto nella misura in degli impegni presi. Un ultimo esempio, forse meno evidente : l'affermazione. Si cui quest'ultima è destinatario e non solamente uditore, cioè nella misura in può dire che X ha affermato P, senza peraltro dire ch' egli si dichiara responsabile cui è un attore e non una semplice comparsa del processo di enunciazione. Per della verità di P e che ammette la sua eventuale colpa nel caso in cui P si riveli rendersene conto basta modificareancora ilnostro esempio supponendo ch e falso? Il dovere di dire la verità è altrettanto costitutivo dell'atto di affermare cerchi, interrogando Y, di mettere in imbarazzo non Y, ma un certo Z il qua quanto lo sono gli obblighi di obbedire, di mantenere i propri impegni o di ri le dovrebbe, di regola, conoscere la risposta, e verso il quale si volgeranno gli spondere, rispettivamente nel caso di ordine, promessa o domanda. Non c'è bi sguardi dei presenti per farlo parlare. Si potrà descrivere la scena dicendo che X sogno di insistere sul fatto che questo carattere giuridico non è per nulla necessa ha cercato di mettere in imbarazzo Z, e poco importa che Z non sia il destinatario rio nel caso dell'azione perlocutiva, perché ciò risulta evidente dagli esempi fino d l!'e l atto linguistico. Ma non si dirà mai che X ha interrogato Z, poiché chi è in ra esaminati. Se cerco, con le mie parole, di mettere in imbarazzo qualcuno, non terpellato è necessariamente colui al qualesi parla: non basta che sia colui per il ho affatto bisogno di implicare addirittura che egli abbia il dovere di sentirsi quale si parla, Questa necessità caratterizza tutti gli atti illocutivi. Per mostrarlo in imbarazzo, Cerco di agire su di lui con un meccanismo naturale: la parola meglio, può essere utile prendere come esempio un atto che è tuttavia meno non crea, né pretende di creare, nuovi diritti, ma intende semplicemente met spettacolarmente illocutivo dell'interrogazione : la minaccia. Supponiamo che X tere in moto un gioco di cause ed effetti, dica a Z : «Se tu fai A, io ti spacco la faccia». Si dirà che X ha minacciato Z. Ma A questa prima differenza, relativa al tipo di trasformazione messa in opera, immaginiamo che X lo dica a Y, in presenza di Z. Anche se Z, in realtà, è tentato bisogna aggiungere un'opposizione fondamentale riguardante l'agente e il pa d ifr Ai are A ancor piu di Y, non si dirà che X ha minacciato Z, ma soltanto che lo ha ziente della trasformazione. Nell'atto illocutivo l'agente è essenzialmenteun lo spaventato, o che gli ha tolto la voglia di fare A (e anche se X sapesse che Z vuole cutore (prendendo questo termine in un senso abbastanza vasto da comprendere fare A, al massimo si potrebbe dire che ha cercato di fargli paura, di dissuaderlo, qualsiasi mittente di un atto di comunicazione, che questa avvenga usando il ecc.). Si noti che la minaccia può non essere formulata in modo cosi esplicito linguaggio, un sostituto codificato del linguaggio, o ancora un altro mezzo di co come supposto.A X può bastare,per minacciare Z, raccontargli come ha spac municazione, ammesso che esista). Nell'atto perlocutivo, invece, l'agente è locu cato la faccia a qualcuno che ha fatto A. Resta comunque necessario che Z sia il tore soltanto in manieraaccidentale. Indubbiamente — e l'esempio scelto lo dimo destinatario dell'atto linguistico : se il racconto è stato fatto a Y in presenza di Z, stra — è possibile infastidire qualcuno per mezzo di parole ma è anche vero che non si dirà piu che Z è stato minacciato ; a meno che non si ammetta che, a un lo si può mettere in imbarazzo in molti altri modi in cui la comunicazione non altro livello del dialogo, Z era il vero destinatario, che X gli parlava in realtà at c'entraaffatto,oppure è soltanto episodica (restrizione imposta dal fatto che non traverso Y, destinatario soltanto in apparenza. Rimane però il fatto che, tramite esiste probabilmente comportamento umano che ne sia totalmente privo). Que questa sostituzione (sempre possibile) di un dialogo profondo, o figurato, ad un sto non è certo il caso dell'atto d'interrogare, che può compiersi soltanto con la ia ogo superficiale, o letterale, la persona oggetto della minaccia deve apparire, parola, dando per di piu loro un ruolo centrale (eccetto se si ricorre a un sosti esplicitamente o no, come quella alla quale si parla ; non è minacciata da ciò che tuto codificato, per esempio assumendo convenzionalmente un certo movimento si dice, ma da ciò che le si dice. della testa come equivalente di una certa domanda, fatto che rientra comunque Se si ammette quanto precede, gli attori dell'atto illocutivo sono gli attori nella cotnunicazione). Si riprenda l'esempio già fatto e s'immagini che X, invece d 11'dell enunciazione. Ma anche questa conclusione dev' essere approfondita, no di rivolgersi personalmente a Y, l'abbia messo in presenza di persone che hanno tando — è una quarta caratteristica — che non si tratta di personaggi che si trovano un particolare motivo per interessarsi a Pietro, le quali porranno immancabil a essere, per una qualsiasi coincidenza, il parlante e il destinatario, bensi del mente a Y la domanda alla quale dovrebbe potere, ma non può, rispondere: parlante e del destinatario in quanto tali. Per precisare questa distinzione, suppo Quando verrà a Parigi Pietro' In questo caso, nulla è cambiato dal punto di vista niamo che, durante una conversazione qualsiasi, qualcuno dichiari «Io sono an perlocutivo:X ha messo in imbarazzo Y, e ha utilizzato per farlo lo stesso espe dato a Parigi quest'estate» ; il soggetto io designa indubbiamente il locutore, ma diente strategico di prima. Ma nessuno affermerà che X ha compiuto l'atto d'in non in quanto tale: colui di cui si dice che ha viaggiato non lo ha fatto come nar terrogare Y : lo ha fatto interrogare, che è cosa completamente diversa. Lo stesso ratore di questo viaggio e, reciprocamente, colui che parla del suo viaggio po si potrebbe dire per le altre azioni normalmente considerate ill ocutive : ordinare, trebbe benissimo parlare del viaggio di un altro : si sostituisca io con Pietro, la promettere, minacciare, annunziare, ecc. Non solo esse possono compiersi con natura dell'enunciazione non cambia. Ma la situazione è completamente diversa la parola, ma alla base della loro realizzazione c'è sempre un atto di comunica nel caso dell'interrogazione. Dire che l'enunciato Quando verrà a Parigi Pietro P zione. Si affermerà quindi che la seconda caratteristica dell'illocutivo consiste a, in una data situazione, il valore di una domanda vuoi dire che richiede una nell'essere necessariamente l'atto di un parlante. risposta ; piu esattamente, come si è visto, obbliga a rispondere. Ma chi obbliga Se ora si cerca di definire, non piu l'agente, bensi il paziente dell'azione, ap chi, e a rispondere a chi? È evidente che è chi parla a obbligare la persona alla
  • 14. tz6 Atti linguistici Atti linguistici I27 quale parla, e la risposta dev' essere rivolta proprio a lui. La nozione stessa di rativo : quando esso è usato con un senso d'obbligo (cosa che non sempre avvie domanda contiene quindi in sé un riferimento agli attori dell'enunciazione, e a ne), si presenta allora come creatore d'obbligo. In tal modo ha senso dire Tu questi attori in quanto tali, per il fatto che ne sono gli attori : se l obbligo riguar 1) hai il dovere di andare a Parigi, rna preferirei che non ci andassi, mentre sarebbe dasse altre persone non sarebbe piu una domanda (non si rivolge una domanda assurdo sostituirein questo caso Tu haiildoverediandare con Va'.Questa diffe dichiarando Paolo deve dire a Enrico quando Pietro verrà a Parigi ). renza si spiega dicendo che l'enunciato indicativo — pur esprimendo un obbligo, In questa formulazione vanno sottolineati tre punti. Innanzitutto si è parlato e un obbligo del destinatario — può non introdurre un atto illocutivo d'ordine. In dell'interrogazione, presa come esempio di atto illocutivo, e non deV I enunciaI l > fatti, perché questo avvenga, non basta l'espressione di un ordine; affinché una zione in generale, a proposito della quale è fin troppo ovvio ricordare che com enunciazionepossa essere descritta come ordine,è necessario che siriferisca ase P01 Uorta locutore e destinatario. In secondo luogo, non si è detto soltanto che la do stessa, e si presenti come fonte di un obbligo. (Cosi è chiaro perché l'enunciato manda ha un locutore e un destinatario, ma che si riferisce ad essi, Chela domCl 1 d indicativoserve molto spesso a ordinare. Ilmotivo staproprio nel fatto ch'esso da abbia un locutore e un destinatario dipende semplicemente dal fatto che ah fa può non avere valore di ordine : la sua ambiguità latente consente cosi di nascon parte di un'enunciazione (lo stesso si potrebbe dire per qualsiasi parola, non dere la brutalità del comando e, d'altra parte, di giustificare l'obbligo nel mo appena è pronunciata). Ma ciò che le conferisce un carattere illocutivo è la sua mento stesso in cui viene costituito ). precisa allusione a quel locutore e a quel destinatario, nel senso che li assume L'introduzione della sui-référence('autoriferimento' ) porta, come si è anti come fonte e oggetto di un determinato tipo di obbligo. Il terzo punto riguarda cipato, a rivedere la prima caratteristica, formulata in modo troppo drastico. l'espressionein quanto tale, posta al centro di questa esposizione. Se è vero che i L'atto illocutivo era stato presentato come quello che introduce nella situazione personaggi dell'enunciazione sono, per cosi dire, «coinvolti» nella domanda, e degli interlocutori una trasformazione giuridica : in questo senso la domanda e la dotati di ruoli particolari, ciò è possibile soltanto nella misura in cui essi sono promessa erano state definite creatrici d'obbligo (rispettivamente per il destina locutoree destinatario. Se obbligo qualcuno a rispondermi, è proprio perché ho tario e per il locutore). Tuttavia le precisazioni date in seguito mostrano l'impos pronunziato una certa frase avente valore di interrogazione ; e l'obbligo gli deriva sibilità, quando si descriva l'atto illocutivo, di abbandonare il campo dell'inten dal fatto che questa frase è rivolta a lui: una terza persona, presente al nostro zionalità, o, se si vuole, di ciò che attiene al linguaggio, e di concludere per colloquio, può sentirsi, per gentilezza o cortesia, tenuta a rispondere, ma que quanto riguarda la realtà. Questo perché le modificazioni giuridiche costitutive st'obbligo, eventuale conseguenza della mia domanda, non la costituisce,nel sen dell'atto sono apparse legate al riferimento che l'enunciazione fa alla propria esi so in cui la costituisce l'obbligo imposto al destinatario. stenza;oppure, come si è detto sopra, alfatto ch'esse coinvolgono i personag A questo punto si può proporre una quinta caratteristica per l'atto illocutivo : gi dell'enunciazione in quanto tali. Quando si parlava di obblighi imposti o as essa è all'origine delle ultime tre e permetterà di riformulare la prima. Un'enun sunti, si descriveva dunque soltanto una specie di autoritratto del discorso (auto ciazione non può servire a compiere un atto illocutivo senza fare riferimento a se ritratto che rimane comunque un tratto distintivo dell'atto illocutivo ). Tutto ciò stessa, senza essere, per usare l'espressione di Benveniste, sui-référentielle. Cosi, che sipuò affermare è che ladomanda, per esempio, sipresenta come qualco per una domanda, l'obbligo di rispondere che la costituisce trae origine dalla do sa che obbliga il destinatario a rispondere ; ma questa restrizione non impedisce manda stessa. Non si tratta di rendere esplicito un obbligo preesistente, ma di di dire che la domanda non sarebbe domanda se non contenesse questa immagi crearne uno nel momento in cui si parla, proprio in virtu della parola. L'atto ne. Pur mantenendo il carattere costitutivo delle trasformazioni giuridiche, va illocutivo piu banale, per esempio quello di ringraziare, anche se avviene nel precisato nello stesso tempo ch' esse hanno lo statuto dell'intenzionalità, o del modo piu convenzionale per mezzo della formula «Grazie», comporta un riferi la pretesa. mento all'enunciazione : con quest'atto, presento infatti il mio discorso come do Si esaminino rapidamente tre conseguenze di questa caratteristica. In primo tato di valore giuridico, come qualcosa che costituisce il compimento, per lo me luogo, essa impedisce diusare per scopi morali la descrizione degli atti lingui no parziale, di un dovere di gratitudine. È vero che l'atto del ringraziare implica stici. Infatti non è piu possibile pensare (come fa Searle, nell'ottavo capitolo di anche, di conseguenza, che si riconosca 1 esistenza, anteriore all atto stesso, 11' di Speech Acts [ tg69, trad. it. pp. zz6 sgg.]) che la teoria dell'illocutivo permetta un tale dovere, ma non è questo riconoscimento che costituisce il ringraziamen di colmare il fossato che separa, secondo Kant, la constatazione dei fatti dalla to : si può riconoscere, anche pubblicarnente, ciò che si deve a qualcuno, e rifiu determinazione dei doveri. Secondo Searle, constatare che X ha promesso A costringe a concludere che X deve fare A ; infatti la promessa, o non è, oppure è, tarsi di ringraziarlo. Ultimo esempio, quello dell'ordine. Come distinguere un enunciato impera per chi parla, l'origine di un obbligo. Tuttavia, se si ammette la concezione tivo del tipo Vai a Parigi! da un indicativo comeTu hai il dovere di andare a Pa esposta precedentemente, si può dire soltanto «La promessa, o non è, oppure si rigi? Certo, entrambi possonoservire a ordinare. Ma il secondo può anche essere presenta come origine di un obbligo», senza potere concludere immediatamente, la semplice constatazione di un dovere, preesistente all'enunciazione, e al quale in base aquesta affermazione, ch'essa lo è.In secondo luogo, l'interpretazione l'enunciazione non aggiunge niente. Ma questo è impossibile nel caso dell'impe che qui viene data dell'atto illocutivo toglie buona parte della sua importanza al
  • 15. rz8 Atti linguistici Atti linguistici I29 problema, considerato centrale da Austin, delle «condizioni di felicità». Con altri enunciati indicativi, detti «constativi », la cui funzione è invece la descrizio questaespressione Austin designa certecondizioni che devono esseresoddisfatte ne dei fatti : Ti guardo è constativo perché la sua enunciazione non serve a guar dalla situazione degli interlocutori affinché un enunciato realizzi effettivamente dare, mentre Ti ordino è performativo perché serve a ordinare. (Si noti, in questa un dato atto: non posso dare veramente un ordine a qualcuno, se non sono, nei definizione, l'uso, indispensabile, di espressioni aventi una sfumatura «finale»: suoi confronti, in una posizione di superiorità gerarchica (le parole rivolte da un 'servire a', 'utilizzare per'. Ciò permette, per esempio, di non considerare l'e soldato al suo generale non saranno mai ordini). Il problema è fondamentale nunciato Ti parlo come un performativo : anche se il suo uso lo rende autornati soltanto se si definisce l'illocutivo come ciò che opera una reale trasformazione camente vero, dal momento che non è possibile dire Ti parlo senza parlare, esso della situazione giuridica : in tal caso, l'esistenza dell'atto dipende dal fatto che non è, di solito, utilizzato per parlare, ma, ad esempio, per attirare l'attenzione il locutore possegga o no la possibilità di agire sulla situazione stessa. Non è piu del destinatario ). cosi se l'atto illocutivo è descritto soltanto sul piano delle sue presunzioni. In Per comprendere l'importanza della scoperta dei performativi, e, allo stesso questo caso,sipuò benissimo ammettere contemporaneamente che il soldato tempo, le strade divergenti prese dalla riflessione linguistica proprio a partire da abbia ordinato e che il generale non sia, né moralmente né socialmente, obbliga questa,bisogna notare che essipossiedono, con estrema evidenza, due proprietà to ad obbedire (ed anche che il generale abbia ordinato e che il soldato debba di molto importanti. Da un lato, il loro valore di azione è netto, esplicito e non-am sobbedire), Un'ultima considerazione, che deriva dalle precedenti : la nozione di biguo. Mentre un imperativo come Vieni! può servire ad atti diversi dall'ordi illocutivo, nella definizione che si viene dando (discostandosi da Austin e Searle ne (serve a domandare, a consigliare, a permettere, a offrire un'ipotesi, ecc,), che per primi la formularono), s'inserisce nell'ambito di una linguistica struttu l'enunciato performativo Ti ordino di venireè utilizzabile soltanto per il coman rale, che non ritiene necessario, per descrivere il linguaggio, collegarlo a un livel do. (Si riscontra la stessa differenza tra l'espressione interrogativa Quando verrà lo di realtà considerato piu profondo. Dal momento che il sistema di diritti e di a Parigi Pietro' e il performativo Ti domando quando Pietro verrà a Parigi). doveri che costituisce l'illocutivo rimane all'interno del mondo immaginario L'esistenza di performativi sembra dunque testimoniare che la lingua ha, per aperto dall'enunciazione, esso può essere preso in considerazione in una descri cosi dire, previsto la realizzazione di certi tipi di atti attraverso la parola. Render zione puramente interna dell'attività linguistica. li possibili sarebbe perciò una delle sue funzioni fondamentali (e non solo uno dei suoi usi eventuali ). La seconda proprietà dei performativi che risulta eviden te è la sui-référenee.E ssaappare in modo particolarmente chiaro nella m isurain z.z. Atti illocutivi ed enunciati performativi. cui la loro enunciazione, intesa come commento su se stessa, è automaticamente Storicamente, la scoperta di Austin degli enunciati per formativi ha preceduto vera, e ha il privilegio, eccezionale dal punto di vista logico, di confermarsi ipso quella degli atti illocutivi, e quest'ultima appare nello stesso tempo come rettifi facto. Esiste infatti una coincidenza tra ciò che dice di se stessa (se la si interpreta ca e generalizzazione della prima. Se, nel corso di questa esposizione, l'ordine è secondo le normali leggi sintattiche) e ciò che è, tra l'atto che essa dichiara di stato invertito, è perché l'interpretazione data qui dell'atto illocutivo è diversa, compiere e quello che compie: dicendo Ti ordino..., io ordino effettivamente, e come si è già detto, da quella di Austin. Inoltre, ciò che costituisce un problema quindi non posso non dire la verità. Ma queste due caratteristiche, che conferi nellaconcezione austiniana deriva,come sivedrà, dalla sua origine :pur essendo scono al performativo il suo incontestabile carattere di «curiosità scientifica», destinata a superare la teoria del performativo, essa ne resta fortemente condi rendono contemporaneamente difFicile pensarlo in modo insieme rigoroso ed esauriente. zionata. Ecco alcuni esempi di enunciati performativi : Ti ordino di venire. Ti prometto Per certi linguisti, ad esempio Benveniste [r966, capp. xxi e xxri], che aveva di venire. Ti permetto di venire. Ti dico che Pietro verrà. Ciò che li caratterizza è notato il fenomeno indipendentemente da Austin, fondamentale è lasui-référenee. una relazione molto strana tra il significato che si potrebbe far derivare dalla loro Essa è dovuta all'esistenza, nell'enunciato performativo, di marche della r~ e 2 struttura sintattica e la loro funzione abituale. Nella misura in cui sono enunciati persona (sotto forma di pronomi o di desinenze verbali), e del presente dell'in all'indicativo presente, dovrebbero essere la descrizione di un fatto attuale, e dicativo. Ora, la funzione abituale di questi morfemi consiste nel far riferimento poiché inoltre il loro verbo principale è alla prima persona, ciò che dovrebbero ai personaggi e al momento dell'enunciazione. In questo modo, l'enunciazione descrivere è un'azione presente di chi parla (infatti, se si coniuga questo verbo ad di Ti ordino... deve essere necessariamente un commento su ciò che faccio nel un'altrapersona, prendendo per esempio come soggetto Pietro,esso descriverà momento in cui lo compio. È cosi possibile spiegare come possa servire a realiz un'azione presente di Pietro). Tuttavia è rarissimo, se non impossibile, che que zare l'atto stesso di ordinare, dal momento che il suo compitoconsiste nel dire sti enunciati servano a descrivere. Sono quasi sempre utilizzati per compiere quelle che ciò che si fa, parlando, è appunto ordinare. A tutto ciò si può però obietta azioni che, sintatticamente, dovrebbero descrivere. Cioè servono, rispettivamente, re che il fenomeno della sui-référencerichiede a sua volta una spiegazione. Infatti a ordinare, promettere, permettere, affermare, ecc. (per questo sarebbe assurdo, molti enunciati che comportano la prima e la seconda persona del presente indi o ironico, rispondere L' vero a Ti ordino di venire). In questo si distinguono dagli cativo non ammettono mai un'interpretazione sui-référentielle. Nel dire Ti di
  • 16. Atti linguistici Atti linguistici 130 I3 I sturbo, io non do come causa del disturbo per il mio interlocutore la mia parola, come realizzazione di un'azione, piu si è indotti a considerare il suo aspetto auto bensi la mia presenza, o il mio comportamento in generale. In realtà, affinché confermativo come una specie di illusione. Come ammettere, per esempio, che un'enunciazione che utilizza un enunciato sintatticamente paragonabile ai per dicendo Ti ordino..., io compia l'atto mentre ne descrivo la realizzazione> La formativi sia compresa come sui-référentielle, bisogna appunto che essa abbia la mia enunciazione ha per l'appunto la caratteristica di non essere una descrizione funzione di compiere l'atto che designa. La seconda delle caratteristiche citate (si ricorderà che, nella definizione data sopra, si è parlato soltanto dell'atto che l'enunciazione dovrebbe descrivere «se lo si interpreta secondo le consuete leggi in precedenza si rivela dunque una condizione della prima, e, di conseguenza, sintattiche»). È dunque logico che la riflessione di Austin, quando inserisce il non può spiegarla. Si capisce cos! perché Austin abbia scelto la strada esattamente opposta, in performativo in una categoria piu generale, s'interessi sempre meno del suo ca teressandosi innanzitutto alla funzione dei performativi. Per lui il fenomeno rattere di autoconferma, anche se questo è il suo aspetto piu pittoresco. Di con della performatività rivela in modo esemplare la tendenza, inscritta nella natura seguenza èanche logico ch'essa dia meno importanza allaproprietà del perfor stessa della lingua, a costituire la parola in azione: certi enunciati, sintattica mativo che nell'autoconferma ha la manifestazione piu evidente, cioè la sui-réfé mente costruiti come delle descrizioni, possiedono in realtà, e costantemente, un rence. Peggio ancora, c'è da aspettarsi che neppure la categoria dell'illocutivo, valore completamente diverso. Ma questa rivelazione può essere immediatamen creata a partire dal performativo per generalizzazione, contenga, nell'esposizione te estesa alle enunciazioni non-performative, e porta a dire che parlare significa, di Austin, l'idea di sui référence:ènecessarioinfatti,perpotergeneralizzare,tra fondamentalmente, agire. Se si ammette infatti che l'enunciazione di Ti ordino scurare la forma ch' essa assume nel performativo, vale a dire l'autoconferma. di venire equivale sempre a compiere l'atto di ordinare, bisogna riconoscere che Proprio per la sua origine, l'illocutivo di Austin era destinato a non comprendere anche l'enunciazione di Vieni! può compiere questo atto; e che essa è sempre, la sui-référencefra i suoi tratti costitutivi (se viceversa si è stati indotti a metterlo comunque, compimento di un atto qualunque, potendo essere parafrasata senza in evidenza, è per il fatto che è stato possibile partire subito dalla categoria del ambiguità per mezzo di un performativo ( = Ti consiglio di venire, Ti permetto di l'illocutivo, senza doverla costruire: la si trova, grazie a Austin, già pronta, il venire, ecc.). La realizzazione performativa di un atto linguistico non è dunque che rende inutile il passaggio attraverso il performativo). Ultima conseguenza, altro che un caso particolare, che svela, ma non riassume, un fatto molto piu ge non avendo visto che l'enunciazione, nella misura in cui compie un atto illocuti nerale: l'esistenza di certi modi di azione essenziali per l'enunciazione, cioè del vo, si riferisce a se stessa, presentandosi come fonte di diritti e di doveri, Austin l'illocutivo. e Searle non hanno potuto, come si è appena detto, far dipendere dall'enuncia Giunti a questo punto, ci si accorge per di piu che la categoria dei constativi, zione le trasformazioni giuridiche che costituiscono l'atto. Di qui la necessità da creatain opposizione aiperformativi, è senza oggetto. Infatti,s'intuisce lo stesso parte loro di descrivere l'illocutivo nel quadro della «realtà» sociale e morale, rapporto semantico all'interno delle due coppie Ti ordino di venire / Vieni! e Ti mentre qui si è tentata una descrizione strutturale, che rimane all'interno dell'or dico che Pietro verrà / Pietro verrà. Se si ammette dunque che l'enunciazione di dine linguistico. Vieni! è sempre il compimento di un atto illocutivo — tra gli altri quello che si può Se tuttavia è vero che non siamo partiti dal performativo per ottenere, per compiere dicendo Ti ordino... —,bisogna ammettere che anche l'enunciato Pietro generalizzazione, l'illocutivo, lo ritroviamo come caso particolare, e bisogna verrà (esempio di «constativo») serva sempre a compiere un atto illocutivo — in dimostrare ch' esso possiede veramente i tratti distintivi della categoria, soprat primo luogo quello di affermare — che si potrebbe realizzare anche dicendo per tutto lasui-référence. Torniamo all'enunciato Ti ordino di venire. Quando si formativamente Ti dico... (ma può servire ad altro : promettere, minacciare, ecc.). sostiene che la sua enunciazione si riferisce a se stessa, si possono intendere Ne deriva questa conclusione, che si collega con particolare limpidezza alle idee due cose del tutto diverse, la cui confusione crea i problemi incontrati a pro di Karl Biihler e di Roman Jakobson: l'affermazione è un atto come tanti altri, posito di Austin. privo di particolari privilegi, e non s'identifica con l'attività linguistica (nono Supponiamo in primo luogo che la si consideri come un'affermazione che stante il prestigio che le deriva da una civiltà che tiene in massimo conto le no consista nel dire qualcosa su qualcosa, cioè nell'attribuire una certa caratteristica zioni di conoscenza e di verità). a un certooggetto. In talcaso,l'enunciazione servirebbe a dire che ildiscorso L'importanza di questi risultati non deve però nascondere il prezzo che per del locutore in questione (tema del giudizio) è un ordine (intenzione del giudi essi si è pagato. Avvicinando, in base al loro comune valore di azione, gli enun zio). Bisognerebbe dame allora la seguente parafrasi : «Ciò che faccio adesso par ciati performativi e non-performativi, si è effettivamente portati a minimizzare la landoti, significa darti un ordine». Se si riferisce a se stessa è soltanto nella mi prima caratteristica del performativo, la sui-référence. Infatti, quest'ultima si ma sura in cui costituisce il proprio tema, l'oggetto di cui parla. Se chiamiamo «con nifesta, nelle enunciazioni performative, sotto forma di autoconferma, proprie tenuto,> di un'affermazione la somma del suo tema e della sua intenzione, si ot tà che non appartiene agli altri modi di realizzazione dell'illocutivo (non conte tiene questa prima formulazione : l'enunciazione di un performativo, considerata nendo nessuna traccia di affermazione, l'enunciazione di Vieni! non può con come affermazione, èsui-référentielle, poiché costituisce una parte del suo conte fermare se stessa). D'altra parte, piu si considera l'atto linguistico performativo nuto, cioè il suo tema. È questo tipo di sui-référenceche può indurre a presentare
  • 17. Atti linguistici I 32 i33 Atti linguistici il performativo come ciò che si autoconferma. Nella misura in cui l uso dell e lingua all'altra ne rivela il carattere culturale (cfr. in tedesco Au!, Leider!, o, in nunciato preso come esempio equivale generalmente a dare un ordine, sembra francese,Aie!, H élas!).L a soluzioneopposta consisterebbe nel dire ch'esse co effettivamente ch' esso diventi vero. Ma ci si accorge qui della fragilità e della stituiscono affermazioni del locutore che descrive ciò che sente. Concezione al quasi contraddittorietà di un'autoconferma del genere, la quale esige che l'enun trettanto inaccettabile, perché rende impossibile la distinzione tra le interiezioni ciazione sia considerata allo stesso tempo come aflermazione ((afliinché essa sia il e le affermazioni fatte nella dovuta forma. La distinzione è necessaria se si vuole tema di cui afferma qualcosa) e come ordine (per poter far diventare vero ciò che capire perché èassurdo dire Ahimè!, ma non mi lamento, mentre è considerato vuole affermare). ragionevole dire Sono triste, ma non mi lamento. Per evitare questi due estremi, Tralasciando ora la possibilità di un'interpretazione affermativa, si consideri si tende ad affermare che, utilizzando un'interiezione, «si fa come se» si parlasse l'enunciato Ti ordino di veniresemplicemente come una formula di cui ci si serve sotto l'efletto di una sensazione o di un sentimento : la parola è presentata come per ordinare, In questo caso la sua enunciazione, supponend do che abbia ancora una conseguenza naturale di ciò che si prova, come fosse «strappata» e non tema e intenzione, non è comunque piu il suo tema (quest'ultimo sarebbe piut scelta. Supponiamo dunque che si voglia caratterizzare la categoria delle interie tosto «tu», il destinatario), né si può dire ch'essaintenda qualificarsi :il suo scopo zioni (che è molto piu ampia dell'insieme degli esempi che esprimono emozioni è ordinare. È perciò necessario negarle la forma della sui-référenceor ora esposta, appena esaminati, e include tutte le intonazioni significative che costituiscono, quella che consiste nel far parte del proprio contenuto e che condiziona il feno per cosi dire, i gesti della voce). È inevitabile allora, per descrivere questa parola meno, al contempo spettacolare e ingannatore, dell'autoconferma. Ciò non im che rappresenta il grido, ammettere che l'enunciazione contiene in se stessa la pedisce tuttavia di riconoscerle un altro tipo di sui-référence,caratteristico di propria immagine, che è sua caratteristica presentarsi sotto una certa forma, vo ogni atto illocutivo, e che si ritrova anche nell'imperativo Uieni! ; cio deriva da ( 1 ler possedere certi tratti. Nel caso particolare dell'interiezione, ciò che dichiara a fatto che l'unico valore di questa enunciazione sta nel significare — senza per proposito di se stessa è che essa si considera involontaria, inevitabile, imposta al questo affermarlo — che è fonte di un nuovo obbligo per il destinatario. Autoal locutore dalla situazione in cui si trova. Essa non lo afferma, lo attesta, lo testi lusione che non ha niente a che vedere con la struttura sintattica dell'enunciato monia. utilizzato, con il fatto che si tratta di un indicativo presente che comporta prima Nello studio che precede sull'illocutivo non si è fatto che applicare questa e seconda persona. A questo punto è facile riassumere le discussioni precedenti : nozione a un altro oggetto. In quanto ordine, un'enunciazione dichiara di avere i ) si è rimproverato a Benveniste di considerare fondamentale il primo tipo di un effetto giuridico (parallelamente, in quanto interiezione, dichiara di avere una sui-référence,mentre lasua stessa esistenza è contestabile, e ric ' q' hiede comunque causa naturale). In entrambi i casi possiede la proprietà di qualificarsi, di dire in una spiegazione ; z) si è rimproverato a Austin di fare come se la non-esistenza quale tipo di evento s'inserisce : non è possibile descriverla senza indicare come del primo tipo di sui-référencecomportasse quella del secondo. essa si vede. È possibile allora rispondere, almeno in parte, alle domande intro dotte dalla presentazione degli atti illocutivi. Innanzi tutto, come situare questo tipo di azione rispetto alla nozione di senso > Entrambi i concetti occupano un 3. Senso e azione. posto intermedio fra il locutivo e il perlocutivo. Questo è già stato dimostrato per il senso : l'atto perlocutivo consiste nel tentativo di esercitare su altri un'in Per descrivere l'enunciazione di un performativo, caso particolare di realiz fluenzagrazieallacomunicazione, per mezzo della parola,diun certo senso ;l'at zazione di un illocutivo, si è appena scritto ch'«essa significa, senza affermarla» to locutivo è quello che costruisce l'enunciato capace, all'interno del discorso, di l'esistenza, a partire da essa, di una certa trasformazione giuridica. Ciò si era comunicare questo senso. Ma la frase precedente resta vera se si sostituisce «sen notato in precedenza, dicendo che l'enunciazione, nella misura in cui ha valore so» con «atto illocutivo»: per indurre qualcuno a un certo comportamento (per illocutivo, «si dà», «si presenta», come fonte di diritti e di doveri, oppure esempio, a darmi un'informazione che desidero, o a dichiararsi incompetente), «pretende» aver questo effetto. Per definire meglio questo concetto, sarà utile costruisco un enunciato che possa, data la situazione di discorso, essere interpre mostrare un altro dei suoi usi, necessario per descrivere un tipo di azione tato come una domanda. Senso e atto illocutivo sono perciò entrambi il risultato linguistica di cui non si è ancora parlato, e che si potrebbe chiamare «gesto del locutivo e il mezzo del perlocutivo. Ma allora, nonostante questa comune verbale». posizione, c'è la possibilità di distinguerli, oppure essi vanno assimilati> Questa categoriaappare chiaramente sotto forma d'interiezione. Come de Austin mantiene fra loro una distinzione. Cosa indubbiamente possibile, a scrivere per esempio espressioni di soflerenza o di tristezza come A Ahi! Ahimè!? patto però di dare ai due termini un significato molto restrittivo. Si prenda una Si presentano due opposte possibilità. La prima le rappresenterebbe come gridi, enunciazione interrogativa, per esempio quella che si potrebbe realizzare do meccanicamente determinati da un certo stato psicofisiologico. Cosa evidente mandando Pietro sverrà PÈ facile riconoscervi, come elementi distinti, x ) il fatto m ente inesatta:basta notare che è possibile «reprimerle» e,alcontrario,utiliz che si tratta di una domanda, z ) il fatto ch' essa riguarda il futuro arrivo zarle senza provare la minima sofferenza. D'altra parte, la loro variazione da una di Pietro. È evidente infatti che sarebbe possibile modificare questi due ele
  • 18. i35 Atti linguistici Atti linguistici menti separatamente, dato che l'aspetto interrogativo rimane, anche se la do creta, il senso non si trova dunque affatto ad essere inglobato : o è conglobante, manda riguarda tutt'altra cosa (cfr. Giacomo è partito' ) ;d'altra parte è possi o le due nozionisiconfondono. bile, a proposito del futuro arrivo di Pietro, compiere atti diversi dalla do Questa conclusione — qualunque sia la scelta fra queste opzioni — permette di manda, per esempio affermarlo (Pietro verrà), ordinario (Che Pietro venga!), rispondere alla difficoltà emersa alla fine del primo paragrafo, quando l'esempio permetterlo (Pietropuò venire),ecc. Il che porta allaseguente rappresenta dei termini offensivi e peggiorativi aveva indotto a contestare la separazione tra zione utilizzata soprattutto da Searle [tg6g], dove l'espressione tra virgolette locutivo e perlocutivo. L'uso di questi termini — o il rifiuto di utilizzarli — pur designa un puro contenuto che non è, in quanto tale, né affermato, né oggetto ) essendo il prodotto di un atto locutivo, sembrava dipendere direttamente dall'in di una domanda... : tenzione (perlocutiva)diagire su un altro,senza che potesse interporsi la costi tuzione di un senso. Questa difficoltà derivava (ma soltanto ora è chiaro) dal Che Pietro venga! = Ordine «Pietro verrà» fatto che: Pietro verrà F = Domanda «Pietro verrà» Pietro verrà = Affermazione «Pietro verrà» r) si utilizzava una concezione puramente rappresentativa del senso, tale Pietro può venire = Concessione «Pietro verrà». da confondere il senso di un'enunciazione con l'informazione da essa data. Poiché il carattere «peggiorativo» non corrisponde a nessuna au È dunque del tutto possibile distinguere il tipo di atto compiuto in modo illocu tentica informazione, non si riusciva a collocarlo nel senso ; tivo da un'enunciazione e il relativo contenuto. Nulla vieta di chiamare (<atto» il z) si aveva una concezione troppo estesa del perlocutivo, nel quale si faceva primo, «senso» il secondo. rientrare tutto ciò che si riferisce a un'azione su un altro. In seguito, lo È però da osservare che in questo caso si tratta di una convenzione termino studio dell'illocutivoha consentito di definire un particolare tipo di azio logica, la quale non corrisponde all'uso che di questi termini si è fatto in quanto ne, che è stato necessario introdurre all'interno del senso. precede: l'espressione «atto illocutivo» è stata utilizzata per designare l'in sieme formato da un determinato contenuto e il tipo di atto determinato di cui Una volta abbandonate queste due posizioni, nessun ostacolo teorico impedi quest'ultimo è l'oggetto. Si può addirittura dimostrare che non esistono due atti sce di descrivere il valore caratteristico del termine offensivo come analogo (forse vità locutive separate, la prima delle quali produrrebbe il contenuto, e la seconda identico) alla realizzazione di un atto illocutivo, e di farlo perciò rientrare nel il tipo di atto ; i mezzi utilizzati affinché l'enunciato sia interpretato come ciò che senso :ora sidispone infattidiuna concezione delsenso capace d'integrare que compie un dato atto cambiano infatti secondo il contenuto. Se, per esempio, si sto tipo di attività. Questa decisione può, inoltre, essere giustificata sul piano dei tratta di un contenuto considerato da chi ascolta completamente inverosimile, o fatti. È necessario, infatti, se si vuole descrivere il valore caratteristico di un'of semplicemente contrario alle opinioni del locutore, una semplice frase interroga fesa, distinguere l'effetto empirico desiderato dal locutore da una parte e, dall'al tiva rischia di passare per una «domanda retorica», cioè per una forma di ne tra, l'effetto ch' essadeveavere e che la costituisce come offesa. L'effetto empirico gazione. Oppure, se il destinatario la capisce come una vera e propria doman desiderato può essere l'offesa, ma non è difficile immaginare casi in cui i fatti si da, tenderà a trasformare il contenuto, dandole eventualmente un'interpreta svolgono diversamente:farcredere che siè adirati,provocare la persona offesa, zione figurata. Ne deriva la necessità,dato ilcontenuto, dimarcare con partico eventualmente divertire o impressionare uno spettatore, ecc. Questa varietà non lare intensità l'interrogazione. Per contro, il carattere poco verosimile a priori impedisce però all'offesadi presentarsi sempre, nella misura in cui offende, come del contenuto permette,se sicerca dinegarlo, diricorrere alla forma interroga qualcosa che sminuisce, con la sua stessa enunciazione, la persona offesa, co tiva. Da questi esempi, che potrebbero essere piu numerosi, si trarrà la conclu me qualcosa che crea per questa persona, nei confronti del locutore, una situazio sione che il tipo di atto e il contenuto sono trattati, al momento della loro elabo ne d'inferiorità di un certo tipo. Anche se si desiderano altri effetti, questi sono razione locutiva, come un'unità (il che non toglie che si possa distinguerli ad altri possibili sempre in seguito e per mezzo di questa volontà fondamentale. Proprio livelli ). Ed è proprio questa unità che interessa per l'effetto perlocutivo. Suppo questo valore costante costituisce il «senso» dell'offesa, proprio come la volontà niamo che io cerchi di mettere a disagio il mio interlocutore. In molti casi, ciò illocutiva di obbligare qualcuno a rispondere è il senso della domanda, quali che C e ph mi permetterà di conseguire questo risultato non sarà né il contenuto stesso siano gli scopi perlocutivi che ci si prefigge. (il fatto che si tratti, nella mia enunciazione, del futuro arrivo di Pietro ), né i ' 'l È chiaro, a questo punto, che la nozione di azione illocutiva non si sovrappo tipo di atto compiuto (la domanda), bensi il fatto che, su questo preciso punto, ne dall'esterno alla distinzione fra locutivo e perlocutivo, ma ne è la condizione. io scelga proprio di porre una domanda. Se dunque si chiama «senso di una Se si vuole essere in grado di separare nettamente l'attività che produce un enun enunciazione», come si è fatto nel corso di questo articolo, ciò che è il prodotto ciato dotato di senso da quella che utilizza il senso per influenzare qualcuno, bi dell'atto locutivo e il mezzo del perlocutivo, bisogna ammettere che il senso com sogna integrare nel senso certe indicazioni relative al suo potere di azione, cioè porta, al contempo, il tipo di azione illocutiva realizzata e il contenuto relativo a la pretesa, inerente ad ogni enunciazione, di essere di per sé fonte di uno stato di questa azione. Rispetto agli atti illocutivi, anche se presi nella loro totalità con diritto. Se la semantica è lo studio del senso, e la pragmatica quello dell'azione,