Politica e pedagogia in Platone. Educazione e politica vanno di pari passo. Lo Stato, le tre classi sociali, Repubblica e Le Leggi. I filosofi al governo e le idee di Cicerone e Seneca al riguardo.
2. ■ Per Platone vi è uno stretto legame tra politica ed
educazione.
■ Lo Stato deve provvedere all’elevazione culturale
di tutti i suoi cittadini. Ognuno occupa il suo posto
nella vita della società, cosicché abbiamo tre
categorie di uomini:
- i guardiani (o guerrieri), destinati a difendere la
città ed a garantire l’ordine;
- i filosofi, che hanno il compito di amministrare con
giustizia la città;
- i produttori, cioè coloro che si occupano di attività
lavorative, artigianali e commerciali.
▪ Nel Fedro è presente il mito della biga alata che
trascina due cavalli, il cavallo bianco ed il cavallo nero.
L’auriga rappresenta l’anima razionale, il cavallo
bianco l’anima irascibile, il cavallo nero l’anima
concupiscibile. L’anima è descritta nel suo sforzo di
elevarsi al mondo delle Idee, superando così gli istinti
e le passioni che la tengono incatenata al corpo, e
raggiungere così la suprema conoscenza del Bene.
Lo Stato e la
divisione in
classi Prof.ssa LUCIA GANGALE
3. Repubblica
■ Allo stesso modo in REPUBBLICA i cittadini della pòlis ideale
vengono divisi in categorie preposte ad una funzione diversa
nello Stato. L’anima concupiscibile è quella che appartiene
ai produttori; l’anima irascibile ai guardiani, preposti alla
difesa della città e privi del potere politico; l’anima
razionale appartiene ai filosofi, le cui doti di virtù e
saggezza li rendono atti al comando dello Stato stesso.
■ Per diventare filosofi occorre un lungo corso di studio e
formazione diviso in varie tappe.
■ ■ Da 0 a 20 anni la scienza propedeutica: l’istruzione elementare
comprende musica, ginnastica, lettura e scrittura, aritmetica.
■ ■ Da 20 a 30 anni corso decennale di varie discipline, cioè letterari,
scientifici e filosofici per i ragazzi intellettivamente più dotati.
■ ■ Da 30 a 35 anni studio della dialettica e tirocinio nelle varie attività
dello Stato.
■ ■ Dai 35 ai 50 anni attività politica pratica nei vari uffici di dirigenza
dello Stato.
■ ■ Dai 50 anni in poi il filosofo, ormai formatosi, governerà la città, con
virtù e saggezza.
Prof.ssa LUCIA GANGALE
4. LE LEGGI■ La visione diremmo oggi totalitaria dello Stato viene da Platone
mitigata nel dialogo LE LEGGI, scritto alcuni anni prima di morire.
Tanto per cominciare non è più presente la rigida divisione in classi
ed i guardiani sono sostituiti da una milizia cittadina. Il preminente
interesse collettivo, che in Platone è sempre presente, limita alcune
libertà individuali: gli artigiani non possono svolgere più di un
mestiere. I celibi che superino i 35 anni di età sono sottoposti ad una
tassa. La dote nuziale è abolita per evitare i matrimoni di interesse.
Diversa è anche la composizione delle classi e le ricchezze oltre una
certa misura vanno allo Stato. L’educazione dei bambini, dove si
educa il corpo con la ginnastica e l’anima con la musica, è diretta e
supervisionata da supremi magistrati. L’istruzione deve essere
obbligatoria e dispensata nello stesso modo agli uomini e alle donne.
■ Elementi di novità sono il largo spazio dato alle varie discipline:
letteratura, musica, danza, ginnastica, aritmetica, geometria,
astronomia. Tuttavia, altre proposte educative che risultino limitanti
della libertà individuale – come il divieto per i guardiani e i filosofi di
formarsi una famiglia – sono inaccettabili per la mentalità dell’uomo
contemporaneo.
Prof.ssa LUCIA GANGALE
5. Idee di Cicerone e Seneca sui filosofi al
potere di Platone
Cicerone nel De Officiis (I, 28-29) espone la sua idea problematica dei filosofi al
governo. Egli dice che i filosofi non nuocciono ad alcuno con l’offesa, ma cadono in
un’altra forma di ingiustizia. Amanti del sapere come sono del sapere, lasciano
nell’abbandono coloro che sono chiamati a proteggere. E’ il motivo per il quale
Platone pensa che essi non dovrebbero accedere alla vita pubblica se non
costretti. Invece, per Cicerone, sarebbe più giusto se i filosofi scegliessero
volontariamente di servire lo Stato, perché se il filosofo non si mette al servizio
degli altri attraverso la politica commette un sopruso.
Seneca mostra invece una posizione più elastica sulla vita ritirata del filosofo,
perché è probabile che così facendo renda un servizio migliore agli altri attraverso
le sue idee. Del resto Zenone e Crisippo hanno compiuto imprese più grandi del
condurre eserciti, ricoprire cariche ed emanare leggi, anzi ne emanarono non per
una sola città, dice, ma per tutta l’umanità. Proprio in quanto filosofi.
Prof.ssa LUCIA GANGALE