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L’algoritmo di Facebook e le lacrime di coccodrillo.
In questi giorni sono numerosi i commenti alla decisione di Facebook di cambiare l’algoritmo alla base del
News Feed privilegiando post di amici e famigliari rispetto a quelli di giornali e aziende.
Le reazioni sono generalmente critiche ma, a mio avviso, la scelta di Facebook è assolutamente allineata
all’evoluzione delle dinamiche di fruizione di internet ormai chiare da mesi e i media (soprattutto le grandi
testate giornalistiche) dovrebbero semmai censurare la miopia delle proprie scelte strategiche degli ultimi
anni.
Nel cercare di dare un contributo alla discussione farò ampio ricorso alla ricerca pubblicata la scorsa
settimana del Reuters Institute.
In un mondo di saturazione delle reach la competizione si sposta su tempo speso, loyalty e attenzione.
L’ integrazione nel news feed di fonti giornalistiche nasceva dall’esigenza di estendere quanto più possibile
le proprie audience. Tale obiettivo è ormai raggiunto: le reach di Facebook è elevata ma stabile in diversi
paesi mentre quella del settore News/information e ancora più elevata e vicina al punto di saturazione (in
Italia si attesta al 90%).
1. RISJ, Digital News Project 2018, p. 20
In termini di comportamenti di consumo il tempo speso sui social network (un minuto su quattro oggi in
Italia) è di gran lunga superiore a quello impiegato sui siti della categoria News/Information (2,5% del totale).
Il post di Zuckerberg si apre con la seguente dichiarazione "Nel 2018 vogliamo assicurarci che il tempo che
trascorriamo tutti su Facebook sia tempo ben speso": nei panni di Facebook – probabilmente - il contributo
fornito dalla fruizione di news non è così rilevante rispetto ai problemi che comporta (responsabilità
editoriale della piattaforma, etc).
Quello che stupisce, tuttavia, è la perseveranza con cui i grandi giornali hanno utilizzato Facebook come
canale di distribuzione anche a fronte di forti evidenze sull’effetto di disintermediazione e sulle difficoltà di
fidelizzazione dei propri lettori. Sempre secondo il Reuters Institute il 53% dei lettori non è in grado di
ricordare il Brand editoriale che ha prodotto il contenuto quando questo è stato intercettato sui social media.
La dipendenza dalle Piattaforme è considerata il più alto rischio dagli editori.
I top manager delle realtà editoriali intervistati dal Reuter Institute hanno individuato nella dipendenza dalle
piattaforme dei giganti del web il più alto rischio per il loro successo nel 2018, considerando la relazione con
Facebook come la più rischiosa in assoluto.
2. RISJ, Digital News Project 2018, p. 47
Tale giudizio appare come abbastanza scontato considerato il modello di business di Facebook orientato alla
massimizzazione del tempo speso sulle proprie properties a fronte di quello di Google che è ancora incentrato
sull’open web.
3. RISJ, Digital News Project 2018, p. 12
La gestione dei dati e la capacità di profilazione rappresentano gli asset più importanti per gli editori.
Dalla ricerca del Reuters Institute emerge come i miglioramenti nella gestione dei dati e nelle capacità di
profilazione siano considerate come le iniziative strategicamente più importanti per il 2018.
4. RISJ, Digital News Project 2018, p. 27
Tale orientamento appare assolutamente allineato all’indicazione delle fonti di ricavo ritenute più rilevanti
nel futuro all’interno delle quali spiccano i ricavi da abbonamento mentre la produzione di Branded content
e altre forme di ricavi legate alla capacità di profilazione (membership, donazioni) acquistano
progressivamente maggior peso rispetto alla pubblicità.
I ricavi generati da quest’ultima saranno infatti sotto pressione a causa del duopolio nella raccolta e di nuove
iniziative che renderanno la competizione ancora più dura (Adblocking/ Coalition for better Ads; GDPR).
5. RISJ, Digital News Project 2018, p. 23
Dal punto di vista di Facebook il maggior livello di interazione nella cerchia di famigliari e amici dovrebbe
ulteriormente potenziare la capacità di profilazione comportamentale e psicografica e - anche questa –
appare come una scelta assolutamente coerente da parte del social.
Un po’ meno coerente sembra invece quella assunta dagli editori italiani che riconoscono a Facebook un
ruolo determinante nella certificazione dei propri dati sociodemografici e nella valutazione dell’efficacia del
delle proprie campagne in termini di targeting, aumentando la loro dipendenza dalla piattaforma.

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  • 2. La dipendenza dalle Piattaforme è considerata il più alto rischio dagli editori. I top manager delle realtà editoriali intervistati dal Reuter Institute hanno individuato nella dipendenza dalle piattaforme dei giganti del web il più alto rischio per il loro successo nel 2018, considerando la relazione con Facebook come la più rischiosa in assoluto. 2. RISJ, Digital News Project 2018, p. 47 Tale giudizio appare come abbastanza scontato considerato il modello di business di Facebook orientato alla massimizzazione del tempo speso sulle proprie properties a fronte di quello di Google che è ancora incentrato sull’open web. 3. RISJ, Digital News Project 2018, p. 12
  • 3. La gestione dei dati e la capacità di profilazione rappresentano gli asset più importanti per gli editori. Dalla ricerca del Reuters Institute emerge come i miglioramenti nella gestione dei dati e nelle capacità di profilazione siano considerate come le iniziative strategicamente più importanti per il 2018. 4. RISJ, Digital News Project 2018, p. 27 Tale orientamento appare assolutamente allineato all’indicazione delle fonti di ricavo ritenute più rilevanti nel futuro all’interno delle quali spiccano i ricavi da abbonamento mentre la produzione di Branded content e altre forme di ricavi legate alla capacità di profilazione (membership, donazioni) acquistano progressivamente maggior peso rispetto alla pubblicità. I ricavi generati da quest’ultima saranno infatti sotto pressione a causa del duopolio nella raccolta e di nuove iniziative che renderanno la competizione ancora più dura (Adblocking/ Coalition for better Ads; GDPR). 5. RISJ, Digital News Project 2018, p. 23 Dal punto di vista di Facebook il maggior livello di interazione nella cerchia di famigliari e amici dovrebbe ulteriormente potenziare la capacità di profilazione comportamentale e psicografica e - anche questa – appare come una scelta assolutamente coerente da parte del social. Un po’ meno coerente sembra invece quella assunta dagli editori italiani che riconoscono a Facebook un ruolo determinante nella certificazione dei propri dati sociodemografici e nella valutazione dell’efficacia del delle proprie campagne in termini di targeting, aumentando la loro dipendenza dalla piattaforma.