Comunicazione Museale, 2020-2021, Dal Fatto-in-Italia al Made in Italy, Lezioni 5 e 6
1. Armerie a Milano nel XVI secolo
Prof. Paolo Coen
Comunicazione Museale
Titolo del Corso: Dal Fatto-in-Italia al Made in Italy
2020-2021
2. Dove mai al mondo potrà trovarsi un’altra città il cui popolo sia così ben dotato di armi di ferro? (…)
Si possono vedere manipoli di cavalieri luccicanti da capo a piedi nelle loro armi, con scalpitanti
destrieri ricoperti di borchie, cavalieri ben superiori agli altri non solo per nobiltà di schiatta, ma per
bontà di armi e di costumi, quali si convengono a tanta e tale città.
Nella nostra città e nel suo contado vi è fior fiore e abbondanza di fabbri, i quali ogni giorno
fabbricano armature di ogni tipo, che poi i mercanti vendono in mirabile abbondanza nelle città
vicine e anche in quelle lontane. I principali fabbri di corazze superano infatti il numero di cento e
ciascuno di essi tiene sotto di sé moltissimi operai che si dedicano ogni giorno alla lavorazione
mirabile delle macchie. Vi sono anche moltissimi fabbricanti di scudi e infine di ogni tipo di armi, del
cui numero non faccio neanche menzione.
Bonvesin de la Riva, De Magnalibus Mediolani, 1288
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3. Il corazzaio, o armiere
• chi fabbrica le componenti della difesa di un soldato o cavaliere, compresa la corazza
• Il termine invale dal Medioevo
• Solo molto più tardi si fonde con ‘armaiolo’, che invece tradizionalmente produce armi di offesa
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4. La protezione del corpo in battaglia: una lunga evoluzione
• Fin dall’età classica si utilizzano strumenti per proteggere almeno le parti vitali del corpo durante
le battaglie
• La parte principale in questo primo periodo è la corazza, che protegge il petto e il ventre
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5. Arte greca arcaica, Corazza, c. 600 a.C., Madrid, Museo Archeologico Nazionale
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6. La protezione del corpo in battaglia: una lunga evoluzione
• I Romani e altri popoli sviluppano rivestimenti completi del corpo, o armature
• Le armature vanno d’accordo con l’avanzamento tecnico delle singole culture: in Europa
rimangono in auge fino al periodo carolingio
• Poco prima dell’anno 1000 le armature sono sostituite da vari elementi singoli
• Il più diffuso è la cotta in maglia ad anelli – detta anche usbergo – un tipo di protezione a veste più
semplice e versatile
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7. Cotta in maglia alto medievale, Museo di Bayeux
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8. L’evoluzione dell’armatura
• Per quasi tutto il Medioevo si utilizzano singoli pezzi di protezione, che si aggiungono all’usbergo
• I cavalieri sono abituati a servirsi di vari specialisti per i singoli pezzi: il bacinetto (un particolare
tipo di elmo), la cotta di maglia, il petto, i cosciali e gli schinieri
• Successivamente i vari pezzi vengono assemblati
• Altrettanto succede con le armi di offesa: spada, lancia, pugnale, ascia, etc.
• Esiste dunque una varietà di artigiani, ciascuno dei quali ha una propria specializzazione
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9. L’armatura completa a piastre, o «gotica»
• Procede l’abitudine di associare la cotta a varie piastre in acciaio
• Man mano si estende fino a ricoprire ogni parte del corpo del guerriero
• 1360-1370 le officine milanesi elaborano l’armatura completa a piastre di acciaio
• L’armatura a piastre è formata da lastre, o piastre di metallo di circa 2 mm di spessore, collegate le
une alle altre da cinghie di cuoio
• L’insieme risulta più pesante della cotta in maglia: in compenso mette il soldato al sicuro da colpi
di spada e offre una discreta protezione da frecce, mazze e anche dai colpi delle prime armi da
fuoco
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10. L’armatura a piastre, o «gotica»
• Il cavaliere viene completamente corazzato e protetto da una ‘macchina’ in ferro: è talora detta
«armatura gotica», del peso fra i 25 e i 30 kg
• Queste ‘macchine’ sono prodotte su misura, in modo da aderire perfettamente all’anatomia del
singolo committente
• Ne deriva un prodotto estremamente sofisticato e costoso, che ha caratteristiche simili ai moderni
prodotti di haute couture
• Il guerriero, abituato fin da piccolo a vestire un’armatura, può combattere liberamente, correre o
strisciare, come anche smontare da cavallo o rimontarvi, senza aiuti
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11. Le botteghe di corazzai milanesi alla fine del Medioevo
• Verso la fine del Medioevo, poco prima del 1300, Bonvesin de la Riva ignora le botteghe di pittori
e scultori, lodando invece quelle dei corazzai, cioè dei produttori di corazze
• Già a quel tempo esistono in città circa 100 botteghe del genere, ciascuna con parecchi dipendenti
• Ancor più ve ne sono di fabbricanti di scudi e di armi
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12. I corazzai e il loro «indotto»
• Accanto alle botteghe dei corazzai ne prosperano molte altre, legate sempre al mondo delle armi e
spesso sussidiarie le une alle altre
• Botteghe specializzate nella produzione di cotte e di maglie, di scudi, spade e balestre
• Botteghe incisori, orafi, smaltatori e scultori che ne realizzavano elaborate decorazioni
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13. Le funzioni dell’armatura
• Difensiva/bellica: proteggere chi combatte in battaglia
• Rappresentativa/simbolica: trasmettere valori di rappresentanza e di qualità estetica. Si adattano
alla vita sociale del Rinascimento, che passa anche attraverso la caccia di corte e i tornei, le sfilate,
i ricevimenti
• L’armatura di età manierista, nel XVI secolo, segnerà il trionfo della seconda funzione sulla prima
• Le armi sono a un tempo portatrici di bellezza – ovvero di qualità, di ricerca estetica – e di ricerca
tecnologica, attraverso una serie di «inventioni»
• Le armi belle – più o meno come le belle arti – servono a illustrare uno stile di vita, una sorta di
«Italian way of life» (Fulvio Cervini)
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14. I due corni della domanda
• L’evoluzione dell’armatura porta a segmentazione della domanda
• Domanda di fascia alta, a volte altissima: la grande aristocrazia, i proprietari terrieri ordinano,
commissionano pezzi unici, paragonabili per costi a un’automobile di lusso
• Domanda di fascia media e bassa: continua a rivolgersi a singoli pezzi, che vengono
successivamente assemblati o venduti
• Fra queste due domande esistono diverse situazioni intermedie, che vengono incontro a esigenze
diverse
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15. La bottega dell’armoraro, o corazzaio
• Con il crescere della complessità delle corazze l’armoraro tende a organizzarsi in botteghe
• Le botteghe hanno per lo più carattere familiare
• La corazza diventa il frutto di una filiera produttiva, dove ciascun tecnico si occupa di un
particolare tipo di pezzo
• La filiera, o équipe, comprende decoratori, incisori e doratori
• Una bottega era capace in media di produrre un’armatura da guerra al giorno
• Verso la fine del XIV secolo diventa perciò abitudine che le officine milanesi appongano le proprie
marche a incisione sulle singole armature
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16. La bottega dei Negroni, detti i Missaglia
• Famiglia di corazzai proveniente da Missaglia, vicino Lecco
• Membri principali furono i fratelli Antonio e Tommaso, attivi intorno alla metà del XV secolo
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17. Antonio Missaglia, Armatura, c. 1450, Baltimora, Walters Art Museum
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18. Tommaso e Antonio Missaglia con Pier Innocenzo da Faerno e Antonio Seroni, Armatura
dell’imperatore Federico III di Asburgo, 1450
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19. Nicolò Silva, o da Silva, Armatura alla massimiliana da cavalleria pesante, c. 1500, Parigi, Musée
de l'Armée
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20. L’armatura milanese del ‘500
• Vari fattori, tra cui l’avvento delle armi da fuoco, cambiano una volta di più l’impostazione delle
armature
• Si sviluppa un modello di armatura diverso, aderente e stondato
• La decorazione diventa sempre più pronunciata, di chiara derivazione classicista: viene incontro
alle esigenze da parata, più che belliche
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21. I grandi armaioli milanesi del ‘500
• Bartolomeo Piatti
• Giovanni Pietro Figino
• Giovanni Antonio Biancardi
• Antonio Piccinino con i figli Federico e Lucio: «fu il primo huomo non solo della nostra Italia ma
anco di tutta Europa, per far’una lama di spada, o pugnale, o coltello, o qualunque arma da tagliare,
che tagliava ogni sorte di ferro senza lesione delle sue lame; e perciò era conosciuto e
nominatissimo appresso dei maggiori principi de’ Christiani e alli professori d’arme»
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22. Lucio Piccinino, Armatura di Don Gonzalo Fernández de Córdoba, duca d’Alba, 1575-1585, New
York, Metropolitan Museum of Art
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23. Armoraro milanese (Lucio Piccinino?), Armatura di Alessandro Farnese, Vienna, Kunsthistorisches
Museum
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24. Pompeo della Cesa (1537-1610)
• È abituato a impiegare pezzi intercambiabili e supplementari
• A seconda delle circostanze, le armature si adattavano a varie funzioni
• Questi cambiamenti consentono a un’armatura di essere «da piede», «da cavallo» o «da giostra»,
cioè da torneo
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25. Pompeo della Cesa, Armatura, Worcester, Higgins Art Museum
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26. Non solo ferro
• Parallela e complementare alla manifattura del ferro corre quella del legno
• La manifattura di scudi fa parte del normale lavoro di falegnami e decoratori
• Lo scudo più famoso della storia vede protagonista Michelangelo Merisi, detto Caravaggio
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27. Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Scudo con testa di Medusa, c. 1598, Firenze, Uffizi
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28. Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Scudo con testa di Medusa, c. 1598, Firenze, Uffizi
• La prima versione dello scudo si trova in collezione privata italiana
• Questa è la seconda versione
• Commissionata dal cardinale Francesco Maria del Monte come dono al
granduca di Toscana Ferdinando de’Medici
• Tela incollata su tavola di pioppo
• Funzione per lo più decorativa
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29. Un mercato specializzato
• Il commercio delle armi si sviluppa già nel tardo Medioevo
• Sul mercato lavorano mercanti di armi professionisti, come per esempio Francesco Datini da Prato
(1335-1410)
• Uno dei compiti dei mercanti come Datini è l’assemblaggio di insiemi completi, partendo dai
singoli pezzi
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30. L’attrazione inglese
• 1511 Enrico VIII fonda a Greenwich, vicino Londra, una fabbrica reale di armature
• Importa corazzai dal sud della Germania, dalle Fiandre e da Milano
• Diretta fra l’altro da Jacob Halder, in servizio dal 1576 al 1607, la fabbrica inglese emerge insieme
a Milano e al sud della Germania come leader del settore
• L’Inghilterra di età elisabettiana è spesso considerato il picco più elevato della produzione e
fruizione delle corazze
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31. Jacob Halder per la manifattura reale di Greenwich, Armatura di George Clifford, terzo conte di
Cumberland, 1586, New York, Metropolitan Museum of Art
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32. Cosa resta oggi?
• Ancor oggi vicino a piazza del Duomo esistono via Spadari e via Armorari
• Il centro di Milano era un tempo ricco di botteghe di produttori e di mercanti di armi
• Alla fine del XIX secolo il tessuto architettonico venne sconvolto: oggi di tutto questo rimane
molto poco
• Se non una storia che vale la pena di essere raccontata
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33. Le corazze di Milano, fra realtà e mito
• Milano vive in età storica una straordinaria fortuna, quanto alla produzione di corazze
• Questa fortuna, quasi una mitologia, ha oscurato la produzione di altri centri italiani alternativi
• Firenze e la Toscana per tutte le armi
• Genova, specie per le armi da tiro, come le balestre
• Brescia per le armi da fuoco nel tardo XVI e nel XVII secolo
• Cuneo per le armi da taglio
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34. L’arte della ceramica italiana: il caso di Castelli
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35. Prologo: il Presepe Monumentale di Castelli
• https://www.youtube.com/watch?v=UlXAwJoODac
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36. L’arte della ceramica
• kéramos in greco significa argilla
• ceramica è tutto ciò che viene modellato con un impasto di argilla e successivamente cotto con il
fuoco
• se ne ottengono – oltre a materiali edili, come mattoni, piastrelle e tegole – fra l’altro stoviglie,
oggetti decorativi, ciotole, vasellami, urne e ancora statuette votive, etc.
• è diffusa in tutto il mondo
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37. I vari tipi di ceramica
• ceramiche a pasta porosa: es. terraglie, maioliche e terrecotte. Pasta tenera e assorbente, più
facilmente scalfibile
• ceramiche a pasta compatta: es. gres e porcellane. Utilizza una particolare argilla bianca, detta
caolino. Ne risulta una bassa porosità, con buone doti di impermeabilità: sono perciò adatte a
contenitori. Difficili a scalfirsi
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38. Le terrecotte
L’argilla è estremamente malleabile quando è cruda. Dopo la cottura si presenta come un materiale
dal giallo al rosso mattone, dotato di ottima porosità
- Materiale da costruzione: il laterizio
- Produzione di ceramiche
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39. Le terrecotte
L’argilla è estremamente malleabile quando è cruda. Dopo la cottura si presenta come un materiale
dal giallo al rosso mattone, dotato di ottima porosità
- Materiale da costruzione: il laterizio
- Produzione di ceramiche
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40. Da Figulus a Figline
• Figulus è una parola latina che significa «vasaio»; figulinae è l’arte del vasaio, ma può significare
anche le stesse terrecotte
• Nella Penisola molte località rimandano all’arte della terracotta: es. Figline Valdarno vicino
Firenze, Figline Vigliaturo vicino Cosenza
• La stessa Forlì, nei pressi di Faenza, si chiamava durante il Medioevo Figline
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41. La ceramica della Penisola nel Medioevo
• La ceramica medievale italiana si fonda per lo più su motivi geometrici stilizzati. Già allora
emergono vari centri specializzati nella produzione ceramica. Ecco alcuni esempi:
- Faenza in Romagna
- Palermo e altri centri in Sicilia
- Spoleto, Deruta, Gubbio e poi ancora Orvieto, Todi, Gualdo Tadino, Città di
Castello, Umbertide, Perugia, Assisi
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42. Faenza, Boccale con stemma Manfredi, 1375-1400, Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche
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43. Palermo, Catino invetriato policromo, 950-1000, Palermo, Scavi Museo Archeologico
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44. Palermo, Catino invetriato policromo, 950-1000, Palermo, Scavi Museo Archeologico
• Sotto l’influenza della cultura araba, la Sicilia si distingue per
una particolare tecnica, la «doppia cottura»
• La «doppia cottura» prevede la presenza di una superficie, di
un rivestimento vetroso, che protegge l’oggetto e lo rende
impermeabile
• A seconda dei casi, l’artigiano dipinge sopra o sotto il
rivestimento
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45. Assisi, Brocca con aquila, c. 1400, New York Metropolitan Museum of Art
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46. Il Rinascimento: l’avvento della maiolica e della figura umana
• Verso la fine del Medioevo l’impiego del rivestimento vetroso diventa lo standard: esso segna il
passaggio dalla terracotta alla maiolica, un prodotto ceramico a pasta porosa e opaca, appunto
rivestito da una vernice, o smalto, solidificata a caldo. Nelle ceramiche più fini il rivestimento è del
tutto trasparente
• Tra la fine del XV e il principio del XVI la «maniera moderna» – quella che noi chiamiamo oggi
Rinascimento – detta il passaggio anche nell’arte della ceramica a nuovi indirizzi linguistici
• Il principale è l’avvento di decorazioni figurate, cioè basate sulla presenza umana
• Inizialmente sono raffigurazioni idealizzate, come per il vasellame amatorio con «belle donne» e
l’effigie della persona amata
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47. Faenza, Piatto con Iulia Bel[l]a, c. 1500, Faenza, Museo Internazionale della Ceramica
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48. Il Rinascimento: l’avvento della figura umana
• Di lì a poco s’impone il «genere istoriato». I maestri italiani usano il supporto della maiolica più o
meno come una tavola o una tela, per creare vasellame di pregio con rappresentazioni mitologiche,
bibliche o di storia romana
• Le fonti di queste illustrazioni sono spesso le incisioni, cioè le stampe
• Emergono figure precise e individuate di maestri, con relative botteghe, i quali spesso firmano e
datano le proprie opere
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49. La divaricazione fra i vari centri, o scuole di maiolica
• L’avvento delle figurazioni è un fattore di ulteriore distinzione e divaricazione fra i vari centri
italiani e i rispettivi maestri
• Faenza impiega uno smalto grigio-azzurro, detta maiolica «berettina», come sfondo per elaborate
composizioni con festoni, frutta, girali fogliate, «grottesche»
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50. Bottega di Pietro Bergantini, Piatto con il Sacrificio di Marco Curzio, 1529, Faenza, Museo
Internazionale della Ceramica
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51. Francesco Xanto Avelli (Urbino), Piatto con inondazione del Tevere, 1531, Milano, Castello
Sforzesco
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52. La segmentazione del mercato, in base alla domanda
• Nel XVI secolo si crea una netta segmentazione del mercato, in base alla divaricazione della
domanda:
- Maioliche di alta fascia. La fascia elevata di pubblico richiede maioliche ricche ed elaborate,
realizzate dai maestri più accreditati e molto costose. Le espone in bella vista e le affianca ad altri
manufatti preziosi, come stoffe e suppellettili in oro e argento
- Maioliche e terrecotte di fascia media. Sono richieste per l’impiego di tutti i giorni dalla fascia alta
o dalla fascia medio-alta, a imitazione della prima fascia. Sono prodotti che imitano i precedenti,
ma in forme semplificate, materiali meno nobili e maestri minori.
- Maioliche e più spesso terrecotte di fascia bassa. Sono richiesti dai ceti medi. Sono oggetti di uso e
consumo quotidiane, destinati a rapida consunzione. È facile trovarli nei ‘butti’, cioè nelle
discariche cittadine
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53. Giulio Romano, Servizio da dispensa, Mantova, 1528, Palazzo Te
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54. Segmentazione dell’offerta
• Parallelamente anche l’offerta si amplia e differenzia
• I prodotti tradizionali sono affiancati da nuove tipologie di maioliche, spesso con l’ambizione di
porsi come piccole sculture da tavola
• Emerge così la competizione con altre tradizioni del Fatto-in-Italia, i bronzetti e gli argenti
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55. Bottega dei Patanazzi (Urbino), Calamaio con Apollo e le Muse, 1584, New York, Metropolitan
Museum of Art
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56. Fatto-in-Italia: il caso della maiolica di Castelli
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57. Andammo a un'altra terra detta Le Castella,
posta sopra un colle, tra due fiumicelli;
nella qual terra si fanno vasellamenti nobili di candida terra e se ne portano fino a Napoli.
Serafino Razzi, Viaggi in Abruzzo, 1575
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58. Castelli, centro nazionale e internazionale della ceramica
• Castelli si trova a poca distanza da Teramo
• L’origine dell’arte della ceramica risale al tardo Medioevo, nel XV secolo: è obiettivamente
difficile trovare o attribuire oggetti al quel periodo
• La prima affermazione si registra nel XVI secolo, cioè in età rinascimentale e si lega a Orazio
Pompei e alla sua bottega a carattere familiare
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59. Orazio Pompei (1510-1590 c.)
• Si forma all’interno di una famiglia di ceramisti
• Ne rappresenta la punta di diamante
• È l’autore del corredo da farmacia Orsini-Colonna
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60. Orazio Pompei, Vaso da farmacia, c. 1550, New York, Metropolitan Museum of Art
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61. Orazio Pompei, Vaso da farmacia Orsini Colonna, c. 1550, Londra, British Museum
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62. Orazio Pompei, Vaso da farmacia Orsini Colonna, c. 1550, Londra, British Museum
• Iscrizione «et sarrimo boni amici» (saremo buoni amici)
• Il riferimento è alla pace tra due famiglie nel Medioevo tradizionalmente rivali
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63. Fra devozione e promozione: il soffitto della chiesa di San Donato
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64. Soffitto in maiolica, 1615-1617, Castelli, chiesa di San Donato
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65. Soffitto in maiolica, 1615-1617, Castelli, chiesa di San Donato
• Sorge a 2km dall’abitato di Castelli
• Il soffitto non ha nessuna particolarità strutturale
• Grande sforzo ornamentale, grazie a circa 1000 mattoni (tavelle)
decorate a maiolica verso la faccia interna
• Le tavelle vedono partecipare tutte le botteghe di Castelli
• La più impegnata è la bottega di Orazio Pompei
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66. Orazio Pompei, Mattonelle in maiolica, Castelli, Museo della ceramica
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67. Orazio Pompei, Mattonelle in maiolica, Castelli, Museo della ceramica
• Parte della decorazione della chiesa della Madonna del Rosario, poi dedicata
a San Donato
• Negli anni trenta del ’900 recuperati e messi in sicurezza
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68. I motivi di un successo
• Le botteghe di maiolica di Castelli s’inseriscono in un contesto particolarmente competitivo
• Giocano a loro vantaggio la buona fattura, la vivacità delle decorazione, l’economicità dei prodotti,
grazie a sistemi di produzione particolarmente innovativi ed efficaci
• Tali qualità emersero soprattutto nel XVII secolo
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69. Francesco Grue e la sua famiglia
• Francesco è il capostipite di una delle principali botteghe di maiolicari di Castelli
• Attraverso la prima moglie Domenica s’imparenta con un’altra storica famiglia
• Si specializza nella finitura pittorica, lasciando ad altri nella bottega la produzione del modellato,
che viene dunque inteso come un mero supporto
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70. Francesco Grue, Piatto con scene e stemma della famiglia Alarçon y Mendoza, 1640-1650, New
York, Metropolitan Museum of Art
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71. Francesco Grue da Antonio Tempesta, Piatto con scena di Alessandro Magno, Sèvres
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72. Francesco Grue da Antonio Tempesta, Piatto con scena della vita di Alessandro Magno, c. 1650, già
mercato antiquario
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73. Carmine Gentili, Ercole nell’orto delle Esperidi, 1700 c., Milano, Civico Museo del Castello
Sforzesco
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74. Il presepe monumentale, Castelli, Liceo Artistico Grue
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75. Il Liceo Artistico Grue di Castelli: un mestiere antico nel presente
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