1. Londra, 28 novembre 2013
L’intervista di Geoff
Oreste Patrone, scrittore e blogger, è stato ospite, col racconto “Come tutto ebbe inizio”, della nostra scuola nel corso di una lezione sull’italiano regionale. Ge-
off lo ha intervistato per noi. Sentiamo cosa ha da dirci.
Quando eri un ragazzo, volevi
diventare un commissario come
Cazzavillani?
Ciao, Geoff. Quando ero ragazzo
volevo essere molte cose, ma non
ricordo di aver mai sognato di
diventare un commissario di Polizia.
Non so, come mai. Sarà che i poliziotti
(quelli veri) si danno tanto da fare per
ripulire le strade dalla criminalità,
rischiando spesso la vita, e io sono
sempre stato piuttosto pigro e
pauroso. Non è un caso, forse, che
Cazzavillani sia venuto fuori così:
forse un po' mi rispecchia.
Sei cresciuto in un piccolo paese
in Campania come Teresina?
No, sono nato a cresciuto a Gorizia,
nell'Italia del Nord. I miei genitori
però sono napoletani, in casa nostra si
parlava il dialetto insieme con
l'italiano, ogni anno andavamo a tro-
vare i nostri parenti a Napoli e dunque
il legame culturale e sentimentale con
la Campania è sempre stato molto
forte. Così mi è venuto naturale,
quando ho creato il personaggio di
Cazzavillani,
ambientare le sue avventure nella
regione di origine dei miei genitori.
Inoltre, amando la realtà di provincia
più di quella urbana, è stato
altrettanto naturale scegliere una
piccola cittadina.
Perché hai scelto un blog per
pubblicare I racconti di Com-
missario Cazzavillani invece del-
le riviste o di un libro?
Il primo racconto di Cazzavillani lo
pubblicai sotto forma di nota sulla
mia bacheca di facebook, con il solo
scopo di procurare una risata a me ed
ai miei amici. Quando mi sono reso
conto che il personaggio funzionava e
divertiva, ho pensato di trasferirlo su
un blog. Ho scelto internet perché
inizialmente non sapevo quando
sarebbe durata l'avventura di
Cazzavillani. Come ho detto non l'ho
cominciato pensando di mettere
insieme un volume. Inoltre, l'idea che
i contenuti fossero liberi e gratuiti mi
piaceva. Solo successivamente,
quando ho chiuso il blog per problemi
di tempo e personali, mi sono reso
conto che c'era una quantità di
materiale abbastanza consistente e ho
pensato di proporlo a qualcuno, ma
non ho ricevuto risposte interessate. A
quel punto ho pensato che fosse un
peccato sprecarlo e così mi sono dato
da fare da solo pubblicandolo da
indipendente su Amazon in formato
kindle a prezzo “popolare”, solo
perché gratis non era possibile. Se ci
avessi saputo fare con programmi di
conversione dei formati, hosting e
tutto il resto
lo avrei probabilmente messo su
qualche sito, disponibile per il
download gratuito, ma sono pessimo
in queste cose e come ho detto sono
un pigro patologico.
Quante visite ha ricevuto il blog?
Nei primi tempi andavamo dalle 30
alle 40 al giorno, sul finire dell'attività
avevamo raggiunto le 200 visite. De-
purando questo numero da una certa
quota di spam inevitabile, diciamo che
c'era di media una trentina di persone
che si collegava per seguire le avven-
ture di Cazzavillani.
A parte Cazzavillani, chi è il tuo
poliziotto immaginario preferi-
to?
L'Ispettore Coliandro, nato dalla
penna dello scrittore italiano Carlo
Lucarelli, un maestro del genere.
Nella trasposizione televisiva i panni
di Coliandro erano vestiti dall’attore
Giampaolo Morelli. Non ho mai riso
tanto in vita mia come quando guar-
davo le puntate di questa serie.
Pensi che ci sarà mai una serie
televisiva del Commissario
Cazzavillani?
Mi piacerebbe, anche perché sarei
curioso di sapere chi scegliereb-bero
per vestirne i panni. Tuttavia, credo
che prima di arrivare in televisione ce
ne voglia! Se ci pensi, è un privilegio
che viene accordato ai grandi autori,
di opere ben più degne della mia.
Il Commissario Cazzavillani ha
mai incontrato il Commissario
Montalbano?
Purtroppo no, ma posso dirti che se il
grande Andrea Camilleri mi propo-
nesse una cosa del genere, probabil-
mente mi scioglierei dalla felicità.
Berlusconi è un imbroglione:
vero o falso?
Io sono come Cazzavillani: la politica
non m’interessa. Sono una di quelle
persone che quando capita su un
telegiornale cambia canale o spegne
direttamente la televisione. Non amo
Berlusconi, comunque. Se poi sia un
imbroglione, questo spetta alla
magistratura stabilirlo, anche se mi
pare che qualcosa in merito sia giù
stato deliberato; ma ripeto: non
guardo i telegiornali e potrei pure
sbagliarmi.
Notiziario d’informazione
a cura degli studenti della Scuola
The ethos of Vivere l’italiano is to make the Italian language come to life. While vocabulary and grammar is very important, we believe learning the
language and culture should also go beyond the four walls of a classroom. Therefore, we like to take students further than the textbooks by encouraging
them to participate in realistic situations, whether it is shopping for food, eating in an Italian restaurant, going to the cinema, visiting art exhibitions, or
simply talking football. We find this makes our students more confident speakers early on and gives them the practical tools to use what they have
learnt in class. Vivere l’italiano also believes a very fundamental part of learning is to have fun! Our aim is not to teach by rote, but to capture students’
imaginations with enjoyable and challenging exercises that they can translate to their daily lives. Italian is, after all, a living subject. Vivere l'italiano has
a team of experienced tutors, all of whom are native speakers with a desire to encourage their students to fulfil their potential. The teaching staff have a
variety of specialties, including art, history, literature and cinema, and bring this expertise to their lessons as a means of furthering students’ under-
standing of the Italian language and culture.
2. L’intervista di Anita
Come mai ha deciso di
scrivere una storia di un
ragazzo di un piccolo paese?
Diamoci del tu, Anita, per carità! E
ciao. Ho scelto di ambientare i
racconti di Cazzavillani in una
piccola realtà di provincia perché
la sento più vicina a me, essendo
cresciuto in un piccolo paese.
Inoltre, ho pensato che in una
grande città i temi e le
problematiche all'attenzione di un
commissariato di Polizia sarebbero
stati ben più gravi e diversi di
quelli che potevano capitare di una
città piccola come Teresina.
Volevo, insomma, suggerire l'idea
di un contesto tranquillo, lontano
dai ritmi frenetici tipici della
metropoli.
Quanti anni ha?
Ho 37 anni (ormai, quasi 38).
Quale è stato il suo sogno da
bambino? Che cosa voleva
fare da grande? Da sempre
ha voluto scrivere?
Sogni da bambino ne avevo tanti,
come credo accada a tutti i
bambini di tutto il mondo. Non li
ricordo tutti, ma uno in particolare
mi è stato raccontato da mia
madre: lei dice che da piccolo
avevo la fissa per il fruttivendolo
ambulante, chi sa perché. Scrivere
è una passione che ho da tempo,
ma non da sempre. Ho iniziato a
buttare giù le prime cose nel 1994,
dopo aver letto il romanzo
“Intensity” di Dean Koontz. Non
ero un gran lettore, all'epoca, ma
quel libro mi folgorò e desiderai
subito essere in grado di evocare le
stesse sensazioni negli altri. Inutile
dire che i miei primi scritti erano
di una bruttezza imbarazzante.
Compatisco chi ebbe la sfortuna di
leggerli. Qualche anno fa mi tornò
la voglia di scrivere e mi dedicai a
diversi generi, sempre a tempo
perso e per passione. Cazzavillani
nasce per gioco, ma è un genere
nel quale mi sento molto a mio
agio.
Che cosa avete in comune
tutti e due?
La pigrizia, senza dubbio.
Si sente simile al ragazzo del
racconto oppure alla sua
storia?
Un po' sì per quanto riguarda i
sogni nel cassetto. Cazzavillani
custodisce nel suo una stella di
plastica che simboleggia il sogno
dell'infanzia consumato dal
disincanto che sopraggiunge
nell'età adulta, io nel mio ho tante
idee e un manoscritto.
Perché ha scelto Teresina
come luogo?
Teresina è un luogo di fantasia, ma
rappresenta abbastanza bene una
realtà di provincia che sento più
vicina e nella quale, secondo me,
trovano più facilmente spazio
personaggi comici come
Cazzavillani. Basta pensare ai tipi
caratteristici che ci sono più o
meno in tutti i paesi o cittadine,
tanto in Italia quanto penso nel
Regno Unito e altrove. Questa,
almeno, era la mia idea.
Leggendo la storia il lettore
un po’ riflette sulla sua vita e i
sui sogni. Era sua intenzione
farci riflettere?
Onestamente non ci ho pensato;
ma credo che sia inevitabile,
quando si legge, finire per fare dei
confronti tra la vita dei protago-
nisti e la propria, secondo il grado
di empatia che si è creato con loro.
A volte sono solo pensieri fugge-
voli, altre volte ci si sofferma più a
lungo e magari si scoprono delle
cose su sé stessi. Quando ho scritto
quel racconto volevo che emer-
gesse il lato più pulito di Cazzavil-
lani e i suoi ricordi di bambino,
per creare un contrasto con l’uomo
che è diventato: più cinico, disin-
cantato ed egoista.
Quale è stata la sua rifles-
sione scrivendo il racconto?
Da un lato ci sono i sogni,
dall’altro c’è la vita di tutti i giorni.
Abbiamo bisogno anche dei primi,
per vivere, della forza che
possiamo tirare fuori da loro, ma
non dobbiamo mai dimenticarci
che la vita spesso è quella che ci
passa accanto mentre eravamo
occupati a pensare ad altro; e che
se ci crediamo davvero, allora
dovremmo usare le nostre energie
per cercare di realizzarli. Alla fine,
se ci pensi, Evaristo è riuscito a
diventare un commissario di
Polizia e per farlo ha dovuto
superare molte prove, studiare,
darsi da fare. Voleva diventare un
poliziotto, il suo sogno era questo,
ed è diventato la sua vita.
Un po’ diversa da come se l’era
immaginata da bambino, ma del
resto nemmeno lui è più lo stesso:
crescendo è cambiato.
E d’accordo con me che
crescendo si diventa più pigri
e si perde l’energia, il corag-
gio per realizzare le proprie
aspirazioni?
In parte. Ci sono persone che
hanno vissuto tutta la vita
sognando di realizzare grandi
imprese e l’hanno fatto, scrittori
che hanno lasciato manoscritti
incompiuti perché sono rimasti
alla macchina da scrivere finché
non hanno esalato l’ultimo respiro,
pittori che hanno fatto la stessa
cosa e l’elenco potrebbe essere
lungo. Tanto per farti un esempio
tratto dai cartoni animati pensa a
Charles Muntz, l’avventuriero
protagonista del film Disney “UP”:
ha speso tutta la sua vita a cercare
la conferma dell’esistenza del
Mostro delle Cascate Paradiso per
riscattare la sua reputazione.
Si tratta di un personaggio
discutibile, d’accordo, ma con l’età
non ha perso energia né coraggio.
Lo stesso Carl Fredicksen aveva
promesso alla moglie Ellie che
l’avrebbe portata alle Cascate
Paradiso e l’ha fatto, anche se la
poveretta era ormai morta.
L’ultima domanda, il suo più
grande rimorso nella vita?
Non aver ancora mai visitato la
vostra bellissima città! Ma prima o
poi, giuro che ci verrò. Scherzi a
parte - che poi il desiderio di
vedere Londra non è affatto uno
scherzo - per rispondere alla tua
domanda ti dirò che non ho
rimorsi. Vivo la vita come viene,
senza guardarmi troppo indietro e
senza spingere troppo avanti lo
sguardo. Mi godo il presente, che
come diceva il Maestro Oogway in
Kung Fu Panda: «è un dono, per
questo si chiama ‘presente’»