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SPECCHI DEFORMANTI E ILLUSIONI OTTICHE
LE ROUTINE PRODUTTIVE DELLE IMMAGINI DI GENERE NELLA PUBBLICITÀ ITALIANA
Paola	Panarese	– 21	febbraio	2019
RAGIONI DI
INTERESSE
§ Poche ricerche sul processo di creazione del
messaggio pubblicitario
§ In Italia, attenzione alla sola dimensione creativa,
indagata etnograficamente
§ Rara correlazione tra trattamento del genere in
pubblicità e pratica professionale
RAGIONI DI INTERESSE
§ Ampio ricorso in pubblicità a sesso e genere
§ Peculiarità dell’advertising
§ Evidenze empiriche sulle differenze nella
rappresentazione di donne e uomini
RAGIONI DI INTERESSE
§ Il modo in cui maschilità e femminilità sono rappresentati
in pubblicità non è neutro.
RIFERIMENTI
TEORICI
Miopia morale e mutismo morale
(Drumwright e Murphy 2009).
OBIETTIVO
Verifica dell’esistenza di miopia e mutismo morale,
in relazione a genere e ruolo professionale
METODO
40 interviste in profondità a 20 pubblicitari in ruoli
creativi e 20 in ruoli strategici, 20 donne e 20 uomini
DOMANDE DI RICERCA
§ Esiste la percezione di un problema (etico) relativo alla rappresentazione del genere in Italia, tra gli
operatori della pubblicità?
§ Come viene tematizzata la questione?
§ In quale fase del processo di produzione di una campagna emergono eventuali distorsioni?
§ A chi si attribuisce la responsabilità di eventuali distorsioni?
§ Cosa si suggerisce per risolvere l’eventuale problema?
§ In che misura l’appartenenza di genere orienta punti di vista e condotte?
§ In che misura il ruolo professionale (strategico o creativo) orienta punti di vista e condotte?
§ In che misura l’esperienza orienta punti di vista e condotte?
RISULTATI
§ La questione è rilevante, ma non nuova e, per qualcuno,
non urgente.
§ Sono i creativi a considerarla «troppo attuale» (DCD3), «non
sufficientemente indagata» (DCD4), o «non sentita quanto
necessario» (DCU15).
§ Per alcuni pubblicitari in ruoli strategici, soprattutto uomini,
l’argomento è trito (AMU2), in parte superato (AMU4) o
toccato solo occasionalmente, «quando accade qualcosa»
(AMD13).
RISULTATI
§ Il problema è esteso
§ Riguarda più le donne che gli uomini
Le immagini pubblicitarie che riguardano le donne sono le peggiori: sono
sessiste, denigratorie e offensive (DCD12)
Confermano generalmente uno schema in cui la disparità è in favore
dell’uomo, nonostante la pubblicità umili e ridicolizzi entrambi i generi
(DCU11)
Quando si rappresentano con degli stereotipi, i modelli femminili sono
ingiusti in modo più eclatante rispetto alla realtà, sono gabbie
apparentemente più strette. Se andiamo a vedere gli stereotipi maschili, essi
sono comunque stereotipi di tipo vincente, come l’uomo di successo, il papà
sportivo… quindi stereotipi che nella società attuale hanno valori che sono
percepiti come positivi. Quando si rappresenta la donna nei diversi ruoli di
casalinga, mamma, amante e troia, i valori che sono collegati spesso non
sono positivi (DCD10)
RISULTATI
§ Il problema si riferisce a estetiche, uso dei corpi, ruoli sociali e
capacità intellettive.
§ Il cliché rispetto a quello che poteva essere una superficiale sensazione
prima del lavoro era: abbiamo la mamma e abbiamo tanto corpo, no?
Ora posso affermare che la mamma non è poi così tanta (…), quindi il
problema è più sottile: come si rappresenta la donna sia nel corpo che
nella testa, perché a volte è quasi più devastante la rappresentazione
che si dà della testa della donna (DCU15).
RISULTATI
§ Si segnala qualche cambiamento
Ci sono rappresentazioni di famiglie estese, famiglie in cui entrambi i
genitori sono dedicati ai bambini o coinvolti nella pulizia della casa
[…] Anche per i detersivi c’è stato un cambiamento: Dash usa un
uomo schiaffeggiato da sua madre come testimonial. Viakal mostra
un uomo che insegna a pulire un bagno (AMD1)
Oggi, c’è meno attenzione al corpo. Ci sono meno modelli nudi e
meno primi piani di seni e bocche. Basta guardare le aziende
telefoniche pubblicitarie negli anni Novanta e oggi (DCD10)
§ L’evoluzione è «legata a una revisione degli stereotipi, non
all’abbandono degli stereotipi» (DCD6)
§ Tra i cambiamenti, sessualizzazione dei corpi maschili
RISULTATI
§ La questione è sottile
§ Rimanda a gabbie che appaiono naturali
§ La donna oggettivata, ma anche la donna sciocca, non forte, non attiva
o con le palle […] mostrate nel loro ambiente naturale: il bagno o la
cucina (DCD3).
§ Dipende dall’accumulo
§ Gli esempi sarebbero infiniti e anche poco utili, perché il problema
principale non è la loro specificità, ma la loro clamorosa quantità
(DCU16)
§ Molti annunci portavano un messaggio sessista, ma mettendosi nei
panni di un legislatore e di un avvocato, erano, come dire, intracciabili. È
l’accumulo che è tracciabile. L’accumulo che si rileva dall’insieme dei
messaggi. I casi eclatanti sono già fermati dallo IAP e sono pochissimi
(DCU15)
RISULTATI
§ I discorsi degli intervistati rimandano a tre frame: tecnico, professionale e culturale
§ La cornice culturale risulta il frame più ricorrente.
Se devi rappresentare un ruolo in maniera rapidissima che con tre secondi o una scena deve essere compreso,
purtroppo bisogna essere per tanti punti di vista stereotipati, altrimenti è impossibile cogliere il ruolo. Le faccio un
esempio, noi dovevamo fare uno spot per un collutorio per denti sensibili che doveva essere venduto in farmacia e lo
spot faceva vedere il dentista che operava sui denti sensibili e il punto di vista della camera era dall’interno della bocca.
Chiaramente quello che si vedeva dall’altra parte era un dentista uomo, con il suo camice. Se avessimo messo una
dentista donna non si sarebbe capito che era la dentista, si sarebbe capito che era l’igienista dentale, l’infermiera.
Diventa quasi impossibile in due secondi cogliere un ruolo iconico che vuoi rappresentare, perché ci sono degli
stereotipi nella nostra cultura, per cui se vedi una donna alla scrivania raramente credi che sia un amministratore
delegato, ma piuttosto che sia la sua segretaria, se la devi vedere per un attimo e lei non fa parte di una storia. (AMD3 )
RISULTATI
La durata limitata è un problema, ma è secondario […]. Il
vero punto è che noi abbiamo necessità, in ragione della
durata limitata, di entrare in empatia in un tempo breve e
con un numero vasto di persone, e questo costringe
ovviamente a utilizzare degli stereotipi.
Nel momento in cui le persone a cui ti rivolgi sono numerose
e con interessi diversi sei costretto ad appiattire tutto… Non
è vero che sei costretto, ma è vero che un sistema di
valutazione della pubblicità ormai sedimentato in Italia porta
in questa direzione (AMU2)
RISULTATI
Le responsabilità sono attribuite ai clienti
§ Ho lavorato per le compagnie telefoniche e mi è stato chiesto di
preparare elenchi di possibili donne classificate come fighe,
abbastanza fighe o non fighe. […] Ho presentato storyboard su cui
i commenti del cliente erano: “non ci sono abbastanza tette”
(AMD1).
§ Per una campagna in cui dovevamo mostrare i sogni dei bambini,
ho avuto molte discussioni con il cliente sui sogni delle ragazze.
Voleva e ha imposto il sogno di essere parrucchiere, estetiste o
madri. Non credo che queste professioni siano indegne, ma, per
fortuna, la scelta per una donna è più ampia (DCD9).
RISULTATI
Scarso mestiere, scarsità di idee, ignoranza di chi fa la
campagna e di chi la compra. Una cultura
che considera normale che le madri vadano a vivere a
casa dei figli, che questi stiano a casa fino a
cinquant’anni, che pretendono che le mogli, a
integrazione della loro vita da professioniste, si
mettano le ciabattine e rifacciano le madri.
Alla cultura di un paese in cui si eleggono in
parlamento le soubrette o le fighe o gli animatori
turistici e non le persone veramente preparate.
La cultura di un paese dove la furbizia viene
considerata una qualità (DCD3).
RISULTATI
§ Le agenzie riflettono quello che è la cultura, non è che la creano
(AMD3)
§ La pubblicità non è altro che lo specchio delle aziende e dei
brand che vogliono comunicare e lo specchio della società dove
ci troviamo (DCD10).
§ Credo che rispecchino la realtà: in Italia sono quasi sempre gli
uomini a ricoprire i ruoli più importanti? Lo sono anche in
pubblicità. In Italia sono quasi sempre le donne ad occuparsi
della casa? Lo sono anche in pubblicità. Ma se mi chiede se lo
trovo giusto, ovviamente la risposta è no (DCD6).
RISULTATI
§ Le responsabilità sono di altri
§ La professionalità mette al riparo da errori e distorsioni
§ Non servono organismi di controllo, utili per eliminare casi
estremi (DCD1), lenti (AMD7) e che «rischiano di amplificare la
visibilità di una cattiva campagna» (DCD10).
C’è bisogno non di una regolamentazione censoria, ma di una
sensibilità diffusa che solo la cultura può portare grazie alla quale si
riesca ad elevare il tono della comunicazione senza divieti o linee
guida restrittive, che diventano una gabbia (DCU19)
CONCLUSIONI
§ Schemi percettivi ricorrenti e processi produttivi
condivisi e sedimentati
§ Percezione di un problema etico, con differenze di
genere e ruolo
§ Bassa miopia
§ «Italia, un antico Paese, senza coraggio» (DCU18)
§ Basso mutismo
§ Presbiopia

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Specchi deformanti e illusioni ottiche

  • 1. SPECCHI DEFORMANTI E ILLUSIONI OTTICHE LE ROUTINE PRODUTTIVE DELLE IMMAGINI DI GENERE NELLA PUBBLICITÀ ITALIANA Paola Panarese – 21 febbraio 2019
  • 2. RAGIONI DI INTERESSE § Poche ricerche sul processo di creazione del messaggio pubblicitario § In Italia, attenzione alla sola dimensione creativa, indagata etnograficamente § Rara correlazione tra trattamento del genere in pubblicità e pratica professionale
  • 3. RAGIONI DI INTERESSE § Ampio ricorso in pubblicità a sesso e genere § Peculiarità dell’advertising § Evidenze empiriche sulle differenze nella rappresentazione di donne e uomini
  • 4. RAGIONI DI INTERESSE § Il modo in cui maschilità e femminilità sono rappresentati in pubblicità non è neutro.
  • 5. RIFERIMENTI TEORICI Miopia morale e mutismo morale (Drumwright e Murphy 2009).
  • 6. OBIETTIVO Verifica dell’esistenza di miopia e mutismo morale, in relazione a genere e ruolo professionale
  • 7. METODO 40 interviste in profondità a 20 pubblicitari in ruoli creativi e 20 in ruoli strategici, 20 donne e 20 uomini
  • 8. DOMANDE DI RICERCA § Esiste la percezione di un problema (etico) relativo alla rappresentazione del genere in Italia, tra gli operatori della pubblicità? § Come viene tematizzata la questione? § In quale fase del processo di produzione di una campagna emergono eventuali distorsioni? § A chi si attribuisce la responsabilità di eventuali distorsioni? § Cosa si suggerisce per risolvere l’eventuale problema? § In che misura l’appartenenza di genere orienta punti di vista e condotte? § In che misura il ruolo professionale (strategico o creativo) orienta punti di vista e condotte? § In che misura l’esperienza orienta punti di vista e condotte?
  • 9. RISULTATI § La questione è rilevante, ma non nuova e, per qualcuno, non urgente. § Sono i creativi a considerarla «troppo attuale» (DCD3), «non sufficientemente indagata» (DCD4), o «non sentita quanto necessario» (DCU15). § Per alcuni pubblicitari in ruoli strategici, soprattutto uomini, l’argomento è trito (AMU2), in parte superato (AMU4) o toccato solo occasionalmente, «quando accade qualcosa» (AMD13).
  • 10. RISULTATI § Il problema è esteso § Riguarda più le donne che gli uomini Le immagini pubblicitarie che riguardano le donne sono le peggiori: sono sessiste, denigratorie e offensive (DCD12) Confermano generalmente uno schema in cui la disparità è in favore dell’uomo, nonostante la pubblicità umili e ridicolizzi entrambi i generi (DCU11) Quando si rappresentano con degli stereotipi, i modelli femminili sono ingiusti in modo più eclatante rispetto alla realtà, sono gabbie apparentemente più strette. Se andiamo a vedere gli stereotipi maschili, essi sono comunque stereotipi di tipo vincente, come l’uomo di successo, il papà sportivo… quindi stereotipi che nella società attuale hanno valori che sono percepiti come positivi. Quando si rappresenta la donna nei diversi ruoli di casalinga, mamma, amante e troia, i valori che sono collegati spesso non sono positivi (DCD10)
  • 11. RISULTATI § Il problema si riferisce a estetiche, uso dei corpi, ruoli sociali e capacità intellettive. § Il cliché rispetto a quello che poteva essere una superficiale sensazione prima del lavoro era: abbiamo la mamma e abbiamo tanto corpo, no? Ora posso affermare che la mamma non è poi così tanta (…), quindi il problema è più sottile: come si rappresenta la donna sia nel corpo che nella testa, perché a volte è quasi più devastante la rappresentazione che si dà della testa della donna (DCU15).
  • 12. RISULTATI § Si segnala qualche cambiamento Ci sono rappresentazioni di famiglie estese, famiglie in cui entrambi i genitori sono dedicati ai bambini o coinvolti nella pulizia della casa […] Anche per i detersivi c’è stato un cambiamento: Dash usa un uomo schiaffeggiato da sua madre come testimonial. Viakal mostra un uomo che insegna a pulire un bagno (AMD1) Oggi, c’è meno attenzione al corpo. Ci sono meno modelli nudi e meno primi piani di seni e bocche. Basta guardare le aziende telefoniche pubblicitarie negli anni Novanta e oggi (DCD10) § L’evoluzione è «legata a una revisione degli stereotipi, non all’abbandono degli stereotipi» (DCD6) § Tra i cambiamenti, sessualizzazione dei corpi maschili
  • 13. RISULTATI § La questione è sottile § Rimanda a gabbie che appaiono naturali § La donna oggettivata, ma anche la donna sciocca, non forte, non attiva o con le palle […] mostrate nel loro ambiente naturale: il bagno o la cucina (DCD3). § Dipende dall’accumulo § Gli esempi sarebbero infiniti e anche poco utili, perché il problema principale non è la loro specificità, ma la loro clamorosa quantità (DCU16) § Molti annunci portavano un messaggio sessista, ma mettendosi nei panni di un legislatore e di un avvocato, erano, come dire, intracciabili. È l’accumulo che è tracciabile. L’accumulo che si rileva dall’insieme dei messaggi. I casi eclatanti sono già fermati dallo IAP e sono pochissimi (DCU15)
  • 14. RISULTATI § I discorsi degli intervistati rimandano a tre frame: tecnico, professionale e culturale § La cornice culturale risulta il frame più ricorrente. Se devi rappresentare un ruolo in maniera rapidissima che con tre secondi o una scena deve essere compreso, purtroppo bisogna essere per tanti punti di vista stereotipati, altrimenti è impossibile cogliere il ruolo. Le faccio un esempio, noi dovevamo fare uno spot per un collutorio per denti sensibili che doveva essere venduto in farmacia e lo spot faceva vedere il dentista che operava sui denti sensibili e il punto di vista della camera era dall’interno della bocca. Chiaramente quello che si vedeva dall’altra parte era un dentista uomo, con il suo camice. Se avessimo messo una dentista donna non si sarebbe capito che era la dentista, si sarebbe capito che era l’igienista dentale, l’infermiera. Diventa quasi impossibile in due secondi cogliere un ruolo iconico che vuoi rappresentare, perché ci sono degli stereotipi nella nostra cultura, per cui se vedi una donna alla scrivania raramente credi che sia un amministratore delegato, ma piuttosto che sia la sua segretaria, se la devi vedere per un attimo e lei non fa parte di una storia. (AMD3 )
  • 15. RISULTATI La durata limitata è un problema, ma è secondario […]. Il vero punto è che noi abbiamo necessità, in ragione della durata limitata, di entrare in empatia in un tempo breve e con un numero vasto di persone, e questo costringe ovviamente a utilizzare degli stereotipi. Nel momento in cui le persone a cui ti rivolgi sono numerose e con interessi diversi sei costretto ad appiattire tutto… Non è vero che sei costretto, ma è vero che un sistema di valutazione della pubblicità ormai sedimentato in Italia porta in questa direzione (AMU2)
  • 16. RISULTATI Le responsabilità sono attribuite ai clienti § Ho lavorato per le compagnie telefoniche e mi è stato chiesto di preparare elenchi di possibili donne classificate come fighe, abbastanza fighe o non fighe. […] Ho presentato storyboard su cui i commenti del cliente erano: “non ci sono abbastanza tette” (AMD1). § Per una campagna in cui dovevamo mostrare i sogni dei bambini, ho avuto molte discussioni con il cliente sui sogni delle ragazze. Voleva e ha imposto il sogno di essere parrucchiere, estetiste o madri. Non credo che queste professioni siano indegne, ma, per fortuna, la scelta per una donna è più ampia (DCD9).
  • 17. RISULTATI Scarso mestiere, scarsità di idee, ignoranza di chi fa la campagna e di chi la compra. Una cultura che considera normale che le madri vadano a vivere a casa dei figli, che questi stiano a casa fino a cinquant’anni, che pretendono che le mogli, a integrazione della loro vita da professioniste, si mettano le ciabattine e rifacciano le madri. Alla cultura di un paese in cui si eleggono in parlamento le soubrette o le fighe o gli animatori turistici e non le persone veramente preparate. La cultura di un paese dove la furbizia viene considerata una qualità (DCD3).
  • 18. RISULTATI § Le agenzie riflettono quello che è la cultura, non è che la creano (AMD3) § La pubblicità non è altro che lo specchio delle aziende e dei brand che vogliono comunicare e lo specchio della società dove ci troviamo (DCD10). § Credo che rispecchino la realtà: in Italia sono quasi sempre gli uomini a ricoprire i ruoli più importanti? Lo sono anche in pubblicità. In Italia sono quasi sempre le donne ad occuparsi della casa? Lo sono anche in pubblicità. Ma se mi chiede se lo trovo giusto, ovviamente la risposta è no (DCD6).
  • 19. RISULTATI § Le responsabilità sono di altri § La professionalità mette al riparo da errori e distorsioni § Non servono organismi di controllo, utili per eliminare casi estremi (DCD1), lenti (AMD7) e che «rischiano di amplificare la visibilità di una cattiva campagna» (DCD10). C’è bisogno non di una regolamentazione censoria, ma di una sensibilità diffusa che solo la cultura può portare grazie alla quale si riesca ad elevare il tono della comunicazione senza divieti o linee guida restrittive, che diventano una gabbia (DCU19)
  • 20. CONCLUSIONI § Schemi percettivi ricorrenti e processi produttivi condivisi e sedimentati § Percezione di un problema etico, con differenze di genere e ruolo § Bassa miopia § «Italia, un antico Paese, senza coraggio» (DCU18) § Basso mutismo § Presbiopia