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Fausto Intilla
Aurum
Origine, storia ed applicazioni del
metallo nobile per eccellenza.
Immagine di copertina tratta dal web
(http://goldmuseumballarat.wordpress.com).
L’autore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze, per gli stralci
di alcuni articoli (ed immagini) riportati in questo volume, qualora questi
ultimi fossero coperti da copyright.
Indice
Prefazione…………………………………………………4
L’oro, una lunga storia…………………………….………6
- Dalle origini al mondo antico…………………………….6
- Dall’alchimia alla realtà………………………...……….19
- In tempi recenti e moderni…….………………………….23
Un aspetto mutevole, ma inconfondibile………..……….27
- In luoghi e forme diverse………...………………...……27
- Metodi d’estrazione………………………………..………30
- L’oro alluvionale…………………………………..………36
- Affinazione………………………………………….………38
- Caratteristiche, proprietà e qualità…………..…………41
- Leghe………………………………………………..………44
- Isotopi, composti e stati d’ossidazione……….…………52
Diversi settori, diverse applicazioni………………..…….56
- Nanoparticelle e oro colloidale………………….………56
- Applicazioni in medicina e farmacologia……….………63
- Dall’elettronica all’industria, passando per l’arte…...80
- Arte culinaria e cosmesi………………………… ………93
Luci ed ombre, di un capitalismo insaziabile……………96
- Un po’di storia recente……………………………………96
- Il mercato dell’oro…………………………………………99
Bibliografia…………………………………..…………123
Sitografia……………………………………..…………126
A mio nonno Emilio, ormai non più qui;
che nell’arco di una vita è riuscito ad essere
minatore, operaio e agricoltore.
“Le ricchezze spropositate sono come
un timone smisurato fuor del normale,
che fa affondare meglio che servir a dirigere,
perché sono inutilmente abbondanti e
dannosamente eccessive”.
Lucio Apuleio
“Se ciascuno si accontentasse del necessario
e donasse ai poveri il superfluo,
non vi sarebbero né ricchi né poveri”.
Basilio Magno
Prefazione
Basare un intero libro, seppur di poche pagine, sulla natura e i
vari ambiti d’applicazione di un solo elemento chimico,
potrebbe rivelarsi una mossa un po’ troppo azzardata,
considerando la quantità di informazioni (spesso piuttosto
limitate) che si possono utilizzare come materiale didattico per
l’elaborazione e la stesura di un testo, sufficientemente ricco
d’informazioni da apparire interessante e al contempo
appassionante, agli occhi di un potenziale lettore amante di un
determinato genere di letture. In natura infatti, esistono solo due
elementi che possono rappresentare degli ottimi punti di
partenza per poter costruire dei complessi (e soprattutto
completi sotto ogni punto di vista) elaborati didattici, che
spazino dalle intime caratteristiche fisico-chimiche
dell’elemento in esame, sino agli aspetti che ne definiscono le
diverse estensioni in ambito tecnico-scientifico (applicazioni),
economico e sociale: uno di questi (per ovvi motivi) è
indubbiamente l’uranio, l’altro è l’oro. E come riporta il titolo
stesso di questo libro, è proprio il metallo nobile per eccellenza,
dal colore e i riflessi di un’ “alba splendente” (Aurum, in
latino), l’oggetto in esame; quello attorno al quale ruota ogni
argomento contenuto in questo volume. Partendo dalla sua
origine primaria (stellare), dopo un breve excursus attraverso la
storia antica e contemporanea in cui il metallo giallo è stato
causa delle più sanguinose battaglie tra molti popoli di questo
mondo, verranno via via esposte tutte le sue caratteristiche di
natura intrinseca (proprietà fisico-chimiche, forme e tipologie in
cui il metallo si presenta in natura), i metodi d’estrazione e di
affinazione, i suoi rapporti e legami con gli altri elementi della
tavola periodica e le sue innumerevoli applicazioni in molti
ambiti della sfera umana: dall’elettronica alla farmacologia,
dalla fotografia all’arte pittorica, dall’arte culinaria alla cosmesi;
sino ad arrivare al mondo delle banche e degli investimenti,
ovvero al settore economico-finanziario. Viene dunque offerta al
lettore, una panoramica a 360 gradi sui principali aspetti
poc’anzi menzionati, con l’unico obiettivo di soddisfare ogni sua
piccola curiosità in relazione ad un metallo che ormai da
millenni fa parte della nostra quotidianità, ma di cui spesso ne
ignoriamo le origini, la storia e soprattutto le sue molteplici
applicazioni in svariati ambiti della sfera umana (tra cui il più
importante resta indubbiamente quello medico-farmacologico;
dove l’oro ha saputo dimostrare le sue naturali potenzialità,
attraverso opportuni farmaci, sia per la cura di artriti e
reumatismi che per la cura di malattie molto più gravi come il
cancro o l’Alzheimer). L’oro, si è rivelato dunque un elemento
di primaria importanza, in settori che fino ad oggi erano ritenuti
poco o per nulla affini con il nobile metallo giallo; offrendo così
nuove speranze ed opportunità, sia per coloro che operano
nell’ambito della ricerca, sia per coloro che dalla ricerca
debbono anche ricavarne un profitto, senza tuttavia tralasciare
anche coloro che in ultima analisi, potranno godere dei frutti di
tale evoluzione in ambito scientifico; che di anno in anno si fa
sempre più complessa, ma parallelamente ricca di novità ed utili
scoperte che molto probabilmente in un futuro non molto
lontano, entreranno a far parte della nostra quotidianità.
Scoperte di cui ovviamente solo il tempo sarà in grado di
rivelarne (sul lungo termine), i reali benefici; ma potenzialmente
utili per affrontare nuove sfide nell’ambito della ricerca e ad
affinare nuovi strumenti con cui fronteggiare un’inarrestabile
evoluzione, che da millenni ormai, caratterizza il genere umano.
Fausto Intilla
Cadenazzo, 27 luglio 2013
L’oro, una lunga storia
“A una pioggia d’oro molte cose sono penetrabili”
Thomas Carlyle
Dalle origini al mondo antico
L’origine primaria del metallo nobile più prezioso e ricercato
dall’uomo sin dalla fine della preistoria, è da ricercarsi nella
nucleosintesi stellare1
prodottasi attraverso il susseguirsi di
generazioni di stelle lungo un periodo di tempo di circa dodici
miliardi di anni. Esistono due ipotesi che spiegherebbero la
formazione dell’oro attraverso il processo R2
all’interno delle
stelle; la prima prevede la creazione dell’elemento in questione
durante l’esplosione di una supernova3
, le seconda invece,
1
La nucleosintesi stellare è il termine che indica collettivamente le reazioni
nucleari che avvengono all'interno di una stella, con l'effetto di produrre i
nuclei degli elementi chimici. Nelle stelle vengono prodotti tutti gli elementi
chimici tranne l'idrogeno, che fa da carburante iniziale. L'elio, benché
prodotto in quantità, è già presente nell'Universo in grandi percentuali, e
l'aggiunta da parte delle stelle è piccola. Per tutti gli altri elementi, compresa
la grande maggioranza degli atomi che compongono il nostro pianeta, assenti
o presenti in quantità trascurabili nel gas interstellare, le stelle sono le
principali responsabili della loro esistenza. In particolare le stelle di grande
massa producono le quantità più grandi di elementi fino al ferro-56 (56
Fe),
mentre gli elementi più pesanti possono essere prodotti in un'esplosione di
supernova, che avviene alla fine della vita di una stella di grande massa.
2
Il processo R è un processo di nucleosintesi che solitamente si verifica
all'interno del nucleo di una supernova ed è responsabile della creazione di
circa la metà dei nuclei atomici ricchi di neutroni che sono più pesanti del
ferro. Il processo comporta una successione di catture neutroniche rapide (da
cui il nome: processo R) mediante nuclei seme pesanti, tipicamente 56
Fe o
altri isotopi pesanti più ricchi di neutroni. L'altro meccanismo predominante
per la produzione di elementi pesanti è il processo S, che è la nucleosintesi
per mezzo di catture lente (slow, in inglese) di neutroni, che avvengono
principalmente nelle stelle AGB. Il processo S è “secondario”, nel senso che
richiede isotopi pesanti preesistenti, come nuclei seme da convertire in altri
nuclei pesanti.
3
In base a questa ipotesi, l’oro e gli altri elementi pesanti, si formerebbero
alla fine della vita delle stelle di grandi dimensioni. All’inizio, in tutti i corpi
stellari si trovano solo elementi leggeri: idrogeno ed elio. Quando questi si
fondono, in processi detti di nucleosintesi, nascono elementi più pesanti. Non
tutte le stelle, però, riescono a sintetizzare l’oro. Quelle meno grandi bruciano
soltanto idrogeno (più leggero) e le diverse combinazioni tra gli atomi danno
origine ad elio, berillio, litio, boro, azoto, carbonio, ossigeno e fluoro. E
neppure quando, esaurito l’idrogeno, la massa si contrae violentemente verso
ritiene che esso venga prodotto durante le fusioni o collisioni di
due stelle di neutroni4
. Una simulazione numerica, condotta nel
2011 sulla base di quest’ultima ipotesi, indica che essa
permetterebbe di spiegare la causa dell’abbondanza dei nuclei di
oro rilevati attraverso opportuni esperimenti scientifici. A causa
della sua natura geochimica (decisamente siderofila5
, come per
gli altri metalli del gruppo del platino), l’oro si trova
principalmente concentrato nel nucleo della Terra; dunque è
molto rara la sua presenza all’interno della crosta terrestre (in
cui si accumula laddove circolino dei fluidi caldi provenienti dal
mantello terrestre). Tuttavia, alcuni studi mostrerebbero che la
concentrazione di oro nella crosta terrestre, risulta essere dalle
cento alle mille volte più elevata, rispetto a quella che
teoricamente avremmo dovuto trovare. Questo fatto, tutt’altro
che irrilevante, porta inoltre ad ipotizzare che tutto l’oro
presente nella crosta terrestre, proverrebbe dal grande
bombardamento tardivo6
, verificatosi circa quattro miliardi di
anni fa. Verso la fine del 2011, sulla rivista Nature venne
pubblicata un'analisi estremamente accurata di alcuni dei
campioni delle più antiche rocce della Terra, eseguita da un
il centro della stella considerata (un fenomeno che prende il nome di
“collasso stellare”), si producono pressione e temperatura sufficienti a
generare elementi pesanti come l’oro. Nelle stelle più grandi, invece, quando
l’idrogeno del nucleo si esaurisce, inizia a fondersi l’elio (in questa fase si
formano sodio, fosforo, neon, magnesio e silicio). Esaurito l’elio, anche per
le stelle di maggiori dimensioni giunge l’ora del collasso; ma, grazie alla loro
elevatissima temperatura, in questa fase producono oro e altri elementi
pesanti (come l’uranio, ad esempio). Poi diventano supernove, ossia
esplodono e si disperdono nello spazio sotto forma di materiale interstellare,
dal quale in seguito si formano altri corpi (come ad esempio i pianeti).
4
Una stella di neutroni è una stella compatta il cui peso è sostenuto dalla
pressione di neutroni liberi. Si tratta di una cosiddetta stella degenere. I
neutroni sono costituenti del nucleo atomico e sono così chiamati in quanto
elettricamente neutri. A differenza dei protoni, essi possono essere uniti a
formare enormi nuclei fino a diverse volte la massa del Sole. Le stelle di
neutroni hanno una massa simile a quella del Sole, sebbene il loro raggio sia
di appena qualche decina di chilometri (ossia di diversi ordini di grandezza
inferiore a quello del Sole).
5
In geochimica, sono denominati elementi siderofili, quelli che si trovano
assieme al ferro, prevalentemente concentrati nel nucleo centrale del globo
terrestre (ferro, cobalto, nichel, molibdeno).
6
Il grande bombardamento tardivo, indica un periodo di tempo compreso tra
i 4,1 e i 3,8 miliardi di anni fa, caratterizzato da un grande numero di impatti
astronomici che hanno colpito la Luna e, di riflesso, la Terra, Mercurio,
Venere e Marte. L'evidenza di questo evento è stata dedotta principalmente
dalla datazione dei reperti lunari portati sulla Terra dalle missioni Apollo; i
gruppo di ricercatori dell'Università di Bristol. Quest’analisi
mostrò che le riserve accessibili di oro sulla Terra, sono il
risultato di un bombardamento di meteoriti avvenuto più di 200
milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta. Durante la
formazione della Terra, il ferro fuso affondò verso il centro
andando a costituirne il nucleo, insieme alla maggior parte dei
metalli preziosi del pianeta, come l'oro e il platino. Si stima che
nel nucleo ci siano abbastanza metalli preziosi da coprire l'intera
superficie della Terra con uno strato di quattro metri di spessore.
A causa di questo processo, la parte esterna della Terra avrebbe
dovuto rimanere pressoché priva di metalli preziosi, che però nel
mantello risultano essere decine di migliaia di volte più
abbondanti di quanto previsto. Per spiegare questa anomalia si è
ipotizzato che questi metalli siano presenti in seguito a una
imponente "pioggia" di meteoriti avvenuta molto dopo la
formazione del nucleo. Per verificare questa teoria, i ricercatori
dell'Università di Bristol, analizzarono rocce provenienti dalla
Groenlandia, risalenti a circa quattro miliardi di anni fa. Queste
rocce antiche fornirono loro nuove preziose informazioni sulla
composizione del nostro pianeta poco dopo la formazione del
nucleo, ma prima del supposto bombardamento di meteoriti. Nel
determinare la composizione isotopica del tungsteno in queste
rocce, il team di scienziati poté osservare una diminuzione di 15
parti per milione, dell’abbondanza relativa al tungsteno-182
(182
W, un isotopo del tungsteno naturale), tra le rocce recuperate
in Groenlandia e quelle più recenti. Questo cambiamento,
piccolo ma significativo, era dunque in eccellente accordo con le
previsioni dell'ipotesi del bombardamento di meteoriti. Il prof.
M. Willbold, uno dei ricercatori, nell’articolo apparso su Nature
affermò: “Il nostro lavoro mostra che la maggior parte dei
metalli preziosi su cui si basano le nostre economie e molti
processi industriali chiave sono stati aggiunti al nostro pianeta
per una fortunata coincidenza, quando la Terra è stata colpita
da circa 20 miliardi di miliardi di tonnellate di materiale
proveniente dagli asteroidi”.
La storia dell’oro (il cui simbolo chimico è Au, dal latino:
Aurum, che significa “alba splendente” ed è inoltre radice
dell’aggettivo “aurifero”), dai tempi delle antiche civiltà umane
che per prime lo scoprirono sino ai nostri giorni, è piuttosto
lunga e complessa. Esso ha sempre simboleggiato, sin dalla
notte dei tempi, ricchezza e garanzia di potenza; e dunque al
contempo, nel corso dei secoli e dei millenni, è stato anche
causa di vere e proprie ossessioni tra i vari popoli e nazioni del
quali indicano che la maggior parte delle rocce da impatto si sono formate
proprio in questo intervallo di tempo.
mondo, portando così una buona parte del genere umano, ad una
serie infinita di guerre e distruzioni in cui molte culture ebbero
la peggio e scomparvero, mentre altre sopravvissero e
acquisirono maggior potere.
Alcuni scavi archeologici eseguiti nel corso degli ultimi decenni,
suggeriscono che le prime tecniche di estrazione e modalità di
utilizzo del metallo nobile per eccellenza, si siano sviluppate in
Medio Oriente, culla delle prime civiltà umane ( in special modo
nella Mezzaluna Fertile, una regione storica che comprende il
Levante, la Mesopotamia e l’Antico Egitto). L’oro veniva
probabilmente estratto dalle Alpi della Transilvania e nell’area
geografica oggi corrispondente alla Tracia7
. Attraverso
determinati studi e scoperte archeologiche, si è potuto stabilire
che la comparsa delle prime forme di lavorazione del rame e dei
metalli preziosi, tra cui l'oro, si è verificata già nel corso del
Neolitico8
finale (dunque, approssimativamente, attorno al 4000
a.C). Negli anni ottanta del secolo scorso, a Nahal Qana (una
gola, ovvero una valle profonda con pareti ripide, che nella
stagione delle piogge diventa un corso d’acqua; si tratta
dell’affluente settentrionale del fiume Yarkon) in Israele, venne
scoperta una cava (adibita a scopo cimiteriale) all’interno della
quale furono rinvenuti dei manufatti in oro risalenti all’Età del
rame9
. Tali ritrovamenti, testimoniarono dunque le prime
lavorazioni ed utilizzi dell’oro, da parte di un’antica civiltà del
Levante10
. Sempre a questo periodo (quarto millennio a.C),
appartengono anche i manufatti in oro scoperti nei Balcani; ossia
7
La Tracia è la regione che occupa l'estrema punta sudorientale della
Penisola balcanica e comprende il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria
e la Turchia europea.
8
Il Neolitico (8000 a.C – 3000 a.C) è un periodo preistorico, compreso fra il
Paleolitico e l'Età dei metalli, contraddistinto da notevoli innovazioni nella
litotecnica, dall'uso della levigatura per gli strumenti litici e soprattutto da
sostanziali mutamenti nel modo di vivere delle genti. Il principale di questi
mutamenti, che avvenne in forme e in tempi diversi nelle varie parti del
Vecchio e del Nuovo Mondo, è costituito dal passaggio da un'economia di
caccia e raccolta a una di tipo produttivo, basata sulla domesticazione di
piante e animali.
9
L'Età del rame, che viene indicata anche con il termine di Eneolitico (e con
termini come Calcolitico o Cuprolitico), si riferisce ad un periodo della
preistoria considerato la tappa di transizione tra le industrie litiche del
neolitico (Età della pietra levigata) e la nascente metallurgia, dell'Età del
bronzo. In quest'epoca i metalli come oro, argento e rame vengono utilizzati
nel quadro di un artigianato secondario, mentre la parte essenziale degli
strumenti rimane di pietra o di osso.
10
Il Levante è un termine che si riferisce approssimativamente ad un'ampia
area del Sudovest asiatico a sud delle Montagne del Tauro, delimitata ad
ovest dal Mar Mediterraneo, a nord dal deserto Rub' al-Khali e ad est dalla
Mesopotamia.
quelli ritrovati nella Necropoli di Varna11
nei pressi del lago di
Varna, in Bulgaria. Al secondo millennio a.C (Età del bronzo),
appartengono invece altri oggetti come i cappelli d’oro (tra cui
anche quello di Berlino12
) e il disco di Nebra13
, rinvenuti
nell’Europa Centrale.
Il disco di Nebra
11
La Necropoli di Varna è un sito archeologico localizzato nella zona
industriale occidentale della città di Varna, in Bulgaria. Si trova a circa
mezzo km dal lago di Varna e a 4 km dal centro della città. È considerato uno
dei principali siti archeologici mondiali legati alla preistoria. Sono state
scoperte 294 tombe, molte delle quali contengono sofisticati esempi di
gioielli in oro e rame, di vasellame (circa 600 pezzi, inclusi alcuni con pittura
in oro), lame in pietra e in ossidiana, conchiglie e perline. Le tombe sono
state datate tra il 4600 ed il 4200 a.C.(datazione al radiocarbonio, 2004) ed
appartengono alla cultura eneolitica di Varna.
12
Il Cappello d'oro di Berlino è un manufatto risalente alla tarda Età del
bronzo, realizzato in una sottile lamina d'oro. Fu utilizzato come copertura
esterna di un lungo copricapo conico, probabilmente realizzato in materiale
organico. Il Cappello d'oro di Berlino è quello che si è meglio conservato
rispetto ai quattro "Cappelli d'Oro" rinvenuti in Europa e risalenti, più o
meno, tutti alla stessa epoca. Degli altri tre, due sono stati rinvenuti in
Germania e uno in Francia. Tutti e quattro sono stati rinvenuti tra il XIX e
XX secolo. Generalmente si presume che tali oggetti siano stati delle insegne
di divinità o di religiosi, collegati ad un culto solare molto diffuso in Europa
nella tarda Età del bronzo. Si presume che tali oggetti abbiano avuto anche
funzioni calendariali o astronomiche.
13
Il Disco di Nebra è una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente
all'età del bronzo, che raffigura chiaramente fenomeni astronomici e simboli
di forte impronta religiosa. Il disco è considerato la più antica
rappresentazione del cielo e uno dei ritrovamenti archeologici più importanti
del XX secolo. Fu rinvenuto nell'estate del 1999 da alcuni saccheggiatori di
tombe all'interno di una cavità in pietra sul monte Mittelberg, nei pressi della
cittadina di Nebra, in Germania. Dal 2002 appartiene al museo regionale
della preistoria di Halle, in Sassonia-Anhalt.
Il Cappello d’oro di Berlino
Alcuni geroglifici egiziani, già a partire dal 2600 a.C, davano
una descrizione dettagliata del metallo prezioso; un metallo che
a quei tempi, a detta dell’allora re Tushratta del regno di
Mitanni14
, in Egitto era “più abbondante della polvere”. Infatti
l’Egitto, assieme alla Nubia15
, disponevano di una quantità
14
Mitanni (o anche Mittanni, Naharina nei testi egizi) fu un regno situato nel
nord della Mesopotamia che si estese, al culmine della sua ampiezza, dai
monti Zagros al lago di Van ed ai confini con l'Assiria, abitato
principalmente dagli Hurriti. Raggiunse il massimo splendore tra il 1450 a.C.
e il 1350 a.C., durante la fase terminale dell'età del Bronzo.
15
La Nubia è una regione comprendente l'Egitto Meridionale ("Bassa
Nubia") lungo le rive del Nilo e la parte Settentrionale del Sudan ("Alta
Nubia"), approssimativamente dalla Prima Cateratta alla Quarta Cateratta del
Nilo. In tempi antichi costituiva un regno indipendente, il Regno di Kush,
sede di un'antica civiltà che fu una sorta di anello di congiunzione tra le genti
del bacino Mediterraneo e quelle dell'Africa nera. Etimologicamente, il
talmente elevata di risorse aurifere, da poter essere considerate
come le più grandi aree geografiche produttrici di oro, per gran
parte della storia delle antiche civiltà umane.
La più antica mappa conosciuta, è il famoso “Papiro di
Torino”16
e mostra l’area geografica di una miniera d’oro in
Nubia, fornita di indicazioni relative alla geologia locale. I
metodi di lavorazione dell’oro, ovviamente assai primitivi, sono
descritti da Strabone17
e Diodoro Siculo18
ed includono anche
dei riferimenti al metodo di estrazione usato a quei tempi. Gli
antichi Egizi erano in grado di estrarre oro da vene superficiali,
usando il fuoco per sciogliere la roccia in cui era intrappolato.
Il Papiro di Torino
I primi a sviluppare una vera e propria tecnologia mineraria
furono però i Romani, che impararono a dosare acqua e fuoco
per trovare ed estrarre i metalli più preziosi e utili, in particolare
nei terreni alluvionali. La tecnica prevedeva di inondare
violentemente una superficie di roccia per rimuovere gli strati
termine "Nubia" deriva dall'antico egizio "NWB", che significava "oro",
essendo concentrata nella regione l'estrazione di gran parte del prezioso
metallo, dai tempi più remoti fino ai primi secoli dell'era cristiana, tanto che,
in età ellenistica, nel pieno deserto nubiano, accanto alle miniere
maggiormente prolifiche sorse la città di Berenice Pancrisia, portata alla luce
da una spedizione archeologica italiana nel 1989.
16
Il Papiro di Torino, conosciuto anche come Papiro dei Re, Canone Reale o
Lista Reale di Torino, è un documento risalente alla XIX dinastia egizia,
probabilmente durante il regno di Ramesse II (1290 a.C. – 1224 a.C.), redatto
in ieratico, che riporta, oltre ad una introduzione sui re divini e semidivini del
Periodo Predinastico dell'Egitto, l'elenco dei sovrani dall'unificazione
dell'Alto e Basso Egitto fino al momento della compilazione, insieme al
numero dei loro anni (e talvolta dei mesi e dei giorni) di regno. È conservato
presso il Museo egizio di Torino.
17
Strabone (Amasea, 60 a.C. – 23 d.C.) fu un geografo greco antico.
18
Diodoro Siculo ( Agyrion, 90 a.C. – 27 a.C.) fu uno storico greco antico
(siceliota), autore di una monumentale storia universale, la Bibliotheca
historica.
più superficiali e rivelare la presenza di una vena metallica
sottostante. Poi appiccare un incendio in prossimità della vena,
dargli tempo di riscaldare la roccia e infine spegnerlo con altra
acqua. Lo shock termico aveva l'effetto di produrre crepe nella
roccia, facilitando la separazione del metallo desiderato: una
tecnica che i Romani usarono ampiamente per estrarre oro,
argento, piombo e stagno.
Attorno al 1500 a.C., lo Shekel diviene la moneta (ma anche
l’unità standard di misura) utilizzata in tutta l’area
mesopotamica. Pesava 11,3 grammi e conteneva una lega
naturale chiamata electrum, composta per circa i 2/3 d’oro e per
1/3 d’argento. Un secolo e mezzo più tardi (1350 a.C.), i
Babilonesi iniziano a compiere le prime prove con il fuoco per
testare la purezza dell’oro. Ma dovette trascorrere ancora un
altro secolo e mezzo (1200 a.C.), prima che abbia inizio, presso
il popolo egizio, il mestiere del battiloro19
. La riduzione dell’oro
in lamine sottilissime, permetteva il suo utilizzo per scopi fino
ad allora sconosciuti (come la decorazione di statue e dipinti).
Gli egizi, idearono ed iniziarono ad usare così per la prima volta,
per le colate d’oro, la tecnica della fusione a cera persa20
(ancora
oggi usata per la produzione di gioielli artigianali). Sempre in
questo periodo, delle pelli di montone venivano usate come
setacci per il recupero di polvere d’oro dalle sabbie fluviali,
19
Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un
enorme martello l'oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia (foglia
d'oro); inserendo un grano d'oro in mezzo a due pelli animali e battendo
energicamente sulle stesse, riduceva l'oro o l'argento in lamine di pochi
micron di spessore.
20
La fusione a cera persa è una tecnica scultorea originariamente introdotta
nell'età del bronzo e che nei secoli ha conosciuto una notevole fioritura,
soprattutto nell'arte greca, romana e nella scultura monumentale. Il metodo di
fusione a cera persa (o microfusione), viene tuttora utilizzato nel settore della
gioielleria (ma anche nel settore odontotecnico): una riproduzione del
gioiello viene realizzata in cera (a mano o mediante apposite macchine a
stereolitografia). In seguito vengono aggiunti i canali di entrata/uscita
(sempre in cera) e viene realizzato lo stampo in gesso appositamente studiato
per questa operazione. Per favorire la perfetta adesione del gesso alle cere e
l’eliminazione delle bolle d’aria, il cilindro pieno può essere collocato su un
piatto vibrante e quindi sottoposto all’azione del vuoto sotto una campana
collegata a una pompa. Questo stampo (che di solito per contenere i costi del
gesso, contiene molti oggetti, disposti a "grappolo" intorno a un canale
centrale) viene riscaldato in un forno, in modo che la cera (per questa
operazione in genere si porta il forno a 200 °C circa) esca dai canali, una
volta uscita la cera è possibile colare all'interno dello stampo il metallo fuso.
Poi il gesso viene rotto e si ottiene l'oggetto dal quale vanno tolti i canali di
entrata/uscita. Il gioiello viene rifinito mediante lucidatura o altre lavorazioni
per ottenere il risultato finale.
lungo le spiagge orientali del Mar Nero. Secondo alcuni
studiosi, nel mondo antico, la leggenda del Vello d’Oro potrebbe
riferirsi all’impiego di queste pelli, per intrappolare la polvere
d’oro estratta dai depositi alluvionali.
La parte sudorientale del Mar Nero è famosa per le miniere
d'oro, sfruttate fin dai tempi di Mida: questo oro fu
fondamentale per l'inizio di quella che fu probabilmente la prima
emissione di monete metalliche in Lidia, fra il 643 a.C. e il 630
a.C. Le prime monete d'oro vennero coniate dal re Creso,
sovrano della Lidia, nell'Asia Minore occidentale, dal 560 a.C.
al 546 a.C.; in particolare l'oro della Lidia proveniva dalle
miniere e dalla sabbia del fiume Pactolus. A partire dal sesto o
quinto secolo a.C., nello stato all’epoca (durante la dinastia
Zhou) chiamato Chu (un enclave al giorno d’oggi localizzabile
nella parte centrale e sudorientale della Cina), era in uso, per gli
scambi commerciali, una moneta d’oro di forma quadrata
chiamata Ying Yuan.
Monete d’oro Ying Yuan.
Nel 344 a.C., Alessandro Magno attraversa con 40'000 uomini
l’Ellesponto (l’attuale stretto dei Dardanelli), dando il via a
quella che sarà ricordata come una delle più grandi campagne
militari nella storia dell’uomo. Durante la spedizione saccheggiò
un’enorme quantità di oro, portandola dall’impero persiano alla
Macedonia. Circa un secolo e mezzo più tardi (202 a.C.), nel
corso della seconda Guerra Punica contro Cartagine, i romani
riconquistano le regioni minerarie della Spagna, recuperando
grandi quantità di oro dai corsi d’acqua e dalle miniere. Nel 49
a.C. i romani, sotto la guida di Giulio Cesare, cominciano ad
emettere in grandi quantità una moneta d’oro chiamata
“Aureo”21
. In effetti la coniazione della famosa moneta
21
Prima di Giulio Cesare, l'aureo, è stato battuto molto raramente;
solitamente per grandi versamenti provenienti dai bottini catturati. Cesare ha
battuto più frequentemente la moneta ed ha standardizzato il peso al 1/40
chiamata "Aureo" inizia solo con Cesare, nel 49 a.C.; prima di
allora lo si usava esclusivamente come ornamento, sia
femminile che maschile (in quest'ultimo caso veniva utilizzato
per le armi e gli equipaggiamenti militari, i cavalli, i copricapi,
per vesti trionfali, corone , statue celebrative, etc.). Con l'oro i
romani abbellivano drappi e tappeti, decoravano mobili, pareti
interne, soffitti, vasellame, etc. Sotto Tiberio il vasellame d'oro
massiccio da tavola venne vietato a tutti tranne che
all'imperatore, ma con Aureliano (III sec. d.C.) se ne restituì
quest'uso sfarzoso ai ricchi.
Aureo coniato nel 41-42 a Roma o a Lugdunum.
Al diritto testa laureata di Claudio; al rovescio la Costanza
(o Ceres) seduta su sedia curule.
L’oro viene citato spesso anche nell’Antico Testamento,
principalmente attraverso la Genesi e l’Esodo. Nel Nuovo
Testamento invece, è incluso tra i regali dei re Magi descritti nel
Vangelo di Matteo (2,1 -12). Nell’Apocalisse di Giovanni,
l’ultimo libro del Nuovo Testamento, viene descritta la nuova
Gerusalemme come una città formata solo da oro puro e pietre
preziose (21, 18b – 21): “E la città è di oro puro, simile a terso
cristallo. E le fondamenta delle mura della città sono adorne di
ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro,
il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di
smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo
di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di
crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E
le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da
una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come
cristallo trasparente”. Mentre per i cristiani l'oro simboleggia la
regalità di Gesù, nel Buddhismo è uno dei sette tesori e viene
equiparato alla fede o alla retta convinzione.
Nella metallurgia romana, furono sviluppati nuovi metodi per
l’estrazione dell’oro su larga scala, attraverso l’impiego di
della libbra romana (circa 8 grammi). La massa dell'aureo è stata ridotta al
1/45 di libbra (circa 7,11 g) durante il regno di Nerone.
tecniche idrauliche innovative molto simili a quelle
precedentemente descritte. Tali tecniche d’estrazione, dal 25
a.C. in poi, vennero impiegate specialmente in Spagna (chiamata
Hispania, ai tempi dell’antico Impero romano) e nella regione
storica chiamata Dacia22
, dal 106 d.C. in avanti. Una delle più
grandi miniere d’oro degli antichi romani, era situata in un luogo
storico della Spagna conosciuto con il nome di Las Médulas
(situato nei pressi della città di Ponferrada, nell’attuale provincia
di León). La tecnica mineraria utilizzata in quel luogo dai
romani, prendeva il nome di Ruina Montium e venne descritta da
Plinio il Vecchio nel suo trattato naturalistico: “Naturalis
Historia”23
. Essa consisteva nella perforazione della montagna e
nella successiva introduzione di grandi quantità d'acqua che
letteralmente spingevano verso il basso la montagna. L'acqua
necessaria veniva trasportata dalle montagne della Sierra de La
Cabrera a Las Médulas attraverso un sistema di canali di
centinaia di chilometri, alcuni dei quali si sono conservati fino
ad oggi. Circa tre secoli dopo l’inizio del secondo millennio,
nell’anno 1284 d.C., Venezia introduce il “ducato d’oro”, che
ben presto diverrà la moneta più conosciuta e diffusa al mondo,
mantenendo questo stato per più di cinque secoli.
22
La Dacia era, secondo la nomenclatura geografica dell'età antica, la terra
dei Geti e dei Daci (chiamati anche Dai in un'epoca più remota).
Corrispondeva a un'ampia regione dell'Europa centrale, delimitata a nord dai
monti Carpazi, a sud dal Danubio, ad ovest dal Tibisco (oggi principalmente
in territorio ungherese) e ad est dal Nistro (oggi in territorio moldavo). Pur
nella variabilità dei suoi confini, corrispondeva quindi grossomodo all'area
delle odierne Romania e Moldavia. La capitale della Dacia era Sarmizegetusa
Regia. Dopo la cessazione della dominazione romana sulla regione e, ancor
più, dopo la caduta dell'Impero romano, la denominazione di "Dacia" cadde
progressivamente in disuso, lasciando il posto, nelle cronache storiche, a
quelle corrispondenti alle varie regioni oggi comprese tra Ungheria, Romania
e Moldavia: Transilvania, Valacchia, Moldavia e Bessarabia.
23
Nel suo trattato, Plinio il Vecchio descrisse ciò che accadeva a Las
Médulas con le seguenti parole: “Quello che accade a Las Medulas è molto
più del lavoro di giganti. Le montagne sono perforate da corridoi e gallerie
create a lume di lampada. Per mesi le miniere non sono illuminate dalla luce
del sole e molti minatori muoiono all'interno dei tunnel. Questo tipo di
miniera è stato definito Ruina Montium. Le spaccature creatasi all'interno
della miniera sono talmente pericolose che è più semplice trovare la
purpurina o le perle in fondo al mare che scheggiare questa roccia. Con che
pericolo abbiamo costruito la terra!”. Plinio affermò anche che 20.000 libre
d'oro venivano estratte ogni anno. Sessantamila lavoratori liberi vennero
impiegati in scavi che produssero 5 milioni di libre nel corso di 250 anni
(corrispondenti a circa 2'270’000 kg d'oro).
Ducato veneziano di Michele Steno (1400).
Neanche due decenni più tardi (1298 d.C.), Marco Polo
racconterà nel suo libro “Il Milione”, ciò che vide durante il suo
viaggio in estremo oriente; in tali racconti, si evidenziava spesso
la quasi illimitata disponibilità d’oro dei popoli orientali.
Con la conquista di Ceuta24
, nel 1415, i portoghesi diedero
inizio all’era tardo-medievale del controllo del commercio
dell’oro proveniente dall’Africa. Anche se in seguito le rotte
commerciali (carovane) dell’oro vennero deviate, i portoghesi
continuarono ugualmente ad espandersi verso sud, lungo la
costa, comprando l’oro direttamente dagli africani (o da
intermediari europei) nel Golfo di Guinea.
L’esplorazione europea delle Americhe è stata in gran parte
alimentata dai racconti di viaggio dei primi esploratori che
giunsero nel Nuovo Mondo e che in seguito riapprodarono sul
continente europeo; i quali ebbero modo di rivelare a tutti coloro
che rimasero nel Vecchio Mondo, ciò che videro con i loro
occhi nei villaggi dei nativi americani. Ovvero, una grande
quantità di oggetti ed ornamenti in oro, utilizzati appunto dalle
popolazioni indigene presenti in vaste aree del Nuovo Mondo;
soprattutto in America Centrale, Perù, Ecuador e Colombia. Per
gli Aztechi, l’oro era addirittura considerato come un prodotto
degli dei. Esso veniva chiamato (in lingua Nahuatl25
), da questa
24
Ceuta è una città autonoma spagnola situata nel Nord Africa (circondata dal
Marocco e situata sulla costa del mar Mediterraneo, vicino allo stretto di
Gibilterra). Nel corso dei secoli, Ceuta è stata successivamente soggetta alla
dominazione cartaginese, romana, visigota e araba; fino a quando venne
conquistata dal Portogallo, il 14 agosto del 1415. Nel 1668 il Portogallo
cedette definitivamente Ceuta alla Spagna.
25
Il nāhuatl (o azteco) è la lingua indigena del Messico centrale. È stata la
lingua franca della Mesoamerica durante il millennio intercorso tra il VII
secolo e la fine del XVI secolo dell'era attuale. Conosciuto anche come
lingua messicana, era l'idioma parlato dal popolo oggi identificato come
nahua (Aztechi, Colhua, Tepanechi, Acolhua e Toltechi). Di recente, studiosi
florida civiltà precolombiana: Teocuitlatl ; che tradotto vorrebbe
dire “escremento di Dio”. Dopo l’omicidio di Montezuma (un
imperatore azteco che regnò dal 1502 al 1520 d.C), una quantità
enorme di oro venne sottratta ai nativi americani dai
conquistatori ispanici26
, per poi essere spedita via mare verso la
Spagna. Numerosi manufatti, anche di pregevole fattura, furono
prodotti dalle civiltà precolombiane, ma purtroppo molti di essi
andarono distrutti, poiché sciolti per favorirne il trasporto sulle
navi in rotta verso la Spagna. Tuttavia, per le popolazioni
indigene del Nord America, l’oro veniva considerato un metallo
inutile; per tali popolazioni, infatti, erano ben altri i minerali
considerati preziosi e dunque di un certo valore (come ad
esempio l’ossidiana, la selce e l’ardesia. Minerali dunque, che si
prestavano meglio alla lavorazione e alla costruzione di
determinati oggetti di uso quotidiano, armi comprese; e
ovviamente molto più facili da reperire, rispetto all’oro). L’oro
proveniente dalle miniere del Nuovo Mondo, arricchì dunque
Spagna e Portogallo, all’inizio dell’Età Moderna27
; prima che
altri stati europei (come la Francia e la Gran Bretagna),
iniziarono ad accaparrarselo in quantità sempre più elevate,
sfruttando tutta la loro forza bellica di mare e di terra. Nello
stesso periodo storico si diffuse la leggenda dell’El Dorado28
.
nei vari campi della ricerca sulla Mesoamerica, hanno avanzato l'ipotesi che
il nahuatl sarebbe stata una delle lingue parlate ai tempi della leggendaria
Teotihuacan.
26
Hernán Cortés, il famoso condottiero spagnolo che abbatté l'impero azteco
e lo sottomise al Regno di Spagna, inviò una grande quantità d’oro a Carlo V
(l’allora re di Spagna), di cui una parte sotto forma di gioielli ; ma la gran
parte di quell’oro venne fuso per finanziare le guerre avviate dalla Spagna in
quel periodo storico.
27
L’Età Moderna, è uno dei grandi periodi in cui si suole convenzionalmente
dividere, per lo più a scopi didattici e manualistici, la storia dell’umanità.
Viene talvolta fatta cominciare con la caduta di Costantinopoli (1453),
talaltra con la scoperta dell’America (1492) e fatta concludere con la
Rivoluzione francese o con il Congresso di Vienna (1815); è caratterizzata
soprattutto dalla nascita degli Stati moderni in Europa e dalla colonizzazione
da parte dell’Europa degli altri continenti.
28
L’El Dorado si riteneva fosse una regione favolosa dell'America
Meridionale a nord dell'equatore, piena d'immense ricchezze e di cui è
frequente il ricordo nella letteratura dei secoli XVI-XVIII. L'origine della
leggenda si deve probabilmente al fatto che, per un'usanza rituale, il cacicco
di Guatavita si bagnava una volta l'anno nella sacra laguna col corpo unto di
trementina e cosparso di polvere d'oro. La leggenda narrava dell'uomo d'oro -
el (hombre) dorado - della casa del sole, di un ricchissimo impero Omagua,
delle città favolose Paytiti e Manoa, del gran lago Parima, ecc. Per la
conquista di quei regni favolosi, la posizione dei quali pareva doversi cercare
nel bacino dell'Orinoco, si organizzarono numerose spedizioni durante i
secoli XVI-XVIII.
Dall’alchimia alla realtà
Con il termine alchimia, generalmente si intende quell’antica
scienza praticata soprattutto da Egizi, Fenici e Greci, che si
proponeva di produrre l’oro usando metalli vili. Si andava alla
ricerca della pietra filosofale, sostanza avente appunto il potere
di operare tale trasformazione; e dell’elisir di lunga vita ed
eterna giovinezza. Ed è proprio dall’alchimia che deriva la
chimica moderna. Le sue origini affondano nell’antico Egitto e
nella Grecia del primo secolo d.C.; in seguito si diffuse anche a
Costantinopoli. Zosimo di Panapolis, vissuto in Egitto nel 300
d.C., nei suoi scritti parla di angeli decaduti che rivelarono agli
uomini i processi per trasmutare i metalli. Furono gli alchimisti
greci a gettare le basi dell’alchimia medioevale, con
l’introduzione di strumenti indispensabili come l’alambicco e di
processi fondamentali come la distillazione e la sublimazione.
L’Ars magna, così veniva definita l’alchimia, aveva come
principale obiettivo la realizzazione della favolosa pietra
filosofale, il mitico materiale capace di trasformare qualunque
altro materiale in oro, se utilizzata come polvere. Usata invece
sotto forma di olio costituiva un "elisir di lunga vita".
Alcuni descrivono la pietra filosofale “pesante, di colore grigio
piombo, con tonalità bluastre e iridescenti”, altri la descrivono
come “un cristallo diafano, di grande densità e con il colore del
rubino.” Il processo per la realizzazione della pietra filosofale
era naturalmente il segreto prezioso di ogni alchimista. Nella sua
forma più semplice il processo alchemico consisteva nello
sciogliere ripetutamente i diversi materiali in sali o acque,
fondere e ridurre in crogioli, triturare, calcinare, mescolare e
amalgamare nella speranza che in un giorno fortunato,
comparisse il tanto desiderato oro. Il fondatore dell’alchimia
araba fu Giābir ibn Ḥayyān. All’inizio del XIV secolo si
ritrovarono cinque libri a lui attribuiti e su questi si fondò
l’alchimia di tutto il XIV secolo. Intanto cominciò la lenta
trasformazione verso la chimica, soprattutto per merito della
ricerca dei principi attivi contenuti nelle erbe medicinali. Questa
evoluzione si deve a Paracelso e ad un suo allievo, A. Libavio,
che scoprì il cloruro stannico e descrisse la preparazione del
vetriolo.
Fino al XVIII secolo, l'alchimia era considerata una scienza
seria in Europa; per esempio, Isaac Newton dedicò molto più
tempo allo studio dell'alchimia piuttosto che a quello dell'ottica
o della fisica, per le quali divenne famoso. Tuttavia Newton
mantenne sempre un notevole riserbo intorno ai suoi studi
alchemici, e non pubblicò mai opere sull'argomento. Fu
l'economista John Maynard Keynes (nel 1936), a rendere
pubblici i manoscritti newtoniani sull'alchimia (dei quali era
entrato in possesso ad un'asta). Il declino dell'alchimia iniziò nel
XVIII secolo con la nascita della chimica moderna, che fornì
una più precisa e concreta struttura di base, per comprendere le
trasmutazioni della materia in chiave più razionale e scientifica.
Il materiale principale dell'alchimia era il mercurio, poiché
dotato di particolari proprietà chimico-fisiche; esso infatti è
l'unico metallo che si presenta, in natura, allo stato liquido. Gli
elementi sono individuati dal loro numero atomico, che per il
mercurio è 80, mentre per l'oro è 79. Questi due metalli hanno
duttilità e altre proprietà simili, che la chimica ha confermato a
livello microscopico. La vicinanza dei numeri atomici ha fatto
pensare a molti scienziati del Novecento, che vi fosse la
possibilità di ricavare oro, bombardando del mercurio (in
provetta) con un determinato tipo di radiazioni. Ciò avrebbe
dimostrato la reciproca convertibilità degli elementi chimici in
questione. Un famoso esperimento, all’inizio degli anni
quaranta, dimostrò infine che il più grande sogno degli
alchimisti, ossia quello di trasformare il mercurio in oro, non
rientrava soltanto nel campo della pura fantasia, ma poteva
avere anche un certo riscontro nella realtà. Nel loro fortunato ed
intramontabile libro “Il mattino dei maghi” (pubblicato per la
prima volta da un editore francese, nel 1960), Louis Pauwels e
Jacques Bergier così scrivevano a proposito delle “possibili
verità alchemiche” celate nei libri dell’allora noto alchimista
Fulcanelli29
: “Alchimisti moderni pretendono di aver ottenuto
anche elementi chimici nuovi, e in quantità considerevoli, e
Fulcanelli avrebbe estratto da un chilo di ferro venti grammi di
un corpo del tutto nuovo le cui proprietà chimiche e fisiche non
corrispondono a nessun elemento chimico conosciuto. La stessa
operazione sarebbe applicabile a tutti gli elementi, la maggior
parte dei quali darebbe due elementi nuovi per elemento
trattato. Una simile affermazione è tale da sbalordire l’uomo di
laboratorio. Attualmente la teoria non permette di prevedere
altre separazioni di un elemento chimico che le seguenti: a) La
molecola di un elemento può assumere più stati: orto-idrogeno e
para-idrogeno, per esempio; b) Il nucleo di un elemento può
assumere un certo numero di stati isotopici caratterizzati da un
29
Fulcanelli è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia del XX secolo,
la cui identità non è mai stata resa nota. Lo pseudonimo utilizzato è formato
dall'unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai
fuochi alchemici. Si è supposto potesse trattarsi di Jean Julien Champagne, o
René Adolphe Schwaller de Lubicz, o Camille Flammarion, o Pierre Dujol o
Jules Violle, medico francese. Eugène Canseliet (nato nel 1899) si è sempre
dichiarato discepolo di Fulcanelli, il quale parlò sempre attraverso Canseliet,
che a sua volta curò le prefazioni dei suoi libri.
numero di neutroni diversi. Nel litio-6 il nucleo contiene tre
neutroni, e nel litio-7 il nucleo ne contiene quattro. I mezzi
dell’alchimista sono, al confronto, ridicoli, eppure egli
giungerebbe ad ottenere non un cambiamento di stato della
materia, ma la creazione di una materia nuova, o almeno una
scomposizione e ricomposizione diversa della materia. Tutta la
nostra conoscenza dell’atomo e del nucleo è basata sul modello
“saturniano” di Nagaoka e Rutherford: il nucleo e il suo anello
di elettroni. Non è detto che nel futuro una diversa teoria non ci
porti a realizzare cambiamenti di stato e separazioni di elementi
chimici inconcepibili in questo momento”. Oggigiorno sappiamo
che la sintesi di metalli preziosi, un obiettivo simbolico a lungo
cercato nel corso della storia dagli alchimisti, è possibile solo
con procedimenti basati sulla fisica nucleare; dunque attraverso
l’impiego di reattori nucleari o acceleratori di particelle. Dal
momento che gli acceleratori di particelle richiedono enormi
quantità di energia, mentre i reattori nucleari producono energia,
la sintesi artificiale di determinati elementi attraverso l’impiego
di un reattore nucleare, è da considerarsi più economica rispetto
ad una sintesi che implichi l’utilizzo di un acceleratore. Ciò
ovviamente ci lascia ipotizzare che una tale operazione, da un
punto di vista commerciale, sia fattibile solo con l’impiego di un
reattore nucleare. Spesso l'obiettivo della sintesi, è di produrre
un elemento ad un costo notevolmente inferiore, rispetto ai
metodi standard di produzione.
La trasmutazione di alcuni metalli di base30
in oro, è dunque
oggigiorno possibile, ma solo attraverso l’impiego di reattori
nucleari o acceleratori di particelle; anche se i costi di
produzione sono attualmente assai più elevati, rispetto al costo
di mercato dell’oro. Dal momento che l’unico isotopo stabile
dell’oro è l’oro-197 (197
Au), le reazioni nucleari debbono
necessariamente creare questo tipo d’isotopo, per produrre oro
utilizzabile. La sintesi dell’oro, in un acceleratore di particelle, è
realizzabile in diversi modi. Uno dei prossimi obiettivi del
nuovo acceleratore di neutroni, denominato Spallation Neutron
Source (SNS) e completato nell’aprile del 2006 ad Oak Ridge
(Tennessee, USA), costato ben 1,4 miliardi di dollari, è proprio
la trasmutazione di mercurio liquido in oro, platino ed iridio
(ovvero in elementi con un relativamente basso numero
30
In chimica, il termine metallo di base viene usato in modo informale per
indicare un metallo che si ossida o si corrode con una certa facilità e reagisce
in modo variabile con acido cloridrico diluito (HCl), per formare idrogeno.
Nella lista dei metalli di base troviamo ad esempio i seguenti elementi
chimici: ferro, nichel, piombo e zinco. Nonostante non reagisca con l’acido
cloridrico, anche il rame è considerato un metallo di base, poiché si ossida in
modo relativamente semplice.
atomico). L’oro venne sintetizzato per la prima volta dal
mercurio, nel 1941 (attraverso un bombardamento di neutroni);
purtroppo però, gli isotopi di oro così ottenuti erano radioattivi.
Molti anni prima, nel marzo del 1924, il fisico giapponese
Hantaro Nagaoka (il cui nome compare nella precedente
citazione tratta dal libro “Il mattino dei maghi” e famoso per
aver ideato, nel 1904, il primo modello planetario dell’atomo
basato sull’analogia con gli anelli di saturno), descrisse uno
studio personale nel quale veniva riportato che egli era stato in
grado di produrre con successo, un milligrammo di oro e
qualche milligrammo di platino, dal mercurio. Attualmente,
l’oro può essere prodotto in un reattore nucleare, mediante
irradiazione di platino o di mercurio. Solo un determinato
isotopo del mercurio, ossia il mercurio-196 (196
Hg), che nel
mercurio naturale si verifica con una frequenza dello 0,15%, può
essere convertito mediante il processo di cattura neutronica31
e
susseguente decadimento di cattura elettronica32
in oro-197
(197
Au), con neutroni lenti33
. Esistono comunque altri isotopi
31
La cattura neutronica è un tipo di reazione nucleare nella quale un nucleo
atomico collide con uno o più neutroni, fondendosi per formare un nucleo più
pesante. Poiché i neutroni non hanno carica elettrica, possono entrare in un
nucleo più facilmente rispetto ai protoni carichi positivamente, che sono
respinti elettrostaticamente.
32
La cattura elettronica è uno dei tre modi in cui può avvenire il
decadimento β; accade quando un nucleo assorbe uno dei suoi elettroni
orbitanti e un protone del nucleo diventa un neutrone e come risultato si
ottiene l’emissione di un neutrino. Se le differenza di energia tra l'atomo
iniziale e quello finale è minore di 1,022 MeV, il decadimento β per
emissione di un positrone è proibito, e la cattura elettronica rimane l'unica
modalità di decadimento. Ad esempio il rubidio-83 decade in kripton-83
solamente per cattura elettronica (la differenza di energia è di circa 0,9 MeV).
33
I neutroni termici, sono dei neutroni a bassa energia coinvolti nella fisica
dei reattori nucleari, così definiti perché la loro energia è comparabile con
l’energia termica a temperatura ambiente ordinaria. I neutroni termici
rappresentano uno dei possibili tipi di neutroni, individuabili in base
all’energia iniziale del neutrone, da cui dipende il raggio d’azione della forza
d’interazione. Si distinguono pertanto quattro classi di neutroni: termici
(energia iniziale minore di 0,1 eV), lenti (energia iniziale minore di 100
keV), veloci (energia iniziale minore di 10 MeV), ad alta energia (energia
iniziale maggiore di 100 MeV). La rilevanza dei neutroni termici nei processi
dei reattori nucleari è legata alla maggiore sezione d’urto rispetto ai neutroni
più veloci, dai quali essi vengono appunto ottenuti per rallentamento fino al
raggiungimento dell’equilibrio termico con l’ambiente. Tale processo di
rallentamento avviene nel moderatore del reattore, costituito da una sostanza
atta a rallentare i neutroni veloci emessi in una reazione di fissione e a
trasformarli così in neutroni termici, assai più efficaci per il mantenimento
della reazione medesima. Solitamente, il fascio di neutroni lenti emerge da un
cilindro di grafite inserito nella parete di protezione del reattore: grazie alle
continue collisioni con gli atomi di carbonio della grafite, i neutroni giungono
all’equilibrio termico a temperatura ambiente. La sezione d’urto più elevata
consente loro una maggiore probabilità di essere catturati dai nuclei atomici,
del mercurio, che quando vengono irradiati con neutroni lenti, si
convertono in altri isotopi (che possono a loro volta trasmutare
in Tallio, mediante decadimento beta).
Mediante l’impiego di neutroni veloci, il mercurio-198 (198
Hg),
che compone il 9,97% del mercurio naturale, può essere
convertito dalla scissione di un neutrone e divenire così
mercurio-197 (197
Hg), che in seguito si auto-disintegra in oro
stabile. Questa reazione, tuttavia, possiede una cross-section
d’attivazione piuttosto piccola, ed è quindi realizzabile solo con
reattori non moderati. È inoltre possibile indirizzare molti
neutroni ad altissima energia in altri isotopi di mercurio, al fine
di ottenere, come risultato finale della reazione, mercurio-197.
Tuttavia, tali neutroni ad alta energia possono essere prodotti
solo con acceleratori di particelle.
Un cristallo d'oro ottenuto artificialmente per cristallizzazione, dalla
decomposizione ad alta temperatura del tricloruro di oro (AuCl3).
In tempi recenti e moderni
Attorno al 1690, nella storia del Brasile si ha una svolta
fondamentale: la scoperta dell’oro nello Stato di Minas Gerais34
.
A partire dall’inizio del diciottesimo secolo, il Brasile diventò
così il più grande produttore ed esportatore di oro al mondo;
andando a coprire circa i 2/3 della produzione mondiale di quel
periodo storico. Nel 1803, viene scoperta una vena aurifera a
dando così origine a un isotopo più pesante (spesso instabile) dello stesso
elemento chimico.
34
La colonizzazione dello Stato di Minas Gerais ad opera dei portoghesi è
avvenuta subito dopo lo scoprimento del Brasile, nei secoli XVI e XVII. La
scoperta dell’oro e delle pietre preziose in quella regione ha attratto molti
esploratori che trasformano lo Stato nel centro economico di quel periodo.
Oggi l’oro non c’è più ma rimangono alcuni tesori come i paesaggi
indimenticabili, le edificazioni storiche, montagne, boschi, aria pura, laghi,
caverne, storie e leggende.
Little Medow Creek, in North Carolina (USA), scatenando di
fatto la prima corsa all’oro. Circa mezzo secolo più tardi (1848),
viene scoperto un filone aurifero in California, vicino a
Sacramento, durante la costruzione di un edificio; fu l’evento
che diede inizio alla seconda corsa all’oro. Quest’ultima
contribuì in parte alla conquista della costa ovest (west) degli
Stati Uniti e in parte alla crescita demografica ed economica in
diverse città californiane (tra cui San Francisco). Questa
importante e assai nota corsa all’oro californiana, partì
esattamente il 24 gennaio del 1848, grazie a James W. Marshall
e John Sutter, che scoprirono un filone d’oro a Coloma,
California (nel luogo che passò alla storia con il nome di
Sutter’s Mill). Nonostante tutti i loro tentativi di celare la
notizia, la storia che in America (e in particolare nella disabitata
California, in quel momento ancora territorio messicano35
) ci
fosse dell’oro è circolata velocemente, scatenando una vera e
propria eccitazione collettiva. Nel marzo del 1848, il giornale di
San Francisco pubblicò la notizia. Arrivarono migliaia di
persone, chi dall’ovest del paese, chi dall’estero. Si crearono
miniere, insediamenti e villaggi; i paesini già presenti divennero
grandi città (San Francisco passò da meno di 1000 abitanti nel
1846 a 30’000 nel 1852), anche se non tutte sono sopravvissute
agli anni (molte zone venivano rapidamente abbandonate una
volta esaurita la riserva aurifera, divenendo così delle vere e
proprie “città fantasma”). Nel 1849 la corsa all’oro prese il
volo. I Forty-niners, cioè chiunque arrivasse in California in
cerca d’oro, erano sempre di più, quasi 100’000 persone che
crearono miniere ovunque, facilitati da un sempre più sviluppato
sistema di trasporto e dalla legge del “free for the taking”;
ovvero dalla libertà di estrarre l’oro senza regole e senza pagare
alcuna tassa. A causa di tutto ciò, le ripercussioni su ambiente e
abitanti del luogo furono ingenti. Gli indiani d’America (ovvero
i pellerossa, o nativi americani), furono coloro che pagarono il
prezzo più alto (in termini di soprusi e sofferenze), venendo
spesso catturati e sfruttati come schiavi, o massacrati se si
rifiutavano di obbedire.
Sempre attorno alla metà del diciannovesimo secolo, si
scoprirono inoltre importanti filoni auriferi in Australia; e
attorno al 1870 anche in Sud Africa (paese che da allora ha
fornito circa il 40% dell’oro estratto dalle miniere). L’ultima
corsa all’oro risale al 1898, con la scoperta di un filone aurifero
in Alaska (USA). Poco prima dell’inizio della seconda guerra
mondiale, nel 1937, il più grande deposito d’oro degli Stati Uniti
35
La California divenne il trentunesimo Stato degli USA, il 9 settembre del
1850.
viene inaugurato a Fort Knox, nello stato del Kentucky. Poco
più di mezzo secolo dopo, nel 1990, proprio gli Stati Uniti
diventano il secondo produttore mondiale di oro, dopo il Sud
Africa.
Anche se dal punto di vista geologico l'oro nell'antichità era
relativamente facile da ottenere, il 75% dell'oro recuperato dalla
crosta terrestre è stato estratto dopo il 1910. Si stima che se tutto
l'oro raffinato del mondo venisse fuso in un cubo, il cubo
avrebbe uno spigolo di circa 20,5 metri (e dunque un volume di
ben 8615 m3
, la cui massa si aggirerebbe attorno alle 166 kt).
Grazie al suo valore e alla sua resistenza alla corrosione, gran
parte dell'oro estratto nel corso della storia è tuttora in
circolazione, in qualche forma.
Un cercatore d’oro in California (1850).
Nel 2011 sono state prodotte oltre 1’800 tonnellate di oro in soli
dieci paesi del mondo, su una produzione complessiva di 2’660
tonnellate. Questi paesi sono leader del settore e si estendono in
quattro continenti; alcuni sono paesi sviluppati ed altri in via di
sviluppo. Partendo dal maggior produttore abbiamo:
- Cina (355 t): Oltre ad essere il principale consumatore
d'oro è anche il leader mondiale nella produzione; titolo
che ha conquistato nel 2007 a scapito del Sud Africa. Nel
2011 è stato l'unico paese ad aver superato le 300
tonnellate. Ha prodotto 10 tonnellate in più rispetto al
2010 (+ 3%).
- Australia (270 t): La produzione australiana è aumentata
di 9 tonnellate rispetto al 2010. La maggior parte del
metallo giallo del paese viene estratto nella gigantesca
miniera Super Pit, che si trova a Kalgoorlie. Una volta
chiamata Golden Mile, composta da numerosi siti
minerari, è un luogo simbolo che è stato trasformato
nella più grande miniera d'Australia a cielo aperto,
attualmente di proprietà della Newmont e della Barrick
Gold.
- Stati Uniti d’America (237 t): Nel 2010 avevano
prodotto 231 tonnellate. La maggior parte dell'oro degli
Stati Uniti viene estratto nello stato del Nevada. La
Newmont è presente nella regione con 14 miniere a cielo
aperto e quattro miniere sotterranee.
- Russia (200 t): La produzione è aumentata di 8 tonnellate
rispetto all'anno precedente. Le regioni più prolifiche
sono la Siberia e l'estremo oriente. La Polyus Gold
International, che gestisce impianti in entrambe le zone,
è il principale produttore russo.
- Sud Africa (190 t): È il principale produttore dell'Africa.
Le principali riserve si trovano a Witswatersrand.
Rispetto al 2010 ha aumentato di 1 sola tonnellata l'oro
estratto.
- Perù (150 t): La produzione è in discesa dalle 164
tonnellate del 2010. Il giacimento più importante, di tutta
l'America Latina, è la Minera Yanacocha.
- Canada (110 t): Ha aumentato la produzione dalle 91
tonnellate del 2010. La maggior parte dell'oro proviene
dall'Ontario, dove ha sede la miniera Red Lake di
proprietà della Goldcorp. Da questa miniera proviene
circa la metà di tutto l'oro canadese.
- Ghana (100 t): La produzione è aumentata dalle 82
tonnellate del 2010. La più grande miniera del
paese, Tarkwa, è gestita dalla Gold Fields.
- Indonesia (100 t): Ha prodotto meno che nel 2010 (120
tonnellate). Anche se l'Indonesia è un arcipelago con
17’508 isole, i giacimenti d'oro si trovano in una
manciata di distretti minerari. Uno dei più importanti è
quello di Grasberg, che ospita la più grande miniera del
mondo, chiamata proprio Grasberg.
- Uzbekistan (90 t): L'azienda mineraria più importante è
di proprietà statale e si chiama Navoi Mining and
Metallurgical Combinat e produce l'80% della
produzione d'oro della nazione. L'impianto più
importante è Muruntau, la più grande miniera a cielo
aperto del mondo, le cui riserve dovrebbero durare fino a
circa il 2032.
In Italia, in base ai dati risalenti al 2009, vengono prodotti 450
kg di metallo giallo; una quantità che colloca la nazione al 78°
posto tra i produttori mondiali di oro. Le riserve aurifere
minerarie (mondiali) stimate nel 2010, ammontavano a circa 51
kt (di cui Australia e Sud Africa si dividono il 26%). Le banche
centrali del mondo, nel giugno del 2010, si ritrovarono con una
riserva aurifera, custodita nei loro blindatissimi caveau, di circa
27'000 tonnellate! (il 40% detenuta nella zona euro e il 30%
negli Stati Uniti).
Un aspetto mutevole, ma inconfondibile
“Nei paesi ricchi il consumo consiste in persone che spendono soldi
che non hanno, per comprare beni che non vogliono, per
impressionare persone che non amano”.
Joachim Spangenberg
In luoghi e forme diverse
L’oro in natura si presenta sotto forma di pepite (o granuli nelle
rocce), a volte ridotte in polvere o in pagliuzze, a causa
dell’erosione meccanica geologica (un processo alla cui base sta
la degradazione meteorica). Le diverse forme in cui è possibile
trovare l’oro in natura, sono essenzialmente tre: l’oro nativo,
l’oro alluvionale e l’oro incluso nelle rocce ultrabasiche36
(una
quarta forma, raramente ricordata e menzionata, riguarda l’oro
contenuto in soluzione nell’acqua degli oceani).
L’oro nativo è più o meno argentifero e si presenta raramente in
cristalli isolati (i rari cristalli sono cubici od ottaedrici, questi
ultimi spesso geminati); molto più frequentemente lo si ritrova
invece in raggruppamenti dendritici oppure in scagliette, lamine
o in granuli irregolari e porosi. Esso costituisce i giacimenti
auriferi di origine idrotermale presenti entro rocce eruttive acide.
Il metallo è generalmente associato a solfuri vari (pirite,
calcopirite, arsenopirite, etc.), o contenuto in essi in stato di
36
Le rocce ultrabasiche (o ultrafemiche), sono rocce molto scure formate, in
genere, da silicati di magnesio e ferro. La silice totale non supera il 45 % in
massa.
grande dispersione. Tali giacimenti si presentano sotto forma di
vene e filoni a ganga quarzosa (quarzo aurifero, pirite aurifera).
Dal disfacimento dei filoni auriferi si formarono i giacimenti di
trasporto o alluvionali, che furono certamente i primi sfruttati, e
che occupano ora il letto di molti fiumi. I materiali sono
generalmente costituiti da conglomerati quarziferi e da sabbie
sciolte che vengono trasportati e concentrati dalle correnti
fluviali; il metallo che viene estratto si presenta generalmente in
pagliuzze o in frammenti più grandi, di diversa dimensione e
massa, che si presentano arrotondati a seguito del trasporto
subito (pepite37
). Nei depositi alluvionali l’oro è associato
solitamente alla magnetite, ma anche a monazite, zirconio,
corindone e qualche volta anche al diamante. L'oro alluvionale si
presenta in piccole lamine o squame metalliche sottili
(raramente più larghe di 2-3 millimetri), di elevata purezza.
Poiché l'oro ha un elevato peso specifico, si separa facilmente
(ma molto lentamente) dalla sabbia più chiara (prevalentemente
quarzosa, quindi leggera), concentrandosi infine nelle sabbie più
scure (costituite prevalentemente da magnetite ed ilmenite,
pesanti e di colore nero). L'abbondanza di oro alluvionale in
determinati fiumi dipende dalla concentrazione dell'oro presente
nelle rocce che sono attraversate e, nel tempo, erose dal fiume.
Anche l’acqua degli oceani contiene oro. Nell’oceano Atlantico
e a nordest del Pacifico, sono state misurate concentrazioni
oscillanti tra i 10 e i 30 grammi per km3
(anche se non vi è
ancora piena certezza che tali concentrazioni siano le stesse per
entrambi gli oceani). Le acque profonde del Mediterraneo
contengono alte concentrazioni di oro (100-150 fmol/L), in
genere attribuite a polveri portate dai venti o dai fiumi. Facendo
alcuni calcoli si arriva a stimare che l’acqua di tutti gli oceani
della Terra, conterrebbe all’incirca, ben 15'000 tonnellate di
37
Le pepite si concentrano spesso nei corsi d'acqua dove vengono ritrovate
dai cercatori d'oro fluviale, ma possono essere anche rinvenute in depositi
residuali laddove le vene o i filoni auriferi si sono esauriti. Le pepite possono
trovarsi anche nei cumuli di scarti di laveria, provenienti da precedenti
operazioni minerarie, specialmente tra gli scarti lasciati dalle draghe
utilizzate per la ricerca dell'oro. L'estrazione di pepite con metodo
alluvionale, ovvero per precipitazione gravimetrica con semplice lavaggio e
riciclo produttivo dell'acqua, consente di definire come Oro etico questa
tipologia di metallo (con Oro etico si intende quella tipologia di oro che sia
stata estratta con tecniche e metodologie non invasive, ovvero senza l'utilizzo
di agenti chimici o esplosivi, nonché in armonia e collaborazione con
l'ambiente e le comunità locali coinvolte. La definizione di Oro etico è
entrata progressivamente nel gergo minerario, dei metalli preziosi e
giornalistico a partire dall'inizio degli anni 2000 con l'evoluzione delle
pratiche di sostenibilità ambientale e sociale).
oro38
. Sino ad oggi comunque, nessun metodo economico (e
dunque commercialmente valido) di estrazione dall’acqua di
mare, è stato ancora identificato. In quantità molto ridotte, l’oro
può essere presente anche in alcune rocce ultrabasiche; anche se
generalmente, è il platino ad essere “geneticamente” legato a tali
rocce (e dunque presente in maggiori quantità, rispetto all’oro).
Una pepita d’oro naturale.
In base a quanto riportato in un articolo, apparso sulla rivista
National Geographic all’inizio del 2013, nei fondali marini vi
sarebbe un’abbondante presenza di metalli preziosi (oro, rame,
zinco, etc.). Da decenni gli scienziati sono al corrente di questa
ricchezza, ma solo di recente, con la crescente domanda di
materie prime, si è pensato di sfruttarla. Si tratta quindi di
depositi minerali naturali che nei prossimi cinque anni una
manciata di aziende potrebbe essere pronta ad attaccare. Questi
depositi non sono troppo difficili da scovare: sul fondo del mare
sono identificabili grazie a fonti idrotermali naturali che gettano
in mare grandi (e ricche) concentrazioni di metalli e minerali. Si
tratta di geyser sottomarini che emettono fluidi con temperature
superiori a 600 °C; e quando quei fluidi vengono a contatto con
l'acqua di mare ghiacciata, i minerali in essi contenuti si
solidificano e precipitano sul fondo dell'oceano. Ognuno di
questi depositi può fornire fino a dieci volte i minerali prodotti
da una miniera tradizionale di superficie. Ciascuna di queste
fonti idrotermali, offre differenti concentrazioni di minerali
38
Queste cifre sono di tre ordini di grandezza inferiori, rispetto a quanto
riportato dalla letteratura scientifica prima del 1988 (fino alla metà degli anni
ottanta del secolo scorso, si riteneva infatti che la quantità di oro contenuta
nell’acqua degli oceani, oscillasse tra i 70 e i 150 milioni di tonnellate); il che
indica certamente dei problemi di contaminazione sui dati antecedenti a tale
data.
preziosi; ma, nel caso dell’oro, la National Oceanic and
Atmospheric Administration (NOAA) stima che, nel complesso,
i fondali potrebbero offrire quattro chilogrammi di metallo
giallo per ogni abitante della terra. Al prezzo attuale dell'oro, un
valore complessivo di circa 150mila miliardi di dollari. Molte
società minerarie, sparse un po’ ovunque nel mondo, stanno
valutando le possibilità di estrazione in tutto il Pacifico
meridionale. L'International Seabed Authority (autorità
internazionale per i fondali marini), che regola l'utilizzo dei
fondali in acque internazionali, negli ultimi dieci anni ha
concesso 12 permessi esplorativi a governi di diversi paesi; tra i
quali India, Francia, Giappone, Russia, Cina, Corea, e
Germania. Tuttavia, l'estrazione di minerali in mare, alla
profondità di un chilometro, dove la pressione è 160 volte
superiore a quella di superficie e dove le temperature oscillano
da sotto lo zero a centinaia di gradi sopra il punto di ebollizione,
è più complicata e più costosa dell'estrazione sulla terra ferma.
Per ora comunque, rimangono soltanto le preoccupazioni di un
folto gruppo di scienziati e persone comuni, sulle possibili
conseguenze dirette sulla fauna ittica (nonché sulle comunità
locali), dei metalli pesanti tossici rilasciati da eventuali attività
minerarie. Non vi è infatti alcuna garanzia, sulla chimica e la
dispersione dei metalli provenienti dal processo di estrazione;
metalli che le correnti oceaniche potrebbero trasportare
ovunque.
Metodi d’estrazione
L’estrazione dell’oro (dalle cave sino al processo di fusione), è
suddivisa in più fasi:
- Estrazione mineraria dalla roccia madre;
- Concentrazione dell’oro (per gravità/forza centrifuga o
mediante flottazione con schiuma);
- Lisciviazione mediante cianuro o tiosolfato;
- Trattamento di Merrill-Crowe;
- Fusione
Una parentesi:
Diversi metodi d’estrazione dell’oro residuo in soluzione (negli
scarichi industriali o minerari), vengono usati ormai da qualche
decennio; essi consistono nella bioconcentrazione, o meglio
ancora nel bioassorbimento (ad esempio partendo da una massa
di materia organica morta di Azolla filiculoides, una piccola
felce acquatica che funge da bioassorbente); in quest’ultimo
caso, si è riusciti ad oltrepassare il 99% di resa, nelle migliori
condizioni possibili. In genere una biomassa d’Azolla
(opportunamente pretrattata con un determinato procedimento di
lavaggio ed essicazione), è in grado di catturare oltre l’86% di
oro presente in una soluzione che contenga inizialmente dai 2 ai
10 mg/L. L’Azolla essiccata, è da considerarsi quindi un
bioassorbente molto efficace, poiché presenta un potere
d’assorbimento superiore a quello delle assai costose (nonché
inquinanti) resine a scambio ionico39
. Fine della parentesi.
Vediamo ora in dettaglio in cosa consistono (praticamente e
tecnicamente), queste cinque fasi di estrazione dell’oro,
menzionate poc’anzi.
Per l’estrazione di oro nativo contenuto in filoni all’interno di
rocce metamorfiche o ignee, ovviamente vengono usate tecniche
di escavazione mineraria. Oggigiorno, per scoprire se una zona è
ricca di un determinato materiale o elemento, si procede con un
metodo chiamato carotaggio; esso consiste nel penetrare nel
terreno con una fresa forata nel centro. Quando è penetrata nel
terreno completamente, si estrae e da essa viene estratto un
campione di roccia per stabilire a che profondità c'è la vena più
grande (per poi decidere dove scavare il primo cunicolo). Le
miniere possono essere: a pozzo verticale o a cielo aperto.
Le miniere a pozzo verticale possono raggiungere profondità
notevoli, normalmente, per motivi economici e di sicurezza, le
miniere non superano gli 1,82 km di profondità. Attorno a un
pozzo centrale vengono scavate delle gallerie laterali che
permettono di raggiungere i vari strati dei giacimenti: i mezzi
utilizzati sono il montacarichi, i carrelli, gli impianti di
ventilazione, i vagoncini su rotaia e i nastri trasportatori. Altre
gallerie di servizio (per la ventilazione, la distribuzione di aria
compressa, di acqua e di energia elettrica) completano
l'impianto. Questo sistema di estrazione era un tempo molto
pericoloso a causa dei gas che si formavano e che, a contatto con
l'aria, davano origine a miscele esplosive. Oggi si lavora in
condizioni di maggiore sicurezza; infatti il modo d'estrazione è
39
Una resina a scambio ionico è composta da una matrice polimerica (in
genere granuli di pochi millimetri di diametro) in cui sono intrappolati o
inglobati ioni, disponibili per lo scambio ionico. Esistono numerosissime
resine per lo scambio ionico, la maggior parte delle quali sono a base di
polistirene, in genere reticolato con divinilbenzene, a cui poi sono aggiunti
gruppi funzionali in grado di catturare o rilasciare gli ioni. Le resine a
scambio ionico hanno sostituito in larga parte l'uso delle zeoliti e trovano
largo impiego in varie applicazioni di ingegneria chimica, in particolare nei
processi di demineralizzazione, ad esempio dell'acqua.
più sofisticato: gli impianti di sollevamento scendono e scavano
pozzi, i minatori si calano con attrezzatura di scavo e con
carrelli, il materiale viene estratto a filoni e caricato su vagoni a
rotaia poi, all'esterno, i minerali vengono trasportati nelle
industrie minerarie dove vengono estratti i metalli (tra cui
ovviamente l’oro, presente in maggiore o minore quantità,
rispetto agli altri metalli. Questo dipende dal tipo di miniera; in
una miniera aurifera, ovviamente si troverà in prevalenza oro, e
in misura molto più ridotta, altri metalli meno nobili).
Le miniere a cielo aperto sono usate quando i depositi di
minerali utili dal punto di vista del commercio o rocce vengono
ritrovate vicino alla superficie, cioè dove il sovraccarico
(materiale di superficie che copre il deposito di valore) è
relativamente sottile o il materiale di interesse è strutturalmente
inadatto per le gallerie (come nel caso della sabbia, della cenere
e della ghiaia). Dove i minerali capitano profondamente al di
sotto della superficie, dove il sovraccarico è spesso o i minerali
capitano all'interno di vene nella roccia dura; i metodi di miniera
sotterranea vengono usati per estrarre il materiale di valore. Le
miniere a cielo aperto vengono solitamente allargate finché la
riserva di minerale non è esaurita. Nelle miniere a cielo aperto a
gradoni, vengono scolpiti dei “gradini”. La prima macchina che
entra in azione è lo scavatore. Nel gradino di sotto lavora la
macchina per il disgaggio che pulisce il versante scavato e fa
cadere verso il basso i frammenti di roccia. Più sotto l'apripista
sgombra il gradino e fa rotolare il materiale nel piazzale, dove
l'escavatore lo raccoglie e lo carica sull'autocarro. La più grande
miniera a cielo aperto del mondo si trova a Bingham Canyon,
nello Utah (USA), a pochi chilometri da Salt Lake City; in
questa miniera, talmente grande che è possibile riconoscerla
anche dallo spazio, vi si estrae il rame. Questa miniera,
conosciuta anche con il nome di Kennecott (dal nome
dell’industria mineraria interessata), fu avviata nel 1906 e da
allora è stata sfruttata senza sosta, producendo una voragine
profonda 970 metri e con un’ampiezza massima di circa 4
chilometri. Occupa complessivamente 7,7 chilometri quadrati e
dal 1966 è luogo d’interesse storico di portata nazionale
(National Historic Landmark).
L'estrazione dell'oro dai suoi minerali diventa economicamente
conveniente quando la concentrazione del metallo è superiore a
0,5 ppm (0,5 grammi per tonnellata); nelle grandi miniere a
cielo aperto la concentrazione tipica è compresa tra 1 e 5 ppm;
per i minerali scavati in miniere sotterranee, la concentrazione
media è di circa 3 ppm. Per essere visibile a occhio nudo in un
suo minerale, l'oro deve avere una concentrazione di circa 30
ppm; questo spiega perché perfino nelle miniere d'oro è poco
frequente vederlo.
Una miniera a cielo aperto (Nevada, USA)
Nel momento in cui i minerali estratti dalle miniere (contenenti
oro ed altri metalli), giungono alle industrie minerarie, si
procede con la concentrazione dell’oro. Quest’ultima
solitamente viene eseguita mediante un sistema basato sulla
contemporanea utilizzazione delle forze di gravità e centrifuga,
oppure con la tecnica della flottazione con schiuma. Il primo
metodo, consiste nell’impiego di un canale a sezione curva,
avvolto a spirale rispetto ad un asse centrale verticale. Il
minerale viene alimentato dall'alto sotto forma di torbida a
densità prestabilita e costante. Durante la discesa si formano nel
canale tre bande (concentrato, misto, sterile), che sono
separatamente spillate attraverso apposite fenditure. Il secondo
metodo invece, la flottazione con schiuma, viene impiegato per
la separazione dei minerali dalle loro ganghe, sfruttando la loro
differenza di idrofobicità. Si tratta di una tecnica che consiste
nell’insufflare aria all’interno di una vasca piena d’acqua
(precedentemente miscelata con opportuni agenti flottanti o
schiumogeni), in cui sono presenti uno o più componenti solidi
in sospensione. In tal modo i componenti che hanno maggiore
affinità con l’aria, vengono spinti verso l’alto dalle bolle d’aria,
mentre i componenti che hanno maggiore affinità con l’acqua,
precipitano sul fondo. La miscela che precipita e si deposita sul
fondo, viene comunemente detta “torbida”.
A questo punto si passa alla terza fase estrattiva dell’oro, ovvero
alla lisciviazione mediante cianuro o tiosolfato. La lisciviazione
al cianuro rappresenta lo standard di settore per la lavorazione
dell'oro da oltre 100 anni. Durante il processo di lisciviazione al
cianuro, una soluzione di cianuro (o lisciviante), viene percolata
attraverso il minerale contenuto in vasche, colonne o cumuli.
L'oro viene disciolto dal cianuro e poi viene rimosso dal cumulo
o dalle colonne. Viene poi estratto dalla soluzione di
lisciviazione (ad alto tenore d'oro), per assorbimento, su
carbonio40
o resine41
. Questo metodo collaudato ed
economicamente vantaggioso per l'estrazione dell'oro, offre il
massimo recupero per molti minerali dell'oro, compresi minerali
di basso tenore e alcuni minerali refrattari. Nella lisciviazione al
cianuro tradizionale, il minerale è posizionato in vasche o
colonne. La soluzione al cianuro percola attraverso il minerale e
discioglie l'oro, che viene poi rimosso dal lisciviante per
assorbimento su carbonio o resine.
Esiste tuttavia un’altra tecnica di lisciviazione, con cui è
possibile fare a meno dell’impiego di cianuro; si tratta della
lisciviazione con tiosolfato. Questo tipo di lisciviazione, offre
numerosi vantaggi relativi al recupero dell'oro e alle
preoccupazioni di carattere ambientale. A differenza del cianuro,
il quale è notevolmente tossico, le sostanze chimiche usate nel
processo di lisciviazione con tiosolfato sono “benigne”. Questa
tecnologia offre un grande potenziale nelle giurisdizioni in cui
l'utilizzo del cianuro è vietato completamente oppure è soggetto
a pubblicità negativa per preoccupazioni di carattere ambientale.
In molti casi, tale processo offre recuperi simili a quelli ottenuti
con la lisciviazione con cianuro. I principali componenti chimici
del processo di lisciviazione con tiosolfato (ammonio tiosolfato
e ammonio solfato), sono dei fertilizzanti comuni. Ciò rende
dunque più concreta la possibilità, in futuro, di utilizzare le
soluzioni di residui minerari in applicazioni agricole (laddove
ovviamente i regolamenti ambientali lo permetteranno).
Una delle ultime fasi del processo estrattivo dell’oro, consiste
nel separare quest’ultimo, dai residui di cianuro ancora in
soluzione (qualora il metallo giallo, sia stato sottoposto a
cianurazione). Questa tecnica è conosciuta come: trattamento (o
processo) di Merrill-Crowe42
. Mediante questo metodo, la
soluzione viene separata dal minerale con metodi quali
40
Il carbone attivo rimuove in modo efficace l'oro dal cianuro, in quanto l'oro
è assorbito nei pori del carbone. Ciò ha generato tecnologie come CIP
(carbonio in polpa), CIL (carbonio in lisciviazione) e CIC (carbonio in
colonne).
41
In questo caso l'oro viene assorbito nelle particelle di resina sintetica
piuttosto che nel carbone attivo. Questo processo è più efficiente, facile da
controllare e robusto rispetto alle tecnologie a base di carbonio.
42
Il processo di base fu scoperto e brevettato da Charles Washington Merrill
attorno al 1900, e più tardi riveduto e rifinito da Thomas B. Crowe, un
impiegato della Merrill Company.
filtrazione e decantazione controcorrente43
. Successivamente
viene ottenuta una soluzione molto limpida, utilizzando dei filtri
a farina fossile. L’ossigeno viene quindi rimosso facendo
passare la soluzione attraverso una colonna di deareazione
sottovuoto. A questo punto, della polvere di zinco viene
aggiunta alla soluzione ormai limpida e deareata. Fatto ciò, l’oro
inizia a precipitare; questo accade perché lo zinco ha un’alta
affinità con lo ione cianuro, mentre l’oro no. Qualora fossero
presenti in soluzione, oltre all’oro, anche altri metalli preziosi
(come ad esempio l’argento, oppure dei metalli di base come ad
esempio il rame), inizierebbero anch’essi a precipitare. Alla fine,
si ottiene tuttavia ancora un miscuglio di oro e polvere di zinco,
che dovrà di conseguenza essere estratto dalla soluzione
mediante filtrazione. Fatto ciò, il miscuglio di oro e zinco viene
mescolato a sua volta con dell’acido solforico; questa
operazione provoca lo scioglimento dello zinco. Infine, la
soluzione ottenuta viene filtrata per l’ultima volta, e la materia
solida restante, viene fusa in barre o lingotti d’oro. Questi ultimi
vengono in seguito spediti a delle raffinerie, che procederanno
alla rimozione di rame e argento in essi ancora contenuti.
Per concludere, è necessario comunque ricordare che
l’estrazione dell’oro è una delle attività industriali più
inquinanti. Essa infatti, richiede l’utilizzo di mercurio (processo
di amalgamazione44
) o di cianuro (lisciviazione). Sia il cianuro
che il mercurio, sono sostanze particolarmente tossiche e
difficili da smaltire. Se in Europa o nel Nord America queste
sostanze vengono raccolte in vasche di cemento, in altre zone
del mondo vengono semplicemente rilasciate nei fiumi. Grandi
problemi si sono avuti in Ghana, Australia, Cina, Indonesia,
43
Una particolare utilizzazione dei decantatori continui consiste nella loro
riunione in gruppi per il cosiddetto lavaggio continuo in controcorrente dei
precipitati, per mezzo dei quali si può giungere ad un esaurimento sistematico
del fango, ottenendo soluzioni di concentrazione elevata con perdite minime
di sali disciolti. Il loro impiego è corrente nelle industrie idrometallurgiche,
nella caustificazione della soda, nella fabbricazione dell'acido fosforico, etc.
44
A temperatura ambiente, il mercurio si combina facilmente con molti
metalli, fra cui l’oro, formando un amalgama. Maggiore è la quantità di
mercurio, più l’amalgama risulta molle e pastoso, fino anche a presentarsi
liquido. Se invece il contenuto di mercurio è basso, l’amalgama assume la
consistenza di una massa metallica compatta, dura ma anche fragile.
La formazione dell’amalgama d’oro viene sfruttata per l’estrazione del
metallo dal minerale che lo contiene (in quantità pari a circa 10 grammi ogni
tonnellata). La roccia viene frantumata e polverizzata in modo da liberare le
particelle di metallo. Il mercurio è aggiunto alla miscela di roccia
polverizzata e acqua (detta “pasta”), così da formare un amalgama con l’oro.
Facendo passare la pasta sopra lastre inclinate di rame, l’amalgama si separa
dalle particelle rocciose aderendo alle lastre, da dove viene raschiata a
intervalli regolari.
Guatemala, Honduras e Nicaragua. In Ghana, per esempio, i
cercatori illegali (che estraggono circa il 15% dell’oro del
Paese), utilizzano il mercurio per separare l’oro dalle rocce.
Parte di questo mercurio evapora poco dopo la lavorazione; la
parte restante, invece, finisce nei corsi d’acqua. Ossia in quegli
stessi torrenti che sono fonte d’acqua, per i villaggi e per
l’irrigazione dei campi. Intere piantagioni di riso, mais e cacao,
vengono così contaminate e molte persone finiscono intossicate.
Danni simili si registrano nelle miniere illegali delle regioni
orientali della Repubblica Democratica del Congo. In Indonesia,
questa pratica è illegale per la tossicità del mercurio. Ma, poiché
il prezzo dell’oro è triplicato in un decennio, il ricorso al
mercurio, che rende i processi di estrazione rapidi, è diventato
più frequente (si stima che questo sia il Paese che, dopo la Cina,
impiega le maggiori quantità di mercurio per estrarre oro). Le
conseguenze sono evidenti nel Borneo centrale, nei pressi della
miniera di Galagan, dove ampi settori di foresta tropicale sono
stati distrutti e la fauna ittica dei fiumi è stata decimata. Anche
la miniera d’oro di Grasberg, la più grande al mondo, che si
trova nella Papua indonesiana, è al centro di un disastro
ecologico. Aperta negli anni Settanta, arriva a produrre 200’000
tonnellate di detriti al giorno, con la conseguente distruzione
dell’ecosistema nelle valli circostanti.
L’oro alluvionale
Durante il periodo delle glaciazioni, enormi quantità di ghiaccio
scendevano lentamente lungo le valli di tutte le catene montuose
presenti sulla Terra, triturando e schiacciando tutto il materiale
roccioso che incontravano sul loro cammino. Insieme alle rocce,
ai cristalli e ad altro materiale, i ghiacciai, laddove fosse
presente, trascinarono a valle (fino in pianura) anche l’oro. Il
metallo giallo, nella sua lenta discesa, venne schiacciato e
“plasmato” dal peso dei ghiacciai che lo trascinavano sempre
più a valle, secolo dopo secolo, sino alla fine dell’era glaciale
(conclusasi circa diecimila anni fa). Questo, principalmente, è
dunque il motivo per cui l’oro, nella sua tipologia alluvionale, si
presenta sotto forma di pagliuzze o scaglie piuttosto piccole e
sottili (solitamente larghe tra i due e i tre millimetri). L'oro dei
giacimenti secondari (alluvionali), non si trova dunque soltanto
nel letto dei fiumi (in cui generalmente lo si cerca), ma anche e
soprattutto nei terreni circostanti. Quando periodicamente i
fiumi vanno in piena, le acque diventano alte e impetuose ed
erodono i fianchi del letto del fiume stesso. Il sedimento,
rimesso in circolo, contiene anche le pagliuzze d'oro che
precedentemente si erano depositate e che si depositeranno
nuovamente più a valle (nel fiume), all'interno delle anse,
formando le cosiddette "punte". Gli spostamenti, ad ogni
alluvione, non sono mai chilometrici, poiché l’alto peso
specifico del metallo prezioso, ne limita il trasporto. Vi sono
diversi strumenti utilizzabili per la ricerca dell'oro alluvionale.
In Italia il più utilizzato (in diverse versioni, a seconda della
regione) è il canaletto, costituito da una tavola di legno
leggermente inclinata e posta sotto il pelo dell'acqua corrente.
La tavola è scanalata trasversalmente in modo da provocare una
serie di vortici che rimescolano la sabbia che vi viene gettata
sopra, portando così in sospensione le particelle di sabbia più
leggere che vengono rimosse dall'acqua. Le sabbie più pesanti
(ricche d'oro e magnetite) si concentrano nelle ultime
scanalature dalle quali vengono alla fine recuperate. Una
ulteriore concentrazione si ottiene nella batea. È uno strumento
simile ad un piatto di legno leggermente svasato, sul fondo del
quale si riesce a far concentrare ulteriormente l'oro, facendo
ruotare e debordare l'acqua con le sabbie meno pesanti.
Oro alluvionale
Una curiosità:
Verso la fine del 2011, due gruppi di ricercatori canadesi, sono
riusciti ad individuare il meccanismo metabolico che permette a
un batterio di prosperare in un ambiente ricco di ioni d’oro
(ambienti che di norma inibiscono la crescita di microrganismi).
Mentre la presenza nell'ambiente di alcuni metalli, per esempio
il ferro, è una condizione favorevole o addirittura indispensabile
alla crescita dei batteri, altri metalli, primi fra tutti gli ioni
argento e oro, sono estremamente tossici per i microrganismi e
rappresentano un fortissimo ostacolo alla loro proliferazione.
Tuttavia, sulle pepite d'oro si trovano spesso biofilm batterici,
che dalle analisi condotte risultano formati al 90 per cento da
colonie di due batteri: Cupriavidus metallidurans e Delftia
acidovorans. I meccanismi attraverso cui i due tipi di
microrganismi riescono a sopravvivere in un ambiente
microbiologicamente proibitivo, sono radicalmente differenti. I
batteri di C. metallidurans inattivano gli ioni oro dopo che sono
penetrati nella cellula, facendoli precipitare in nanoparticelle che
permangono inerti all'interno del citoplasma. La strategia di D.
acidovorans, prevede invece che l'inattivazione degli ioni oro,
avvenga prima del loro ingresso nella cellula batterica (non
appena questi vengono a contatto con una sostanza secreta dal
batterio, chiamata delftibactina; che causa la precipitazione del
metallo all'esterno della cellula, producendo granuli di oro
massiccio, biologicamente inerte). La delftibactina appartiene a
una classe di metaboliti secondari molto stabili, i polichetidi, che
vengono prodotti da numerosi organismi (in particolare da
batteri e funghi). Dalle analisi condotte è risultato che la
delftibactina, ha una struttura molto simile ai classici siderofori
(le biomolecole che legano il ferro), che il microrganismo deve
aver modificato per poter colonizzare una nicchia ecologica
libera; ossia quella dei torrenti e delle acque relativamente
ricche di oro. Secondo i ricercatori, D. acidovorans potrebbe
aver avuto un ruolo importante nella formazione dei grani,
pagliuzze e pepite d'oro, che si ritrovano nei depositi alluvionali
(a partire dal cloruro aurico e dell'acido cloroaurico disperso
nell'ambiente).
Affinazione
Dopo la produzione iniziale, l’oro viene spesso affinato al fine
di accrescere il più possibile, il suo grado di purezza. Esistono
diversi metodi di affinazione dell’oro, così denominati:
- Inquartazione
- Processo elettrolitico
- Processo con cella Fizzer
- Processo con Acqua Regia
- Processo Miller (clorurazione)
Inquartazione:
Il metodo dell’inquartazione, consiste nel fondere l’oro con
rame e/o argento, in modo da formare una lega contenente meno
di 1/4 d’oro (ossia meno del 25%; da cui deriva il termine
inquartazione, poiché il contenuto d’oro è ridotto ad un quarto).
In questo modo, si rende la lega solubile in acido nitrico
(HNO3). Dopo completa dissoluzione di questa lega mediante
acido nitrico, il residuo insolubile è formato solo da oro; anche
se in pratica, esso non è ancora abbastanza puro. E’ necessaria,
pertanto, un’ulteriore affinazione con il metodo dell’Acqua
Regia (una miscela composta da 1 parte di acido nitrico + 4 parti
di acido cloridrico). Questo processo in due stadi, può essere
utile quando vengono prodotti degli sfridi contenenti sia oro che
argento.
Processo elettrolitico:
Messo a punto nel 1863, questo metodo è relativamente antico.
Esso comporta la dissoluzione elettrolitica di un anodo d’oro
impuro, in un elettrolita contenente acido cloridrico e la
conseguente deposizione di oro sul catodo, con purezza del
99,99%. L’argento e i metalli del gruppo del platino (PGMs), si
separano come fanghi e vengono recuperati separatamente,
mentre i metalli non preziosi restano in soluzione. Questo
metodo risulta ampiamente utilizzato solo nella raffinazione
dell’oro primario (ossia quello estratto direttamente dal
minerale). Viene raramente utilizzato per la raffinazione su
piccola scala, principalmente per motivi economici. In primo
luogo l’immobilizzo dell’oro utilizzato nell’elettrolita e negli
elettrodi rappresenta un fattore di rischio economico
estremamente elevato. In secondo luogo, nel caso si debbano
affinare normali scarti e rifiuti di produzione, prima di procedere
con questo metodo è necessario un trattamento di affinazione
preliminare, che consenta inoltre la produzione di anodi in lega
d’oro.
Processo con cella Fizzer:
Questo metodo risulta essere una variante del processo
elettrolitico. La cella elettrolitica viene divisa da una membrana
semipermeabile che consente di separare la zona anodica da
quella catodica. Così facendo il cloruro d’oro, non riuscendo a
raggiungere e a depositarsi sul catodo, rimane nell’elettrolita. Il
metodo prevede di utilizzare come anodo, leghe d’oro
contenenti una percentuale d’argento vicina al 10%. In questo
modo è possibile ottenere una soluzione di oro e di metalli non
preziosi, mentre si osserva la precipitazione di cloruro d’argento
(insolubile). La soluzione viene quindi filtrata e l’oro viene fatto
precipitare tramite i medesimi reagenti utilizzati nel processo
con acqua regia.
Processo con Acqua Regia:
Il processo con Acqua Regia può produrre potenzialmente oro di
purezza fino al 99,99%. Si basa sostanzialmente sull’utilizzo di
Acqua Regia (una miscela composta da 1 parte di acido nitrico +
4 parti di acido cloridrico) capace di ossidare l’oro, scioglierlo
come ossido ed infine trasformarlo in cloruro d’oro (solubile).
Una delle principali limitazioni di questo metodo è che il
materiale di partenza, deve avere un tenore di argento (Ag)
inferiore al 10%, per evitare che quest’ultimo, blocchi la
reazione di dissoluzione dell’oro; motivo per cui viene anteposta
la fase di inquartazione. Il processo di inquartazione fornisce
come risultato una graniglia di lega d’oro a basso tenore di
argento (Ag). Questa graniglia viene disciolta con una serie di
aggiunte successive di Acqua Regia. Si applica questa soluzione
per fare in modo di avere sempre solo un piccolo eccesso di
acido, senza lasciare residui d’oro non disciolti. Si otterrà
dunque una soluzione di colore giallo-verde che conterrà in
sospensione un residuo di cloruri di argento, materiali non
metallici e metalli del gruppo del platino (PGMs)45
. In realtà
questa fase risulta essere molto critica. Non sempre infatti si
riesce a separare completamente oro e PGMs, a causa
dell’elevata affinità che questi elementi presentano. Il metodo
risulta inoltre essere particolarmente influenzato dall’abilità,
esperienza e perizia dell’operatore. Il processo prosegue con il
filtraggio della soluzione per separare il liquido (contenente oro)
dall’insoluto. A questo punto l’oro sarà estratto dalla soluzione
mediante una riduzione chimica selettiva, tramite l’utilizzo di
opportuni reattivi riducenti quali: solfato ferroso, acido ossalico,
idrazina, formaldeide, etc. L’oro inizierà a precipitare in
soluzione e si dovrà pertanto attendere il completamento della
reazione, prima di poter finalmente filtrare una graniglia
composta da oro puro.
45
Il platino (Pt), il palladio (Pd), il rodio (Rh) e l’iridio (Ir), costituiscono
assieme al rutenio (Ru) e all’osmio (Os), un gruppo di elementi conosciuti
come: metalli del gruppo del platino (PGMs).
Processo Miller (clorurazione):
Il processo Miller è un metodo piuttosto datato (risale infatti al
1867), semplice ma pericoloso, che consente il raggiungimento
di risultati solo discreti. È infatti possibile raggiungere purezze
pari al 99,5%, ma non oltre. Il metodo consiste nell’ iniettare del
cloro gassoso in un bagno fuso di lega d’oro. In questo modo
risulta possibile eliminare dalla scoria, sotto forma di cloruri, i
metalli non preziosi e l’argento. Questo metodo, inoltre, non
consente la separazione tra oro e metalli del gruppo del platino
(PGMs). Si tratta di una tecnica che viene usata solo in alcune
grandi raffinerie, specialmente per la raffinazione del metallo
primario, ma non è adatta per la raffinazione su piccola scala (in
quanto l’uso di cloro gassoso, implica notevoli problemi di
sicurezza).
Caratteristiche, proprietà e qualità
L’oro (il cui simbolo chimico è Au e il cui numero atomico46
è
79), è un metallo di transizione47
e un elemento del gruppo 1148
.
Essendo un metallo nobile, è dunque relativamente inerte (ossia
non lega durante un processo chimico). È uno degli elementi
46
Il numero atomico (indicato solitamente con Z, dal tedesco Zahl, e detto
anche numero protonico) corrisponde al numero di protoni contenuti in un
nucleo atomico. In un atomo neutro il numero atomico è pari anche al
numero di elettroni; in caso contrario l'atomo è detto ione. Si usa scrivere
questo numero come pedice sinistro del simbolo dell'elemento chimico in
questione (per esempio con il carbonio avremo: 6C; poiché esso ha sei
protoni). Ad ogni numero atomico corrisponde un diverso elemento chimico,
il quale viene collocato nella tavola periodica proprio in funzione del relativo
valore di Z. Atomi aventi stesso numero atomico ma diverso numero di
neutroni, sono detti isotopi.
47
I metalli del blocco d anche detti elementi di transizione o elementi del
blocco d, sono quaranta elementi chimici, tutti metallici, di numero atomico
dal 21 al 30, dal 39 al 48, dal 71 all'80 e dal 103 al 112: questo nome viene
dalla loro posizione nella tavola periodica degli elementi, dove occupano i
gruppi da 3 a 12. In questi elementi gli orbitali di tipo d si riempiono
progressivamente attraverso ciascun periodo. Chimicamente, gli elementi di
transizione sono definiti come gli elementi che formano almeno uno ione con
un sotto guscio d, parzialmente riempito di elettroni.
48
Il gruppo 11 della tavola perioda è formato dai seguenti elementi: Rame-
29, Argento-47, Oro-79, Roentgenio-111. I primi tre elementi si trovano in
natura, mentre l’ultimo (il Roentgenio), è sintetico e dunque non si trova in
natura. A temperatura ambiente questi elementi sono tutti solidi. Questo
gruppo è anche noto come: gruppo dei metalli nobili.
Aurum. Origine, storia e applicazioni del metallo nobile per eccellenza.
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  • 1. Fausto Intilla Aurum Origine, storia ed applicazioni del metallo nobile per eccellenza. Immagine di copertina tratta dal web (http://goldmuseumballarat.wordpress.com). L’autore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze, per gli stralci di alcuni articoli (ed immagini) riportati in questo volume, qualora questi ultimi fossero coperti da copyright.
  • 2. Indice Prefazione…………………………………………………4 L’oro, una lunga storia…………………………….………6 - Dalle origini al mondo antico…………………………….6 - Dall’alchimia alla realtà………………………...……….19 - In tempi recenti e moderni…….………………………….23 Un aspetto mutevole, ma inconfondibile………..……….27 - In luoghi e forme diverse………...………………...……27 - Metodi d’estrazione………………………………..………30 - L’oro alluvionale…………………………………..………36 - Affinazione………………………………………….………38 - Caratteristiche, proprietà e qualità…………..…………41 - Leghe………………………………………………..………44 - Isotopi, composti e stati d’ossidazione……….…………52 Diversi settori, diverse applicazioni………………..…….56 - Nanoparticelle e oro colloidale………………….………56 - Applicazioni in medicina e farmacologia……….………63 - Dall’elettronica all’industria, passando per l’arte…...80 - Arte culinaria e cosmesi………………………… ………93 Luci ed ombre, di un capitalismo insaziabile……………96 - Un po’di storia recente……………………………………96 - Il mercato dell’oro…………………………………………99 Bibliografia…………………………………..…………123 Sitografia……………………………………..…………126
  • 3. A mio nonno Emilio, ormai non più qui; che nell’arco di una vita è riuscito ad essere minatore, operaio e agricoltore. “Le ricchezze spropositate sono come un timone smisurato fuor del normale, che fa affondare meglio che servir a dirigere, perché sono inutilmente abbondanti e dannosamente eccessive”. Lucio Apuleio “Se ciascuno si accontentasse del necessario e donasse ai poveri il superfluo, non vi sarebbero né ricchi né poveri”. Basilio Magno
  • 4. Prefazione Basare un intero libro, seppur di poche pagine, sulla natura e i vari ambiti d’applicazione di un solo elemento chimico, potrebbe rivelarsi una mossa un po’ troppo azzardata, considerando la quantità di informazioni (spesso piuttosto limitate) che si possono utilizzare come materiale didattico per l’elaborazione e la stesura di un testo, sufficientemente ricco d’informazioni da apparire interessante e al contempo appassionante, agli occhi di un potenziale lettore amante di un determinato genere di letture. In natura infatti, esistono solo due elementi che possono rappresentare degli ottimi punti di partenza per poter costruire dei complessi (e soprattutto completi sotto ogni punto di vista) elaborati didattici, che spazino dalle intime caratteristiche fisico-chimiche dell’elemento in esame, sino agli aspetti che ne definiscono le diverse estensioni in ambito tecnico-scientifico (applicazioni), economico e sociale: uno di questi (per ovvi motivi) è indubbiamente l’uranio, l’altro è l’oro. E come riporta il titolo stesso di questo libro, è proprio il metallo nobile per eccellenza, dal colore e i riflessi di un’ “alba splendente” (Aurum, in latino), l’oggetto in esame; quello attorno al quale ruota ogni argomento contenuto in questo volume. Partendo dalla sua origine primaria (stellare), dopo un breve excursus attraverso la storia antica e contemporanea in cui il metallo giallo è stato causa delle più sanguinose battaglie tra molti popoli di questo mondo, verranno via via esposte tutte le sue caratteristiche di natura intrinseca (proprietà fisico-chimiche, forme e tipologie in cui il metallo si presenta in natura), i metodi d’estrazione e di affinazione, i suoi rapporti e legami con gli altri elementi della tavola periodica e le sue innumerevoli applicazioni in molti ambiti della sfera umana: dall’elettronica alla farmacologia, dalla fotografia all’arte pittorica, dall’arte culinaria alla cosmesi; sino ad arrivare al mondo delle banche e degli investimenti, ovvero al settore economico-finanziario. Viene dunque offerta al lettore, una panoramica a 360 gradi sui principali aspetti poc’anzi menzionati, con l’unico obiettivo di soddisfare ogni sua
  • 5. piccola curiosità in relazione ad un metallo che ormai da millenni fa parte della nostra quotidianità, ma di cui spesso ne ignoriamo le origini, la storia e soprattutto le sue molteplici applicazioni in svariati ambiti della sfera umana (tra cui il più importante resta indubbiamente quello medico-farmacologico; dove l’oro ha saputo dimostrare le sue naturali potenzialità, attraverso opportuni farmaci, sia per la cura di artriti e reumatismi che per la cura di malattie molto più gravi come il cancro o l’Alzheimer). L’oro, si è rivelato dunque un elemento di primaria importanza, in settori che fino ad oggi erano ritenuti poco o per nulla affini con il nobile metallo giallo; offrendo così nuove speranze ed opportunità, sia per coloro che operano nell’ambito della ricerca, sia per coloro che dalla ricerca debbono anche ricavarne un profitto, senza tuttavia tralasciare anche coloro che in ultima analisi, potranno godere dei frutti di tale evoluzione in ambito scientifico; che di anno in anno si fa sempre più complessa, ma parallelamente ricca di novità ed utili scoperte che molto probabilmente in un futuro non molto lontano, entreranno a far parte della nostra quotidianità. Scoperte di cui ovviamente solo il tempo sarà in grado di rivelarne (sul lungo termine), i reali benefici; ma potenzialmente utili per affrontare nuove sfide nell’ambito della ricerca e ad affinare nuovi strumenti con cui fronteggiare un’inarrestabile evoluzione, che da millenni ormai, caratterizza il genere umano. Fausto Intilla Cadenazzo, 27 luglio 2013
  • 6. L’oro, una lunga storia “A una pioggia d’oro molte cose sono penetrabili” Thomas Carlyle Dalle origini al mondo antico L’origine primaria del metallo nobile più prezioso e ricercato dall’uomo sin dalla fine della preistoria, è da ricercarsi nella nucleosintesi stellare1 prodottasi attraverso il susseguirsi di generazioni di stelle lungo un periodo di tempo di circa dodici miliardi di anni. Esistono due ipotesi che spiegherebbero la formazione dell’oro attraverso il processo R2 all’interno delle stelle; la prima prevede la creazione dell’elemento in questione durante l’esplosione di una supernova3 , le seconda invece, 1 La nucleosintesi stellare è il termine che indica collettivamente le reazioni nucleari che avvengono all'interno di una stella, con l'effetto di produrre i nuclei degli elementi chimici. Nelle stelle vengono prodotti tutti gli elementi chimici tranne l'idrogeno, che fa da carburante iniziale. L'elio, benché prodotto in quantità, è già presente nell'Universo in grandi percentuali, e l'aggiunta da parte delle stelle è piccola. Per tutti gli altri elementi, compresa la grande maggioranza degli atomi che compongono il nostro pianeta, assenti o presenti in quantità trascurabili nel gas interstellare, le stelle sono le principali responsabili della loro esistenza. In particolare le stelle di grande massa producono le quantità più grandi di elementi fino al ferro-56 (56 Fe), mentre gli elementi più pesanti possono essere prodotti in un'esplosione di supernova, che avviene alla fine della vita di una stella di grande massa. 2 Il processo R è un processo di nucleosintesi che solitamente si verifica all'interno del nucleo di una supernova ed è responsabile della creazione di circa la metà dei nuclei atomici ricchi di neutroni che sono più pesanti del ferro. Il processo comporta una successione di catture neutroniche rapide (da cui il nome: processo R) mediante nuclei seme pesanti, tipicamente 56 Fe o altri isotopi pesanti più ricchi di neutroni. L'altro meccanismo predominante per la produzione di elementi pesanti è il processo S, che è la nucleosintesi per mezzo di catture lente (slow, in inglese) di neutroni, che avvengono principalmente nelle stelle AGB. Il processo S è “secondario”, nel senso che richiede isotopi pesanti preesistenti, come nuclei seme da convertire in altri nuclei pesanti. 3 In base a questa ipotesi, l’oro e gli altri elementi pesanti, si formerebbero alla fine della vita delle stelle di grandi dimensioni. All’inizio, in tutti i corpi stellari si trovano solo elementi leggeri: idrogeno ed elio. Quando questi si fondono, in processi detti di nucleosintesi, nascono elementi più pesanti. Non tutte le stelle, però, riescono a sintetizzare l’oro. Quelle meno grandi bruciano soltanto idrogeno (più leggero) e le diverse combinazioni tra gli atomi danno origine ad elio, berillio, litio, boro, azoto, carbonio, ossigeno e fluoro. E neppure quando, esaurito l’idrogeno, la massa si contrae violentemente verso
  • 7. ritiene che esso venga prodotto durante le fusioni o collisioni di due stelle di neutroni4 . Una simulazione numerica, condotta nel 2011 sulla base di quest’ultima ipotesi, indica che essa permetterebbe di spiegare la causa dell’abbondanza dei nuclei di oro rilevati attraverso opportuni esperimenti scientifici. A causa della sua natura geochimica (decisamente siderofila5 , come per gli altri metalli del gruppo del platino), l’oro si trova principalmente concentrato nel nucleo della Terra; dunque è molto rara la sua presenza all’interno della crosta terrestre (in cui si accumula laddove circolino dei fluidi caldi provenienti dal mantello terrestre). Tuttavia, alcuni studi mostrerebbero che la concentrazione di oro nella crosta terrestre, risulta essere dalle cento alle mille volte più elevata, rispetto a quella che teoricamente avremmo dovuto trovare. Questo fatto, tutt’altro che irrilevante, porta inoltre ad ipotizzare che tutto l’oro presente nella crosta terrestre, proverrebbe dal grande bombardamento tardivo6 , verificatosi circa quattro miliardi di anni fa. Verso la fine del 2011, sulla rivista Nature venne pubblicata un'analisi estremamente accurata di alcuni dei campioni delle più antiche rocce della Terra, eseguita da un il centro della stella considerata (un fenomeno che prende il nome di “collasso stellare”), si producono pressione e temperatura sufficienti a generare elementi pesanti come l’oro. Nelle stelle più grandi, invece, quando l’idrogeno del nucleo si esaurisce, inizia a fondersi l’elio (in questa fase si formano sodio, fosforo, neon, magnesio e silicio). Esaurito l’elio, anche per le stelle di maggiori dimensioni giunge l’ora del collasso; ma, grazie alla loro elevatissima temperatura, in questa fase producono oro e altri elementi pesanti (come l’uranio, ad esempio). Poi diventano supernove, ossia esplodono e si disperdono nello spazio sotto forma di materiale interstellare, dal quale in seguito si formano altri corpi (come ad esempio i pianeti). 4 Una stella di neutroni è una stella compatta il cui peso è sostenuto dalla pressione di neutroni liberi. Si tratta di una cosiddetta stella degenere. I neutroni sono costituenti del nucleo atomico e sono così chiamati in quanto elettricamente neutri. A differenza dei protoni, essi possono essere uniti a formare enormi nuclei fino a diverse volte la massa del Sole. Le stelle di neutroni hanno una massa simile a quella del Sole, sebbene il loro raggio sia di appena qualche decina di chilometri (ossia di diversi ordini di grandezza inferiore a quello del Sole). 5 In geochimica, sono denominati elementi siderofili, quelli che si trovano assieme al ferro, prevalentemente concentrati nel nucleo centrale del globo terrestre (ferro, cobalto, nichel, molibdeno). 6 Il grande bombardamento tardivo, indica un periodo di tempo compreso tra i 4,1 e i 3,8 miliardi di anni fa, caratterizzato da un grande numero di impatti astronomici che hanno colpito la Luna e, di riflesso, la Terra, Mercurio, Venere e Marte. L'evidenza di questo evento è stata dedotta principalmente dalla datazione dei reperti lunari portati sulla Terra dalle missioni Apollo; i
  • 8. gruppo di ricercatori dell'Università di Bristol. Quest’analisi mostrò che le riserve accessibili di oro sulla Terra, sono il risultato di un bombardamento di meteoriti avvenuto più di 200 milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta. Durante la formazione della Terra, il ferro fuso affondò verso il centro andando a costituirne il nucleo, insieme alla maggior parte dei metalli preziosi del pianeta, come l'oro e il platino. Si stima che nel nucleo ci siano abbastanza metalli preziosi da coprire l'intera superficie della Terra con uno strato di quattro metri di spessore. A causa di questo processo, la parte esterna della Terra avrebbe dovuto rimanere pressoché priva di metalli preziosi, che però nel mantello risultano essere decine di migliaia di volte più abbondanti di quanto previsto. Per spiegare questa anomalia si è ipotizzato che questi metalli siano presenti in seguito a una imponente "pioggia" di meteoriti avvenuta molto dopo la formazione del nucleo. Per verificare questa teoria, i ricercatori dell'Università di Bristol, analizzarono rocce provenienti dalla Groenlandia, risalenti a circa quattro miliardi di anni fa. Queste rocce antiche fornirono loro nuove preziose informazioni sulla composizione del nostro pianeta poco dopo la formazione del nucleo, ma prima del supposto bombardamento di meteoriti. Nel determinare la composizione isotopica del tungsteno in queste rocce, il team di scienziati poté osservare una diminuzione di 15 parti per milione, dell’abbondanza relativa al tungsteno-182 (182 W, un isotopo del tungsteno naturale), tra le rocce recuperate in Groenlandia e quelle più recenti. Questo cambiamento, piccolo ma significativo, era dunque in eccellente accordo con le previsioni dell'ipotesi del bombardamento di meteoriti. Il prof. M. Willbold, uno dei ricercatori, nell’articolo apparso su Nature affermò: “Il nostro lavoro mostra che la maggior parte dei metalli preziosi su cui si basano le nostre economie e molti processi industriali chiave sono stati aggiunti al nostro pianeta per una fortunata coincidenza, quando la Terra è stata colpita da circa 20 miliardi di miliardi di tonnellate di materiale proveniente dagli asteroidi”. La storia dell’oro (il cui simbolo chimico è Au, dal latino: Aurum, che significa “alba splendente” ed è inoltre radice dell’aggettivo “aurifero”), dai tempi delle antiche civiltà umane che per prime lo scoprirono sino ai nostri giorni, è piuttosto lunga e complessa. Esso ha sempre simboleggiato, sin dalla notte dei tempi, ricchezza e garanzia di potenza; e dunque al contempo, nel corso dei secoli e dei millenni, è stato anche causa di vere e proprie ossessioni tra i vari popoli e nazioni del quali indicano che la maggior parte delle rocce da impatto si sono formate proprio in questo intervallo di tempo.
  • 9. mondo, portando così una buona parte del genere umano, ad una serie infinita di guerre e distruzioni in cui molte culture ebbero la peggio e scomparvero, mentre altre sopravvissero e acquisirono maggior potere. Alcuni scavi archeologici eseguiti nel corso degli ultimi decenni, suggeriscono che le prime tecniche di estrazione e modalità di utilizzo del metallo nobile per eccellenza, si siano sviluppate in Medio Oriente, culla delle prime civiltà umane ( in special modo nella Mezzaluna Fertile, una regione storica che comprende il Levante, la Mesopotamia e l’Antico Egitto). L’oro veniva probabilmente estratto dalle Alpi della Transilvania e nell’area geografica oggi corrispondente alla Tracia7 . Attraverso determinati studi e scoperte archeologiche, si è potuto stabilire che la comparsa delle prime forme di lavorazione del rame e dei metalli preziosi, tra cui l'oro, si è verificata già nel corso del Neolitico8 finale (dunque, approssimativamente, attorno al 4000 a.C). Negli anni ottanta del secolo scorso, a Nahal Qana (una gola, ovvero una valle profonda con pareti ripide, che nella stagione delle piogge diventa un corso d’acqua; si tratta dell’affluente settentrionale del fiume Yarkon) in Israele, venne scoperta una cava (adibita a scopo cimiteriale) all’interno della quale furono rinvenuti dei manufatti in oro risalenti all’Età del rame9 . Tali ritrovamenti, testimoniarono dunque le prime lavorazioni ed utilizzi dell’oro, da parte di un’antica civiltà del Levante10 . Sempre a questo periodo (quarto millennio a.C), appartengono anche i manufatti in oro scoperti nei Balcani; ossia 7 La Tracia è la regione che occupa l'estrema punta sudorientale della Penisola balcanica e comprende il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria e la Turchia europea. 8 Il Neolitico (8000 a.C – 3000 a.C) è un periodo preistorico, compreso fra il Paleolitico e l'Età dei metalli, contraddistinto da notevoli innovazioni nella litotecnica, dall'uso della levigatura per gli strumenti litici e soprattutto da sostanziali mutamenti nel modo di vivere delle genti. Il principale di questi mutamenti, che avvenne in forme e in tempi diversi nelle varie parti del Vecchio e del Nuovo Mondo, è costituito dal passaggio da un'economia di caccia e raccolta a una di tipo produttivo, basata sulla domesticazione di piante e animali. 9 L'Età del rame, che viene indicata anche con il termine di Eneolitico (e con termini come Calcolitico o Cuprolitico), si riferisce ad un periodo della preistoria considerato la tappa di transizione tra le industrie litiche del neolitico (Età della pietra levigata) e la nascente metallurgia, dell'Età del bronzo. In quest'epoca i metalli come oro, argento e rame vengono utilizzati nel quadro di un artigianato secondario, mentre la parte essenziale degli strumenti rimane di pietra o di osso. 10 Il Levante è un termine che si riferisce approssimativamente ad un'ampia area del Sudovest asiatico a sud delle Montagne del Tauro, delimitata ad ovest dal Mar Mediterraneo, a nord dal deserto Rub' al-Khali e ad est dalla Mesopotamia.
  • 10. quelli ritrovati nella Necropoli di Varna11 nei pressi del lago di Varna, in Bulgaria. Al secondo millennio a.C (Età del bronzo), appartengono invece altri oggetti come i cappelli d’oro (tra cui anche quello di Berlino12 ) e il disco di Nebra13 , rinvenuti nell’Europa Centrale. Il disco di Nebra 11 La Necropoli di Varna è un sito archeologico localizzato nella zona industriale occidentale della città di Varna, in Bulgaria. Si trova a circa mezzo km dal lago di Varna e a 4 km dal centro della città. È considerato uno dei principali siti archeologici mondiali legati alla preistoria. Sono state scoperte 294 tombe, molte delle quali contengono sofisticati esempi di gioielli in oro e rame, di vasellame (circa 600 pezzi, inclusi alcuni con pittura in oro), lame in pietra e in ossidiana, conchiglie e perline. Le tombe sono state datate tra il 4600 ed il 4200 a.C.(datazione al radiocarbonio, 2004) ed appartengono alla cultura eneolitica di Varna. 12 Il Cappello d'oro di Berlino è un manufatto risalente alla tarda Età del bronzo, realizzato in una sottile lamina d'oro. Fu utilizzato come copertura esterna di un lungo copricapo conico, probabilmente realizzato in materiale organico. Il Cappello d'oro di Berlino è quello che si è meglio conservato rispetto ai quattro "Cappelli d'Oro" rinvenuti in Europa e risalenti, più o meno, tutti alla stessa epoca. Degli altri tre, due sono stati rinvenuti in Germania e uno in Francia. Tutti e quattro sono stati rinvenuti tra il XIX e XX secolo. Generalmente si presume che tali oggetti siano stati delle insegne di divinità o di religiosi, collegati ad un culto solare molto diffuso in Europa nella tarda Età del bronzo. Si presume che tali oggetti abbiano avuto anche funzioni calendariali o astronomiche. 13 Il Disco di Nebra è una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente all'età del bronzo, che raffigura chiaramente fenomeni astronomici e simboli di forte impronta religiosa. Il disco è considerato la più antica rappresentazione del cielo e uno dei ritrovamenti archeologici più importanti del XX secolo. Fu rinvenuto nell'estate del 1999 da alcuni saccheggiatori di tombe all'interno di una cavità in pietra sul monte Mittelberg, nei pressi della cittadina di Nebra, in Germania. Dal 2002 appartiene al museo regionale della preistoria di Halle, in Sassonia-Anhalt.
  • 11. Il Cappello d’oro di Berlino Alcuni geroglifici egiziani, già a partire dal 2600 a.C, davano una descrizione dettagliata del metallo prezioso; un metallo che a quei tempi, a detta dell’allora re Tushratta del regno di Mitanni14 , in Egitto era “più abbondante della polvere”. Infatti l’Egitto, assieme alla Nubia15 , disponevano di una quantità 14 Mitanni (o anche Mittanni, Naharina nei testi egizi) fu un regno situato nel nord della Mesopotamia che si estese, al culmine della sua ampiezza, dai monti Zagros al lago di Van ed ai confini con l'Assiria, abitato principalmente dagli Hurriti. Raggiunse il massimo splendore tra il 1450 a.C. e il 1350 a.C., durante la fase terminale dell'età del Bronzo. 15 La Nubia è una regione comprendente l'Egitto Meridionale ("Bassa Nubia") lungo le rive del Nilo e la parte Settentrionale del Sudan ("Alta Nubia"), approssimativamente dalla Prima Cateratta alla Quarta Cateratta del Nilo. In tempi antichi costituiva un regno indipendente, il Regno di Kush, sede di un'antica civiltà che fu una sorta di anello di congiunzione tra le genti del bacino Mediterraneo e quelle dell'Africa nera. Etimologicamente, il
  • 12. talmente elevata di risorse aurifere, da poter essere considerate come le più grandi aree geografiche produttrici di oro, per gran parte della storia delle antiche civiltà umane. La più antica mappa conosciuta, è il famoso “Papiro di Torino”16 e mostra l’area geografica di una miniera d’oro in Nubia, fornita di indicazioni relative alla geologia locale. I metodi di lavorazione dell’oro, ovviamente assai primitivi, sono descritti da Strabone17 e Diodoro Siculo18 ed includono anche dei riferimenti al metodo di estrazione usato a quei tempi. Gli antichi Egizi erano in grado di estrarre oro da vene superficiali, usando il fuoco per sciogliere la roccia in cui era intrappolato. Il Papiro di Torino I primi a sviluppare una vera e propria tecnologia mineraria furono però i Romani, che impararono a dosare acqua e fuoco per trovare ed estrarre i metalli più preziosi e utili, in particolare nei terreni alluvionali. La tecnica prevedeva di inondare violentemente una superficie di roccia per rimuovere gli strati termine "Nubia" deriva dall'antico egizio "NWB", che significava "oro", essendo concentrata nella regione l'estrazione di gran parte del prezioso metallo, dai tempi più remoti fino ai primi secoli dell'era cristiana, tanto che, in età ellenistica, nel pieno deserto nubiano, accanto alle miniere maggiormente prolifiche sorse la città di Berenice Pancrisia, portata alla luce da una spedizione archeologica italiana nel 1989. 16 Il Papiro di Torino, conosciuto anche come Papiro dei Re, Canone Reale o Lista Reale di Torino, è un documento risalente alla XIX dinastia egizia, probabilmente durante il regno di Ramesse II (1290 a.C. – 1224 a.C.), redatto in ieratico, che riporta, oltre ad una introduzione sui re divini e semidivini del Periodo Predinastico dell'Egitto, l'elenco dei sovrani dall'unificazione dell'Alto e Basso Egitto fino al momento della compilazione, insieme al numero dei loro anni (e talvolta dei mesi e dei giorni) di regno. È conservato presso il Museo egizio di Torino. 17 Strabone (Amasea, 60 a.C. – 23 d.C.) fu un geografo greco antico. 18 Diodoro Siculo ( Agyrion, 90 a.C. – 27 a.C.) fu uno storico greco antico (siceliota), autore di una monumentale storia universale, la Bibliotheca historica.
  • 13. più superficiali e rivelare la presenza di una vena metallica sottostante. Poi appiccare un incendio in prossimità della vena, dargli tempo di riscaldare la roccia e infine spegnerlo con altra acqua. Lo shock termico aveva l'effetto di produrre crepe nella roccia, facilitando la separazione del metallo desiderato: una tecnica che i Romani usarono ampiamente per estrarre oro, argento, piombo e stagno. Attorno al 1500 a.C., lo Shekel diviene la moneta (ma anche l’unità standard di misura) utilizzata in tutta l’area mesopotamica. Pesava 11,3 grammi e conteneva una lega naturale chiamata electrum, composta per circa i 2/3 d’oro e per 1/3 d’argento. Un secolo e mezzo più tardi (1350 a.C.), i Babilonesi iniziano a compiere le prime prove con il fuoco per testare la purezza dell’oro. Ma dovette trascorrere ancora un altro secolo e mezzo (1200 a.C.), prima che abbia inizio, presso il popolo egizio, il mestiere del battiloro19 . La riduzione dell’oro in lamine sottilissime, permetteva il suo utilizzo per scopi fino ad allora sconosciuti (come la decorazione di statue e dipinti). Gli egizi, idearono ed iniziarono ad usare così per la prima volta, per le colate d’oro, la tecnica della fusione a cera persa20 (ancora oggi usata per la produzione di gioielli artigianali). Sempre in questo periodo, delle pelli di montone venivano usate come setacci per il recupero di polvere d’oro dalle sabbie fluviali, 19 Il battiloro era una persona la cui professione consisteva nel battere con un enorme martello l'oro, riducendolo ad una sottilissima lamina in foglia (foglia d'oro); inserendo un grano d'oro in mezzo a due pelli animali e battendo energicamente sulle stesse, riduceva l'oro o l'argento in lamine di pochi micron di spessore. 20 La fusione a cera persa è una tecnica scultorea originariamente introdotta nell'età del bronzo e che nei secoli ha conosciuto una notevole fioritura, soprattutto nell'arte greca, romana e nella scultura monumentale. Il metodo di fusione a cera persa (o microfusione), viene tuttora utilizzato nel settore della gioielleria (ma anche nel settore odontotecnico): una riproduzione del gioiello viene realizzata in cera (a mano o mediante apposite macchine a stereolitografia). In seguito vengono aggiunti i canali di entrata/uscita (sempre in cera) e viene realizzato lo stampo in gesso appositamente studiato per questa operazione. Per favorire la perfetta adesione del gesso alle cere e l’eliminazione delle bolle d’aria, il cilindro pieno può essere collocato su un piatto vibrante e quindi sottoposto all’azione del vuoto sotto una campana collegata a una pompa. Questo stampo (che di solito per contenere i costi del gesso, contiene molti oggetti, disposti a "grappolo" intorno a un canale centrale) viene riscaldato in un forno, in modo che la cera (per questa operazione in genere si porta il forno a 200 °C circa) esca dai canali, una volta uscita la cera è possibile colare all'interno dello stampo il metallo fuso. Poi il gesso viene rotto e si ottiene l'oggetto dal quale vanno tolti i canali di entrata/uscita. Il gioiello viene rifinito mediante lucidatura o altre lavorazioni per ottenere il risultato finale.
  • 14. lungo le spiagge orientali del Mar Nero. Secondo alcuni studiosi, nel mondo antico, la leggenda del Vello d’Oro potrebbe riferirsi all’impiego di queste pelli, per intrappolare la polvere d’oro estratta dai depositi alluvionali. La parte sudorientale del Mar Nero è famosa per le miniere d'oro, sfruttate fin dai tempi di Mida: questo oro fu fondamentale per l'inizio di quella che fu probabilmente la prima emissione di monete metalliche in Lidia, fra il 643 a.C. e il 630 a.C. Le prime monete d'oro vennero coniate dal re Creso, sovrano della Lidia, nell'Asia Minore occidentale, dal 560 a.C. al 546 a.C.; in particolare l'oro della Lidia proveniva dalle miniere e dalla sabbia del fiume Pactolus. A partire dal sesto o quinto secolo a.C., nello stato all’epoca (durante la dinastia Zhou) chiamato Chu (un enclave al giorno d’oggi localizzabile nella parte centrale e sudorientale della Cina), era in uso, per gli scambi commerciali, una moneta d’oro di forma quadrata chiamata Ying Yuan. Monete d’oro Ying Yuan. Nel 344 a.C., Alessandro Magno attraversa con 40'000 uomini l’Ellesponto (l’attuale stretto dei Dardanelli), dando il via a quella che sarà ricordata come una delle più grandi campagne militari nella storia dell’uomo. Durante la spedizione saccheggiò un’enorme quantità di oro, portandola dall’impero persiano alla Macedonia. Circa un secolo e mezzo più tardi (202 a.C.), nel corso della seconda Guerra Punica contro Cartagine, i romani riconquistano le regioni minerarie della Spagna, recuperando grandi quantità di oro dai corsi d’acqua e dalle miniere. Nel 49 a.C. i romani, sotto la guida di Giulio Cesare, cominciano ad emettere in grandi quantità una moneta d’oro chiamata “Aureo”21 . In effetti la coniazione della famosa moneta 21 Prima di Giulio Cesare, l'aureo, è stato battuto molto raramente; solitamente per grandi versamenti provenienti dai bottini catturati. Cesare ha battuto più frequentemente la moneta ed ha standardizzato il peso al 1/40
  • 15. chiamata "Aureo" inizia solo con Cesare, nel 49 a.C.; prima di allora lo si usava esclusivamente come ornamento, sia femminile che maschile (in quest'ultimo caso veniva utilizzato per le armi e gli equipaggiamenti militari, i cavalli, i copricapi, per vesti trionfali, corone , statue celebrative, etc.). Con l'oro i romani abbellivano drappi e tappeti, decoravano mobili, pareti interne, soffitti, vasellame, etc. Sotto Tiberio il vasellame d'oro massiccio da tavola venne vietato a tutti tranne che all'imperatore, ma con Aureliano (III sec. d.C.) se ne restituì quest'uso sfarzoso ai ricchi. Aureo coniato nel 41-42 a Roma o a Lugdunum. Al diritto testa laureata di Claudio; al rovescio la Costanza (o Ceres) seduta su sedia curule. L’oro viene citato spesso anche nell’Antico Testamento, principalmente attraverso la Genesi e l’Esodo. Nel Nuovo Testamento invece, è incluso tra i regali dei re Magi descritti nel Vangelo di Matteo (2,1 -12). Nell’Apocalisse di Giovanni, l’ultimo libro del Nuovo Testamento, viene descritta la nuova Gerusalemme come una città formata solo da oro puro e pietre preziose (21, 18b – 21): “E la città è di oro puro, simile a terso cristallo. E le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente”. Mentre per i cristiani l'oro simboleggia la regalità di Gesù, nel Buddhismo è uno dei sette tesori e viene equiparato alla fede o alla retta convinzione. Nella metallurgia romana, furono sviluppati nuovi metodi per l’estrazione dell’oro su larga scala, attraverso l’impiego di della libbra romana (circa 8 grammi). La massa dell'aureo è stata ridotta al 1/45 di libbra (circa 7,11 g) durante il regno di Nerone.
  • 16. tecniche idrauliche innovative molto simili a quelle precedentemente descritte. Tali tecniche d’estrazione, dal 25 a.C. in poi, vennero impiegate specialmente in Spagna (chiamata Hispania, ai tempi dell’antico Impero romano) e nella regione storica chiamata Dacia22 , dal 106 d.C. in avanti. Una delle più grandi miniere d’oro degli antichi romani, era situata in un luogo storico della Spagna conosciuto con il nome di Las Médulas (situato nei pressi della città di Ponferrada, nell’attuale provincia di León). La tecnica mineraria utilizzata in quel luogo dai romani, prendeva il nome di Ruina Montium e venne descritta da Plinio il Vecchio nel suo trattato naturalistico: “Naturalis Historia”23 . Essa consisteva nella perforazione della montagna e nella successiva introduzione di grandi quantità d'acqua che letteralmente spingevano verso il basso la montagna. L'acqua necessaria veniva trasportata dalle montagne della Sierra de La Cabrera a Las Médulas attraverso un sistema di canali di centinaia di chilometri, alcuni dei quali si sono conservati fino ad oggi. Circa tre secoli dopo l’inizio del secondo millennio, nell’anno 1284 d.C., Venezia introduce il “ducato d’oro”, che ben presto diverrà la moneta più conosciuta e diffusa al mondo, mantenendo questo stato per più di cinque secoli. 22 La Dacia era, secondo la nomenclatura geografica dell'età antica, la terra dei Geti e dei Daci (chiamati anche Dai in un'epoca più remota). Corrispondeva a un'ampia regione dell'Europa centrale, delimitata a nord dai monti Carpazi, a sud dal Danubio, ad ovest dal Tibisco (oggi principalmente in territorio ungherese) e ad est dal Nistro (oggi in territorio moldavo). Pur nella variabilità dei suoi confini, corrispondeva quindi grossomodo all'area delle odierne Romania e Moldavia. La capitale della Dacia era Sarmizegetusa Regia. Dopo la cessazione della dominazione romana sulla regione e, ancor più, dopo la caduta dell'Impero romano, la denominazione di "Dacia" cadde progressivamente in disuso, lasciando il posto, nelle cronache storiche, a quelle corrispondenti alle varie regioni oggi comprese tra Ungheria, Romania e Moldavia: Transilvania, Valacchia, Moldavia e Bessarabia. 23 Nel suo trattato, Plinio il Vecchio descrisse ciò che accadeva a Las Médulas con le seguenti parole: “Quello che accade a Las Medulas è molto più del lavoro di giganti. Le montagne sono perforate da corridoi e gallerie create a lume di lampada. Per mesi le miniere non sono illuminate dalla luce del sole e molti minatori muoiono all'interno dei tunnel. Questo tipo di miniera è stato definito Ruina Montium. Le spaccature creatasi all'interno della miniera sono talmente pericolose che è più semplice trovare la purpurina o le perle in fondo al mare che scheggiare questa roccia. Con che pericolo abbiamo costruito la terra!”. Plinio affermò anche che 20.000 libre d'oro venivano estratte ogni anno. Sessantamila lavoratori liberi vennero impiegati in scavi che produssero 5 milioni di libre nel corso di 250 anni (corrispondenti a circa 2'270’000 kg d'oro).
  • 17. Ducato veneziano di Michele Steno (1400). Neanche due decenni più tardi (1298 d.C.), Marco Polo racconterà nel suo libro “Il Milione”, ciò che vide durante il suo viaggio in estremo oriente; in tali racconti, si evidenziava spesso la quasi illimitata disponibilità d’oro dei popoli orientali. Con la conquista di Ceuta24 , nel 1415, i portoghesi diedero inizio all’era tardo-medievale del controllo del commercio dell’oro proveniente dall’Africa. Anche se in seguito le rotte commerciali (carovane) dell’oro vennero deviate, i portoghesi continuarono ugualmente ad espandersi verso sud, lungo la costa, comprando l’oro direttamente dagli africani (o da intermediari europei) nel Golfo di Guinea. L’esplorazione europea delle Americhe è stata in gran parte alimentata dai racconti di viaggio dei primi esploratori che giunsero nel Nuovo Mondo e che in seguito riapprodarono sul continente europeo; i quali ebbero modo di rivelare a tutti coloro che rimasero nel Vecchio Mondo, ciò che videro con i loro occhi nei villaggi dei nativi americani. Ovvero, una grande quantità di oggetti ed ornamenti in oro, utilizzati appunto dalle popolazioni indigene presenti in vaste aree del Nuovo Mondo; soprattutto in America Centrale, Perù, Ecuador e Colombia. Per gli Aztechi, l’oro era addirittura considerato come un prodotto degli dei. Esso veniva chiamato (in lingua Nahuatl25 ), da questa 24 Ceuta è una città autonoma spagnola situata nel Nord Africa (circondata dal Marocco e situata sulla costa del mar Mediterraneo, vicino allo stretto di Gibilterra). Nel corso dei secoli, Ceuta è stata successivamente soggetta alla dominazione cartaginese, romana, visigota e araba; fino a quando venne conquistata dal Portogallo, il 14 agosto del 1415. Nel 1668 il Portogallo cedette definitivamente Ceuta alla Spagna. 25 Il nāhuatl (o azteco) è la lingua indigena del Messico centrale. È stata la lingua franca della Mesoamerica durante il millennio intercorso tra il VII secolo e la fine del XVI secolo dell'era attuale. Conosciuto anche come lingua messicana, era l'idioma parlato dal popolo oggi identificato come nahua (Aztechi, Colhua, Tepanechi, Acolhua e Toltechi). Di recente, studiosi
  • 18. florida civiltà precolombiana: Teocuitlatl ; che tradotto vorrebbe dire “escremento di Dio”. Dopo l’omicidio di Montezuma (un imperatore azteco che regnò dal 1502 al 1520 d.C), una quantità enorme di oro venne sottratta ai nativi americani dai conquistatori ispanici26 , per poi essere spedita via mare verso la Spagna. Numerosi manufatti, anche di pregevole fattura, furono prodotti dalle civiltà precolombiane, ma purtroppo molti di essi andarono distrutti, poiché sciolti per favorirne il trasporto sulle navi in rotta verso la Spagna. Tuttavia, per le popolazioni indigene del Nord America, l’oro veniva considerato un metallo inutile; per tali popolazioni, infatti, erano ben altri i minerali considerati preziosi e dunque di un certo valore (come ad esempio l’ossidiana, la selce e l’ardesia. Minerali dunque, che si prestavano meglio alla lavorazione e alla costruzione di determinati oggetti di uso quotidiano, armi comprese; e ovviamente molto più facili da reperire, rispetto all’oro). L’oro proveniente dalle miniere del Nuovo Mondo, arricchì dunque Spagna e Portogallo, all’inizio dell’Età Moderna27 ; prima che altri stati europei (come la Francia e la Gran Bretagna), iniziarono ad accaparrarselo in quantità sempre più elevate, sfruttando tutta la loro forza bellica di mare e di terra. Nello stesso periodo storico si diffuse la leggenda dell’El Dorado28 . nei vari campi della ricerca sulla Mesoamerica, hanno avanzato l'ipotesi che il nahuatl sarebbe stata una delle lingue parlate ai tempi della leggendaria Teotihuacan. 26 Hernán Cortés, il famoso condottiero spagnolo che abbatté l'impero azteco e lo sottomise al Regno di Spagna, inviò una grande quantità d’oro a Carlo V (l’allora re di Spagna), di cui una parte sotto forma di gioielli ; ma la gran parte di quell’oro venne fuso per finanziare le guerre avviate dalla Spagna in quel periodo storico. 27 L’Età Moderna, è uno dei grandi periodi in cui si suole convenzionalmente dividere, per lo più a scopi didattici e manualistici, la storia dell’umanità. Viene talvolta fatta cominciare con la caduta di Costantinopoli (1453), talaltra con la scoperta dell’America (1492) e fatta concludere con la Rivoluzione francese o con il Congresso di Vienna (1815); è caratterizzata soprattutto dalla nascita degli Stati moderni in Europa e dalla colonizzazione da parte dell’Europa degli altri continenti. 28 L’El Dorado si riteneva fosse una regione favolosa dell'America Meridionale a nord dell'equatore, piena d'immense ricchezze e di cui è frequente il ricordo nella letteratura dei secoli XVI-XVIII. L'origine della leggenda si deve probabilmente al fatto che, per un'usanza rituale, il cacicco di Guatavita si bagnava una volta l'anno nella sacra laguna col corpo unto di trementina e cosparso di polvere d'oro. La leggenda narrava dell'uomo d'oro - el (hombre) dorado - della casa del sole, di un ricchissimo impero Omagua, delle città favolose Paytiti e Manoa, del gran lago Parima, ecc. Per la conquista di quei regni favolosi, la posizione dei quali pareva doversi cercare nel bacino dell'Orinoco, si organizzarono numerose spedizioni durante i secoli XVI-XVIII.
  • 19. Dall’alchimia alla realtà Con il termine alchimia, generalmente si intende quell’antica scienza praticata soprattutto da Egizi, Fenici e Greci, che si proponeva di produrre l’oro usando metalli vili. Si andava alla ricerca della pietra filosofale, sostanza avente appunto il potere di operare tale trasformazione; e dell’elisir di lunga vita ed eterna giovinezza. Ed è proprio dall’alchimia che deriva la chimica moderna. Le sue origini affondano nell’antico Egitto e nella Grecia del primo secolo d.C.; in seguito si diffuse anche a Costantinopoli. Zosimo di Panapolis, vissuto in Egitto nel 300 d.C., nei suoi scritti parla di angeli decaduti che rivelarono agli uomini i processi per trasmutare i metalli. Furono gli alchimisti greci a gettare le basi dell’alchimia medioevale, con l’introduzione di strumenti indispensabili come l’alambicco e di processi fondamentali come la distillazione e la sublimazione. L’Ars magna, così veniva definita l’alchimia, aveva come principale obiettivo la realizzazione della favolosa pietra filosofale, il mitico materiale capace di trasformare qualunque altro materiale in oro, se utilizzata come polvere. Usata invece sotto forma di olio costituiva un "elisir di lunga vita". Alcuni descrivono la pietra filosofale “pesante, di colore grigio piombo, con tonalità bluastre e iridescenti”, altri la descrivono come “un cristallo diafano, di grande densità e con il colore del rubino.” Il processo per la realizzazione della pietra filosofale era naturalmente il segreto prezioso di ogni alchimista. Nella sua forma più semplice il processo alchemico consisteva nello sciogliere ripetutamente i diversi materiali in sali o acque, fondere e ridurre in crogioli, triturare, calcinare, mescolare e amalgamare nella speranza che in un giorno fortunato, comparisse il tanto desiderato oro. Il fondatore dell’alchimia araba fu Giābir ibn Ḥayyān. All’inizio del XIV secolo si ritrovarono cinque libri a lui attribuiti e su questi si fondò l’alchimia di tutto il XIV secolo. Intanto cominciò la lenta trasformazione verso la chimica, soprattutto per merito della ricerca dei principi attivi contenuti nelle erbe medicinali. Questa evoluzione si deve a Paracelso e ad un suo allievo, A. Libavio, che scoprì il cloruro stannico e descrisse la preparazione del vetriolo. Fino al XVIII secolo, l'alchimia era considerata una scienza seria in Europa; per esempio, Isaac Newton dedicò molto più tempo allo studio dell'alchimia piuttosto che a quello dell'ottica o della fisica, per le quali divenne famoso. Tuttavia Newton mantenne sempre un notevole riserbo intorno ai suoi studi alchemici, e non pubblicò mai opere sull'argomento. Fu l'economista John Maynard Keynes (nel 1936), a rendere
  • 20. pubblici i manoscritti newtoniani sull'alchimia (dei quali era entrato in possesso ad un'asta). Il declino dell'alchimia iniziò nel XVIII secolo con la nascita della chimica moderna, che fornì una più precisa e concreta struttura di base, per comprendere le trasmutazioni della materia in chiave più razionale e scientifica. Il materiale principale dell'alchimia era il mercurio, poiché dotato di particolari proprietà chimico-fisiche; esso infatti è l'unico metallo che si presenta, in natura, allo stato liquido. Gli elementi sono individuati dal loro numero atomico, che per il mercurio è 80, mentre per l'oro è 79. Questi due metalli hanno duttilità e altre proprietà simili, che la chimica ha confermato a livello microscopico. La vicinanza dei numeri atomici ha fatto pensare a molti scienziati del Novecento, che vi fosse la possibilità di ricavare oro, bombardando del mercurio (in provetta) con un determinato tipo di radiazioni. Ciò avrebbe dimostrato la reciproca convertibilità degli elementi chimici in questione. Un famoso esperimento, all’inizio degli anni quaranta, dimostrò infine che il più grande sogno degli alchimisti, ossia quello di trasformare il mercurio in oro, non rientrava soltanto nel campo della pura fantasia, ma poteva avere anche un certo riscontro nella realtà. Nel loro fortunato ed intramontabile libro “Il mattino dei maghi” (pubblicato per la prima volta da un editore francese, nel 1960), Louis Pauwels e Jacques Bergier così scrivevano a proposito delle “possibili verità alchemiche” celate nei libri dell’allora noto alchimista Fulcanelli29 : “Alchimisti moderni pretendono di aver ottenuto anche elementi chimici nuovi, e in quantità considerevoli, e Fulcanelli avrebbe estratto da un chilo di ferro venti grammi di un corpo del tutto nuovo le cui proprietà chimiche e fisiche non corrispondono a nessun elemento chimico conosciuto. La stessa operazione sarebbe applicabile a tutti gli elementi, la maggior parte dei quali darebbe due elementi nuovi per elemento trattato. Una simile affermazione è tale da sbalordire l’uomo di laboratorio. Attualmente la teoria non permette di prevedere altre separazioni di un elemento chimico che le seguenti: a) La molecola di un elemento può assumere più stati: orto-idrogeno e para-idrogeno, per esempio; b) Il nucleo di un elemento può assumere un certo numero di stati isotopici caratterizzati da un 29 Fulcanelli è lo pseudonimo di un autore di libri di alchimia del XX secolo, la cui identità non è mai stata resa nota. Lo pseudonimo utilizzato è formato dall'unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai fuochi alchemici. Si è supposto potesse trattarsi di Jean Julien Champagne, o René Adolphe Schwaller de Lubicz, o Camille Flammarion, o Pierre Dujol o Jules Violle, medico francese. Eugène Canseliet (nato nel 1899) si è sempre dichiarato discepolo di Fulcanelli, il quale parlò sempre attraverso Canseliet, che a sua volta curò le prefazioni dei suoi libri.
  • 21. numero di neutroni diversi. Nel litio-6 il nucleo contiene tre neutroni, e nel litio-7 il nucleo ne contiene quattro. I mezzi dell’alchimista sono, al confronto, ridicoli, eppure egli giungerebbe ad ottenere non un cambiamento di stato della materia, ma la creazione di una materia nuova, o almeno una scomposizione e ricomposizione diversa della materia. Tutta la nostra conoscenza dell’atomo e del nucleo è basata sul modello “saturniano” di Nagaoka e Rutherford: il nucleo e il suo anello di elettroni. Non è detto che nel futuro una diversa teoria non ci porti a realizzare cambiamenti di stato e separazioni di elementi chimici inconcepibili in questo momento”. Oggigiorno sappiamo che la sintesi di metalli preziosi, un obiettivo simbolico a lungo cercato nel corso della storia dagli alchimisti, è possibile solo con procedimenti basati sulla fisica nucleare; dunque attraverso l’impiego di reattori nucleari o acceleratori di particelle. Dal momento che gli acceleratori di particelle richiedono enormi quantità di energia, mentre i reattori nucleari producono energia, la sintesi artificiale di determinati elementi attraverso l’impiego di un reattore nucleare, è da considerarsi più economica rispetto ad una sintesi che implichi l’utilizzo di un acceleratore. Ciò ovviamente ci lascia ipotizzare che una tale operazione, da un punto di vista commerciale, sia fattibile solo con l’impiego di un reattore nucleare. Spesso l'obiettivo della sintesi, è di produrre un elemento ad un costo notevolmente inferiore, rispetto ai metodi standard di produzione. La trasmutazione di alcuni metalli di base30 in oro, è dunque oggigiorno possibile, ma solo attraverso l’impiego di reattori nucleari o acceleratori di particelle; anche se i costi di produzione sono attualmente assai più elevati, rispetto al costo di mercato dell’oro. Dal momento che l’unico isotopo stabile dell’oro è l’oro-197 (197 Au), le reazioni nucleari debbono necessariamente creare questo tipo d’isotopo, per produrre oro utilizzabile. La sintesi dell’oro, in un acceleratore di particelle, è realizzabile in diversi modi. Uno dei prossimi obiettivi del nuovo acceleratore di neutroni, denominato Spallation Neutron Source (SNS) e completato nell’aprile del 2006 ad Oak Ridge (Tennessee, USA), costato ben 1,4 miliardi di dollari, è proprio la trasmutazione di mercurio liquido in oro, platino ed iridio (ovvero in elementi con un relativamente basso numero 30 In chimica, il termine metallo di base viene usato in modo informale per indicare un metallo che si ossida o si corrode con una certa facilità e reagisce in modo variabile con acido cloridrico diluito (HCl), per formare idrogeno. Nella lista dei metalli di base troviamo ad esempio i seguenti elementi chimici: ferro, nichel, piombo e zinco. Nonostante non reagisca con l’acido cloridrico, anche il rame è considerato un metallo di base, poiché si ossida in modo relativamente semplice.
  • 22. atomico). L’oro venne sintetizzato per la prima volta dal mercurio, nel 1941 (attraverso un bombardamento di neutroni); purtroppo però, gli isotopi di oro così ottenuti erano radioattivi. Molti anni prima, nel marzo del 1924, il fisico giapponese Hantaro Nagaoka (il cui nome compare nella precedente citazione tratta dal libro “Il mattino dei maghi” e famoso per aver ideato, nel 1904, il primo modello planetario dell’atomo basato sull’analogia con gli anelli di saturno), descrisse uno studio personale nel quale veniva riportato che egli era stato in grado di produrre con successo, un milligrammo di oro e qualche milligrammo di platino, dal mercurio. Attualmente, l’oro può essere prodotto in un reattore nucleare, mediante irradiazione di platino o di mercurio. Solo un determinato isotopo del mercurio, ossia il mercurio-196 (196 Hg), che nel mercurio naturale si verifica con una frequenza dello 0,15%, può essere convertito mediante il processo di cattura neutronica31 e susseguente decadimento di cattura elettronica32 in oro-197 (197 Au), con neutroni lenti33 . Esistono comunque altri isotopi 31 La cattura neutronica è un tipo di reazione nucleare nella quale un nucleo atomico collide con uno o più neutroni, fondendosi per formare un nucleo più pesante. Poiché i neutroni non hanno carica elettrica, possono entrare in un nucleo più facilmente rispetto ai protoni carichi positivamente, che sono respinti elettrostaticamente. 32 La cattura elettronica è uno dei tre modi in cui può avvenire il decadimento β; accade quando un nucleo assorbe uno dei suoi elettroni orbitanti e un protone del nucleo diventa un neutrone e come risultato si ottiene l’emissione di un neutrino. Se le differenza di energia tra l'atomo iniziale e quello finale è minore di 1,022 MeV, il decadimento β per emissione di un positrone è proibito, e la cattura elettronica rimane l'unica modalità di decadimento. Ad esempio il rubidio-83 decade in kripton-83 solamente per cattura elettronica (la differenza di energia è di circa 0,9 MeV). 33 I neutroni termici, sono dei neutroni a bassa energia coinvolti nella fisica dei reattori nucleari, così definiti perché la loro energia è comparabile con l’energia termica a temperatura ambiente ordinaria. I neutroni termici rappresentano uno dei possibili tipi di neutroni, individuabili in base all’energia iniziale del neutrone, da cui dipende il raggio d’azione della forza d’interazione. Si distinguono pertanto quattro classi di neutroni: termici (energia iniziale minore di 0,1 eV), lenti (energia iniziale minore di 100 keV), veloci (energia iniziale minore di 10 MeV), ad alta energia (energia iniziale maggiore di 100 MeV). La rilevanza dei neutroni termici nei processi dei reattori nucleari è legata alla maggiore sezione d’urto rispetto ai neutroni più veloci, dai quali essi vengono appunto ottenuti per rallentamento fino al raggiungimento dell’equilibrio termico con l’ambiente. Tale processo di rallentamento avviene nel moderatore del reattore, costituito da una sostanza atta a rallentare i neutroni veloci emessi in una reazione di fissione e a trasformarli così in neutroni termici, assai più efficaci per il mantenimento della reazione medesima. Solitamente, il fascio di neutroni lenti emerge da un cilindro di grafite inserito nella parete di protezione del reattore: grazie alle continue collisioni con gli atomi di carbonio della grafite, i neutroni giungono all’equilibrio termico a temperatura ambiente. La sezione d’urto più elevata consente loro una maggiore probabilità di essere catturati dai nuclei atomici,
  • 23. del mercurio, che quando vengono irradiati con neutroni lenti, si convertono in altri isotopi (che possono a loro volta trasmutare in Tallio, mediante decadimento beta). Mediante l’impiego di neutroni veloci, il mercurio-198 (198 Hg), che compone il 9,97% del mercurio naturale, può essere convertito dalla scissione di un neutrone e divenire così mercurio-197 (197 Hg), che in seguito si auto-disintegra in oro stabile. Questa reazione, tuttavia, possiede una cross-section d’attivazione piuttosto piccola, ed è quindi realizzabile solo con reattori non moderati. È inoltre possibile indirizzare molti neutroni ad altissima energia in altri isotopi di mercurio, al fine di ottenere, come risultato finale della reazione, mercurio-197. Tuttavia, tali neutroni ad alta energia possono essere prodotti solo con acceleratori di particelle. Un cristallo d'oro ottenuto artificialmente per cristallizzazione, dalla decomposizione ad alta temperatura del tricloruro di oro (AuCl3). In tempi recenti e moderni Attorno al 1690, nella storia del Brasile si ha una svolta fondamentale: la scoperta dell’oro nello Stato di Minas Gerais34 . A partire dall’inizio del diciottesimo secolo, il Brasile diventò così il più grande produttore ed esportatore di oro al mondo; andando a coprire circa i 2/3 della produzione mondiale di quel periodo storico. Nel 1803, viene scoperta una vena aurifera a dando così origine a un isotopo più pesante (spesso instabile) dello stesso elemento chimico. 34 La colonizzazione dello Stato di Minas Gerais ad opera dei portoghesi è avvenuta subito dopo lo scoprimento del Brasile, nei secoli XVI e XVII. La scoperta dell’oro e delle pietre preziose in quella regione ha attratto molti esploratori che trasformano lo Stato nel centro economico di quel periodo. Oggi l’oro non c’è più ma rimangono alcuni tesori come i paesaggi indimenticabili, le edificazioni storiche, montagne, boschi, aria pura, laghi, caverne, storie e leggende.
  • 24. Little Medow Creek, in North Carolina (USA), scatenando di fatto la prima corsa all’oro. Circa mezzo secolo più tardi (1848), viene scoperto un filone aurifero in California, vicino a Sacramento, durante la costruzione di un edificio; fu l’evento che diede inizio alla seconda corsa all’oro. Quest’ultima contribuì in parte alla conquista della costa ovest (west) degli Stati Uniti e in parte alla crescita demografica ed economica in diverse città californiane (tra cui San Francisco). Questa importante e assai nota corsa all’oro californiana, partì esattamente il 24 gennaio del 1848, grazie a James W. Marshall e John Sutter, che scoprirono un filone d’oro a Coloma, California (nel luogo che passò alla storia con il nome di Sutter’s Mill). Nonostante tutti i loro tentativi di celare la notizia, la storia che in America (e in particolare nella disabitata California, in quel momento ancora territorio messicano35 ) ci fosse dell’oro è circolata velocemente, scatenando una vera e propria eccitazione collettiva. Nel marzo del 1848, il giornale di San Francisco pubblicò la notizia. Arrivarono migliaia di persone, chi dall’ovest del paese, chi dall’estero. Si crearono miniere, insediamenti e villaggi; i paesini già presenti divennero grandi città (San Francisco passò da meno di 1000 abitanti nel 1846 a 30’000 nel 1852), anche se non tutte sono sopravvissute agli anni (molte zone venivano rapidamente abbandonate una volta esaurita la riserva aurifera, divenendo così delle vere e proprie “città fantasma”). Nel 1849 la corsa all’oro prese il volo. I Forty-niners, cioè chiunque arrivasse in California in cerca d’oro, erano sempre di più, quasi 100’000 persone che crearono miniere ovunque, facilitati da un sempre più sviluppato sistema di trasporto e dalla legge del “free for the taking”; ovvero dalla libertà di estrarre l’oro senza regole e senza pagare alcuna tassa. A causa di tutto ciò, le ripercussioni su ambiente e abitanti del luogo furono ingenti. Gli indiani d’America (ovvero i pellerossa, o nativi americani), furono coloro che pagarono il prezzo più alto (in termini di soprusi e sofferenze), venendo spesso catturati e sfruttati come schiavi, o massacrati se si rifiutavano di obbedire. Sempre attorno alla metà del diciannovesimo secolo, si scoprirono inoltre importanti filoni auriferi in Australia; e attorno al 1870 anche in Sud Africa (paese che da allora ha fornito circa il 40% dell’oro estratto dalle miniere). L’ultima corsa all’oro risale al 1898, con la scoperta di un filone aurifero in Alaska (USA). Poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1937, il più grande deposito d’oro degli Stati Uniti 35 La California divenne il trentunesimo Stato degli USA, il 9 settembre del 1850.
  • 25. viene inaugurato a Fort Knox, nello stato del Kentucky. Poco più di mezzo secolo dopo, nel 1990, proprio gli Stati Uniti diventano il secondo produttore mondiale di oro, dopo il Sud Africa. Anche se dal punto di vista geologico l'oro nell'antichità era relativamente facile da ottenere, il 75% dell'oro recuperato dalla crosta terrestre è stato estratto dopo il 1910. Si stima che se tutto l'oro raffinato del mondo venisse fuso in un cubo, il cubo avrebbe uno spigolo di circa 20,5 metri (e dunque un volume di ben 8615 m3 , la cui massa si aggirerebbe attorno alle 166 kt). Grazie al suo valore e alla sua resistenza alla corrosione, gran parte dell'oro estratto nel corso della storia è tuttora in circolazione, in qualche forma. Un cercatore d’oro in California (1850). Nel 2011 sono state prodotte oltre 1’800 tonnellate di oro in soli dieci paesi del mondo, su una produzione complessiva di 2’660 tonnellate. Questi paesi sono leader del settore e si estendono in quattro continenti; alcuni sono paesi sviluppati ed altri in via di sviluppo. Partendo dal maggior produttore abbiamo: - Cina (355 t): Oltre ad essere il principale consumatore d'oro è anche il leader mondiale nella produzione; titolo che ha conquistato nel 2007 a scapito del Sud Africa. Nel 2011 è stato l'unico paese ad aver superato le 300 tonnellate. Ha prodotto 10 tonnellate in più rispetto al 2010 (+ 3%).
  • 26. - Australia (270 t): La produzione australiana è aumentata di 9 tonnellate rispetto al 2010. La maggior parte del metallo giallo del paese viene estratto nella gigantesca miniera Super Pit, che si trova a Kalgoorlie. Una volta chiamata Golden Mile, composta da numerosi siti minerari, è un luogo simbolo che è stato trasformato nella più grande miniera d'Australia a cielo aperto, attualmente di proprietà della Newmont e della Barrick Gold. - Stati Uniti d’America (237 t): Nel 2010 avevano prodotto 231 tonnellate. La maggior parte dell'oro degli Stati Uniti viene estratto nello stato del Nevada. La Newmont è presente nella regione con 14 miniere a cielo aperto e quattro miniere sotterranee. - Russia (200 t): La produzione è aumentata di 8 tonnellate rispetto all'anno precedente. Le regioni più prolifiche sono la Siberia e l'estremo oriente. La Polyus Gold International, che gestisce impianti in entrambe le zone, è il principale produttore russo. - Sud Africa (190 t): È il principale produttore dell'Africa. Le principali riserve si trovano a Witswatersrand. Rispetto al 2010 ha aumentato di 1 sola tonnellata l'oro estratto. - Perù (150 t): La produzione è in discesa dalle 164 tonnellate del 2010. Il giacimento più importante, di tutta l'America Latina, è la Minera Yanacocha. - Canada (110 t): Ha aumentato la produzione dalle 91 tonnellate del 2010. La maggior parte dell'oro proviene dall'Ontario, dove ha sede la miniera Red Lake di proprietà della Goldcorp. Da questa miniera proviene circa la metà di tutto l'oro canadese. - Ghana (100 t): La produzione è aumentata dalle 82 tonnellate del 2010. La più grande miniera del paese, Tarkwa, è gestita dalla Gold Fields. - Indonesia (100 t): Ha prodotto meno che nel 2010 (120 tonnellate). Anche se l'Indonesia è un arcipelago con 17’508 isole, i giacimenti d'oro si trovano in una manciata di distretti minerari. Uno dei più importanti è quello di Grasberg, che ospita la più grande miniera del mondo, chiamata proprio Grasberg. - Uzbekistan (90 t): L'azienda mineraria più importante è di proprietà statale e si chiama Navoi Mining and Metallurgical Combinat e produce l'80% della produzione d'oro della nazione. L'impianto più importante è Muruntau, la più grande miniera a cielo
  • 27. aperto del mondo, le cui riserve dovrebbero durare fino a circa il 2032. In Italia, in base ai dati risalenti al 2009, vengono prodotti 450 kg di metallo giallo; una quantità che colloca la nazione al 78° posto tra i produttori mondiali di oro. Le riserve aurifere minerarie (mondiali) stimate nel 2010, ammontavano a circa 51 kt (di cui Australia e Sud Africa si dividono il 26%). Le banche centrali del mondo, nel giugno del 2010, si ritrovarono con una riserva aurifera, custodita nei loro blindatissimi caveau, di circa 27'000 tonnellate! (il 40% detenuta nella zona euro e il 30% negli Stati Uniti). Un aspetto mutevole, ma inconfondibile “Nei paesi ricchi il consumo consiste in persone che spendono soldi che non hanno, per comprare beni che non vogliono, per impressionare persone che non amano”. Joachim Spangenberg In luoghi e forme diverse L’oro in natura si presenta sotto forma di pepite (o granuli nelle rocce), a volte ridotte in polvere o in pagliuzze, a causa dell’erosione meccanica geologica (un processo alla cui base sta la degradazione meteorica). Le diverse forme in cui è possibile trovare l’oro in natura, sono essenzialmente tre: l’oro nativo, l’oro alluvionale e l’oro incluso nelle rocce ultrabasiche36 (una quarta forma, raramente ricordata e menzionata, riguarda l’oro contenuto in soluzione nell’acqua degli oceani). L’oro nativo è più o meno argentifero e si presenta raramente in cristalli isolati (i rari cristalli sono cubici od ottaedrici, questi ultimi spesso geminati); molto più frequentemente lo si ritrova invece in raggruppamenti dendritici oppure in scagliette, lamine o in granuli irregolari e porosi. Esso costituisce i giacimenti auriferi di origine idrotermale presenti entro rocce eruttive acide. Il metallo è generalmente associato a solfuri vari (pirite, calcopirite, arsenopirite, etc.), o contenuto in essi in stato di 36 Le rocce ultrabasiche (o ultrafemiche), sono rocce molto scure formate, in genere, da silicati di magnesio e ferro. La silice totale non supera il 45 % in massa.
  • 28. grande dispersione. Tali giacimenti si presentano sotto forma di vene e filoni a ganga quarzosa (quarzo aurifero, pirite aurifera). Dal disfacimento dei filoni auriferi si formarono i giacimenti di trasporto o alluvionali, che furono certamente i primi sfruttati, e che occupano ora il letto di molti fiumi. I materiali sono generalmente costituiti da conglomerati quarziferi e da sabbie sciolte che vengono trasportati e concentrati dalle correnti fluviali; il metallo che viene estratto si presenta generalmente in pagliuzze o in frammenti più grandi, di diversa dimensione e massa, che si presentano arrotondati a seguito del trasporto subito (pepite37 ). Nei depositi alluvionali l’oro è associato solitamente alla magnetite, ma anche a monazite, zirconio, corindone e qualche volta anche al diamante. L'oro alluvionale si presenta in piccole lamine o squame metalliche sottili (raramente più larghe di 2-3 millimetri), di elevata purezza. Poiché l'oro ha un elevato peso specifico, si separa facilmente (ma molto lentamente) dalla sabbia più chiara (prevalentemente quarzosa, quindi leggera), concentrandosi infine nelle sabbie più scure (costituite prevalentemente da magnetite ed ilmenite, pesanti e di colore nero). L'abbondanza di oro alluvionale in determinati fiumi dipende dalla concentrazione dell'oro presente nelle rocce che sono attraversate e, nel tempo, erose dal fiume. Anche l’acqua degli oceani contiene oro. Nell’oceano Atlantico e a nordest del Pacifico, sono state misurate concentrazioni oscillanti tra i 10 e i 30 grammi per km3 (anche se non vi è ancora piena certezza che tali concentrazioni siano le stesse per entrambi gli oceani). Le acque profonde del Mediterraneo contengono alte concentrazioni di oro (100-150 fmol/L), in genere attribuite a polveri portate dai venti o dai fiumi. Facendo alcuni calcoli si arriva a stimare che l’acqua di tutti gli oceani della Terra, conterrebbe all’incirca, ben 15'000 tonnellate di 37 Le pepite si concentrano spesso nei corsi d'acqua dove vengono ritrovate dai cercatori d'oro fluviale, ma possono essere anche rinvenute in depositi residuali laddove le vene o i filoni auriferi si sono esauriti. Le pepite possono trovarsi anche nei cumuli di scarti di laveria, provenienti da precedenti operazioni minerarie, specialmente tra gli scarti lasciati dalle draghe utilizzate per la ricerca dell'oro. L'estrazione di pepite con metodo alluvionale, ovvero per precipitazione gravimetrica con semplice lavaggio e riciclo produttivo dell'acqua, consente di definire come Oro etico questa tipologia di metallo (con Oro etico si intende quella tipologia di oro che sia stata estratta con tecniche e metodologie non invasive, ovvero senza l'utilizzo di agenti chimici o esplosivi, nonché in armonia e collaborazione con l'ambiente e le comunità locali coinvolte. La definizione di Oro etico è entrata progressivamente nel gergo minerario, dei metalli preziosi e giornalistico a partire dall'inizio degli anni 2000 con l'evoluzione delle pratiche di sostenibilità ambientale e sociale).
  • 29. oro38 . Sino ad oggi comunque, nessun metodo economico (e dunque commercialmente valido) di estrazione dall’acqua di mare, è stato ancora identificato. In quantità molto ridotte, l’oro può essere presente anche in alcune rocce ultrabasiche; anche se generalmente, è il platino ad essere “geneticamente” legato a tali rocce (e dunque presente in maggiori quantità, rispetto all’oro). Una pepita d’oro naturale. In base a quanto riportato in un articolo, apparso sulla rivista National Geographic all’inizio del 2013, nei fondali marini vi sarebbe un’abbondante presenza di metalli preziosi (oro, rame, zinco, etc.). Da decenni gli scienziati sono al corrente di questa ricchezza, ma solo di recente, con la crescente domanda di materie prime, si è pensato di sfruttarla. Si tratta quindi di depositi minerali naturali che nei prossimi cinque anni una manciata di aziende potrebbe essere pronta ad attaccare. Questi depositi non sono troppo difficili da scovare: sul fondo del mare sono identificabili grazie a fonti idrotermali naturali che gettano in mare grandi (e ricche) concentrazioni di metalli e minerali. Si tratta di geyser sottomarini che emettono fluidi con temperature superiori a 600 °C; e quando quei fluidi vengono a contatto con l'acqua di mare ghiacciata, i minerali in essi contenuti si solidificano e precipitano sul fondo dell'oceano. Ognuno di questi depositi può fornire fino a dieci volte i minerali prodotti da una miniera tradizionale di superficie. Ciascuna di queste fonti idrotermali, offre differenti concentrazioni di minerali 38 Queste cifre sono di tre ordini di grandezza inferiori, rispetto a quanto riportato dalla letteratura scientifica prima del 1988 (fino alla metà degli anni ottanta del secolo scorso, si riteneva infatti che la quantità di oro contenuta nell’acqua degli oceani, oscillasse tra i 70 e i 150 milioni di tonnellate); il che indica certamente dei problemi di contaminazione sui dati antecedenti a tale data.
  • 30. preziosi; ma, nel caso dell’oro, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) stima che, nel complesso, i fondali potrebbero offrire quattro chilogrammi di metallo giallo per ogni abitante della terra. Al prezzo attuale dell'oro, un valore complessivo di circa 150mila miliardi di dollari. Molte società minerarie, sparse un po’ ovunque nel mondo, stanno valutando le possibilità di estrazione in tutto il Pacifico meridionale. L'International Seabed Authority (autorità internazionale per i fondali marini), che regola l'utilizzo dei fondali in acque internazionali, negli ultimi dieci anni ha concesso 12 permessi esplorativi a governi di diversi paesi; tra i quali India, Francia, Giappone, Russia, Cina, Corea, e Germania. Tuttavia, l'estrazione di minerali in mare, alla profondità di un chilometro, dove la pressione è 160 volte superiore a quella di superficie e dove le temperature oscillano da sotto lo zero a centinaia di gradi sopra il punto di ebollizione, è più complicata e più costosa dell'estrazione sulla terra ferma. Per ora comunque, rimangono soltanto le preoccupazioni di un folto gruppo di scienziati e persone comuni, sulle possibili conseguenze dirette sulla fauna ittica (nonché sulle comunità locali), dei metalli pesanti tossici rilasciati da eventuali attività minerarie. Non vi è infatti alcuna garanzia, sulla chimica e la dispersione dei metalli provenienti dal processo di estrazione; metalli che le correnti oceaniche potrebbero trasportare ovunque. Metodi d’estrazione L’estrazione dell’oro (dalle cave sino al processo di fusione), è suddivisa in più fasi: - Estrazione mineraria dalla roccia madre; - Concentrazione dell’oro (per gravità/forza centrifuga o mediante flottazione con schiuma); - Lisciviazione mediante cianuro o tiosolfato; - Trattamento di Merrill-Crowe; - Fusione Una parentesi: Diversi metodi d’estrazione dell’oro residuo in soluzione (negli scarichi industriali o minerari), vengono usati ormai da qualche decennio; essi consistono nella bioconcentrazione, o meglio ancora nel bioassorbimento (ad esempio partendo da una massa di materia organica morta di Azolla filiculoides, una piccola felce acquatica che funge da bioassorbente); in quest’ultimo
  • 31. caso, si è riusciti ad oltrepassare il 99% di resa, nelle migliori condizioni possibili. In genere una biomassa d’Azolla (opportunamente pretrattata con un determinato procedimento di lavaggio ed essicazione), è in grado di catturare oltre l’86% di oro presente in una soluzione che contenga inizialmente dai 2 ai 10 mg/L. L’Azolla essiccata, è da considerarsi quindi un bioassorbente molto efficace, poiché presenta un potere d’assorbimento superiore a quello delle assai costose (nonché inquinanti) resine a scambio ionico39 . Fine della parentesi. Vediamo ora in dettaglio in cosa consistono (praticamente e tecnicamente), queste cinque fasi di estrazione dell’oro, menzionate poc’anzi. Per l’estrazione di oro nativo contenuto in filoni all’interno di rocce metamorfiche o ignee, ovviamente vengono usate tecniche di escavazione mineraria. Oggigiorno, per scoprire se una zona è ricca di un determinato materiale o elemento, si procede con un metodo chiamato carotaggio; esso consiste nel penetrare nel terreno con una fresa forata nel centro. Quando è penetrata nel terreno completamente, si estrae e da essa viene estratto un campione di roccia per stabilire a che profondità c'è la vena più grande (per poi decidere dove scavare il primo cunicolo). Le miniere possono essere: a pozzo verticale o a cielo aperto. Le miniere a pozzo verticale possono raggiungere profondità notevoli, normalmente, per motivi economici e di sicurezza, le miniere non superano gli 1,82 km di profondità. Attorno a un pozzo centrale vengono scavate delle gallerie laterali che permettono di raggiungere i vari strati dei giacimenti: i mezzi utilizzati sono il montacarichi, i carrelli, gli impianti di ventilazione, i vagoncini su rotaia e i nastri trasportatori. Altre gallerie di servizio (per la ventilazione, la distribuzione di aria compressa, di acqua e di energia elettrica) completano l'impianto. Questo sistema di estrazione era un tempo molto pericoloso a causa dei gas che si formavano e che, a contatto con l'aria, davano origine a miscele esplosive. Oggi si lavora in condizioni di maggiore sicurezza; infatti il modo d'estrazione è 39 Una resina a scambio ionico è composta da una matrice polimerica (in genere granuli di pochi millimetri di diametro) in cui sono intrappolati o inglobati ioni, disponibili per lo scambio ionico. Esistono numerosissime resine per lo scambio ionico, la maggior parte delle quali sono a base di polistirene, in genere reticolato con divinilbenzene, a cui poi sono aggiunti gruppi funzionali in grado di catturare o rilasciare gli ioni. Le resine a scambio ionico hanno sostituito in larga parte l'uso delle zeoliti e trovano largo impiego in varie applicazioni di ingegneria chimica, in particolare nei processi di demineralizzazione, ad esempio dell'acqua.
  • 32. più sofisticato: gli impianti di sollevamento scendono e scavano pozzi, i minatori si calano con attrezzatura di scavo e con carrelli, il materiale viene estratto a filoni e caricato su vagoni a rotaia poi, all'esterno, i minerali vengono trasportati nelle industrie minerarie dove vengono estratti i metalli (tra cui ovviamente l’oro, presente in maggiore o minore quantità, rispetto agli altri metalli. Questo dipende dal tipo di miniera; in una miniera aurifera, ovviamente si troverà in prevalenza oro, e in misura molto più ridotta, altri metalli meno nobili). Le miniere a cielo aperto sono usate quando i depositi di minerali utili dal punto di vista del commercio o rocce vengono ritrovate vicino alla superficie, cioè dove il sovraccarico (materiale di superficie che copre il deposito di valore) è relativamente sottile o il materiale di interesse è strutturalmente inadatto per le gallerie (come nel caso della sabbia, della cenere e della ghiaia). Dove i minerali capitano profondamente al di sotto della superficie, dove il sovraccarico è spesso o i minerali capitano all'interno di vene nella roccia dura; i metodi di miniera sotterranea vengono usati per estrarre il materiale di valore. Le miniere a cielo aperto vengono solitamente allargate finché la riserva di minerale non è esaurita. Nelle miniere a cielo aperto a gradoni, vengono scolpiti dei “gradini”. La prima macchina che entra in azione è lo scavatore. Nel gradino di sotto lavora la macchina per il disgaggio che pulisce il versante scavato e fa cadere verso il basso i frammenti di roccia. Più sotto l'apripista sgombra il gradino e fa rotolare il materiale nel piazzale, dove l'escavatore lo raccoglie e lo carica sull'autocarro. La più grande miniera a cielo aperto del mondo si trova a Bingham Canyon, nello Utah (USA), a pochi chilometri da Salt Lake City; in questa miniera, talmente grande che è possibile riconoscerla anche dallo spazio, vi si estrae il rame. Questa miniera, conosciuta anche con il nome di Kennecott (dal nome dell’industria mineraria interessata), fu avviata nel 1906 e da allora è stata sfruttata senza sosta, producendo una voragine profonda 970 metri e con un’ampiezza massima di circa 4 chilometri. Occupa complessivamente 7,7 chilometri quadrati e dal 1966 è luogo d’interesse storico di portata nazionale (National Historic Landmark). L'estrazione dell'oro dai suoi minerali diventa economicamente conveniente quando la concentrazione del metallo è superiore a 0,5 ppm (0,5 grammi per tonnellata); nelle grandi miniere a cielo aperto la concentrazione tipica è compresa tra 1 e 5 ppm; per i minerali scavati in miniere sotterranee, la concentrazione media è di circa 3 ppm. Per essere visibile a occhio nudo in un suo minerale, l'oro deve avere una concentrazione di circa 30
  • 33. ppm; questo spiega perché perfino nelle miniere d'oro è poco frequente vederlo. Una miniera a cielo aperto (Nevada, USA) Nel momento in cui i minerali estratti dalle miniere (contenenti oro ed altri metalli), giungono alle industrie minerarie, si procede con la concentrazione dell’oro. Quest’ultima solitamente viene eseguita mediante un sistema basato sulla contemporanea utilizzazione delle forze di gravità e centrifuga, oppure con la tecnica della flottazione con schiuma. Il primo metodo, consiste nell’impiego di un canale a sezione curva, avvolto a spirale rispetto ad un asse centrale verticale. Il minerale viene alimentato dall'alto sotto forma di torbida a densità prestabilita e costante. Durante la discesa si formano nel canale tre bande (concentrato, misto, sterile), che sono separatamente spillate attraverso apposite fenditure. Il secondo metodo invece, la flottazione con schiuma, viene impiegato per la separazione dei minerali dalle loro ganghe, sfruttando la loro differenza di idrofobicità. Si tratta di una tecnica che consiste nell’insufflare aria all’interno di una vasca piena d’acqua (precedentemente miscelata con opportuni agenti flottanti o schiumogeni), in cui sono presenti uno o più componenti solidi in sospensione. In tal modo i componenti che hanno maggiore affinità con l’aria, vengono spinti verso l’alto dalle bolle d’aria, mentre i componenti che hanno maggiore affinità con l’acqua, precipitano sul fondo. La miscela che precipita e si deposita sul fondo, viene comunemente detta “torbida”. A questo punto si passa alla terza fase estrattiva dell’oro, ovvero alla lisciviazione mediante cianuro o tiosolfato. La lisciviazione al cianuro rappresenta lo standard di settore per la lavorazione
  • 34. dell'oro da oltre 100 anni. Durante il processo di lisciviazione al cianuro, una soluzione di cianuro (o lisciviante), viene percolata attraverso il minerale contenuto in vasche, colonne o cumuli. L'oro viene disciolto dal cianuro e poi viene rimosso dal cumulo o dalle colonne. Viene poi estratto dalla soluzione di lisciviazione (ad alto tenore d'oro), per assorbimento, su carbonio40 o resine41 . Questo metodo collaudato ed economicamente vantaggioso per l'estrazione dell'oro, offre il massimo recupero per molti minerali dell'oro, compresi minerali di basso tenore e alcuni minerali refrattari. Nella lisciviazione al cianuro tradizionale, il minerale è posizionato in vasche o colonne. La soluzione al cianuro percola attraverso il minerale e discioglie l'oro, che viene poi rimosso dal lisciviante per assorbimento su carbonio o resine. Esiste tuttavia un’altra tecnica di lisciviazione, con cui è possibile fare a meno dell’impiego di cianuro; si tratta della lisciviazione con tiosolfato. Questo tipo di lisciviazione, offre numerosi vantaggi relativi al recupero dell'oro e alle preoccupazioni di carattere ambientale. A differenza del cianuro, il quale è notevolmente tossico, le sostanze chimiche usate nel processo di lisciviazione con tiosolfato sono “benigne”. Questa tecnologia offre un grande potenziale nelle giurisdizioni in cui l'utilizzo del cianuro è vietato completamente oppure è soggetto a pubblicità negativa per preoccupazioni di carattere ambientale. In molti casi, tale processo offre recuperi simili a quelli ottenuti con la lisciviazione con cianuro. I principali componenti chimici del processo di lisciviazione con tiosolfato (ammonio tiosolfato e ammonio solfato), sono dei fertilizzanti comuni. Ciò rende dunque più concreta la possibilità, in futuro, di utilizzare le soluzioni di residui minerari in applicazioni agricole (laddove ovviamente i regolamenti ambientali lo permetteranno). Una delle ultime fasi del processo estrattivo dell’oro, consiste nel separare quest’ultimo, dai residui di cianuro ancora in soluzione (qualora il metallo giallo, sia stato sottoposto a cianurazione). Questa tecnica è conosciuta come: trattamento (o processo) di Merrill-Crowe42 . Mediante questo metodo, la soluzione viene separata dal minerale con metodi quali 40 Il carbone attivo rimuove in modo efficace l'oro dal cianuro, in quanto l'oro è assorbito nei pori del carbone. Ciò ha generato tecnologie come CIP (carbonio in polpa), CIL (carbonio in lisciviazione) e CIC (carbonio in colonne). 41 In questo caso l'oro viene assorbito nelle particelle di resina sintetica piuttosto che nel carbone attivo. Questo processo è più efficiente, facile da controllare e robusto rispetto alle tecnologie a base di carbonio. 42 Il processo di base fu scoperto e brevettato da Charles Washington Merrill attorno al 1900, e più tardi riveduto e rifinito da Thomas B. Crowe, un impiegato della Merrill Company.
  • 35. filtrazione e decantazione controcorrente43 . Successivamente viene ottenuta una soluzione molto limpida, utilizzando dei filtri a farina fossile. L’ossigeno viene quindi rimosso facendo passare la soluzione attraverso una colonna di deareazione sottovuoto. A questo punto, della polvere di zinco viene aggiunta alla soluzione ormai limpida e deareata. Fatto ciò, l’oro inizia a precipitare; questo accade perché lo zinco ha un’alta affinità con lo ione cianuro, mentre l’oro no. Qualora fossero presenti in soluzione, oltre all’oro, anche altri metalli preziosi (come ad esempio l’argento, oppure dei metalli di base come ad esempio il rame), inizierebbero anch’essi a precipitare. Alla fine, si ottiene tuttavia ancora un miscuglio di oro e polvere di zinco, che dovrà di conseguenza essere estratto dalla soluzione mediante filtrazione. Fatto ciò, il miscuglio di oro e zinco viene mescolato a sua volta con dell’acido solforico; questa operazione provoca lo scioglimento dello zinco. Infine, la soluzione ottenuta viene filtrata per l’ultima volta, e la materia solida restante, viene fusa in barre o lingotti d’oro. Questi ultimi vengono in seguito spediti a delle raffinerie, che procederanno alla rimozione di rame e argento in essi ancora contenuti. Per concludere, è necessario comunque ricordare che l’estrazione dell’oro è una delle attività industriali più inquinanti. Essa infatti, richiede l’utilizzo di mercurio (processo di amalgamazione44 ) o di cianuro (lisciviazione). Sia il cianuro che il mercurio, sono sostanze particolarmente tossiche e difficili da smaltire. Se in Europa o nel Nord America queste sostanze vengono raccolte in vasche di cemento, in altre zone del mondo vengono semplicemente rilasciate nei fiumi. Grandi problemi si sono avuti in Ghana, Australia, Cina, Indonesia, 43 Una particolare utilizzazione dei decantatori continui consiste nella loro riunione in gruppi per il cosiddetto lavaggio continuo in controcorrente dei precipitati, per mezzo dei quali si può giungere ad un esaurimento sistematico del fango, ottenendo soluzioni di concentrazione elevata con perdite minime di sali disciolti. Il loro impiego è corrente nelle industrie idrometallurgiche, nella caustificazione della soda, nella fabbricazione dell'acido fosforico, etc. 44 A temperatura ambiente, il mercurio si combina facilmente con molti metalli, fra cui l’oro, formando un amalgama. Maggiore è la quantità di mercurio, più l’amalgama risulta molle e pastoso, fino anche a presentarsi liquido. Se invece il contenuto di mercurio è basso, l’amalgama assume la consistenza di una massa metallica compatta, dura ma anche fragile. La formazione dell’amalgama d’oro viene sfruttata per l’estrazione del metallo dal minerale che lo contiene (in quantità pari a circa 10 grammi ogni tonnellata). La roccia viene frantumata e polverizzata in modo da liberare le particelle di metallo. Il mercurio è aggiunto alla miscela di roccia polverizzata e acqua (detta “pasta”), così da formare un amalgama con l’oro. Facendo passare la pasta sopra lastre inclinate di rame, l’amalgama si separa dalle particelle rocciose aderendo alle lastre, da dove viene raschiata a intervalli regolari.
  • 36. Guatemala, Honduras e Nicaragua. In Ghana, per esempio, i cercatori illegali (che estraggono circa il 15% dell’oro del Paese), utilizzano il mercurio per separare l’oro dalle rocce. Parte di questo mercurio evapora poco dopo la lavorazione; la parte restante, invece, finisce nei corsi d’acqua. Ossia in quegli stessi torrenti che sono fonte d’acqua, per i villaggi e per l’irrigazione dei campi. Intere piantagioni di riso, mais e cacao, vengono così contaminate e molte persone finiscono intossicate. Danni simili si registrano nelle miniere illegali delle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo. In Indonesia, questa pratica è illegale per la tossicità del mercurio. Ma, poiché il prezzo dell’oro è triplicato in un decennio, il ricorso al mercurio, che rende i processi di estrazione rapidi, è diventato più frequente (si stima che questo sia il Paese che, dopo la Cina, impiega le maggiori quantità di mercurio per estrarre oro). Le conseguenze sono evidenti nel Borneo centrale, nei pressi della miniera di Galagan, dove ampi settori di foresta tropicale sono stati distrutti e la fauna ittica dei fiumi è stata decimata. Anche la miniera d’oro di Grasberg, la più grande al mondo, che si trova nella Papua indonesiana, è al centro di un disastro ecologico. Aperta negli anni Settanta, arriva a produrre 200’000 tonnellate di detriti al giorno, con la conseguente distruzione dell’ecosistema nelle valli circostanti. L’oro alluvionale Durante il periodo delle glaciazioni, enormi quantità di ghiaccio scendevano lentamente lungo le valli di tutte le catene montuose presenti sulla Terra, triturando e schiacciando tutto il materiale roccioso che incontravano sul loro cammino. Insieme alle rocce, ai cristalli e ad altro materiale, i ghiacciai, laddove fosse presente, trascinarono a valle (fino in pianura) anche l’oro. Il metallo giallo, nella sua lenta discesa, venne schiacciato e “plasmato” dal peso dei ghiacciai che lo trascinavano sempre più a valle, secolo dopo secolo, sino alla fine dell’era glaciale (conclusasi circa diecimila anni fa). Questo, principalmente, è dunque il motivo per cui l’oro, nella sua tipologia alluvionale, si presenta sotto forma di pagliuzze o scaglie piuttosto piccole e sottili (solitamente larghe tra i due e i tre millimetri). L'oro dei giacimenti secondari (alluvionali), non si trova dunque soltanto nel letto dei fiumi (in cui generalmente lo si cerca), ma anche e soprattutto nei terreni circostanti. Quando periodicamente i fiumi vanno in piena, le acque diventano alte e impetuose ed erodono i fianchi del letto del fiume stesso. Il sedimento, rimesso in circolo, contiene anche le pagliuzze d'oro che
  • 37. precedentemente si erano depositate e che si depositeranno nuovamente più a valle (nel fiume), all'interno delle anse, formando le cosiddette "punte". Gli spostamenti, ad ogni alluvione, non sono mai chilometrici, poiché l’alto peso specifico del metallo prezioso, ne limita il trasporto. Vi sono diversi strumenti utilizzabili per la ricerca dell'oro alluvionale. In Italia il più utilizzato (in diverse versioni, a seconda della regione) è il canaletto, costituito da una tavola di legno leggermente inclinata e posta sotto il pelo dell'acqua corrente. La tavola è scanalata trasversalmente in modo da provocare una serie di vortici che rimescolano la sabbia che vi viene gettata sopra, portando così in sospensione le particelle di sabbia più leggere che vengono rimosse dall'acqua. Le sabbie più pesanti (ricche d'oro e magnetite) si concentrano nelle ultime scanalature dalle quali vengono alla fine recuperate. Una ulteriore concentrazione si ottiene nella batea. È uno strumento simile ad un piatto di legno leggermente svasato, sul fondo del quale si riesce a far concentrare ulteriormente l'oro, facendo ruotare e debordare l'acqua con le sabbie meno pesanti. Oro alluvionale Una curiosità: Verso la fine del 2011, due gruppi di ricercatori canadesi, sono riusciti ad individuare il meccanismo metabolico che permette a un batterio di prosperare in un ambiente ricco di ioni d’oro (ambienti che di norma inibiscono la crescita di microrganismi). Mentre la presenza nell'ambiente di alcuni metalli, per esempio il ferro, è una condizione favorevole o addirittura indispensabile
  • 38. alla crescita dei batteri, altri metalli, primi fra tutti gli ioni argento e oro, sono estremamente tossici per i microrganismi e rappresentano un fortissimo ostacolo alla loro proliferazione. Tuttavia, sulle pepite d'oro si trovano spesso biofilm batterici, che dalle analisi condotte risultano formati al 90 per cento da colonie di due batteri: Cupriavidus metallidurans e Delftia acidovorans. I meccanismi attraverso cui i due tipi di microrganismi riescono a sopravvivere in un ambiente microbiologicamente proibitivo, sono radicalmente differenti. I batteri di C. metallidurans inattivano gli ioni oro dopo che sono penetrati nella cellula, facendoli precipitare in nanoparticelle che permangono inerti all'interno del citoplasma. La strategia di D. acidovorans, prevede invece che l'inattivazione degli ioni oro, avvenga prima del loro ingresso nella cellula batterica (non appena questi vengono a contatto con una sostanza secreta dal batterio, chiamata delftibactina; che causa la precipitazione del metallo all'esterno della cellula, producendo granuli di oro massiccio, biologicamente inerte). La delftibactina appartiene a una classe di metaboliti secondari molto stabili, i polichetidi, che vengono prodotti da numerosi organismi (in particolare da batteri e funghi). Dalle analisi condotte è risultato che la delftibactina, ha una struttura molto simile ai classici siderofori (le biomolecole che legano il ferro), che il microrganismo deve aver modificato per poter colonizzare una nicchia ecologica libera; ossia quella dei torrenti e delle acque relativamente ricche di oro. Secondo i ricercatori, D. acidovorans potrebbe aver avuto un ruolo importante nella formazione dei grani, pagliuzze e pepite d'oro, che si ritrovano nei depositi alluvionali (a partire dal cloruro aurico e dell'acido cloroaurico disperso nell'ambiente). Affinazione Dopo la produzione iniziale, l’oro viene spesso affinato al fine di accrescere il più possibile, il suo grado di purezza. Esistono diversi metodi di affinazione dell’oro, così denominati: - Inquartazione - Processo elettrolitico - Processo con cella Fizzer - Processo con Acqua Regia - Processo Miller (clorurazione)
  • 39. Inquartazione: Il metodo dell’inquartazione, consiste nel fondere l’oro con rame e/o argento, in modo da formare una lega contenente meno di 1/4 d’oro (ossia meno del 25%; da cui deriva il termine inquartazione, poiché il contenuto d’oro è ridotto ad un quarto). In questo modo, si rende la lega solubile in acido nitrico (HNO3). Dopo completa dissoluzione di questa lega mediante acido nitrico, il residuo insolubile è formato solo da oro; anche se in pratica, esso non è ancora abbastanza puro. E’ necessaria, pertanto, un’ulteriore affinazione con il metodo dell’Acqua Regia (una miscela composta da 1 parte di acido nitrico + 4 parti di acido cloridrico). Questo processo in due stadi, può essere utile quando vengono prodotti degli sfridi contenenti sia oro che argento. Processo elettrolitico: Messo a punto nel 1863, questo metodo è relativamente antico. Esso comporta la dissoluzione elettrolitica di un anodo d’oro impuro, in un elettrolita contenente acido cloridrico e la conseguente deposizione di oro sul catodo, con purezza del 99,99%. L’argento e i metalli del gruppo del platino (PGMs), si separano come fanghi e vengono recuperati separatamente, mentre i metalli non preziosi restano in soluzione. Questo metodo risulta ampiamente utilizzato solo nella raffinazione dell’oro primario (ossia quello estratto direttamente dal minerale). Viene raramente utilizzato per la raffinazione su piccola scala, principalmente per motivi economici. In primo luogo l’immobilizzo dell’oro utilizzato nell’elettrolita e negli elettrodi rappresenta un fattore di rischio economico estremamente elevato. In secondo luogo, nel caso si debbano affinare normali scarti e rifiuti di produzione, prima di procedere con questo metodo è necessario un trattamento di affinazione preliminare, che consenta inoltre la produzione di anodi in lega d’oro. Processo con cella Fizzer: Questo metodo risulta essere una variante del processo elettrolitico. La cella elettrolitica viene divisa da una membrana semipermeabile che consente di separare la zona anodica da quella catodica. Così facendo il cloruro d’oro, non riuscendo a raggiungere e a depositarsi sul catodo, rimane nell’elettrolita. Il metodo prevede di utilizzare come anodo, leghe d’oro contenenti una percentuale d’argento vicina al 10%. In questo modo è possibile ottenere una soluzione di oro e di metalli non
  • 40. preziosi, mentre si osserva la precipitazione di cloruro d’argento (insolubile). La soluzione viene quindi filtrata e l’oro viene fatto precipitare tramite i medesimi reagenti utilizzati nel processo con acqua regia. Processo con Acqua Regia: Il processo con Acqua Regia può produrre potenzialmente oro di purezza fino al 99,99%. Si basa sostanzialmente sull’utilizzo di Acqua Regia (una miscela composta da 1 parte di acido nitrico + 4 parti di acido cloridrico) capace di ossidare l’oro, scioglierlo come ossido ed infine trasformarlo in cloruro d’oro (solubile). Una delle principali limitazioni di questo metodo è che il materiale di partenza, deve avere un tenore di argento (Ag) inferiore al 10%, per evitare che quest’ultimo, blocchi la reazione di dissoluzione dell’oro; motivo per cui viene anteposta la fase di inquartazione. Il processo di inquartazione fornisce come risultato una graniglia di lega d’oro a basso tenore di argento (Ag). Questa graniglia viene disciolta con una serie di aggiunte successive di Acqua Regia. Si applica questa soluzione per fare in modo di avere sempre solo un piccolo eccesso di acido, senza lasciare residui d’oro non disciolti. Si otterrà dunque una soluzione di colore giallo-verde che conterrà in sospensione un residuo di cloruri di argento, materiali non metallici e metalli del gruppo del platino (PGMs)45 . In realtà questa fase risulta essere molto critica. Non sempre infatti si riesce a separare completamente oro e PGMs, a causa dell’elevata affinità che questi elementi presentano. Il metodo risulta inoltre essere particolarmente influenzato dall’abilità, esperienza e perizia dell’operatore. Il processo prosegue con il filtraggio della soluzione per separare il liquido (contenente oro) dall’insoluto. A questo punto l’oro sarà estratto dalla soluzione mediante una riduzione chimica selettiva, tramite l’utilizzo di opportuni reattivi riducenti quali: solfato ferroso, acido ossalico, idrazina, formaldeide, etc. L’oro inizierà a precipitare in soluzione e si dovrà pertanto attendere il completamento della reazione, prima di poter finalmente filtrare una graniglia composta da oro puro. 45 Il platino (Pt), il palladio (Pd), il rodio (Rh) e l’iridio (Ir), costituiscono assieme al rutenio (Ru) e all’osmio (Os), un gruppo di elementi conosciuti come: metalli del gruppo del platino (PGMs).
  • 41. Processo Miller (clorurazione): Il processo Miller è un metodo piuttosto datato (risale infatti al 1867), semplice ma pericoloso, che consente il raggiungimento di risultati solo discreti. È infatti possibile raggiungere purezze pari al 99,5%, ma non oltre. Il metodo consiste nell’ iniettare del cloro gassoso in un bagno fuso di lega d’oro. In questo modo risulta possibile eliminare dalla scoria, sotto forma di cloruri, i metalli non preziosi e l’argento. Questo metodo, inoltre, non consente la separazione tra oro e metalli del gruppo del platino (PGMs). Si tratta di una tecnica che viene usata solo in alcune grandi raffinerie, specialmente per la raffinazione del metallo primario, ma non è adatta per la raffinazione su piccola scala (in quanto l’uso di cloro gassoso, implica notevoli problemi di sicurezza). Caratteristiche, proprietà e qualità L’oro (il cui simbolo chimico è Au e il cui numero atomico46 è 79), è un metallo di transizione47 e un elemento del gruppo 1148 . Essendo un metallo nobile, è dunque relativamente inerte (ossia non lega durante un processo chimico). È uno degli elementi 46 Il numero atomico (indicato solitamente con Z, dal tedesco Zahl, e detto anche numero protonico) corrisponde al numero di protoni contenuti in un nucleo atomico. In un atomo neutro il numero atomico è pari anche al numero di elettroni; in caso contrario l'atomo è detto ione. Si usa scrivere questo numero come pedice sinistro del simbolo dell'elemento chimico in questione (per esempio con il carbonio avremo: 6C; poiché esso ha sei protoni). Ad ogni numero atomico corrisponde un diverso elemento chimico, il quale viene collocato nella tavola periodica proprio in funzione del relativo valore di Z. Atomi aventi stesso numero atomico ma diverso numero di neutroni, sono detti isotopi. 47 I metalli del blocco d anche detti elementi di transizione o elementi del blocco d, sono quaranta elementi chimici, tutti metallici, di numero atomico dal 21 al 30, dal 39 al 48, dal 71 all'80 e dal 103 al 112: questo nome viene dalla loro posizione nella tavola periodica degli elementi, dove occupano i gruppi da 3 a 12. In questi elementi gli orbitali di tipo d si riempiono progressivamente attraverso ciascun periodo. Chimicamente, gli elementi di transizione sono definiti come gli elementi che formano almeno uno ione con un sotto guscio d, parzialmente riempito di elettroni. 48 Il gruppo 11 della tavola perioda è formato dai seguenti elementi: Rame- 29, Argento-47, Oro-79, Roentgenio-111. I primi tre elementi si trovano in natura, mentre l’ultimo (il Roentgenio), è sintetico e dunque non si trova in natura. A temperatura ambiente questi elementi sono tutti solidi. Questo gruppo è anche noto come: gruppo dei metalli nobili.