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GLI
ESULI Elaborato dell’allieva Francesca
Marin
Scuola Secondaria
di I Grado
dell'Educandato
Uccellis, Udine
Tesina di diploma di
scuola secondaria
di primo grado,
anno scolastico
2020-2021,
monitoraggio a cura
della professoressa
Manuela Beltramini
Ho scelto questo argomento perché ho
trovato nell’esame un’opportunità per
tramandare la storia del nonno e
raccontare le tragedie degli esuli.
Il presente prodotto culturale
è stato estratto dall’originale,
di 50 diapositive, su
autorizzazione degli
interessati, per una fruizione
nel web. Rielaborazione a
cura del Gruppo di lavoro
storico-scientifico
dell’ANVGD di Udine,
coordinato dal prof. Elio
Varutti.
Sede dell’Associazione
Nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia (ANVGD), Comitato
Provinciale di Udine: Via
Aquileia, 29 – primo piano,
c/o ACLI. 33100 Udine.
INTERVISTA AL NONNO
Allora nonno raccontami un po’ di te. Dove e quando sei
nato? Chi erano i tuoi genitori?
Mi chiamo Satti Sergio e sono nato a Pola, in Istria, il 17 settembre
1934. Com'era tradizione a quei tempi mia mamma, Furlani Maria,
mi partorì nella casa dei miei nonni materni, mio nonno, Furlani
Ignazio e mia nonna, Mecchia Maria di origine friulana.
Nel periodo che hai passato a Pola come era la città? Vi
erano Croati o altre nazionalità? Che lingue erano
maggiormente diffuse?
La città di Pola ha un passato molto affascinante, ha origini
romane, poi fu soggetta alla dominazione di Venezia e più tardi
dell'Austria Ungheria; successivamente fece parte dell’Italia, poi
divenne iugoslava e oggi è croata. A quel tempo la maggioranza della
popolazione era di lingua e cultura italiana con una parlata istro-
veneta. Vi erano poi zone in cui la maggioranza della popolazione
era slava mentre altre in cui la maggioranza era croata.
Hai passato tutta la tua infanzia e adolescenza a Pola
prima di venire in Italia?
No. Per un anno della mia vita mi sono trasferito a Umago, sempre
in Istria.
FOTO DI MIO NONNO DA BAMBINO
Per quale motivo ti sei trasferito a Umago?
Mi sono trasferito a Umago perché in quei tempi, tra il 1944 e il
1945, quindi in piena Seconda guerra mondiale, Pola era molto
spesso il centro di attacchi di bombe da parte degli anglo americani.
Ricordo ancora molto bene quelle giornate. Quando i nemici
stavano venendo con gli aerei per attaccarci, in tutta la città
suonava un allarme, una sirena, che ci avvertiva di quello che stava
accadendo e ci dava il tempo di nasconderci in dei rifugi resistenti
costruiti a questo scopo.
Non ricordo bene, ma secondo me erano scavati nella roccia.
Restavamo lì sotto per moltissime ore in attesa che finisse per poter
ritornare alle nostre vite. Poi, a mano a mano che passava il tempo,
gli attacchi si fecero così frequenti che decidemmo di andarcene. Io,
mia mamma, mia zia e mia nonna ci trasferimmo a Umago, mio
padre e mio nonno restarono a Pola. Restammo lì per un anno,
grazie al supporto di amici che ci trovarono un rifugio in un edificio
di un’azienda agricola destinato al deposito del vino.
Successivamente, finita la guerra, tra l’aprile e il maggio del 1945,
ritornammo a Pola.
Quanto tempo sei rimasto in Istria dopo essere ritornato a Pola?
Dopo essere stato a Umago sono rimasto Pola per un anno.
Che cosa ha convinto te e la tua famiglia ad andarvene?
La principale motivazione per cui decidemmo di partire fu che quando arrivammo a Pola i partigiani di
Tito, già arrivati da un po’ nella città, stavano iniziando a seminare il terrore tra la popolazione. Non si
poteva più parlare italiano né essere italiani né c’era la possibilità di conservare la libertà della nostra
religione e delle nostre idee. Bisognava solamente eseguire gli ordini in modo da essere cittadini ideali di
un altro popolo e né io né la mia famiglia eravamo disposti a farlo. Inoltre la notte molte persone
sparivano, deportate dagli slavi. Nessuno sapeva che fine facessero o dove venissero portate, perché
nessuna tra le persone scomparse è tornata per raccontarlo. Solo successivamente si scoprì che le persone
scomparse venivano torturate e poi gettate nelle foibe. Molti cittadini, come mio padre e mio nonno,
avendo paura di essere rapiti durante la notte si nascondevano, trovando rifugio sotto un campanile o
una casa lontano dalla città.
Le preoccupazioni aumentarono quando, il 18 agosto 1946, durante una manifestazione di italianità in
una spiaggia a Vergarolla, ci fu uno scoppio di mine e morirono un centinaio di italiani. In seguito, per
essere ancora uomini liberi, ci fu un plebiscito della popolazione che stabiliva che, qualora Pola venisse
ceduta alla Jugoslavia, la popolazione sarebbe potuta emigrare in Italia per rimanere italiana. Mio padre
andò via prima, nel settembre del ’46 mentre io e mia madre andammo via a dicembre.
Dove eravate diretti? Avevate una destinazione precisa?
Mio padre aveva trovato lavoro a Bolzano.
Per andare verso Bolzano quante cose avete portato con voi? Il minimo indispensabile o
tutto occorrente?
Per andare verso Bolzano io e mia madre portammo il minimo indispensabile. Due o tre valigie con
all’interno soprattutto vestiti e cibo per il viaggio. Il tragitto si svolse in due tappe diverse. Prima facemmo
il tragitto da Pola a Trieste prendendo il treno. Poi, dopo qualche giorno, andammo grazie a un nostro
amico disposto ad aiutarci portandoci con il suo camion, fino a Bolzano. Ricordo che il viaggio fu molto
lungo e che nel camion oltre a noi vi erano anche altre persone che avevano bisogno di un trasporto per
spostarsi.
Come vi siete organizzati quando siete arrivati a Bolzano?
Quando siamo arrivati a Bolzano ci siamo organizzati fin da subito perché mio padre, che era già arrivato
a Bolzano tempo prima, era riuscito ad affittare da un suo amico una casa in centro. Abbiamo vissuto lì
nove o dieci anni, dal 1946 al 1955-56.
La casa in cui vivevate era abbastanza spaziosa?
Sì, la casa in cui vivevamo era abbastanza spaziosa per noi. Io avevo una camera tutta per me, poi c’era
la camera dei miei genitori, la cucina e un piccolo bagno munito solo di wc. Per fare la doccia, come era
comune a quei tempi, si andava ai bagni pubblici.
Gli altri tuoi parenti sono venuti con voi o sono arrivati
successivamente?
Gli altri miei parenti, più precisamente le mie due nonne e mia zia, ci hanno
raggiunto successivamente, dopo il Trattato di pace, tra il 1947 e il 1948.
Loro sono arrivati con la maggior parte degli altri profughi istriani con una
nave messa a disposizione dal governo italiano chiamata Toscana. A
differenza nostra le due nonne e la zia portarono moltissime cose da Pola,
valigie piene di vestiti e cibo, mobili e addirittura ricordo che mia nonna
staccò la foto “attaccata” alla tomba di una sua figlia, deceduta molti anni
prima a causa della spagnola. Quando poi sono arrivate hanno dovuto
rifugiarsi in una caserma a Laives, vicino a Bolzano. Vivevano in condizioni
pessime, rinchiuse in grandi stanzoni insieme ad altre trenta persone, separati
tra loro solo da coperte e con solo dei letti e un bagno che utilizzavano tutti.
Ricordo che ci venivano a trovare molto spesso per scappare da quel posto
orribile e rimanevamo tutti in cucina (perché era l’unico posto caldo della
casa) a parlare di come avevano trascorso il viaggio e in che condizioni
vivevano.
Ci sono stati tuttavia anche dei parenti che non sono potuti venire con noi
come ad esempio mio prozio Ugo che viveva non a Pola, ma a Barbana
d’Istria, un paesetto in un’altra parte dell’Istria. Vivendo lì anziché a Pola,
che era stata occupata dagli angloamericani, aveva molte meno libertà e non è
potuto andare via.
Altri parenti invece sono emigrati in America dove vivono tuttora.
MIO NONNO
MIA NONNA
MIO ZIO
IL CUGINO DI MIO NONNO
MOGLIE DEL CUGINO
MADRE DI MIO
NONNO
PADRE DI MIO
NONNO
MADRE DI MIA
NONNA
Come ti sei organizzato con la scuola in tutti questi anni di continui
spostamenti e traslochi?
Il mio percorso a scuola è stato molto complicato per i vari traslochi che abbiamo
fatto in quegli anni.
Ho fatto fino la quarta elementare a scuola a Pola molto tranquillamente. Poi,
quando ci siamo trasferiti a Umago, ho iniziato la quinta elementare, ma, dopo
quindici giorni, mia madre non mi permise più di andarci, per paura che durante il
tragitto che facevo uno degli aerei nemici (che passavano molto frequentemente da
quelle parti) mi colpisse. Tuttavia anche se feci solo pochi giorni di scuola mi
promossero. Ritornati a Pola l’anno successivo ho iniziato la prima media e poi quando
ci siamo trasferiti la ho finita a Bolzano. Ricordo che nel fare la prima media a
Bolzano ho incontrato moltissime difficoltà, perché i miei compagni di classe erano
molto più avanti nel programma e inoltre io, avendo fatto solo pochi giorni di quinta,
sapevo molto meno anche le cose che loro avevano già fatto. A Bolzano poi ho finito il
liceo e ho vissuto lì ancora un anno anche se ho fatto l’Università a Padova.
Quando vi siete trasferiti a Udine?
Ci siamo trasferita a Udine tra il 1955 e il 1956 anche se io non ho vissuto subito lì,
perché ho prima finito l’Università a Trieste.
A Udine, hai conosciuto altri esuli? Se sì, c’era l’occasione di
incontrarvi?
Sì, ho conosciuto centinaia di esuli che si sono trasferiti come me a Udine.
Ci incontriamo ancora oggi molto spesso per ricordare l’esodo e le nostre
esperienze passate.
Mi hai raccontato che hai tenuto delle conferenze sull’argomento
e che hai testimoniato la tua esperienza nelle scuole, vuoi
parlarmene?
Sì, vado oggi anno a parlare dell’esodo soprattutto nelle scuole. Racconto
la mia storia e le mie esperienze personali e i ragazzi si dimostrano sempre
molto interessati.
So che fai parte di un’associazione che riunisce gli esuli istriani,
come si chiama e che tipo di attività promuove?
L’associazione di cui faccio parte e di cui sono stato per anni
vicepresidente si chiama Associazione Nazionale Venezia Giulia e
Dalmazia (A.N.V.G.D). Ha promosso assistenza in ambito economico e
giuridico-amministrativo a tutti i profughi sparsi in Italia dal 1946.
Che cosa vuoi dire ai giovani di
oggi?
“Ricordare per non dimenticare” questo è
il mio motto.
Ragazzi, abbiate il coraggio di
affrontare la vita.
Io sono un testimone di che cosa
significa soffrire, fare sacrifici e
ottenere risultati.
Siate ottimisti come me.
IO E IL NONNO DAVANTI ALLA SUA CASA DI POLA IO E IL NONNO DAVANTI ALL’ARENA DI POLA
LA SITUZIONE ATTUALE IN ISTRIA FIUME E
DALMAZIA E LA GIORNATA DEL RICORDO
Oggi i territori di Istria, Fiume e Dalmazia sono
diventati le nuove repubbliche di Slovenia, Croazia,
dichiaratesi indipendenti il 25 giugno 1991 e
Montenegro, dal 3 giugno 2006.
Per non dimenticare le vittime e le uccisioni avvenute
in questi territori è stato istituito il 10 febbraio il
Giorno del Ricordo, riconosciuto ufficialmente con la
legge n°92 del 30 marzo 2004.
LA FINE DEL CONFLITTO E LE VIOLENZE DEL MAGGIO-GIUGNO 1945
Nell’aprile 1945 le truppe angloamericane marciarono verso la Venezia Giulia.
Anche Tito e le sue truppe puntarono ad occupare la Venezia Giulia.
Gli Jugoslavi arrivarono il 1 maggio 1945 a Trieste e poi a Gorizia e Monfalcone. Riuscirono ad occupare Fiume
e Pola e a occupare la Venezia Giulia e dichiararono l’annessione dell’intera regione.
Durante i quarantacinque giorni della “liberazione” titina di Trieste e della Venezia Giulia, si ripeté su vasta scala
quanto era accaduto in Istria nel settembre 1943.
Nell’autunno 1943 le persone infoibate furono circa un migliaio e 750
Le deportazioni e le uccisioni di maggio-giugno 1945 si aggirano tra le 5.500 e 7.000 vittime, tra cui molti
sacerdoti di nazionalità italiana.
L’ESODO DELLA POPOLAZIONE
Nella Venezia Giulia il cambio di sovranità tra Italia e Jugoslavia fu
traumatico e portò all’esodo di una parte importante della
popolazione.
Già con l’accordo Tito-Alexander del 9 giugno 1945, vi fu
un’ondata di profughi dalla ZONA B alla ZONAA, che proseguì
dopo il trattato di Parigi.
L’amministrazione stabilì che i cittadini italiani o sarebbero divenuti
cittadini jugoslavi oppure avrebbero potuto optare per la
conservazione della cittadinanza italiana andando in Italia entro un
anno.
Circa 350.000 persone lasciarono l’Istria Fiume e la Dalmazia.
L’esodo fu massiccio soprattutto nelle principali città della costa.
La maggior parte dei profughi giunse a Trieste, poi a Gorizia e a
Udine. Gli esuli furono accolti in 120 edifici dismessi e vi restarono
per anni.
Nella speranza di trovare condizioni migliori circa 60.000 persone
abbandonarono del tutto l’Italia e emigrarono all’estero.
Questo è un disegno fatto da
me per rappresentare tutta la
sofferenza, le ingiustizie e il
male fatto agli esuli.
RICORDARE PER
NON DIMENTICARE
fine

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Francesca Marin, Gli esuli, tesina, diploma scuola sec. I°, 2021

  • 1. GLI ESULI Elaborato dell’allieva Francesca Marin Scuola Secondaria di I Grado dell'Educandato Uccellis, Udine Tesina di diploma di scuola secondaria di primo grado, anno scolastico 2020-2021, monitoraggio a cura della professoressa Manuela Beltramini
  • 2. Ho scelto questo argomento perché ho trovato nell’esame un’opportunità per tramandare la storia del nonno e raccontare le tragedie degli esuli.
  • 3. Il presente prodotto culturale è stato estratto dall’originale, di 50 diapositive, su autorizzazione degli interessati, per una fruizione nel web. Rielaborazione a cura del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine, coordinato dal prof. Elio Varutti. Sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine: Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.
  • 4. INTERVISTA AL NONNO Allora nonno raccontami un po’ di te. Dove e quando sei nato? Chi erano i tuoi genitori? Mi chiamo Satti Sergio e sono nato a Pola, in Istria, il 17 settembre 1934. Com'era tradizione a quei tempi mia mamma, Furlani Maria, mi partorì nella casa dei miei nonni materni, mio nonno, Furlani Ignazio e mia nonna, Mecchia Maria di origine friulana. Nel periodo che hai passato a Pola come era la città? Vi erano Croati o altre nazionalità? Che lingue erano maggiormente diffuse? La città di Pola ha un passato molto affascinante, ha origini romane, poi fu soggetta alla dominazione di Venezia e più tardi dell'Austria Ungheria; successivamente fece parte dell’Italia, poi divenne iugoslava e oggi è croata. A quel tempo la maggioranza della popolazione era di lingua e cultura italiana con una parlata istro- veneta. Vi erano poi zone in cui la maggioranza della popolazione era slava mentre altre in cui la maggioranza era croata. Hai passato tutta la tua infanzia e adolescenza a Pola prima di venire in Italia? No. Per un anno della mia vita mi sono trasferito a Umago, sempre in Istria.
  • 5. FOTO DI MIO NONNO DA BAMBINO
  • 6. Per quale motivo ti sei trasferito a Umago? Mi sono trasferito a Umago perché in quei tempi, tra il 1944 e il 1945, quindi in piena Seconda guerra mondiale, Pola era molto spesso il centro di attacchi di bombe da parte degli anglo americani. Ricordo ancora molto bene quelle giornate. Quando i nemici stavano venendo con gli aerei per attaccarci, in tutta la città suonava un allarme, una sirena, che ci avvertiva di quello che stava accadendo e ci dava il tempo di nasconderci in dei rifugi resistenti costruiti a questo scopo. Non ricordo bene, ma secondo me erano scavati nella roccia. Restavamo lì sotto per moltissime ore in attesa che finisse per poter ritornare alle nostre vite. Poi, a mano a mano che passava il tempo, gli attacchi si fecero così frequenti che decidemmo di andarcene. Io, mia mamma, mia zia e mia nonna ci trasferimmo a Umago, mio padre e mio nonno restarono a Pola. Restammo lì per un anno, grazie al supporto di amici che ci trovarono un rifugio in un edificio di un’azienda agricola destinato al deposito del vino. Successivamente, finita la guerra, tra l’aprile e il maggio del 1945, ritornammo a Pola.
  • 7. Quanto tempo sei rimasto in Istria dopo essere ritornato a Pola? Dopo essere stato a Umago sono rimasto Pola per un anno. Che cosa ha convinto te e la tua famiglia ad andarvene? La principale motivazione per cui decidemmo di partire fu che quando arrivammo a Pola i partigiani di Tito, già arrivati da un po’ nella città, stavano iniziando a seminare il terrore tra la popolazione. Non si poteva più parlare italiano né essere italiani né c’era la possibilità di conservare la libertà della nostra religione e delle nostre idee. Bisognava solamente eseguire gli ordini in modo da essere cittadini ideali di un altro popolo e né io né la mia famiglia eravamo disposti a farlo. Inoltre la notte molte persone sparivano, deportate dagli slavi. Nessuno sapeva che fine facessero o dove venissero portate, perché nessuna tra le persone scomparse è tornata per raccontarlo. Solo successivamente si scoprì che le persone scomparse venivano torturate e poi gettate nelle foibe. Molti cittadini, come mio padre e mio nonno, avendo paura di essere rapiti durante la notte si nascondevano, trovando rifugio sotto un campanile o una casa lontano dalla città. Le preoccupazioni aumentarono quando, il 18 agosto 1946, durante una manifestazione di italianità in una spiaggia a Vergarolla, ci fu uno scoppio di mine e morirono un centinaio di italiani. In seguito, per essere ancora uomini liberi, ci fu un plebiscito della popolazione che stabiliva che, qualora Pola venisse ceduta alla Jugoslavia, la popolazione sarebbe potuta emigrare in Italia per rimanere italiana. Mio padre andò via prima, nel settembre del ’46 mentre io e mia madre andammo via a dicembre.
  • 8. Dove eravate diretti? Avevate una destinazione precisa? Mio padre aveva trovato lavoro a Bolzano. Per andare verso Bolzano quante cose avete portato con voi? Il minimo indispensabile o tutto occorrente? Per andare verso Bolzano io e mia madre portammo il minimo indispensabile. Due o tre valigie con all’interno soprattutto vestiti e cibo per il viaggio. Il tragitto si svolse in due tappe diverse. Prima facemmo il tragitto da Pola a Trieste prendendo il treno. Poi, dopo qualche giorno, andammo grazie a un nostro amico disposto ad aiutarci portandoci con il suo camion, fino a Bolzano. Ricordo che il viaggio fu molto lungo e che nel camion oltre a noi vi erano anche altre persone che avevano bisogno di un trasporto per spostarsi. Come vi siete organizzati quando siete arrivati a Bolzano? Quando siamo arrivati a Bolzano ci siamo organizzati fin da subito perché mio padre, che era già arrivato a Bolzano tempo prima, era riuscito ad affittare da un suo amico una casa in centro. Abbiamo vissuto lì nove o dieci anni, dal 1946 al 1955-56. La casa in cui vivevate era abbastanza spaziosa? Sì, la casa in cui vivevamo era abbastanza spaziosa per noi. Io avevo una camera tutta per me, poi c’era la camera dei miei genitori, la cucina e un piccolo bagno munito solo di wc. Per fare la doccia, come era comune a quei tempi, si andava ai bagni pubblici.
  • 9.
  • 10. Gli altri tuoi parenti sono venuti con voi o sono arrivati successivamente? Gli altri miei parenti, più precisamente le mie due nonne e mia zia, ci hanno raggiunto successivamente, dopo il Trattato di pace, tra il 1947 e il 1948. Loro sono arrivati con la maggior parte degli altri profughi istriani con una nave messa a disposizione dal governo italiano chiamata Toscana. A differenza nostra le due nonne e la zia portarono moltissime cose da Pola, valigie piene di vestiti e cibo, mobili e addirittura ricordo che mia nonna staccò la foto “attaccata” alla tomba di una sua figlia, deceduta molti anni prima a causa della spagnola. Quando poi sono arrivate hanno dovuto rifugiarsi in una caserma a Laives, vicino a Bolzano. Vivevano in condizioni pessime, rinchiuse in grandi stanzoni insieme ad altre trenta persone, separati tra loro solo da coperte e con solo dei letti e un bagno che utilizzavano tutti. Ricordo che ci venivano a trovare molto spesso per scappare da quel posto orribile e rimanevamo tutti in cucina (perché era l’unico posto caldo della casa) a parlare di come avevano trascorso il viaggio e in che condizioni vivevano. Ci sono stati tuttavia anche dei parenti che non sono potuti venire con noi come ad esempio mio prozio Ugo che viveva non a Pola, ma a Barbana d’Istria, un paesetto in un’altra parte dell’Istria. Vivendo lì anziché a Pola, che era stata occupata dagli angloamericani, aveva molte meno libertà e non è potuto andare via. Altri parenti invece sono emigrati in America dove vivono tuttora.
  • 11. MIO NONNO MIA NONNA MIO ZIO IL CUGINO DI MIO NONNO MOGLIE DEL CUGINO MADRE DI MIO NONNO PADRE DI MIO NONNO MADRE DI MIA NONNA
  • 12. Come ti sei organizzato con la scuola in tutti questi anni di continui spostamenti e traslochi? Il mio percorso a scuola è stato molto complicato per i vari traslochi che abbiamo fatto in quegli anni. Ho fatto fino la quarta elementare a scuola a Pola molto tranquillamente. Poi, quando ci siamo trasferiti a Umago, ho iniziato la quinta elementare, ma, dopo quindici giorni, mia madre non mi permise più di andarci, per paura che durante il tragitto che facevo uno degli aerei nemici (che passavano molto frequentemente da quelle parti) mi colpisse. Tuttavia anche se feci solo pochi giorni di scuola mi promossero. Ritornati a Pola l’anno successivo ho iniziato la prima media e poi quando ci siamo trasferiti la ho finita a Bolzano. Ricordo che nel fare la prima media a Bolzano ho incontrato moltissime difficoltà, perché i miei compagni di classe erano molto più avanti nel programma e inoltre io, avendo fatto solo pochi giorni di quinta, sapevo molto meno anche le cose che loro avevano già fatto. A Bolzano poi ho finito il liceo e ho vissuto lì ancora un anno anche se ho fatto l’Università a Padova. Quando vi siete trasferiti a Udine? Ci siamo trasferita a Udine tra il 1955 e il 1956 anche se io non ho vissuto subito lì, perché ho prima finito l’Università a Trieste.
  • 13. A Udine, hai conosciuto altri esuli? Se sì, c’era l’occasione di incontrarvi? Sì, ho conosciuto centinaia di esuli che si sono trasferiti come me a Udine. Ci incontriamo ancora oggi molto spesso per ricordare l’esodo e le nostre esperienze passate. Mi hai raccontato che hai tenuto delle conferenze sull’argomento e che hai testimoniato la tua esperienza nelle scuole, vuoi parlarmene? Sì, vado oggi anno a parlare dell’esodo soprattutto nelle scuole. Racconto la mia storia e le mie esperienze personali e i ragazzi si dimostrano sempre molto interessati. So che fai parte di un’associazione che riunisce gli esuli istriani, come si chiama e che tipo di attività promuove? L’associazione di cui faccio parte e di cui sono stato per anni vicepresidente si chiama Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (A.N.V.G.D). Ha promosso assistenza in ambito economico e giuridico-amministrativo a tutti i profughi sparsi in Italia dal 1946.
  • 14. Che cosa vuoi dire ai giovani di oggi? “Ricordare per non dimenticare” questo è il mio motto. Ragazzi, abbiate il coraggio di affrontare la vita. Io sono un testimone di che cosa significa soffrire, fare sacrifici e ottenere risultati. Siate ottimisti come me.
  • 15. IO E IL NONNO DAVANTI ALLA SUA CASA DI POLA IO E IL NONNO DAVANTI ALL’ARENA DI POLA
  • 16. LA SITUZIONE ATTUALE IN ISTRIA FIUME E DALMAZIA E LA GIORNATA DEL RICORDO Oggi i territori di Istria, Fiume e Dalmazia sono diventati le nuove repubbliche di Slovenia, Croazia, dichiaratesi indipendenti il 25 giugno 1991 e Montenegro, dal 3 giugno 2006. Per non dimenticare le vittime e le uccisioni avvenute in questi territori è stato istituito il 10 febbraio il Giorno del Ricordo, riconosciuto ufficialmente con la legge n°92 del 30 marzo 2004.
  • 17. LA FINE DEL CONFLITTO E LE VIOLENZE DEL MAGGIO-GIUGNO 1945 Nell’aprile 1945 le truppe angloamericane marciarono verso la Venezia Giulia. Anche Tito e le sue truppe puntarono ad occupare la Venezia Giulia. Gli Jugoslavi arrivarono il 1 maggio 1945 a Trieste e poi a Gorizia e Monfalcone. Riuscirono ad occupare Fiume e Pola e a occupare la Venezia Giulia e dichiararono l’annessione dell’intera regione. Durante i quarantacinque giorni della “liberazione” titina di Trieste e della Venezia Giulia, si ripeté su vasta scala quanto era accaduto in Istria nel settembre 1943. Nell’autunno 1943 le persone infoibate furono circa un migliaio e 750 Le deportazioni e le uccisioni di maggio-giugno 1945 si aggirano tra le 5.500 e 7.000 vittime, tra cui molti sacerdoti di nazionalità italiana.
  • 18. L’ESODO DELLA POPOLAZIONE Nella Venezia Giulia il cambio di sovranità tra Italia e Jugoslavia fu traumatico e portò all’esodo di una parte importante della popolazione. Già con l’accordo Tito-Alexander del 9 giugno 1945, vi fu un’ondata di profughi dalla ZONA B alla ZONAA, che proseguì dopo il trattato di Parigi. L’amministrazione stabilì che i cittadini italiani o sarebbero divenuti cittadini jugoslavi oppure avrebbero potuto optare per la conservazione della cittadinanza italiana andando in Italia entro un anno. Circa 350.000 persone lasciarono l’Istria Fiume e la Dalmazia. L’esodo fu massiccio soprattutto nelle principali città della costa. La maggior parte dei profughi giunse a Trieste, poi a Gorizia e a Udine. Gli esuli furono accolti in 120 edifici dismessi e vi restarono per anni. Nella speranza di trovare condizioni migliori circa 60.000 persone abbandonarono del tutto l’Italia e emigrarono all’estero.
  • 19. Questo è un disegno fatto da me per rappresentare tutta la sofferenza, le ingiustizie e il male fatto agli esuli. RICORDARE PER NON DIMENTICARE fine